sabato 31 ottobre 2009

Intervista di Augusto su “Abc” di Madrid
del 25.10.2009


“ABC”
Madrid 25.10.09

AUGUSTO CAVADI: “LA MAFIA NON CREDE IN DIO PADRE, MA IN DIO PADRINO”

di Veronica Berrecil (Roma)

- “Beati i perseguitati perché di loro sarà il regno dei Cieli”. Questa è la insolita necrologia con cui i familiari del capo mafioso Francesco Messina Denaro omaggiarono il defunto nel 2003 e che dà l’idea di come la Mafia trasforma la devozione in ‘cosa nostra’, del suo perverso sentimento religioso, studiato dal pubblicista e filosofo italiano Augusto Cavadi nel suo libro “Il Dio dei mafiosi”.
Cavadi spiega come i mafiosi hanno distorto la percezione del Dio cattolico adattandolo alle sue necessità. Dall’inizio, riti come la cerimonia di iniziazione che fece conoscere il mafioso ‘pentito’ Leonardo Messina: “Mi diedero una stampa con la immagine della Vergine dell’Annunciaizone, la macchiarono con il mio sangue e la bruciarono, mentre io la passavo da una mano all’altra. Poi mi dissero che dovevo ripetere: “‘Come carta ti brucio, come santa ti adoro, come brucia questa carta deve bruciare la mia carne se un giorno tradirò Cosa Nostra’ “.
I mafiosi si considerano cattolici, vanno regolarmente a Messa. Non assassinano di venerdì, però il resto della settimana si concedono carta bianca. Così ce lo spiega Cavadi:
Nei muri delle strade siciliane apparve la scritta: “Dio é grande. Ma lo zio Totó non scherza”. Chi é allora il Dio dei mafiosi?

Da Senofane a Feuerbach, la filosofia ci avverte che, quando pensiamo Dio, tendiamo a proiettargli le nostre caratteristiche umane. Questa tendenza ad attribuire a Dio le nostre qualità - specie quelle che riteniamo più rilevanti - è una costante. Ecco perché non c’è nulla di strano che i mafiosi si rappresentino un Dio ‘padrino’ piuttosto che ‘padre’.
Nel libro definisce Dio come un mafioso. Non é esagerato?
Non sostengo che Dio è mafioso (anzi spiego che Dio è del tutto incompatibile con la mentalità mafiosa). E’ il peculiare ‘Dio’ a cui si rivolgono i mafiosi venerano che è un Mafioso all’ennesima potenza.
Molti mafiosi pregano prima di perpetrare i loro delitti, come Filippo Marchese, e la maggioranza sono devoti di alcuni santi, come il Padre Pio. Che tipo di devozione è questa?
I mafiosi pensano che ci siano comandamenti essenziali, principali, e comandamenti secondari. Quelli irrinunciabili sono in genere i precetti rituali della Chiesa cattolica. Quelli trascurabili sono in genere i precetti di vita del vangelo. Così per un mafioso è più importante evitare di uccidere di venerdì - giorno di lutto- che evitare di uccidere.
Possiamo asserire che esiste una teologia mafiosa?
E’ quello che ho potuto trarre da dichiarazioni e documenti. Arrivando alla imbarazzante conclusione che è una teologia lontana dal vangelo di Gesù di Nazareth, ma che prende in prestito certi riti della teologia cattolica mediterranea tradizionale.
Il mafioso recita un ‘Padre nostro’ che dice: “Padrino mio e della mia famiglia, tu meriti onore e gloria, il tuo nome va rispettato. Tutti dobbiamo obbedirti. Ciò che ordini lo dobbiamo compiere perché è legge (…). Libera dalla polizia me e tutti i miei amici”. Come dobbiamo interpretare questa preghiera?
E’ una preghiera composta da un prete di Palermo, don Pino Puglisi, che nel 1993 è stato ucciso per la sua lotta contro i boss del quartiere. Ed anche, a quanto si può intuire, per punire il papa Giovanni Paolo II, che aveva pronunciato alcuni discorsi molto duri in Sicilia di condanna della mafia. E’ una preghiera che ci illumina sulla relazione del mafioso con Dio.

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