sabato 30 giugno 2007

NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO


NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 135 del 29 giugno 2007

7. Riedizioni: Augusto Cavadi (a cura di), A scuola di antimafia

7. RIEDIZIONI. AUGUSTO CAVADI (A CURA DI): A SCUOLA DI ANTIMAFIA
Augusto Cavadi (a cura di), A scuola di antimafia, Centro siciliano di documentazione “Giuseppe Impastato”, Palermo 1994, D G editore, Trapani 2006, pp. 296, euro 22. Finalmente ripubblicato, in un’edizione rivista e ampliata, un eccellente strumento di lavoro che vivamente raccomandiamo a educatori, formatori, docenti, bibliotecari, militanti politici di base, pubblici amministratori, e a chiunque voglia contribuire alla lotta alla mafia avendo e diffondendo una precisa cognizione di cosa occorre sapere, e cosa occorre fare e come; insomma: un libro che raccomandiamo a tutte le persone dotate del ben dell’intelletto e del piacere dell’onesta’. Con testi, oltre che del curatore, di Amelia Crisantino, Giovanni la Fiura, Umberto Santino. Per richieste alla casa editrice: e-mail: info@ilpozzodigiacobbe.com, sito: www.ilpozzodigiacobbe.com

(Peppe Sini)

giovedì 28 giugno 2007

UNA VIA D’USCITA? LA FILOSOFIA


“Repubblica - Palermo” 28. 6. 07
Augusto Cavadi

IL FILOSOFO CONSULENTE ESISTENZIALE

Dopo sette anni di preparativi (soprattutto a Palermo, Catania ed Enna, dove si sono svolti convegni universitari, master post-laurea, presentazione di nuove pubblicazioni e seminari laboratoriali), la “Filosofia pratica” ha avuto il suo battesimo ufficiale in Sicilia. Domenica 24 giugno, infatti, si è inaugurata nel capoluogo la sezione regionale di “Phronesis”, la più prestigiosa associazione nazionale di consulenti filosofici (www.phronesis.info) avviata anche grazie al contributo decisivo di filosofi ‘accademici’ come Andrea Poma o Umberto Galimberti. Da ora basterà una e-mail alla coordinatrice (norma.romano@virgilio.it), o se si preferisce una telefonata (347.8530713), per avere le informazioni nel caso si voglia fruire, in concreto, dei servizi predisposti per il pubblico nelle diverse province dell’isola (o anche, se si è acquisita una laurea specialistica in filosofia, per intraprendere un percorso formativo per consulenti filosofici).


