giovedì 13 ottobre 2011

Dopo il sindaco attuale Pdl, quale futuro per Palermo?


“Centonove” 7.10.2011

COME PREPARARSI AL DOPO CAMMRATA?

I “ritiri spirituali” sono abbastanza in declino, anche negli ambienti cattolici. In compenso, però, fioriscono dei cloni: per esempio, da molti anni, i ritiri “politici” organizzati ogni estate dalla Scuola di formazione etico-politica “G. Falcone”. In uno degli ultimi week-end, i soci di questa associazione di volontariato culturale hanno invitato, presso una deliziosa masseria dalle parti di S. Giuseppe Jato, vari esponenti della scena politica palermitana per meditare sul futuro della città, anche in vista delle amministrative sempre più vicine. A riflettere, a discutere con agio (senza l’incubo del cronometro), a pranzare insieme, a passeggiare, in un clima rilassato lontano dai rumori metropolitani e dalle gazzarre mediatiche. La domanda formulata nell’invito : “Che cosa pensereste di fare, personalmente o come aggregato politico, se doveste succedere a Cammarata?”
Tutti gli intervenuti (dal centro-destra, Carlo Vizzini, all’estrema sinistra, Sergio Lima, passando per esponenti del centro-sinistra come Ninni Terminelli, Davide Faraone, Pippo Russo, Nadia Spallitta, e di movimenti come Giuseppe Valenti) hanno concordato sullo stato di disastro finanziario in cui il nuovo sindaco troverà le casse cittadine. Solo grazie a artifizi contabili il Comune di Palermo non è stato ancora dichiarato tecnicamente in stato di insolvenza. Come ha dichiarato qualcuno dei relatori, “se uno ha in odio un nemico acerrimo da rovinare, gli può offrire la candidatura a sindaco del capoluogo regionale”.
Un secondo punto di relativa convergenza: più che girandole dei nomi, servirebbero un programma succinto (con obiettivi circoscritti e comprensibili anche dagli elettori meno addentro alle alchimie della politica locale, cioè dalla stragrande maggioranza degli elettori) e un identikit di candidato sindaco. Circa il programma, tra le priorità più gettonate (molte delle quali a costo zero e attuabili nei primi cento giorni): chiudere stabilmente al traffico privato il centro storico (in particolare la via Emerico Amari, in modo da creare un corridoio vivibile per le migliaia di turisti che sbarcano al porto durante le crociere); incrementare i collegamenti pubblici, specialmente con le periferie urbane (invertendo la filosofia attuale: dal “chiedersi come le auto possano spostarsi” a “come possano farlo i cittadini”); rimodellare la macchina amministrativa del Comune (in modo da responsabilizzare i dirigenti più meritevoli, indipendentemente dalle appartenenze partitiche, e soprattutto in modo da ricostituire quelle équipe che durante la “Primavera palermitana” avevano mostrato di saper lavorare in sinergia con notevole professionalità); attivare controlli telematici incrociati sulle forniture di luce e telefono in modo da scovare gli evasori della tassa sull’immondizia e poter diminuire le imposte ai cittadini onesti che le hanno sempre pagate; restituire alla giunta e al consiglio le competenze che la normativa in vigore (più volte in questo decennio disattesa) conferisce ad essi e di cui si è indebitamente appropriato l’Ente Porto; azzerare le consulenze remunerate a discrezione del sindaco; accorpare i consigli di amministrazione delle società comunali (Amat, Amap, Amia, Amg, Gesip) e affidare queste ultime a manager competenti (tra gli attuali o cercando altrove) che le trasformino, come avviene in altre municipalità, da pozzi mangiasoldi a imprese produttive; offrire alternative legali ai venditori ambulanti che preferiscono, anziché deambulare, stanziare abusivamente agli incroci delle strade; ristabilire un minimo di decoro urbano smantellando tutti i gazebi e le superfetazioni che imbruttiscono l’immagine della città e ne diminuiscono la viabilità per i pedoni.
Sull’identikit del prossimo sindaco le convergenze sono state, comprensibilmente, meno compatte. L’orientamento prevalente, comunque, si è configurato per una personalità anagraficamente giovane; sufficientemente esperta del funzionamento dell’apparato amministrativo municipale ( e dunque anche delle cause del malfunzionamento); capace di rappresentare (anche per la sua storia di impegno nel sociale) una prospettiva ideale abbastanza forte da raccogliere consensi da cittadini di più aree partitiche e, soprattutto, da cittadini delusi e sfiduciati. Insomma, anche al di qua dello stretto si sogna un Pisapia, un De Magistris, uno Zedda: ma “la linea della palma” si sposta anche all’incontrario?

Augusto Cavadi

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