mercoledì 30 marzo 2011

Ci vediamo a Palermo venerdì 1 aprile alle 18,20?


Venerdi 1 aprile ore 18.20,
nel Salone delle Conferenze della Chiesa Valdese di via dello Spezio 43 (dietro il teatro Politeama),
incontro pubblico sul tema
“Che cosa possiamo fare per una Palermo migliore?”
con Augusto Cavadi
(autore del saggio “101 storie di mafia che non ti hanno mai raccontato”)
ed Enrico Cillari
(autore del romanzo “Le ombre immutabili di Palermo”).
Nel corso dell’incontro letture, tratte dalle due opere, a cura di Fosca Medizza e interventi musicali con la cantante folk Patrizia Genova (dell’Associazione “Satiro Danzante”)
accompagnata dal maestro Roberto Celestino Bellavia.

martedì 29 marzo 2011

Antonino Cangemi su “101 storie di mafia”


“ItaliaInformazioni.com”

LIBRIAMO

“101 storie di mafia che non ti hanno mai raccontato”.
Le tante sfaccettature di Cosa Nostra nel libro di Augusto Cavadi

di Antonino Cangemi

28 marzo 2011

Scrivere su Cosa nostra non è facile. Il fenomeno mafioso è complesso e abbraccia molteplici aspetti che interessano diverse discipline: la criminologia, la sociologia, la storia, l’antropologia culturale, e persino la teologia. Peraltro la mafia, pur mantenendo un substrato legato a un’ancestrale subcultura tribale, ha assunto fisionomie diverse nel tempo. Basti pensare alla distanza che separa la mafia del latifondo della metà del 

































secolo scorso da quella, oggi in auge e poco visibile, delle operazioni finanziarie. Sciascia stesso, negli ultimi anni della sua esistenza, si impose di non raccontare più storie di mafia ammettendo che di essa, per come era profondamente mutata dai tempi de “Il giorno della civetta”, non aveva più cognizione. Ancora più difficile è trattare della mafia in un testo con finalità divulgative destinato a un pubblico vasto da catturare anche con il richiamo affabulatorio. Il rischio che si corre, in questi casi, è di una rappresentazione di Cosa nostra troppo colorita e di maniera che non rispecchi in pieno la realtà e contribuisca, seppure involontariamente, ad accrescerne il mito, almeno agli occhi dei soggetti di più fragile spessore culturale. Fenomeno che si verifica non di rado in tante fiction televisive e cinematografiche.
Augusto Cavadi, saggista palermitano di lunga militanza nel fronte di un’antimafia seria e di trincea, col suo “101 storie di mafia che non ti hanno mai raccontato”, Newton Compton editori, riesce a superare gli ostacoli. In questo volume Cavadi descrive la mafia e l’antimafia nelle tante sfaccettature che trovano riscontro nella quotidianità e con un taglio storico e sociologico appena avvertiti dai lettori, attratti dalla narrazione - per quanto fedele ai fatti e aliena da facili enfatizzazioni- fresca e accattivante.
Le storie raccontate in questo libro sono tante e diverse, in tal modo cogliendosi i variegati volti della “Piovra” (termine che non piace all’autore, consapevole dei pericoli di una raffigurazione spettacolare della mafia). Storie che mettono in risalto l’arroganza e talora la ferocia del potere mafioso, la perversa sottigliezza e l’eccentricità di padrini di ieri e di oggi, la mentalità dei cosiddetti “uomini d’onore”, il loro rapporto col divino singolare e del tutto opposto ai precetti evangelici, la fedeltà delle donne dei boss. Né mancano episodi che rivelano un insospettabile humor dei mammasantissima: come quando Calogero Vizzini, in contravvenzione perché sorpreso mentre fa la pipì sul muro della periferia di Palermo, invita anche il suo autista a urinare in pubblico poiché il vigile non ha con sé il resto della multa. Storie che puntano i riflettori sulle stanze del potere politico e di quello ecclesiale, poteri troppo condiscendenti e talvolta complici di quello mafioso. Che investono i cittadini comuni, indifferenti o terrorizzati dalla mafia: esemplare l’aneddoto di un anonimo ragioniere Chinnici che, stordito dal panico, scambia la scritta “PREPARATI CHIMICI” con un “PREPARATI CHINNICI” che sa di avvertimento mafioso.
Molto spazio è riservato ai giudici, poliziotti, sindacalisti, giornalisti, imprenditori che si sono opposti alla mafia, pagando spesso con la vita. Ma – e questo è uno dei tanti meriti del libro- accanto alle vittime della mafia entrati di pieno diritto nella storia, figurano personalità, per quanto di rilievo, dimenticate. Il giudice Saetta, ad esempio, ucciso dentro l’auto col figlio Stefano, il vigile urbano Salvatore Castelbuono fatto fuori per aver fornito preziose informazioni su mafiosi alla polizia giudiziaria, Antonino La Barbera, onesto dipendente dell’Enel freddato per non essersi piegato alle frodi di Cosa nostra legate agli allacciamenti dell’acqua e della rete elettrica. Come pure si ricordano gli esempi, purtroppo colpevolmente lasciati cadere nell’oblio, di uomini di non comune spessore etico: su tutti quello del pastore valdese Valdo Panascia, che osò sfidare con coraggiose iniziative gli autori della strage di Ciaculli e contrastare l’ignavia ecclesiastica degli anni Sessanta.
Non mancano, infine, testimonianze che invitano a riflettere sulle potenzialità e sui limiti dell’educazione alla legalità nelle scuole, tanto più significative ove si consideri che Cavadi è anche docente di Liceo. Toccante è la lettera di una collega dell’autore che ha lasciato il posto in banca per insegnare nelle periferie di Palermo spinta dalla volontà, sollecitata dal sacrificio di Falcone e Borsellino, di contribuire a far crescere in ragazzini di quartieri “difficili” una sana coscienza civile. Sì, perché, come ripeteva Gesualdo Bufalino, la speranza di sconfiggere la mafia va riposta, innanzitutto, sui bambini delle scuole elementari.