Ma chi diavolo potrebbe ricorrere a questa nuova - si fa per dire: è stata fondata e diffusa nel mondo da venticinque anni! - professione? La risposta più frequente (suggerita dal successo editoriale del libro di Lou Marinoff Platone è meglio del Prozac!) è anche la meno corretta: chi è deluso dalle cure psichiatriche e/o psicoterapeutiche. Intendiamoci: può capitare, anzi capita quasi quotidianamente, che un filosofo pratico venga interpellato da qualcuno che non ha trovato dallo strizzacervelli il sostegno sperato. Tale delusione, però, non è attribuibile (usualmente) al terapeuta: spesso ci si rivolge al medico della psiche non perché si sta male emotivamente, ma per mancanza di alternative e di fantasia. Si cerca infatti uno psicoterapeuta per confrontarsi con lui su tematiche esistenziali (il ruolo della sessualità nella propria vita, la morte di un figlio, la separazione da un partner, la demotivazione verso un certo tipo di lavoro, la noia all’inizio del periodo di quiescienza al termine di quarant’anni di lavoro frenetico…) che non hanno nulla di patologico. E sulle quali, dunque, lo psicoterapeuta in quanto tale non ha una parola propria da mettere in gioco. Si avrebbe bisogno di qualcuno con cui riflettere insieme, non da paziente a medico ma da soggetto pensante a soggetto pensante. E non per abolire frettolosamente il disagio, ma per gestirlo in maniera più consapevole ed adulta. Qualcuno con cui ragionare dialogando. E’ proprio questa l’essenza della filosofia in generale e, dunque, della filosofia pratica in particolare.
Questi esempi un po’ casuali possono indurre nell’errore di supporre che l’assetto della consulenza filosofica sia identico al set psicoanalitico (rapporto faccia a faccia, appuntamenti che si susseguono per anni, costi economici esorbitanti per le tasche della gente comune e così via). In realtà le cose vanno diversamente. La tariffa media di un colloquio con un filosofo pratico è decisamente più bassa (ha infatti, di solito, il carattere di un compenso più che di un onorario professionale vero e proprio). Secondariamente non si tratta di iniziare nessuna ‘cura’: nella maggior parte dei casi, qualche incontro è sufficiente a sbloccare certi nodi tematici e a rendere il cliente capace di camminare sulle proprie gambe o, meglio, di pensare con la propria testa. In terzo luogo, infine, i colloqui di consulenza non sono le uniche modalità di attuazione: è possibile, infatti, partecipare in gruppo, e con esborsi davvero minimi, a “cenette filosofiche per tutti”, a “week -end” di riflessione comunitaria su interrogativi prescelti (l’eutanasia, la laicità, l’etica…), a spazi di confronto pluralistico aconfessionale (”le domeniche di chi non ha chiesa”), a “vacanze filosofiche per…non filosofi” (su questioni quali la felicità, il dolore, l’amore, il linguaggio…che, pur essendo squisitamente e classicamente filosofiche, non comportano necessariamente, in ciascuno dei partecipanti, delle erudizioni tecniche o delle competenze specialistiche).
Tanto altro resterebbe da aggiungere per sfatare i luoghi comuni sulle pratiche filosofiche e, soprattutto, per raccontare in positivo di cosa si tratta. Per fortuna, da pochi mesi e per pochi euro, sono disponibili due tascabili agili e leggibilissimi: uno del toscano Neri Pollastri (Consulente filosofico cercasi, Apogeo), l’altro del siciliano Davide Miccione (La consulenza filosofica, Xenia). Non sarebbe male se gli si desse almeno un’occhiata fugace prima di allarmarsi per - o, più semplicemente, di ironizzare su - questi tentativi di restituire alla filosofia quella dimensione pubblica che, da Socrate in poi, fa parte del suo dna.

sabato 23 giugno 2007

FREUD A PALERMO


“Repubblica - Palermo” 23.6.07

Augusto  Cavadi 

LA PALERMO FELICISSIMA DI FREUD

Nel 1995 Giancarlo Ricci pubblica, con la Jaca Book di Milano,  Le città di Freud. Per vie traverse me ne capita una copia in mano solo in questi giorni e, con una certa sorpresa, scopro che il fondatore della psicoanalisi ha visitato la Sicilia nel 1910. “Palermo è stata un’orgia inaudita, che non bisognerebbe concedere a sé soli”, scrive il 15 settembre di quell’anno alla compagna Martha. E, poco dopo, specifica le ragioni di quell’espressione almeno singolare: “Non avevo ancora osservato tutto insieme tanto splendore di colori, tanti panorami, profumi e anche tanto benessere”. Scritta da uno che aveva girato l’intera Europa e, l’anno precedente, si era spinto sin negli Stati Uniti, la dichiarazione dà da pensare. Sia in direzione positiva (forse Goethe non aveva esagerato quando aveva definito il monte Pellegrino “il più bel promontorio del mondo”) sia in direzione problematica: quali itinerari seguiva Freud, e quali spazi urbani si precludeva dalla vista o rimuoveva dalla memoria, quando si trovava in giro per una città? Che all’inizio del XX secolo Palermo potesse impressionare per l’ingente “benessere” è possibile crederlo solo per quei turisti che non si discostavano dal viale della Libertà (costellato di ville da manuali di architettura) e raggiungevano la stazione ferroviaria di piazza Giulio Cesare costeggiando  il teatro politeama “Garibaldi”, il teatro Massimo, piazza Pretoria, gli stupendi palazzi baroccheggianti della via Maqueda. Ma cosa c’era alle spalle delle due fila di palazzi, chiese, monumenti? Un groviglio vitale esplosivo, certamente: se Freud vi avesse appena messo dentro una punta del suo nasone, avrebbe fiutato  - geniale com’era - molti motivi per confermare le sue teorie psicanalitiche e qualcuno per rimettere in discussione alcune sue idee sulla città.

