giovedì 31 luglio 2014

"Il Dio dei mafiosi" ripreso su "Il Foglio"

Come si evince anche da questo articolo del "Foglio" di Giuliano Ferrara, tra me e il quotidiano milanese non corre buon sangue. Ma devo dare atto che, a mia conoscenza, è l'UNICO organo di stampa che (in questi giorni di scomuniche papali e inchini della Madonna) si sia ricordato del mio trattato sulla teologia dei mafiosi. Così va il mondo...e il filosofo, sorridente, registra.
Il link:
www.ilfoglio.it/articoli/v/119565/rubriche/ecco-il-volto-del-dio-dei-mafiosi-in-una-lettura-teologica-di-cosa-nostra.htm

martedì 29 luglio 2014

Gli ultimi saranno i primi ? E perché i primi rischiano di finire ultimi ?

Come alcuni di voi sanno, l'Agenzia di stampa (on line e cartacea) di Roma "Adista" mi chiede ogni tanto dei contributi. Qua sotto riproduco il commento al brano del vangelo che nelle chiese cattoliche sarà letto domenica 3  agosto 2014, commento pubblicato nella rubrica "Omelie fuori dal tempio" dell'ultimo numero di "Adista-notizie".

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Vangelo secondo Matteo 20, 1 - 16 a


Leggere il vangelo, interpretarlo correttamente, è dato a tutti - soprattutto ai 'semplici' - o è riservato a pochi specialisti? Ci sono pagine che attestano quanto ardua sia la risposta. Da una parte, infatti, sarebbe assurdo supporre che il messaggio salvifico del Regno non fosse rivolto anche a chi è capace soltanto di ascolto naif ; ma, dall'altra, come non ammettere che una lettura ingenua, immediata, di parabole come questa induca quasi inevitabilmente a fraintendimenti ? Forse si ci si potrebbe accordare su una conclusione del genere: Gesù parlava il linguaggio multiplo delle parole, dei gesti, delle azioni...che poteva raggiungere, senza filtri, la mente e il cuore degli ascoltatori anche meno istruiti. Sapeva che la trascrizione in fogli del suo linguaggio avrebbe potuto generare equivoci. E infatti né scrisse né dettò nulla. Dopo la redazione dei vangeli, le linee essenziali del messaggio restano accessibili anche a chi è asciutto di esegesi e di ermeneutica, ma solo chi ha l'attrezzatura metodologica adatta può provare a raschiare l'apparenza per cogliere molti dettagli secondari per nulla trascurabili.
      Che significa, ad esempio, che "gli ultimi saranno i primi e i primi ultimi" (v. 16)? Il Dio di Gesù è un capitalista di animo generoso che, avendo fissato un salario minimo per i suoi precari a giornata, non se la sente di decurtare ulteriormente la paga a quanti sono rimasti in piedi, appoggiati sul muretto, sino a quando - quasi alla fine della giornata lavorativa - non è stato necessario ingaggiare anche loro?  Qualsiasi interpretazione giuridica o morale (e ne sono state proposte decine in questi venti secoli) mostra, alla fine, qualche incongruenza o - nei casi migliori - si riduce ad una sorta di celebrazione dell'ovvio che non aggiunge né toglie alcunché ad una immagine antropomorfica di Dio.
      Diverso è il caso in cui ci si ponga da una prospettiva teologica ed antropologica. Qui si annuncia un Dio che non fa calcoli ragionieristici e dona la salvezza non solo a chi è chiamato per primo (l'ebreo veterotestamentario, la bambina precoce che decide di farsi santa a quattordici anni, gli sposi modello che arrivano alle nozze d'oro dopo una vita di rinuncie quotidiane...), ma anche a chi avverte la chiamata in extremis (il pagano contemporaneo di Gesù, il libertino che si converte come Agostino di Tagaste nel mezzo del cammin della sua vita, gli anziani mercanti alla Zaccheo che solo poco prima di morire si accorgono di aver sprecato l'esistenza a far soldi  e per giunta disonestamente...). E qui si annuncia la possibilità inaudita che l'uomo, grazie ad una fede autentica, possa vincere l'invidia e la gelosia causate dalla gratuità dell'unico Padre. Bruno Maggioni lo ha saputo precisare con lucidità: "la parabola non vuole anzitutto insegnarci come Dio si comporta, ma piuttosto come i giusti debbono comportarsi di fronte alla misericordia di Dio". Infatti, come aveva avvertito J. Dupont, "il problema non è quello dei diritti e dei doveri di un padrone, ma quello della solidarietà che dovrebbe unire gli operai fra di loro".
      Allora non è che i 'primi' vengano schiaffati da Dio all'ultimo posto, ma è la loro stessa condizione di 'primi' a metterli a rischio di auto-esclusione: è la loro coscienza 'troppo' pulita, il compiacimento eccessivo per i propri 'meriti', l'arroganza di chi si avverte moralmente privilegiato che li induce a rattristarsi perché Dio è comprensivo e  a nutrire per i salvati dell'ultima ora sentimenti negativi. E' insomma il loro privilegio iniziale a covare, dentro sé stesso,  il rischio di capovolgersi  in rivolta autolesionistica.  Beati gli ultimi perché non conosceranno la tentazione di rivendicare il monopolio della primogenitura!

    Augusto Cavadi
   

lunedì 28 luglio 2014

I PECCATI DEI PRETI E L'IMPEGNO DELL'ASSOCIAZIONISMO SICILIANO


“Repubblica – Palermo”
25. 7. 2014

GLI AIUTI A CHI SOFFRE E I PECCATI DEI PRETI

   Le prestazioni sessuali estorte fanno sempre ribrezzo. Ma se a operare la concussione in natura è un cittadino con responsabilità sociali  - un medico o un insegnante, un politico o un prete – l’abuso risulta particolarmente odioso. Fatta salva la presunzione d’innocenza, è dunque comprensibile che in internet girino in queste ore parodie amaramente sarcastiche: “L’8 per mille alla Chiesa cattolica? Chiedilo a don Librizzi”.