venerdì 25 marzo 2011

Chiesa cattolica sotto processo


Con questo titolo, su “Centonove” del 25.3.2011, la mia recensione del romanzo “Il sentiero dei folli” di Domenico Rosaci:
L’esordio narrativo di Domenico Rosaci, il thriller teologico Il sentiero dei folli (Falzea, Reggio Calabria 2010), è senza dubbio un testo originale. Affronta, infatti, in chiave letteraria una problematica che, negli ultimi anni, è affrontata spesso sul registro della saggistica di ricerca e di divulgazione: si può essere cristiani, con onestà intellettuale, nel XXI secolo? L’autore (un ingegnere che insegna Sistemi di elaborazione delle informazioni all’università e che coltiva, con pari passione, lo studio della storia delle religioni) inventa, per rispondervi, una trama avventurosa, zeppa di colpi di scena, che avvincono il lettore sino all’ultima riga. Il recensore può solo evocare, a grandi linee, il punto cruciale della vicenda: un processo pubblico – con giuria accuratamente selezionata dalle due parti in gioco – contro la Chiesa cattolica. La difesa è sostenuta da una Fondazione di cattolici fondamentalisti; l’accusa da un’Associazione segreta di laici razionalisti (i “Folli” del titolo, appunto). Questi ultimi sostengono che Gesù di Nazareth abbia annunziato un messaggio semplice, essenziale (“Chi è libero lo è perché è felice. Felice di vivere, perché ama e il suo cuore trabocca di gioia”) e che siano stati i gerarchi della Chiesa cattolica, lungo i secoli, a deformare quella ‘buona notizia’ con tutta una superfetazione di dogmi e tabù. Di contro, l’avvocato della difesa obietta che alla gente non interessa sapere chi sia stato davvero Gesù e che cosa abbia detto: ai fedeli interessa la figura di Cristo così come la Chiesa l’ha presentata nei due millenni della sua storia, facendone un vessillo di conforto e uno sprone all’impegno caritativo verso i poveri e gli infermi.
Prima, durante e dopo il processo non mancano tradimenti, congiure e persino delitti che sollevano una questione, per così dire trasversale, ai due schieramenti: sino a dove si ha il diritto di usare la forza, o la violenza, in difesa delle proprie opinioni (anche quando si è convinti che si identifichino con la verità assoluta e con il bene irrinunciabile dell’umanità)? Infatti chi crede in una rivelazione divina è tentato non solo (legittimamente) di proporla agli altri, ma anche di imporla per la loro salvezza; né minore è la tentazione, da parte di chi conta esclusivamente sulla ragione e sulla scienza, di cancellare dalla faccia della terra quanti, ai suoi occhi, appesantiscono l’evoluzione del genere umano con superstizioni e remore etiche. Rosaci, come ogni romanziere, sa che non spetta a lui offrire soluzioni. Lascia però intravedere una direzione verso cui incamminarsi: non ha senso combattere il male con la violenza. Intanto perché ciò che noi consideriamo ‘male’ potrebbe essere un altro aspetto del ‘bene’ e potremmo accorgerci troppo tardi di aver condannato a bere la cicuta o a bruciare sul rogo degli innocenti benefattori dell’umanità. Poi anche perché, nel caso in cui il ‘male’ si presenta tale senza ombra di dubbio (per esempio quando assume la configurazione della violenza fisica), è illusorio combattere “la violenza con la violenza in un ciclo senza fine”. La speranza cui appigliarsi ? Un futuro in cui i credenti in senso religioso - e i promotori di altri valori ‘laici’ – condividano, nonostante tutte le differenze, il rispetto per la incoercibile libertà di ciascuno. Senza il quale non ha senso né credere né ragionare.