Probabilmente anche Agrigento e Siracusa saranno da lui ammirate con l’occhio selettivo di chi - attratto da “pezzi veramente unici della grecità scomparsa” - non si accorge della miseria materiale (e non solo) della stragrande maggioranza della popolazione. Comunque sia, lascia Palermo con un senso di intensissima gratificazione: al punto da temere di “risvegliare l’invidia degli dei”. Né, alla fine del tour, dà segni di delusione. Il 24 settembre scrive infatti a Jung: “Il viaggio è stato molto più ricco e sostanzioso e ha portato diversi appagamenti di desiderio, ormai necessari da lungo tempo per l’economia interiore. La Sicilia è la regione più bella d’Italia…”. Perché a tanta bellezza naturale, a tanta ricchezza artistica, corrisponde negli indigeni una sorta di compulsione allo sfregio, un’adattabilità camaleontica alla sporcizia? Come possono gli eredi di alcune delle più nobili civiltà del pianeta (greca classica, ebraica, greco-bizantina, islamica, cristiana…) avere così poca cura della propria memoria e del proprio habitat? E’ possibile che la fame di accumulazione privata di denaro sia tanto forte, e tanto diffusa, da offuscare gli occhi di chi deturpa abusando e da tappare le bocche di chi  - pur assistendo allo scempio speculativo - non osa denunziare? Forse la psicoanalisi avrebbe potuto darci delle ipotesi di risposta. Ma, sfortunatamente, il Selbstdenker (”pensatore indipendente”)  ripartì alla volta del nord dell’Europa dall’isola pullulante di “reminiscenze infantili” e non vi fece più ritorno. Peccato.

Verso la fine della vita, comunque, in Analisi terminata e interminabile del 1937, Freud lascerà una considerazione (opportunamente ripresa da Carlo Sini nella Prefazione al libro di Ricci) che, pur se formulata in termini universali, può essere letta anche come preziosa avvertenza per chi dalla Sicilia (sia che ci sia nato sia che ci sia arrivato da luoghi lontani) non intende partire: “Non bisogna dimenticare che la relazione analitica è fondata sull’amore della verità, ovvero sul riconoscimento della realtà, e che tale relazione non tollera finzioni né inganni (…). Sembra quasi che quello dell’analizzare sia il terzo di quei mestieri ‘impossibili’ il cui esito insoddisfacente è scontato in anticipo. Gli altri due, noti da molto più tempo, sono quelli dell’educare e del governare”. 