    Che la giustizia faccia il suo corso, efficacemente e rapidamente, è interesse di tutti ma, in modo particolare, di quelle centinaia  - anzi migliaia – di siciliani che da anni si impegnano a supplire le carenze della politica governativa sul fronte degli sbarchi dall’Africa. Un’altra mela marcia (non è la prima, non sarà presumibilmente l’ultima) rischia, infatti, di gettare il discredito su un mondo variegato e ammirevole di cui si tace quando non c’è da lamentarsene.  Penso, innanzitutto, per associazione di idee più immediate, agli operatori della Caritas della stessa diocesi di Trapani che, in queste stesse ore, continua una splendida opera di accoglienza dei migranti. Penso a don Francesco Fiorino, direttore della caritas della limitrofa diocesi di Mazara del Vallo, che da decenni ha costruito – con i suoi collaboratori – una rete efficiente di solidarietà, realizzando un esempio di integrazione degli immigrati. Penso a ciò che l’intesa fra il sindaco e l’arcivesco di Messina sta rendendo possibile per 500 profughi salvati dal naufragio. Ma anche le chiese protestanti sono da anni mobilitate. Il centro diaconale valdese-metodista della Noce, di Palermo, ha in carico diversi minori senza genitori ai quali insegna i rudimenti della lingua italiana e che avvia a forme di lavoro adeguate. Il direttore del centro, il giovane pastore Ciccio Sciotto, è in partenza per Scicli dove si trasferisce per dirigere un altro punto di accoglienza per chi riesce ad attraversare indenne il canale di Sicilia, ma si trova poi senza riferimenti di parenti o amici in Italia. E da poche settimane, nell’ambito del medesimo progetto Mediterranean Hope,    la Federazione delle chiese evangeliche in Italia (FCEI), ha aperto proprio a Lampedusa un “osservatorio” delle migrazioni (dove si sono trasferiti stabilmente due operatori, Francesco Piobbichi e Marta Bernardini). Accanto all’associazionismo di ispirazione religiosa, e spesso in felice cooperazione con esso, è molto attivo l’associazionismo laico. A Palermo e Catania le due sedi del Ciss (Cooperazione internazionale sud sud), ad esempio; senza contare l’opera inestimabile  - di carattere sia scientifico che operativo – dei giuristi come Fulvio Vassallo Paleologo e i suoi più giovani collaboratori che, da molti anni, assistono chi sbarca nella nostra isola non solo nell’immediato (per esempio assicurando um servizio di traduzione e di informazione legale), ma anche nel faticoso iter burocratico del riconoscimento dello status di profugo. 

 

Augusto Cavadi

www.augustocavadi.com

domenica 27 luglio 2014

CI VEDIAMO MARTEDI' 29 LUGLIO A PORTO S. ELPIDIO (MARCHE) ?

Martedì 29 luglio 2014, alle ore 19, invitato dall'amministrazione comunale, condurrò a Porto S. Elpidio (Marche) una passeggiata filosofica 
sul tema della "Vita come viaggio".
La partecipazione è libera e gratuita.

sabato 26 luglio 2014

Come far fuggire i turisti da Palermo e dintorni


“Repubblica – Palermo”
Giovedì 24  luglio 2014

GLI ATTENTATI CHE FANNO SCAPPARE I TURISTI


E’ in atto un declino di Cefalù dal punto di vista turistico ? La questione  ha dato luogo a un vivace, scambio di opinioni fra Nicola Farruggio,  presidente di Palermo e vicario regionale Federalberghi,  e Rosario Lapunzina, sindaco della città normanna.  In attesa di analisi statistiche più scientifiche, noi innamorati di Cefalù non possiamo tacere la delusione per troppi segni di decadimento. Il centro storico, invano chiuso al traffico, è attraversato giorno e notte da automobli e soprattutto da “motorini” ziz-zaganti fra turisti increduli. Proibitivi i prezzi degli alimentari e degli altri generi di prima necessità, come se i clienti fossero tutti proprietari di yacht al molo. Solo da qualche giorno un nuovo direttore – dotato di passione, ma non si sa di quante risorse finanziarie – per rilanciare il museo “Mandralisca” allo sbando. E i tratti di spiaggia accessibili gratuitamente, punta di diamante dell’attrattiva turistica, sono quasi sempre sfregiati dal combinato disposto della maleducazione dei bagnanti, dell’inefficienza di chi dovrebbe ripulire e dell’assenza perenne di chi dovrebbe multare gli uni e gli altri.
    Ma la notizia vera è che il declino turistico di Cefalù (più o meno consistente che si riveli nei prossimi accertamenti) non abbia coinvolto – almeno per ora ! -   l’intera isola. I motivi non mancherebbero e, se istituzioni e cittadini non ne prendiamo atto in tempo, le conseguenze anche economiche saranno dolorose. Vivo a due passi dalla spiaggia libera  della borgata di Vergine Maria: da anni nessuna autorità è riuscita a evitare che selve di tende la invadano per settimane, di giorno e di notte, in assoluta mancanza delle più elementari norme igieniche. Qualche chilometro più in là l’hotel Villa Igea: i turisti che vogliono fare due passi verso il porticciolo dell’Acquasanta possono scegliere fra una bretella ufficialmente chiusa al traffico ma continuamente attraversata da veicoli a motore e la strada principale i cui ristrettissimi marciapiedi sono perennemente occupati da auto in sosta. Come spiegargli che mettere a repentaglio l’incolumità personale dei pedoni dalle nostre parti è la regola?
     Le zone off-limits, per chi è abituato a standard europei e nord americani, sono innumerevoli. Che significhi essere ospitato in un B & B del centro storico, e voler dormire da mezzanotte alle sette del mattino dopo una giornata di giri in città, lo sappiamo tutti: o per esperienza diretta o per le cronache dei giornali di questi giorni. Meno noti, ma non meno esasperanti, altri inconvenienti. Un amico ha dovuto anticipare il ritorno in Lazio perché, ospitato nelle vicinanze di via Oreto, ha dovuto subire per giorni e notti di seguito, senza un solo minuto di pausa, la tortura inflittagli dalle decine di cani abbaianti del canile municipale: i poveri animali fanno ciò che sanno, ma perché le varie amministrazioni succedutesi a Palazzo delle Aquile (compresa l’attuale) non si decidono a rispettare la normativa europea (che prevede simili strutture d’accoglienza per i cani ad almeno sette chilometri dai centri abitati)?
    Se poi gli stessi turisti si decidono per una gita fuori porta, quasi dappertutto è uno schifo. L’Amat (che dovrebbe possedere 700 veicoli, ne possiede 560 e ne usa meno della metà al giorno) non riesce a pubblicizzare gli orari delle corse dei bus neppure ai capolinea. Alle rotonde e nei cavalcavia (scandaloso ciò che avviene da sempre in piazza Giachery nella totale, costante, assenza di vigilanza) gli “stop” non servono neppure a far rallentare le automobili che sfrecciano impunite. Le rare piste ciclabili sono quasi sempre occupate da auto in sosta: per evitare che il visitatore in bici ne possa percorrere qualche metro, in caso di momentanea assenza di automobili posteggiate, ci pensano negozianti e  venditori ambulanti a montare baldacchini stazionari (clamoroso il caso di via Quinta Casa). L’illegalità è talmente sistemica che sarebbe una sorpresa insopportabile se una qualsiasi autorità preposta all’ordine pubblico si svegliasse dal sonno e osasse dare segnali di segno differente. La pineta di Monte Pellegrino una sorta di immondezzaio a cielo aperto; altrettanto, e peggio, le strade che costeggiano l’autostrada sia all’entrata da Villabate sia all’uscita per l’aeroporto “Falcone e Borsellino”. Chi imbocca a Palermo la medesima autostrada per raggiungere Trapani o Mazara del Vallo, e dimentica di fare il pieno di benzina, non trova una sola aerea di rifornimento: succede anche in altre zone d’Italia? Quanti posti di lavoro in più si creerebbero grazie a  un minimo di attenzione per le esigenze elementari dei viaggiatori?
    Se è duro sopravvivere in Sicilia per chi vi è nato, non c’è poi da stupirsi che altri, da lontano, esitino a tornare. Ma se la disaffezione da parte dei turisti si allargasse cronicizzandosi, per noi indigeni la sopravvivenza diventerebbe ancora più dura.

