venerdì 9 agosto 2013

Gay e registro civile: se il cardinale bacchetta il sindaco


“Centonove” 9.8.2013

GAY: SE IL CARDINALE ROMEO BACCHETTA IL SINDACO ORLANDO



     In occasione della celebrazione eucaristica in Municipio il cardinale Romeo ha bacchettato la giunta Orlando su due questioni: l’ospitalità del Gay Pride e l’attivazione del registro delle coppie di fatto. Il messsaggio, ridotto all’osso, è chiaro: la Chiesa cattolica è contraria a ogni forma di unione stabile che non sia eterosessuale e sancita da un sacramento. Ma, oltre ad essere un messaggio chiaro, è anche vero (nel senso di corrispondente alla realtà)? Se per Chiesa intendiamo – riduttivamente - il papa e i quattromila vescovi del mondo, possiamo rispondere grosso modo affermativamente (dico grosso modo perché conosco almeno una decina di vescovi italiani che, nelle conversazioni private, mi comunicano una visione delle due questioni molto problematica e articolata). Ma se per Chiesa intendiamo, come insegna la dottrina ufficiale della Chiesa stessa, anche le centinaia di migliaia di preti e le centinaia di milioni di fedeli impegnati nell’insegnamento teologico, nell’apostolato, nella catechesi…allora la risposta è decisamente negativa. Il “popolo di Dio” non condivide, nel suo complesso, le posizioni rigide (che non significa rigorose) della sua gerarchia: come ha spiegato da anni il filosofo cattolico Pietro Prini, la Chiesa cattolica vive negli ultimi cinquant’anni uno “scisma sommerso”, una separazione netta fra ciò che dicono i suoi esponenti ufficiali e ciò che credono e vivono i suoi membri effettivi. Tale schizofrenia pone più di un interrogativo: infatti, secondo le più antiche convinzioni teologiche, una verità diventa ecclesiale quando non solo è proclamata dal Magistero ma anche recepita dalla maggioranza dei fedeli, custodi appunto del sensus fidei. Nelle questioni toccate dall’arcivescovo di Palermo è proprio questo consenso della base a difettare fortemente.
  Una riprova la si è avuta nel corso del Gay Pride: una iniziativa su Bibbia e omosessualità, promossa dall’associazione di omosessuali credenti “Ali d’Aquila”,  ha riempito tutti i posti disponibili dell’Istituto Gramsci e non solo il pastore valdese, ma anche gli altri tre relatori (preti cattolici) hanno spiegato l’infondatezza biblica e teologica dell’atteggiamento omofobico della Chiesa cattolica ‘docente’.
Tutti e quattro hanno confessato che la loro posizione in materia è mutata quando dalle nozioni libresche sono passati all’esperienza pastorale diretta. La strada è stata la loro maestra di teologia.  Ma il cardinale Romeo ha mai parlato a tu per tu con omosessuali dichiarati (di omosessuali clandestini, talora incapaci di ammettere persino a sé stessi le proprie inclinazioni, ne ha certamente conosciuto centinaia)? Si è mai fatto interrogare dai loro volti? Ha mai ascoltato le loro storie personali?
    Interrogativi simili emergono a proposito della condanna della registrazione anagrafica delle “coppie di fatto” che solo in parte sono coppie di persone che hanno accettato di vivere l’amore omoaffettivamente: molte sono coppie eterosessuali o addirittura di persone amiche che non vivono nessuna relazione sessuale. Ammettiamo – per comodità dialettica - che, in questi casi, non si possa ipotizzare un matrimonio (né civile né tanto meno sacramentale): ebbene, perché mai il riconoscimento di un rapporto para-matrimoniale sarebbe una minaccia per il rapporto tipicamente matrimoniale? Se ci sono richieste di avvicinarsi a un modello originario, queste stesse richieste non sono oggettivamente un riconoscimento di tale modello? Nessuno si sogna di copiare un’idea se la ritiene sballata; anzi, proprio le copie che tentano di riprodurre un originale ne sottolineano il valore intrinseco. Il matrimonio cristiano  è diventato un sacramento solo dopo i primi mille anni di cristianesimo: ammesso, e non concesso, che lo si voglia considerare il massimo della perfezione istituzionale, perché scoraggiare quanti chiedono di imitarne alcune prerogative?
      Forse lo spirito evangelico suggerirebbe di sostituire  - al rimprovero e alla condanna - la proposta, in positivo, dei pregi di un vincolo matrimoniale esclusivo e indissolubile: non per paura della legge, ma come effetto miracoloso dell’amore umano e (per chi ci crede) della grazia divina. Pare che il papa Francesco stia privilegiando questo stile dell’annunzio profetico disarmato: evidentemente anche da questo punto di vista Palermo dista mille chilometri da Roma.

Augusto Cavadi

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