Augusto Cavadi

giovedì 24 marzo 2011

Ci vediamo oggi (giovedì 24 marzo 2011) a Terrasini ?


Giovedì 24 marzo 2011 - ore 16,30
sala letture Biblioteca Comunale “Claudio Catalfio”
Terrasini via B. Saputo
Presentazione del libro “I SICILIANI SPIEGATI AI TURISTI”
con l’autore
AUGUSTO CAVADI
Intervengono i lettori
Claudia Galati
Daniela Militello
Cetty Salamone
Adalberto Magnelli
Pino Manzella
Introducono
Ino Cardinale
Grazia Maria Moceri
Ettore Pappalardo
Coordina
Roberto Conigliaro

Ci vediamo sabato 26 a Torino?



sabato 12 marzo 2011

Da Peppe Sini: Giappone e Italia, due diverse tragedie


TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
(Abbonamento GRATUITO: basta un click!)

Numero 492 del 12 marzo 2011

Telegrammi della nonviolenza in cammino proposti dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza

Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac@tin.it

Sommario di questo numero:
1. Peppe Sini: Fragilita’
2. Milizio Carcassa: Sottile ed elegante un emendamento alla riforma della giustizia, al fine della semplificazione
(…)

1. EDITORIALE. PEPPE SINI: FRAGILITA’
La fragilita’ umana che ogni catastrofe naturale ci ricorda.
E quella meditazione di Giacomo Leopardi che una volta ancora vogliamo ripetere: che proprio perche’ ogni essere umano e’ cosi’ costitutivamente esposto al dolore, alla malattia e alla morte, e’ vieppiu’ assurdo che esseri umani opprimano altri esseri umani, che al dolore inscritto nel nostro statuto biologico vogliano aggiungere quello storicamente prodotto.
Vi e’ una sola umanita’: che sappia infine sentirsi tale; ed ogni essere umano ad ogni altro essere umano rechi aiuto, in questa comune avventura, in questa comune tragedia, in questa comune nuda esposizione alla sofferenza e al nulla che chiamiamo esistenza.

2. ARTE DI GOVERNO. MILIZIO CARCASSA: SOTTILE ED ELEGANTE UN EMENDAMENTO ALLA RIFORMA DELLA GIUSTIZIA, AL FINE DELLA SEMPLIFICAZIONE

Signor mio presidente del consiglio
la mi consentira’ un suggerimento
per evitare il menomo lamento
e far cessare infine ogni pispiglio.

Piantiamola di perderci altro tempo.
E aboliamoli ’sti tribunali.
La forca basta e avanza per i poveri.
E per i ricchi i templi e le vestali.

Bisogna proprio farla tanto lunga?
Crepino i communisti e viva il bunga bunga.
Se poi la fa un rimpasto al gabinetto
la mi tenga presente. Con rispetto.