Augusto Cavadi

giovedì 24 luglio 2014

CI VEDIAMO GIOVEDI' 24 E VENERDI' 25 A VITTORIO VENETO ?

Oggi (giovedì 24 luglio 2014), alle 21.15, presso l'Hotel Terme (viale della Vittoria 4, Vittorio Veneto) modererò una tavola rotonda con gli autori di tre recenti libri sulla consulenza filosofica.

Domani (venerdì 25 luglio 2014), a partire dallo stesso Hotel di Vittorio Veneto, condurrò una "passeggiata filosofica per non...filosofi" sul tema "La vita come viaggio".

Entrambi gli eventi sono pubblici e gratuiti.

mercoledì 23 luglio 2014

Antonio Cangemi recensisce "La rivoluzione, ma a partire da sè" (Ipoc, Milano 2014)

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"Siciliainformazioni.it" 
19.7.2014

La “vigilanza intellettuale” di Augusto Cavadi


La “vigilanza intellettuale” di Augusto Cavadi
La tendenza a rifugiarsi nel privato estraniandosi da ogni coinvolgimento nella vita pubblica è oggi assai diffusa, non solo nelle nuove generazioni. E’ una scelta che i tanti che la compiono solitamente giustificano accusando la politica di sporcizia, il mondo sindacale di mistificazione, le associazioni di guardare ai propri tornaconti. Argomenti in verità troppo vaghi per non fare sospettare che dietro quella scelta vi sia, oltre a comprensibile disorientamento dinanzi a realtà inquinate e contraddittorie, pigrizia e carenza di riflessione sul senso dell’esistenza, soprattutto della propria.
Augusto Cavadi, saggista dai molteplici interessi e consulente filosofico, nel suo ultimo libro “La rivoluzione, ma a partire da sé” edito da Ipoc ci invita a meditare sulla propria vita e a considerare come la si possa arricchire con l’impegno civile, sociale e politico. Cavadi, a sostegno del proprio punto di vista, sviluppa, articolandole con sapienti e puntuali richiami, svariate argomentazioni, sorrette dalla logica coniugata alla passione che, lungi dal ridimensionarne la cifra razionale, le rafforza. L’autore de “Il Dio dei mafiosi”(pamphlet di successo che ha fatto luce sulla religiosità sinistra di Cosa nostra), pur nell’accorato appello all’impegno, non si erge mai a depositario della verità e a distillatore ex cathedra di ricette salvifiche.
Lo scrittore palermitano ci spiega che la vita di ciascuno di noi ruota attorno a un progetto, cioè ad una selezione di priorità di valori e comportamenti a guida dell’operato quotidiano. Molti, nel momento in cui orientano la propria esistenza senza interrogarsi sul suo significato e sul significato dell’agire con gli altri e per gli altri rinchiudendosi in se stessi e privilegiando il disimpegno, detengono comunque un progetto inconsapevole, che gli ritaglia un ruolo di spettatori passivi degli accadimenti pubblici. E’ preferibile, secondo Cavadi, elaborare consapevolmente un proprio progetto esistenziale, e che questo progetto sia ancorato al mondo reale, fondato sulla fiducia negli uomini – che, per quanto contraddittori e non affrancati da impulsi egoistici, rivelano spesso vitalità positive -, rinsaldato dalla forza dell’amore. Se si riesce a predisporre un progetto esistenziale orientato in tal senso è possibile praticare la via dell’impegno in varie direzioni, richiedendosi sforzi anche non trascendentali. Una di queste è la “vigilanza intellettuale”, e cioè la consapevolezza di far parte del contesto pubblico in cui si vive, che si sostanzia nel seguire, attraverso un’attenta informazione, letture selezionate, studi non superficiali, il corso degli eventi per averne una visione autonoma e critica.
La “vigilanza intellettuale” costituisce la premessa per raggiungere ulteriori livelli di partecipazione alla vita pubblica. Che consentono, con la “fruizione della bellezza”, di discernere la volgarità da ciò che è esteticamente apprezzabile e di adoperarsi perché il bello non sia offuscato dalla piattezza o da omologazioni consumistiche, e di acquisire la “ ‘cultura’ della sobrietà e del rispetto ecologico” e la ricchezza del dialogo, fondamentali per un ambiente migliore e una convivenza civile più solida. Cavadi osserva inoltre come l’impegno abbia una sua imprescindibile dimensione sociale. Se si ha cuore di operare dei cambiamenti lo sforzo individuale non basta, occorre incontrarsi con gli altri che sono mossi dallo stesso intento. Associandosi si possono perseguire obiettivi ambiziosi. E il condividere le proprie esperienze in associazioni ha più vantaggi: fa conoscere i lati positivi, altrimenti più difficili da scorgere, degli altri e fa scoprire le ricchezze che si celano dentro noi stessi. Secondo Cavadi, tuttavia, la dimensione sociale dell’impegno, per quanto preziosa, non è sufficiente per incidere in modo significativo sulla realtà. Se ci si arresta a tale stadio si rischia di limitare la propria azione in ambiti parziali e settoriali.
Occorre perciò una progettualità, una visione d’insieme che solo la politica può offrire. La politica cui si riferisce Cavadi naturalmente è quella immune da interessi particolari o da tornaconti individuali: è una politica di servizio alla collettività, che supera gli steccati ideologici, oggi anacronistici, ma che esige una scelta di parte a beneficio di chi ha più bisogno e nel segno della solidarietà umana. Il saggio di Cavadi seppure breve (appena 105 pagine) è assai pregnante. Lo arricchiscono molte colte e suggestive citazioni e, nel finale, illuminanti consigli di lettura. La sottigliezza dei ragionamenti sprona a praticare uno stile di vita dedito al bene comune e aperto all’ascolto e al soccorso del prossimo, soprattutto di chi è più debole. La sapienza del filosofo è accompagnata dalla chiarezza espositiva del giornalista, e ciò rende la lettura del saggio oltre che edificante gradevole.

