sabato 11 settembre 2004

LA SICILIA TRA REALTA’ E SPERANZA


“Repubblica – Palermo” 11.9.04

Augusto Cavadi 


Si può salvare l’Isola del tesoro 

La Sicilia, un tesoro di isola, potrebbe diventare l’isola del tesoro. Potremmo avere visitatori da tutto il mondo, scambi culturali, ricchezza senza inquinamento: e, invece, sfregiamo il passato, dilapidiamo il presente, compromettiamo il futuro. A disonore dei responsabili, non ci dobbiamo stancare di denunziare scempi e sprechi. Ma consapevoli che nulla cambierà sino a quando i cittadini  - o, almeno, qualche piccola minoranza critica – non circoscriva un obiettivo e non lo persegua, con tutti i mezzi di pressione democratica, sino a quando non lo raggiunga. Sino a quando, per esempio, un gruppetto di giovani disoccupati non elabori un’ipotesi di servizio pubblico, non lo sottoponga alle autorità comunali, provinciali o regionali e non ottenga una risposta positiva dagli interlocutori istituzionali. Non si dica che non è possibile perché, almeno qualche volta, l’improbabile è accaduto.
A S. Stefano Quisquina, paesino al confine fra le province di Palermo e di Agrigento (nella quale rientra), da anni la Pro Loco ha inventato un modo intelligente e dignitoso di salvare la memoria e di combattere, se non la disoccupazione qualificata, almeno la noia e il senso d’inutilità: un architetto dall’aria mite ma determinata (studi a Perugia, altri modi di rapportarsi al territorio…) ha preparato un’equipe di studenti che ogni giorno, dal mattino alla sera, custodiscono, mantengono in ordine e pulizia, illustrano (se necessario in inglese) lo splendido Eremo conventuale (ormai disabitato, ma recentemente restaurato) presso la grotta leggendariamente abitata da santa Rosalia. Il prezzo del biglietto d’ingresso è esiguo: un segno di solidarietà verso chi dedica il proprio tempo libero alla salvaguardia di un patrimonio prezioso.Altrettanto efficace ed efficiente il progetto “Chiese aperte” predisposto a Petralia Soprana. Alla porta di ogni edificio sacro è affisso un cartello con gli orari di visita: e ragazze e ragazzi appositamente formati ne raccontano ai turisti la storia e i pregi artistici. Non so se per loro è un lavoro vero e proprio: ma gli assomiglia da vicino. (Niente di paragonabile allo scandalo permanente di “lavoratori socialmente utili” che bivaccano – con tanto di sigaretta accesa e fumante - nelle portinerie e nelle anticamere degli uffici comunali).Proprio questi casi positivi rendono meno comprensibile – anzi, francamente irritante – la desolazione diffusa in tante altre situazioni. Come è noto, solo pochissimi chilometri separano Petralia Soprana dalla più ampia e popolata Petralia Sottana. Anche qui si è voluto lanciare un progetto “Chiese aperte”: ma con risultati ridicoli, se non patetici. Se vi salta in mente - come mi è capitato in queste settimane –  l’infelice idea di accompagnare una comitiva di persone provenienti da tutto il Paese a visitare il delizioso centro madonita, potrete scoprire   che gli edifici sono sì aperti al pubblico ma solo per tre giorni su sette: dal venerdì alla domenica. E – limitatamente a quei tre giorni - per un’ora al mattino e due al pomeriggio. Dunque, essere da quelle parti tra il lunedì e il giovedì, anche se in pieno agosto, significa trovare tutto sbarrato. Non parliamo della difficoltà di fare passeggiate negli splendidi boschi adiacenti: scarseggiano i sentieri, mancano del tutto segnali e panchine, introvabili eventuali mappe per visitatori. Cani sguinzagliati dai pastori, senza nessuna forma di controllo, scoraggiano eventuali incoscienti che – nonostante tutto – osino avventurarsi. Quasi incidentalmente, poi, abbiamo avuto notizia – dopo dieci giorni di permanenza in albergo – dell’esistenza di una piscina pubblica ben attrezzata, ben funzionante e molto mal pubblicizzata: troppo tardi per noi, ormai in procinto di ripartire. Come spiegare a un milanese o ad un bolognese che questa sottovalutazione delle attrattive turistiche non costituisce un’eccezione? E come spiegargli che invano si cercherebbero, nei dintorni,  fabbriche o aziende agricole in cui i giovani stiano guadagnandosi il pane? Lo scenario ha dell’incredibile: come se dei bambini denutriti osservassero cadere in terra, e marcire, le pere di un albero inutilmente generoso. Un po’ dappertutto sul pianeta, Stati o privati si preoccupano di valorizzazione – anche sotto il profilo economico – le bellezze naturali ed artistiche: qui evitiamo di usare il cervello. Talvolta sembra che le nostre menti restino chiuse: come le chiese di Petralia Sottana nelle lunghe, assolate giornate d’agosto. 

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