Ci vediamo lunedì 14 a Palermo?



LUNEDÌ 14 MARZO – ORE 18.15

Presentazione del libro di

AUGUSTO CAVADI




101 storie di mafia
101 storie di mafia che non ti hanno mai raccontato

Insieme all’Autore intervengono

ENRICO BELLAVIA – la Repubblica

UMBERTO DI MAGGIO – Ass. Libera

Letture di

Fosca Medizza

Inframezzo musicale con Patrizia Genova

presidentessa dell’Associazione Culturale “Satiro danzante”
accompagnata dal pianista Roberto Bellavia

COSTES CAFÈ

viale Lazio - Verde Terrasi

PALERMO

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Chi sono i mafiosi? E gli eroi dell’antimafia? I siciliani non smetteranno mai di sentirsi fare queste domande. E se qualche volta il cliché corrisponde a verità in questo caso ne siamo lontani. Niente più coppole e lupare ma visi comuni, abiti comuni così come passioni e debolezze.

Ma le loro vite, nonostante le apparenze, sono segnate da una presenza oscura e ingombrante, un potere tentacolare che si fonda sulla violenza e l’illegalità e che impone, senza mezzi termini, di decidere: con o contro. Da un esperto in materia, 101 racconti nel cuore pulsante della mafia e dei suoi protagonisti, celebri e meno famosi: non solo criminali e complici, ma anche eroi della legalità democratica e cittadini caduti sotto il fuoco dei mafiosi solo per caso. La Sicilia aspra e misteriosa di Provenzano e Riina emerge in tutta la sua crudezza per svelarci, tra verità e leggenda, le mille sfaccettature di un potere strisciante che supera i confini territoriali e si annida indisturbata nel sottobosco della politica. E per ricordarci che la mafia non è mai scomparsa: prospera nel silenzio, vive tra di noi e soprattutto di noi.

ALCUNE DELLE STORIE NARRATE

LA MAFIA IN CASA MIA: LA STORIA DI PEPPINO IMPASTATO
I FRATELLI GRAVIANO NON DIMENTICANO FACILMENTE
TOTÒ, IL FUTURO BOSS DI BALLARÒ
CHI HA UCCISO IL DOTTOR PAOLO GIACCONE?
LIBERO GRASSI, UN IMPRENDITORE TRASGRESSIVO
DON MASINO SPADARO, DOTTORE IN NONVIOLENZA
UN PICCOLO PASTORE PROTESTANTE E UN POTENTE CARDINALE

giovedì 10 marzo 2011

Ci vediamo venerdì 11 (domani) a Mestre?

Ci vediamo a Mestre presso il centro culturale Cambiani (Piazzale Cambiani, 15) per la presentazione del mio Filosofia di strada alle ore 18.00?

martedì 1 marzo 2011

Nomadismo e benedizione di Alberto G. Biuso


“Repubblica – Palermo” 13.6.06

Per leggere Nietzsche

ALBERTO G. BIUSO
Nomadismo e benedizione
Di Girolamo
Pagine 199
Euro 16,50

Come spesso accade, è il sottotitolo a dare la chiave del libro: Ciò che bisogna sapere prima di leggere Nietzsche. Infatti viene ripreso e sviluppato il materiale adoperato - nel corso di una delle ‘cenette filosofiche per…non filosofi’ palermitane - per presentare le linee essenziali della figura e dell’opera del celebre pensatore tedesco. Col suggestivo supporto di citazioni di prima mano, emerge una sorta di “superuomo” che “vuole inoltrarsi sino ai confini estremi del proprio essere” senza ancoraggi confortanti. Né teorici né pratici. Infatti, “inassimilabile alla democrazia come alla dittatura”, “libero da ogni costrizione di partito” o di “fazione”, Nietzsche resta “un nomade anche politico, lontano dai fascismi quanto dai liberalismi e dai comunismi”. Insomma: “l’uomo della conoscenza, che fa del proprio sapere una forma di benedizione per sé e per gli altri” (pp. 81- 83). Si potrebbe aggiungere che questa libertà apolide, in sé benemerita, si presta a legittimare atteggiamenti qualunquistici di disimpegno verso le opzioni politiche quotidiane.