lunedì 21 luglio 2014

Ci vediamo mercoledì 23 luglio alle ore 19 ad Ascoli Piceno ?

In questa splendida cittadina marchigiana sono stato invitato a gestire un APERITIVO FILOSOFICO per non...filosofi organizzato dall'Associazione "Wega".

Sarà un'occasione per riflettere insieme su alcuni aspetti della crisi sociale attuale e per far conoscere l'appuntamento dei giorni 29 - 31 agosto ad Amandola (Terza edizione della Filofest: la prima, unica, Festa popolare della filosofia di strada!)

sabato 19 luglio 2014

CI VEDIAMO DOMANI SERA A BARCELLONA POZZO DI GOTTO (MESSINA) ?

Parteciperò, su invito dell'amministrazione comunale, a un momento
di riflessione per l'anniversario della strage di via D'Amelio (19 luglio 1992) 
con Rita Borsellino, Liborio Martorana, Lia Blanda, Giovanni Palazzolo.
A seguire proiezione del film di Pif "La mafia uccide solo d'estate".

mercoledì 16 luglio 2014

ANDREA COZZO RECENSISCE "PALERMO"


“Centonove” 11.7.2014



PALERMO SECONDO CAVADI



      Forse non è superfluo precisare che questa ultima pubblicazione di Augusto Cavadi (Palermo. Guida insolita a una città indecifrabile, Di Girolamo, Trapani 2014, € 9,90) si inserisce nella Collana Promemoria che accoglie e annota “documenti umani” da tenere a mente, talvolta da ripescare. Carte, figure e costumi - tra cultura popolare e studi demologici, civiltà materiale e folklore, fonti orali e tradizioni, dialettologia e “grammatiche” del volgo – che meritano di essere preservati in una memoria condivisa, ben al di là di specialismi settoriali , di interesse trasversale e generale. Una Collana, dunque, che ben si confà allo stile dell’autore: educatore consapevole e civicamente impegnato a favore dei ceti disagiati, opinionista di “Repubblica – Palermo” e teologo ‘laico’, osservatore dei fenomeni politici e del fenomeno mafioso (spesso coincidenti), ha sinora pubblicato alcune decine di libri su tematiche varie, ma sono la strada e la filosofia a costituire la cifra primaria di questo volumetto non a caso presentato  come una “guida per viaggiatori riflessivi”. 

     Leggiamo ad esempio: “Sarà effetto di miei limiti mentali, ma quando visito per la prima volta una città i musei sono gli ultimi luoghi che cerco. Mi sembra, forse sbagliando, che siano in qualche misura interscambiabili con i musei di tutte le altre città del mondo: un Tiziano o un Botticelli o un Picasso lo trovi a Roma come a Londra, a Mosca come ad Amsterdam. L’urbanistica di una città, invece, le sue architetture, i suoi giardini, i suoi vicoli, i suoi odori e i suoi piatti tipici li puoi scoprire solo là e in nessun altro posto del mondo. Meglio se sbirciati e annusati passeggiando a piedi o, al massimo, in bicicletta”  (p. 101).