venerdì 15 giugno 2007

NAPOLITANO A PALERMO


Repubblica - Palermo 15.6.2007
Augusto Cavadi

GLI EFFETTI COLLATERALI DELLA VISITA UFFICIALE

Gli ultimi duecento metri della strada che, dalla piazza dell’Acquasanta, porta all’ingresso di Villa Igea sono tutta una curva e quando due autobus s’incrociano in quel tratto fanno fatica a dividersi il ristrettissimo spazio a disposizione. E’ ovvio, dunque, che viga un divieto di sosta per le auto. Ed è altrettanto ovvio che il divieto non venga rispettato: per una sorta di patto tacito con le (poche) auto di polizia - urbana o stradale - di passaggio, i numerosi trasgressori non sono mai multati. Da qui la decisione - che conferma paradossalmente la situazione di abituale infrazione - di aggiungere in questi giorni dei cartelli supplementari di divieto di sosta (e relativa minaccia di rimozione forzata). Il motivo? Sarebbe sgradevole, per il presidente della Repubblica, assistere ad uno spettacolo del genere. L’idea è inoppugnabile, ma solleva altri interrogativi: per gli altri turisti ‘normali’ (non parlo dei palermitani che, presumibilmente, ci abbiamo fatto il callo) sarebbe invece gradevole? O non ricevono, sin dai primi passi, la spiacevole conferma di essere ospitati in una città dove chiunque può fregarsene impunemente delle regole più elementari?
Questa tolleranza incomprensibile (a chi giova in ultima analisi?) provoca, in alcuni casi, effetti addirittura rischiosi. Due esempi, quasi a caso. Gli autobus urbani raramente spengono i motori quando sono in sosta. Può anche capitare - come mi è capitato in questi giorni - di osservare che un pullman azzurro dell’Amat (destinato, credo, al giro turistico di Palermo) sia fermo davanti l’ingresso della Cattedrale, in via Matteo Bonello, senza autista e con i motori accesi (forse per non interrompere il condizionamento interno dell’aria): con effetti per i polmoni dei passanti, indigeni o stranieri, facilmente immaginabili. Se poi l’ignaro visitatore osa persino guidare un’automobile, ad essere a repentaglio è proprio la sua stessa vita. Egli infatti si illude ingenuamente che, se ritorna a Villa Igea per la strada più diretta - e decide dunque di attraversare piazza Giachery provenendo dalla via Duca della Verdura per raggiungere via dei Cantieri o via Montepellegrino - , all’altezza dell’incrocio con gli spazi delle pompe di benzina gli spetti due volte la precedenza: sia perché proviene da destra sia perché uno stop dovrebbe bloccare le auto che marciano in senso opposto. Ma, almeno negli ultimi trent’anni, non ho mai visto né un’auto rispettare il diritto di precedenza di chi sale né un agente elevare una multa. Quando c’è traccia di Forze dell’ordine vuol dire che qualche sprovveduto turista è stato già tamponato e spedito al pronto soccorso.
So che quando si osserva che il turismo - naturalistico o artistico - è il vero petrolio siciliano ci si sente obiettare dagli intellettuali più raffinati che non dobbiamo condannarci da soli ad essere un popolo di camerieri e di hostess. Ma se non fossero già due mestieri più che dignitosi, si potrebbe rispondere che forse non è proprio preferibile essere, nell’immediato, un popolo di malformati genetici e di ammalati di cancro (secondo quanto attestano le statistiche riguardanti la condizione sanitaria delle popolazioni che vivono nell’area di Milazzo, di Augusta e di Gela) e, in prospettiva, un popolo di cassaintegrati e di inoccupati. Difendere l’ambiente atmosferico dall’inquinamento chimico e l’ambiente antropologico dall’inquinamento morale significherebbe, in un sol colpo, arricchirsi economicamente, arricchirsi culturalmente (una politica intelligente di ospitalità degli stranieri comporta approfondimento delle proprie radici e allargamento dei propri orizzonti) e gettare le precondizioni per potersi godere in salute e serenità sia i soldi che la cultura. Se le autorità preposte al rispetto del codice stradale se ne dovessero convincere davvero, e ricordarsene anche quando Napolitano sarà tornato a Roma, la visita del presidente della Repubblica sarebbe meritoria anche per effetti collaterali desiderabili.

martedì 12 giugno 2007

LA CONSULENZA FILOSOFICA


Repubblica - Palermo 12.6.2007
Augusto Cavadi

IL PENSATORE CURANTE

Chi è il consulente filosofico? Non mancano i libri che rispondono alla domanda, ma non sempre sono adatti ad un pubblico di ‘profani’. Finalmente un brillante ricercatore dell’Università di Catania, Davide Miccione, ha prodotto un agile strumento divulgativo (La consulenza filosofica). Dopo aver raccontato l’origine di questa professione d’aiuto, l’autore inserisce la consulenza filosofica nel più ampio panorama delle “pratiche filosofiche”: il “dialogo socratico”, i “caffé filosofici”, i “seminari di gruppo”, la “filosofia con i bambini”, la “filosofia per le aziende e le organizzazioni”, “festival, vacanze, cene” e altro ancora. Il terzo capitolo è più indicato per chi voglia accostarsi alla “consulenza filosofica” non solo come consultante ma anche, ipoteticamente, come futuro consulente. Alle proposte italiane di riflessione teorica sulla consulenza filosofica è, poi, dedicato il quarto capitolo. Non mancano, infine, le indicazioni tecniche su alcuni siti internet da cui partire per esplorare questa frastagliata offerta culturale, esistenziale e politica.

