mercoledì 27 ottobre 2010

CARA GELMINI I GIOVANI NON SONO SCEMI


“Centonove”
22.10.2010

Il Ministero della Pubblica Istruzione ha una sorta di ‘voce’ ufficiale con cui far pervenire, anche alle scuole di ogni ordine e grado disseminate agli estremi angoli del Paese, i frutti più preziosi dell’elaborazione intellettuale del Ministro e dei suoi più esperti collaboratori. I numeri di “Annali” tanto autorevoli finiscono, ancora ‘cellophanati’, nel cestino del preside o - se gli va meglio - catalogati intonsi in qualche scaffale della biblioteca d’istituto. Di solito, questa fine ingloriosa ed anonima dispiace; ma bisogna riconoscere che, qualche volta, è meglio così.
Se, ad esempio, qualche insegnante o qualche alunno, in preda a raptus cerebrale, sfogliasse l’ultimo numero in distribuzione, resterebbe sfavorevolmente colpito dal livello di trasandatezza formale e di sfacciataggine sostanziale del volume.
Quanto alla trasandatezza formale (primo, ma minore, difetto), nessun ragazzo di liceo scriverebbe un testo con rimandi bibliografici del tipo “Lupo 2004″ o “Falcone 1991″: evidentemente qualcuno ha ritenuto possibile tagliare, per ragioni di spazio, la bibliografia di cui Alessio Pasquini, autore de Il nome della cosa. Per una descrizione della mafia, avrà certamente corredato il suo saggio. Risultato: chi non è già informato sulla letteratura riguardante questi temi, non saprà mai a quali autori e a quali titoli si sia fatto riferimento nello svolgimento della trattazione.
Più gravi, però, le riserve che non possono non suscitare molti contenuti della raccolta, a cominciare dallo scritto introduttivo generale firmato da Mariastella Gelmini. Con una faccia tosta inarrivabile, la signora ministra - di cui sono noti non solo i poco brillanti trascorsi scolastici ma soprattutto le attuali sintonie con il governo più intenzionalmente e programmaticamente illegale della storia italiana - scrive che “i modelli valoriali seguiti sino ad ora hanno perso attrattiva, sono emersi comportamenti difficilmente compatibili con l’agire civile che hanno portato in primo piano l’emergenza educativa”. Consapevole di questo, che fa il Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca ? Si oppone al lodo Alfano o alla cancellazione della normativa sulle intercettazioni telefoniche? Minaccia di dimettersi se il Presidente del consiglio dei Ministri con cui collabora dovesse continuare a corrompere parlamentari e intellettuali in vendita al miglior offerente; a comprare sesso persino da ragazzine minorenni; a umiliare pubblicamente la (ormai ex-) moglie con dichiarazioni lascive rivolte a donne di facili costumi; a deridere i gay; a denigrare l’aspetto fisico di signore come la Bindi che spiccano per quelle qualità umane che egli è ontologicamente incapace di apprezzare; a sfornare leggi ad personam? 
Niente di tutto questo. La Madonnina di Desenzano, con candore virgineo (evidentemente, come nell’illustre precedente, non scalfito dalla recente maternità fisiologica) esprime la pia convinzione che “la cultura della legalità possa richiamare anche gli adulti alla responsabilità di essere coerenti testimoni per la difesa del futuro dei giovani” e auspica che la scuola divenga “il luogo privilegiato per insegnare e educare alla cultura della cittadinanza, sviluppando nei giovani un forte senso di appartenenza alla comunità“.
Qualcuno dovrebbe però spiegarle che i giovani possono essere ignoranti, ma non per questo sono scemi (ovviamente con le dovute eccezioni: alle quali, se si è fortunati, si aprono le vie della carriera in politica) . Essi, di solito, intuiscono benissimo quando gli adulti professano principi a cui sono sinceramente attaccati e quando, invece, predicano bene per potere razzolare - impunemente - male.

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