               Perché “insolita” questa guida? Perché non è una guida, o meglio non è solo una guida. Infatti è fruibile da diverse angolazioni: è sì una guida per turisti, ma anche una raccolta di impressioni di viaggio di scrittori di varie epoche; riflessione filosofico-culturale sulla città;  illustrazione arguta di usi e costumi (anche alimentari) dei palermitani; racconto anche umoristico;  saggio sociologico; manuale di orientamento socio-culturale per chi visita Palermo; distillato della visione del mondo dell’autore stesso che passa per il nesso autobiografico inscindibile tra la sua  passione civile; i suoi interessi plurimi ma sempre legati a una concezione della cultura come non-scolastica, non-accademica, viva, sociale nel senso più stretto del termine; il suo apprezzamento dei piaceri della ricca tavola siciliana. Insomma il libro, pur agile, è testimonianza di un senso della vita come convivialità nel senso più alto e bello del termine ...E tutto espresso con una scrittura fluida e piacevole, spesso anche umoristica e autoironica: “Il centro storico va visitato palmo per palmo a piedi. Prima di tutto perché le patenti di guida valide per condurre automobili in tutta Europa sono assolutamente inadeguate per il traffico palermitano, regolato da leggi non scritte che è impossibile apprendere in meno di venti anni di residenza in città. Tra l’altro, il turista medio è curioso e può avere la tentazione di distrarsi, davanti a un semaforo rosso, per ammirare uno scorcio monumentale o un dettaglio architettonico: ma pagherebbe a prezzo troppo caro ogni attimo di ritardo dopo l’apparizione del verde (pare che la comunità scientifica internazionale voglia adottare, come definizione esatta di “minuto secondo”, il segmento di tempo che a Palermo intercorre fra l’apparizione del verde al semaforo e il primo suono di clacson da un auto in fila)” (p. 54). O ancora:  Una quarta méta, per stomaci duri, le catacombe dei Cappuccini. Le ho visitate solo una volta in vita mia, da ragazzo. Quella domenica persi l’appetito e, da allora, non ci sono tornato più; neppure adesso che un po’ di disappetenza mi aiuterebbe a perdere i grassi in eccesso (p. 120).  Ma la parte più originale è forse quella relativa alla presentazione degli aspetti artistico-monumentali, presentati con l’aiuto di pregevoli citazioni letterarie tratte da autori famosi. Così con gli occhi di Goethe saliamo a Monte Pellegrino; con Albert Jouvin de Rochefort visitiamo Villa Bonanno; con Guy de Maupassant la Cappella Palatina; con Gonzalve De Nervo ammiriamo la Cattedrale e l’Orto Botanico; in compagnia della de la Héronnière attraversiamo Ballarò e godiamo del Duomo di Cefalù; con Cosimo Scordato analizziamo i putti del Serpotta in modo non solo storico-artistico, ma anche teologico-spirituale; e ammiriamo Palermo e dintorni alla luce degli echi letterari relativi ritroviamo in Consolo, Luigi Natoli, Ippolito Nievo, Dacia Maraini,  Boccaccio, Ibn Hawqual, e persino in Ficarra e Picone ...   

                                                                  Andrea Cozzo

lunedì 14 luglio 2014

Papa Francesco e la pedofila clericale


   “Adista” 19. 7. 2014

Belle parole, attendiamo le azioni

Se qualcuno avesse ancora dei dubbi sull’influenza che il tono, i modi, i gesti esercitano sulla comunicazione di un messaggio, con papa Francesco non può che scioglierli. Anche l’incontro con sei vittime della pedofilia clericale - mezz’ora dedicata a ciascuno degli  ospiti – lo ha confermato. Pure Benedetto XVI aveva  realizzato incontri simili negli USA, in Australia, Malta, Regno Unito e Germania: ma con il tratto ingessato del gerarca mittleeuropeo che si muove ex abundantia … capitis.
    In questa occasione, comunque, papa Bergoglio è andato oltre papa Ratzinger anche nei contenuti. Nel  2010 il pontefice tedesco aveva chiesto perdono alle vittime con una Lettera ai cattolici d’ Irlanda dove scriveva tra l’altro: “So che nulla può cancellare il male che avete sopportato. E' stata tradita la vostra fiducia, e la vostra dignità è stata violata. Molti di voi avete sperimentato che, quando eravate sufficientemente coraggiosi per parlare di quanto vi era accaduto, nessuno vi ascoltava. Quelli di voi che avete subito abusi nei convitti dovete aver percepito che non vi era modo di fuggire dalle vostre sofferenze. E' comprensibile che voi troviate difficile perdonare o essere riconciliati con la Chiesa. A suo nome esprimo apertamente la vergogna e il rimorso che tutti proviamo". Queste parole suonarono tre volte irritanti. Prima di tutto perché rivolte, genericamente, ai “cattolici” irlandesi come se la responsabilità dei semplici fedeli fosse sullo stesso piano dei preti e dei vescovi. Secondariamente perché non era vero che “nessuno” avesse ascoltato le denunzie delle vittime:  alcuni vescovi le avevano raccolte e inviate a Roma. Infine, last but not least, perché quelle denunzie, pervenute alla Congregazione per la fede, erano stato insabbiate proprio dal Prefetto dell’epoca: cioè dallo stesso Ratzinger.
    Oggi il nuovo vescovo di Roma usa un’espressione che non lascia adito a equivoci: chiede perdono anche per i "peccati di omissione da parte dei capi della Chiesa". Quindi anche a nome di quei vescovi irlandesi che avevano tappato le orecchie e a nome di quei cardinali tedeschi che , pur informati dai vescovi irlandesi più sensibili, a Roma, avevano anteposto l’immagine dell’istituzione ecclesiastica alla sofferenza  dei piccoli. Il punto dolente è proprio questo: statisticamente i preti pedofili non sono più numerosi degli istruttori sportivi o degli insegnanti; ciò che scandalizza è la copertura istituzionale di cui, a differenza di altre categorie sociali,  hanno goduto. Più di quello che ha detto papa Francesco non poteva dire ! Adesso si tratta di osservare se alla novità delle parole corrisponderà una novità nella pratica. Un segnale importante è riconoscibile nel primo  comunicato (3 maggio 2014) della neonata Pontificia Commissione per la tutela dei minori: "Mentre iniziamo insieme il nostro servizio, desideriamo rendere noto che, dall'inizio del nostro lavoro abbiamo adottato il principio che il bene di un bambino o di un adulto vulnerabile è prioritario nel momento in cui viene presa qualsiasi decisione". (“Abbiamo adottato”: dunque il “principio” non era stato adottato, metabolizzato, precedentemente). La riduzione allo stato laicale dell’arcivescovo Jozef Wesołowski, sancita poche settimane fa, è un ulteriore segnale nella direzione auspicabile.
Augusto Cavadi*
* Autore del volume Non lasciate che i bambini vadano a loro. Chiesa cattolica e abusi su minori, prefazione di Vito Mancuso, Falzea, Reggio Calabria 2010, pp. 144, euro 11,90.