DAVIDE MICCIONE
La consulenza filosofica
Xenia
Pagine 126
Euro 6,50

venerdì 1 giugno 2007

IN VIAGGIO PENSANDO


“Cercasi un fine” III, 21 (giu - luglio 2007)
Augusto Cavadi

IN VACANZA CON LA FILOSOFIA

Chi ritiene che la filosofia non sia solo una questione di dispute accademiche e di conventicole d’iniziati, apprezzerà senz’altro una raccolta di brevi saggi di Ran Lahav che è stata tradotta in italiano col titolo Comprendere la vita. La consulenza filosofica come ricerca della saggezza (Apogeo, Milano 2004). Lahav si è formato negli Stati Uniti d’America, insegna presso l’università israeliana di Haifa e gestisce, sin dal 1992, uno studio privato di consulente filosofico. Ho avuto modo di conoscerlo a Roma alla fine del febbraio del 2005. Come quasi sempre accade con i filosofi, l’incontro da persona a persona dice molto più di qualsiasi testo scritto. E’ stato infatti interessante ciò che ha sostenuto quando ha provato a rispondere alla domanda Where is philosophy in philosophical practice? Ma ancor più interessante mi è sembrato il modo con cui, nel corso della discussione amichevole, si è rapportato ai presenti: con semplicità di vocabolario, con tono pacato, sempre su un registro interlocutorio, senza la minima traccia di arroganza intellettuale. Rispondendo ad una domanda specifica, Lahav ha avuto modo di dichiarare che, dopo oltre dieci anni di esperienza professionale in cui aveva adottato un assetto molto simile alle sedute psicoterapeutiche, era arrivato alla conclusione di dover superare quella modalità e di voler mettere in pratica un sogno: trascorrere, almeno una volta l’anno, con i suoi ‘consultanti’, una settimana fra i monti in situazione di convivenza. A suo parere, infatti, la tradizione filosofica – da Socrate in poi – parla chiaro: la filosofia è una scintilla che scocca più facilmente in un ambito di vita comunitaria piuttosto che in un dialogo a due.

Molto simpaticamente, Andrea Poma – presidente a quella data dell’associazione organizzatrice – ha fatto notare, col suo solito sorriso divertito, la presenza in sala di un collega italiano che, da più di venti anni, sperimentava quella formula di riflessione filosofica. Dal 1983, infatti, prima in quanto responsabile per la formazione giovanile di un’associazione di docenti di filosofia, poi – dopo una pausa di alcuni anni – con la collaborazione decisiva di altri amici a titolo privato, ho avuto modo di proporre, in periodi estivi, le “vacanze filosofiche per…non filosofi”. Ne ho già raccontato le linee essenziali in un libro dedicato, appunto, alla consulenza filosofica (Quando ha problemi chi è sano di mente, Rubbettino 2003) e mi piacerebbe offrire ai lettori di “Cercasi un fine” la possibilità di farne esperienza diretta. Il prossimo appuntamento è per questa estate (dal 22 al 28 agosto) ad Arquata del Tronto (Ascoli Piceno), uno dei luoghi più gradevoli del Parco Nazionale dei Monti Sibillini. Il tema prescelto è di rilevanza esistenziale e sociale primaria: ” Il bene, il male: una questione sempre aperta”. Poiché si tratta di ‘vacanze’, per ogni giornata sono previsti solo due impegni: un seminario dalle 9.00 alle 10.30 ed un altro dalle 18.00 alle 19.30. Il costo (comprensivo di vitto, alloggio e iscrizione al corso) oscilla - secondo le sistemazioni preferite - tra i 400 e i 500 euro: per dettagli ulteriori telefonare (dalle ore 17 alle ore 22) allo 06/5835765 oppure scrivere al prof. Elio Rindone, via Ettore Rolli 47 – 00153 Roma (fax: 0623313760, e-mail: e.rindo@infinito.it). Un depliant (con la scheda di adesione) si può scaricare o dal sito www.ilgiardinodeipensieri.eu o dal mio blog personale.

