sabato 8 giugno 2013

GIORNALISTA E FILOSOFO: E' POSSIBILE?


“Centonove”
7 giugno 2013-06-06

GIORNALISTA E FILOSOFO?

    E’ possibile essere un filosofo e un giornalista insieme? La stragrande maggioranza dei filosofi lo esclude. E, per ragioni opposte, lo nega anche la stragrande maggioranza dei giornalisti. Nel suo ultimo libro, come al (suo) solito brillante nella forma e documentato nei contenuti, Davide Miccione (La vita commentata. Una interpretazione dei Glosari di Eugenio D’Ors, Bonanno, Acireale – Roma 2012) risponde, invece, che non solo si può essere pensatori e  pubblicisti: per molti versi, lo si deve. O li si dovrebbe essere.
   Ma procediamo con ordine. E innanzitutto: chi è, o meglio chi era, Eugenio D’Ors? Confesso che, prima di avere in mano questa acuta e gradevole monografia, non ne avevo sentito neppure il nome. Scorrendone le prime pagine ho appreso che si tratta di un catalano nato nel 1882 e morto nel 1954, appassionato redattore di una rubrica giornalistica (i “Glosari”) apparsa, quasi quotidianamente, per decenni, prima in catalano e poi in spagnolo. Al silenzio tombale caduto su di lui nella cultura europea non sono stati certi estranei né il suo conservatorismo filo-franchista né le sue prese di distanza teoretica da alcuni mostri sacri conterranei (come Unamuno o Ortega y Gasset): ma, a giudizio di Miccione, queste sue posizioni politoco-intellettuali, discutibili e discusse, non giustificano la rinunzia a riprendere molti passaggi del suo insegnamento e della sua testimonianza. Quali in particolare?
     Senza pretesa di esaustività ne segnalo alcuni che mi hanno colpito particolarmente.
     Innnzitutto il genere letterario preferito: la glossa, la nota in calce alla cronaca, l’articolo-elzeviro con cui “D’Ors affronta e tenta una risoluzione dei problemi che l’arte, la storia, il pensiero della sua epoca gli pongono. Sta all’interprete cercare il bandolo della matassa, dirimere e raccogliere i testi che spieghino con esattezza il pensiero orsiano. Facile perdersi. Ma ancora più facile far finta di aver trovato la strada” (p. 23). Infatti, raccolti in poderosi tomi, questi pezzi giornalistici un’opera “apparentabile a prima vista a un enorme zibaldone leopardiano, a un Dizionario filosofico volteriano che, espandendosi, abbia smarrito l’ordine alfabetico, oppure a una raccolta della Fackel, in chiave dandy, svagata e rabbonita” (pp. 22 – 23). Con questa opzione D’Ors punta su una fiosofia che non mira al sistema, bensì al frammento: o, se si preferisce, che approda a un “antisistematico sistema” (p. 19).
    La scelta del genere letterario della “glossa” (Anders la definirebbe “un ibrido incrocio tra metafisica e giornalismo”) esprime un’idea più radicale sulla filosofia come sguardo “al mondo nella sua totalità ma anche nella sua frastagliata e accidentata singolarità” (p. 55) . Come “andirivieni” fra il particolare e l’universale, l’occasionale e il perenne. Con questa dialettica, la filosofia prova a rispettare e riprodurre il  rapporto, più in generale,  fra ragione e vita: ciascuna delle quali perderebbe senso senza l’altra, perché la ragione assolutizzata si riduce a forma vuota e la vita, abbandonata a sé stessa, scade nel caos. E, salvaguardando i diritti della ragione e della vita, la filosofia salva se stessa dall’irrilevanza pubblica cui sembra condannarla quell’accademismo di maniera che la riduce   “a  fare meditazioni su meditazioni, a elaborare libri sopra i libri” (p. 80). Che non sia destinata a salvare anche il giornalismo, nato come scopritore di notizie e destinato  - nell’epoca dell’iperinformazione – a sopravvivere solo come selezionatore delle notizie e interprete del significato meno apparente di ciò che i media si limitano a registrare in tempi sempre più stretti?

Augusto Cavadi

1 commento:

Maria D'Asaro ha detto...

Davvero interessante, questo sguardo attento al genere letterario della “glossa” che, riprendendo le tue parole, esprime un’idea più radicale sulla filosofia come sguardo “al mondo nella sua totalità ma anche nella sua frastagliata e accidentata singolarità”. Come “andirivieni” fra il particolare e l’universale, l’occasionale e il perenne.
Bravo Davide con la sua ricerca/studio su Eugenio D'Ors e ottima la tua recensione.