sabato 12 luglio 2014

LA MIA GUIDA DI PALERMO SECONDO MARIA D'ASARO

“Centonove” n. 27 dell’11.7.2014

 Palermo secondo Cavadi

Se volete la spiegazione metafisica della dolcezza estrema della cassata e il perché dell’abbondanza dei panini con le panelle per le strade di Palermo; se volete essere edotti sui malesseri provocati dallo scirocco che soffia talvolta impietoso sulla città; se volete “avere un’idea adeguata della contraddizione che è una delle chiavi interpretative migliori per capire Palermo”, leggete il libro pocket di Augusto CavadiPalermo” (Di Girolamo, Trapani, 2014, € 9,90), che, come recita il sottotitolo è davvero una “ guida insolita alla scoperta di una città indecifrabile”
    Nelle 150 pagine della guida, attingendo anche alle parole acute  e sagaci di intellettuali che hanno visitato Palermo e ne hanno colto scenari e atmosfere intriganti, Cavadi ci fa davvero entrare in contatto con l’anima della città. Della quale, magari in un rapporto di attrazione e repulsione, il turista o il residente non possono fare a meno di innamorarsi. Almeno una volta nella vita. 
                                                                    Maria D’Asaro

venerdì 11 luglio 2014

LE SICILIANE DI GIACOMO PILATI


“Repubblica – Palermo” 11.7.2014

MADRI, ARTISTE E IMPRENDITRICI

TORNANO "LE SICILIANE" DI PILATI


 Nel  1998 Giacomo Pilati ha pubblicato con il compianto editore trapanese Salvatore Coppola una raccolta di interviste, Le Siciliane, che ebbe tanto successo da indurlo, nel 2008, a dare alle stampe una seconda, analoga, raccolta: Le altre siciliane.  A sei anni di distanza l’autore ha ripreso in mano i due libri ormai esauriti, ha scelto le venti conversazioni che gli son sembrate maggiormente significative e, dopo averle ben limate, le ha edite in un unico volume (Le siciliane, Di Girolamo, Trapani 2014, pp. 212, euro 12,00). Nella Prefazione Marcello Sorgi sostiene che questa raccolta è “l’ideale prosecuzione” di un saggio di Leonardo Sciascia in cui si metteva in evidenza il carattere contraddittorio delle donne siciliane: “comandiere e subalterne”, “piegate da secolare sottomissione, eppure forti e padrone in casa”.
       Cosa accomuna le storie autobiografiche raccontate da familiari di vittime di mafia come Felicia Impastato, madre di Peppino,  o Pina Maisano Grassi, moglie di Libero; da artiste creative come  Emma Dante o Marilena Monti;  da un’imprenditrice come Maria Guccione o da un’ambientalista come Anna Giordano (inserita, dalla rivista “Time”, fra i dieci eroi del XX secolo cui si deve la salvezza del pianeta)? “Il dolore, la consapevolezza e il coraggio. Il primo subito come ingiustizia, la seconda adoperata per raccogliere le forze, il terzo usato per riscattarsi”. Storie come queste servono per non dimenticare le perle preziose di cui è segnato il cammino della nostra terra, pur così scoraggiante per altri versi; ma servono anche a far conoscere alle nuove generazioni, in particolare femminili, delle esperienze pionieristiche da assumere a modello per l’oggi e per l’immediato futuro.
                                                   Augusto Cavadi
     
     

giovedì 10 luglio 2014

Daniela Gambino recensisce "Palermo"


“GraphoMania” (www.blog.graphe.it)

9 luglio 2014-07-09





Di guide, sotto l’estate, ne escono parecchie, ognuno con un taglio differente. Vanno particolarmente forte quelle autoriali. Questa di Augusto Cavadi, uscita per i tipi della Di Girolamo, è una sorta di excursus, personale, una pletora di voci che si rincorrono, un puzzle di sensazioni, un vorticare di emozioni, legate a una città piena di contraddizioni, splendori e miserie come Palermo. Il volume, edito nella collana Promemoria, s’intitola Palermo. Guida insolita alla scoperta di una città indecifrabile. Un universo sfaccettato raccontato dall’autore di libri come La mafia spiegata ai turisti e I siciliani spiegati ai turisti, che raccontano la città, nei suoi cliché, nella sua più terribile piaga, nella sua bellezza fragile.

“Citazioni raffinate o perlomeno rare, si intrecciano con indirizzi di gelaterie o di trattorie economiche” – spiega Cavadi nell’esergo, e avverte: “Chi vuole incontrare la città era deve essere spoglio da pregiudizi e pronto a tutto: difficilmente qualcosa o qualcuno sarà come lui se lo aspetta”.

Palermo dalla pasticceria sublime, Palermo dal mare, dalle coste sfregiate da costruzioni abusive, dalle specialità culinarie capaci di muovere curiosità da tutto il mondo. Palermo, lenta, lentissima. “A Palermo – si legge nel terzo capitolo – si arriva per terra, per mare e per cielo. In tutti e tre i casi è consigliabile arrivarci con la massima calma interiore: a chiunque vi si rechi con fretta, per affari o con altre scadenze, si pareranno quasi sempre delle ragioni per perdere la pazienza”.

La guida presenta diverse opzioni: quanto tempo avete a disposizioni, ore? Giorni? Da dove volete cominciare a visitare il capoluogo siciliano? Dal mare, incorniciato a Porta Felice, proprio dove il Cassaro si tuffa? Oppure da Porta Nuova, praticamente dalle parti di palazzo dei Nomanni, dal centro della città? Esiste poi un rapporto tra fenomeno mafioso e turismo? Una sorta di mafiatour? Dice Cavadi che a “nessuna persona di buon senso verrebbe da speculare”, anche se ci sono delle curiosità: “Insomma, no mafiatour per menti attratte morbosamente dall’orrido, ma sì a qualche pellegrinaggio laico in questo o quell’altro angolo della città in cui si faccia memoria di un eroe dell’antimafia: senza dimenticare, ovviamente, che il modo migliore per onorare le vittime della criminalità organizzata è impegnarsi, giorno dopo giorno”.



Daniela Gambino


lunedì 7 luglio 2014

CORRUZIONE E INFELICITA '


“Confronti”

Luglio – agosto 2014



L’INFELICITA’    PORTA   ALLA  CORRUZIONE  ?