UN PRESIDE SCRIVE


“Repubblica - Palermo” 1.6.07
Augusto Cavadi

DAL MONDO DELLA SCUOLA UNA LEZIONE DI LEGALITA’

Fare il preside di una scuola non è stato mai un mestiere facile. Dal ‘68 in poi è diventato ancora più difficile. Troppe le istanze, anche contrapposte, da conciliare: richieste degli alunni, pressioni delle famiglie, contrasti fra i docenti, scarsa motivazione al lavoro del personale amministrativo ed ausiliario, assedio da parte di operatori esterni ed amministratori pubblici alla ricerca di occasioni di lavoro o, almeno, di un’audience davanti a cui esibirsi. Per reagire alla complessità della sfida, numerosi dirigenti scolastici hanno preferito instaurare un regime autarchico e riservarsi il monopolio delle decisioni in nome della semplificazione delle procedure; altri, meno numerosi, si sono rintanati nella propria stanza lasciando che gli interessi in gioco trovassero di giorno in giorno un qualche equilibrio, per quanto precario. Nel primo come nel secondo caso, poi, un tratto comune: la rinunzia ad una vita intellettuale, con conseguente abdicazione ad esercitare una qualche funzione di stimolo culturale e di promozione della mission specifica di una comunità di ricerca e di studio.

E’ dunque con piacevole sorpresa che, ogni tanto, un capo d’istituto si ricordi di non essere solo un manager (più o meno dispotico, più o meno efficiente) e provi a coinvolgere insegnanti e alunni in una riflessione critica. Un segnale del genere ci arriva in questi giorni dal Liceo scientifico “Cannizzaro” il cui preside, Aldo Zanca, ha curato in un volume la raccolta di materiali utilizzati per un progetto di formazione realizzato nel corso dell’anno scolastico 2006 - 07 (Diritti umani, guerra e pace, Kalòs, Palermo 2007).
Impossibile, in poche righe, sintetizzare il percorso storico rivisitato (dai Libri delle tre religioni monoteistiche mediterranee e da L’arte della guerra del cinese Sun Tzu, passando per Platone e Aristotele, Machiavelli e Grozio, sino a Sigmund Freud ed Hannah Arendt), ma almeno una notazione merita d’essere evidenziata. Il filo conduttore del libro è di valenza planetaria, ma ciò non significa che passa sopra le aree nazionali e regionali senza intaccarne le problematiche specifiche. Un primo esempio riguarda l’attuale papa Benedetto XVI di cui viene riportato il brano di un documento da lui firmato in quanto Prefetto della Congregazione per la dottrina della fede e rivolto ai vescovi americani nel corso della campagna elettorale del 2004, conclusasi con la rielezione di Bush : ” Se un cattolico fosse in disaccordo col Santo Padre sull’applicazione della pena capitale o sulla decisione di fare una guerra, egli non sarebbe da considerare per questa ragione indegno di presentarsi a ricevere la santa comunione”, mentre “non ci può essere alcuna legittima diversità di opinione fra i cattolici riguardo all’aborto e all’eutanasia”. Insomma, il valore della vita non è univoco: la vita di un embrione gravemente malformato o di un malato terminale che chieda di essere aiutato a morire costituisce un dato sottratto ad ogni eccezione, differentemente dalla vita dei militari e dei civili massacrati in operazioni belliche. Un secondo esempio tocca il Meridione italiano, e la Sicilia. Di quel giovane sociologo di idee liberali, Leopoldo Franchetti, che nel 1876 pubblicò le celebri pagine sulle Condizioni politiche ed amministrative della Sicilia, vengono riportate alcune righe di attualità purtroppo intatta: “La mancanza del concetto di una legge e di un’autorità che rappresenti e procuri il vantaggio comune, astrazion fatta per gli individui, si manifesta nelle relazioni di ogni genere fra Siciliani. Essi non si considerano come un unico corpo sociale sottoposto uniformemente a legge comune, uguale per tutti e inflessibile, ma come tanti gruppi di persone formati e mantenuti da legami personali”. Zanca sa bene che il “concetto di legalità senza aggettivi è troppo povero ed anche pericoloso” perché “tutti i regimi, anche i più oppressivi, hanno avuto ed hanno una loro legalità“: ciò significa che dalle nostre parti si debba andare, per riprendere il titolo di una fortunata pubblicazione di Umberto Santino, Oltre la legalità, misurandone i limiti e riempiendola via via di contenuti democratici. Non certo evitarla con comode scorciatoie: nessuno ha mai superato una tappa senza averla, prima, raggiunto.