Augusto Cavadi

La chiesa può essere neutrale fra Stato e mafia?


“Repubblica – Palermo”
27 febbraio 2011

QUELLA CHIESA EQUIDISTANTE FRA LO STATO E COSA NOSTRA

Non ho mai conosciuto, personalmente, l’ex - vescovo di Trapani mons. Domenico Amoroso. L’unica notizia su di lui l’ebbi, negli anni Ottanta, da una suora francescana (mia alunna all’Istituto di scienze religiose di Monreale) che gli aveva portato in dono – tutta emozionata – il mio libro Fare teologia a Palermo. Intervista a don Cosimo Scordato e che era rimasta raggelata dalla sua risposta: “Una suora non compra né regala libracci di questo genere. Lo getti nell’immondizia”.
A parte questo episodio, mi risulta che nella diocesi non c’è un brutto ricordo della sua amministrazione e che, su più di un tema, si fanno confronti a lui favorevoli con vescovi precedenti e successivi. Proprio perché è stato un vescovo nella media dei vescovi siciliani, la notizia apparsa ieri di un suo ripetuto intervento presso il Viminale, nel 1992, affinché venisse abolito il regime del 41 bis (almeno per una serie di detenuti), risulta particolarmente significativa. Direi quasi esemplare. Infatti, se si fosse trattato di un prelato ambiguo e colluso (come non ne sono certo mancati nei centocinquanta anni di storia di mafia), la sua iniziativa si potrebbe rubricare come eccezionale; ma proprio perché, invece, è stato un pastore ‘normale’, il suo atteggiamento è rivelativo di una mentalità cattolica assai diffusa. Che significa, infatti, trasmettere riservatamente al Ministero degli Interni delle lettere di protesta contro il carcere duro ricevute da familiari di mafiosi condannati che promettevano, in cambio, la cessazione delle stragi? Significa accettare, in perfetta buona fede (e dunque in una condizione ancor più preoccupante), il ruolo di mediatore fra Stato e Cosa nostra che i mafiosi hanno spesso attribuito alla Chiesa cattolica e - cosa ancor più disdicevole – che la Chiesa cattolica si è riconosciuto. Storici cattolici di notevole lucidità e onestà, come don Francesco Michele Stabile, l’hanno notato nei loro scritti da parecchi decenni: i casi di complicità fra preti e mafiosi, proprio come i casi di netta opposizione fra gerarchie cattoliche e cosche mafiose, sono rari. La norma statistica è un’equidistanza fra lo Stato liberale (vissuto, sin dal 1861, come nemico del potere temporale dei papi e spogliatore dei beni ecclesiastici) e la mafia (condannata quando spara e uccide, tollerata quando si erge a baluardo delle buone tradizioni familiari ed efficace strumento di difesa dalle minacce dei comunisti e dei socialisti). Senza questo acquartieramento dei cattolici in un’illusoria zona franca fra legalità statuale e legalità mafiosa, non si capisce nulla di vicende più o meno clamorose da Andreotti a Cuffaro.
Da vicende del genere, la Chiesa cattolica siciliana - e non solo – potrebbe, però, trarre delle indicazioni istruttive per il presente. Fondamentalmente una: che al di là delle furbizie strategiche, e al di là persino dei buonismi sentimentali, le posizioni ufficiali delle comunità ecclesiali e le pratiche quotidiane dei fedeli dovrebbero ispirarsi alla serietà del vangelo. Che, letto direttamente, è abbastanza diverso da un blob elastico, adattabile a tutte le stagioni e a tutti i regimi politici, anche i più corrotti purché generosi con le istituzioni clericali. Che, invece, è l’invito fermo, deciso, inequivoco del Maestro di Nazareth a non servire due padroni, Dio e il denaro; a non cercare il sostegno dei potenti di questo mondo per annunciare un mondo senza potenti; a non vivere la libertà senza solidarietà né la gioia senza sobrietà. E soprattutto l’invito insistente e appassionato a non praticare la giustizia senza la misericordia, ma neppure la misericordia senza la giustizia.
Augusto Cavadi