    I nostalgici del ventennio fascista, che addebitano alla democrazia costituzionale le cause dei mali attuali, ignorano  - o fanno finta di ignorare – che  prevaricazioni e ruberie avvengono anche, e soprattutto, quando alla stampa e a gli altri mezzi di comunicazione sociale è vietata ogni forma di denunzia.  Né si stava meglio nei secoli precedenti: per quanto indietro si vada, incontriamo le arringhe di Cicerone contro Verre, l’urlo sarcastico di Virgilio contro la “esecranda fame di denaro” sino alle condanne dei profeti biblici contro i giudici che si vendono senza ritegno a danno dei  diritti degli orfani e delle vedove. Insomma: la corruzione, e la rispettiva concussione, non sono un fenomeno recente.

     Questo dato, tanto certo quanto spesso dimenticato, può essere utile a chi cerchi facili, e fallaci, consolazioni al cospetto delle cronache recenti che, secondo un magistrato veneto, registrano sistemi corruttivi molto peggiori di Tangentopoli;  ma può, al contrario, indirizzare chi voglia affrontare la questione con la dovuta radicalità. La diffusione nello spazio e la persistenza nel tempo della corruzione dovrebbero sollecitare tutte le opportune revisioni legislative, a cominciare dall’obbligo  - per chiunque rivesta incariche di responsabilità nelle istituzioni – di sottoporsi a un’incondizionata trasparenza bancaria (sia in entrata che in uscita); ma, anche, ad andare un po’ più a fondo rispetto al piano normativo e giudiziario. E’ difficile, infatti, sostenere che si possa tessere una trama così perfezionata di regole, di divieti e di controlli da rendere impossibile la trasgressione. La garanzia della legalità affonda le radici nel terreno dell’etica. Se l’unica ragione di non delinquere  è la paura della sanzione, prima o poi il calcolo degli interessi finirà col convincermi – talora a torto, talaltra a ragione – che il gioco (il profitto illecito ) vale la candela (disattendere la norma).

     Nell’era della globalizzazione, della multiculturalità e del meticciato, non è ipotizzabile (ammesso che lo sia stato in epoche anteriori) la condivisione unanime di princìpi etici: eppure un grappolo di criteri, per quanto ridotto, è irrinunziabile. Ogni Paese ha il diritto, e prima ancora il dovere, di fissare i propri: l’Italia lo ha fatto con i primi tredici articoli della sua Costituzione nel 1948. Che cattolici e radicali, islamici e socialisti, conservatori e buddhisti, protestanti e atei abbiano le stesse ragioni per giustificare tali princìpi etici non è né prevedibile né (probabilmente) auspicabile. A questo livello fondativo il pluralismo culturale non può che essere massimo. Ma la molteplicità delle modalità di argomentare la dignità delle persone, la lealtà nelle relazioni, la correttezza nell’espletamento delle proprie funzioni sociali, la sobrietà allegra nell’uso del denaro…non può significare, come mi pare stia avvenendo  dal craxismo degli anni Ottanta a oggi, rinunzia a qualsiasi argomentazione. Ogni cittadino, ogni famiglia, ogni chiesa, ogni associazione, ogni movimento deve darsi una risposta – per quanto consapevole possibile – alla domanda cruciale: perché non rubare? Perché anteporre il bene pubblico all’interesse privato? L’etica protestante offrirà motivazioni diverse rispetto a un’etica naturalistica così come diverse saranno le motivazioni di un partito di ispirazione liberale rispetto a un sindacato di ispirazione socialista: ma nessuno può ancora esonerarsi dal ricercare le proprie. 

   In questa ricerca delle ragioni radicali per non asservirsi al denaro, e per non asservire col denaro, più di un sentiero potrebbe ricondurre a un’intuizione comune a molte saggezze: Kierkegaard l’espresse affermando che non si è angosciati perché si pecca, ma si pecca perché si è angosciati. In termini laici tradurrei: non si è infelici perché si corrompe, e ci lascia corrompere, ma si sguazza nella corruzione perché si è infelici. Se la diagnosi fosse almeno parzialmente corretta, la terapia si delineerebbe spontaneamente: ricercare qualche briciola di felicità. Riscoprire la gioia dell’amicizia sincera, il piacere della sessualità condivisa, la beatitudine di chi sa contemplare un tramonto o chinarsi sulle piaghe di un malato abbandonato. Riscoprire il senso interiore di fervida pienezza che può dare un’esistenza politica a servizio del benessere comune, al punto da ritenere non un’aggiunta integrativa bensì una perdita inquinante ogni euro sottratto con l’inganno ai diritti dei propri simili, soprattutto dei più indigenti.



Augusto Cavadi

www.augustocavadi.com
  

domenica 6 luglio 2014

CI VEDIAMO A VITTORIO VENETO DA GIOVEDI' 24 LUGLIO A DOMENICA 27 LUGLIO 2014 ?

XVI SEMINARIO NAZIONALE
«LEI NON SA CHI SONO IO?»
Identificazione e comunicazione della Consulenza filosofica
Vittorio Veneto, 24 - 27 luglio 2014

Informazioni e iscrizioni
segreteria@phronesis-cf.com
Sede del Seminario
Hotel Terme, viale della Vittoria 4, Vittorio Veneto


PROGRAMMA
(nei riquadri gli eventi aperti al pubblico)
Giovedì 24  luglio
dalle ore 14.15 Registrazione dei partecipanti
15.00 - 15.30 Saluto della Presidente e introduzione al Seminario
15.30 -17.00 Dalla prassi all'identificazione dell'attività professionale: intervista a Vesna Bijelic a cura di Carlo Basili
17.00 - 17.30 pausa caffè
17.30 - 19.30 Gruppi di lavoro

Dalle 21.15 Tavola rotonda (aperta al pubblico):
Comunicare il pensiero, comunicare la vita. I libri sulla consulenza
filosofica illustrati dagli autori: D. Miccione, S. Zampieri, C. Zanella.
modera Augusto Cavadi


 Venerdì 25 luglio
9.00- 10.30 Dalla prassi all'identificazione dell'attività professionale: intervista a
Stefano Zampieri a cura di Carlo Basili
10.30 - 11.00 pausa caffè
11.00 - 13.00 Gruppi di lavoro
13.00 -15.00 pausa pranzo
15.00 - 17.00 Visione del film No. I giorni dell'arcobaleno di Pablo Larrain
17.00 - 17.30 pausa caffè
17.30 - 19.30 Promuovere la consulenza filosofica: dibattito sul film

Dalle 21.15 Passeggiata filosofica (aperta al pubblico)
La vita come viaggio a cura di Augusto Cavadi
(ritrovo davanti all'Hotel Terme. In caso di maltempo la passeggiata verrà spostata a sabato 26, stessa ora)
 


Sabato 26   luglio
9.00- 10.30 Dalla prassi all'identificazione dell'attività professionale: intervista a
Neri Pollastri a cura di Carlo Basili
10.30 - 11.00 pausa caffè
11.00 - 13.00 Gruppi di lavoro
13.00 - 15.00 pausa pranzo
Dalle 15.00 Colloqui di conferma titolo (aperti ai soci in formazione)
16.00 - 19.30 Colloqui di fine formazione
Dalle 21.15 Riunione per i formatori di modulo (riservata)
NB. Qualora la passeggiata filosofica della sera prima venga spostata per motivi
meteorologici, questa riunione viene anticipata al venerdì sera.


Domenica 27  luglio
9.00 - 10.30 Feedback del lavoro dei gruppi e condivisione in plenaria
10.30 - 11.00 pausa caffè
11.00 - 12.30 Chiusura dei lavori del Seminario Nazionale
15.30 - 19.30 Apertura del Seminario di Formazione
Lectio di Alessandro Volpone, aperta ai Soci Consulenti Filosofici
Epistemologia delle pratiche filosofiche


Dalle 15.00 alcuni consulenti saranno a disposizione del pubblico per le seguenti attività:
- Sportello di consulenza filosofica (solo su prenotazione, gratuito)
- Incontro con aspiranti Soci per illustrare l'itinerario formativo (su richiesta)
PRENOTAZIONE: scrivere a segreteria@phronesis-cf.com

venerdì 4 luglio 2014

FILIPPO BASILE, L'EROE BORGHESE ASSASSINATO 15 ANNI FA


“Repubblica – Palermo”
4.7.2014

FILIPPO BASILE L’EROE NORMALE CHE RUPPE L’INGRANAGGIO DELL’OMERTA’


           L’ipercitata espressione brechtiana – “Maledetta la terra che ha bisogno di eroi” – nel Meridione italiano andrebbe riformulata. La nostra terra, infatti, mette spesso i cittadini ‘normali’ davanti a un bivio: o diventare eroi, malgrado se stessi, o diventare vigliacchi. Il medico legale come Giaccone, il giornalista come Fava, l’imprenditore come Grassi, il magistrato come Costa, il parroco di periferia come Puglisi…non decidono a tavolino di diventare martiri dell’antimafia: ma quando gli si chiede di firmare una diagnosi falsa o di pagare il pizzo possono optare fra la ribellione o l’obbedienza. Determinante è la storia e il contesto sociale in cui devono operare la scelta: se la maggior parte dei commercianti non paga il pizzo o la maggior parte dei preti si rifiuta di celebrare funerali solenni per defunti in odore di mafia, il commerciante o il prete rischiano poco. Ma se la regola statistica è altra, il loro dissenso diventa scandaloso: vanno subito puniti per evitare che il loro esempio diventi contagioso e la mafia perda il consenso sociale (senza il quale non è più mafia ma scade a delinquenza comune).
   Per Filippo Basile – funzionario dell’Assessorato all’Agricoltura e Foreste, con il compito di  coordinatore dell’Organizzazione amministrativa e funzionale -  firmare il licenziamento di un dipendente( Nino Velio Sprio), condannato per vari reati all’interdizione dai pubblici uffici, si configurava come un atto dovuto, un gesto di routine. Ma nel momento in cui la pratica del licenziamento si impantana per mesi nei labirinti burocratici e nei cavilli giurisprudenziali, per poi addirittura bloccarsi per più di due mesi sul tavolo dell’assessore competente (Salvatore Cuffaro), concittadino del dipendente condannato che si vantava per giunta di averlo come “figlioccio”, il funzionario che ha imbastito la pratica cessa di essere una rotella dell’ingranaggio: diventa un caso, un’anomalia. Un bersaglio potenziale eliminando il quale si ritornerebbe alla perversa ‘normalità’ delle omertà, delle collusioni, delle complicità attive o passive.
     Così il dipendente da licenziare assolda un sicario per far fuori il trentottenne Basile: e, come si evincerà fa processi successivi, aggiunge un ulteriore assassinio al suo portfolio. La giustizia dei tribunali può raggiungere mandante ed esecutore materiale (Ignazio Giliberti) del delitto: ma solo la giustizia degli storici, della memoria civica, del senso etico può condannare quanti  - con l’atavica, perdurante sottomissione ai diktat mafiosi – sono oggettivamente complici dell’omicidio. Il convegno, organizzato per domani (sala gialla di Palazzo dei Normanni, ore 10) dal Servizio Formazione del Dipartimento regionale per la Funzione pubblica e del Personale, nel 15.mo anniversario della morte -   porterà dunque i frutti sperati solo se si andrà al di là del pur doveroso ossequio a un ennesimo martire della violenza mafiosa; solo se si capirà che a uccidere i siciliani giusti non sono soltanto singole menti criminali, ma un intero sistema di illegalità strutturale (effetto, e a sua volta causa, di una mentalità feudale per cui i rapporti  individuali fra un potente e i suoi homines prevalgono nettamente sulla comune subordinazione al diritto). Comunemente riteniamo che dare spazio agli adulatori, ai piccoli ruffiani, agli arrampicatori servili sia una concessione inevitabile alla tradizione o, al più, un “peccato veniale” perdonabile: è venuto il momento di capire che questo intreccio di tolleranza e di complicità finisce con lo stritolare le persone migliori. 

Augusto Cavadi

mercoledì 2 luglio 2014

CI VEDIAMO SABATO 5 LUGLIO 2014 AL PALAZZO DEI NORMANNI DI PALERMO ?

Sabato 5 luglio 2014 ricorrono i quindici anni dall'assassinio di Filippo Basile, integerrimo funzionario regionale: un ennesimo, involontario, "eroe borghese" da non dimenticare.
  Il Dipartimento regionale per la formazione del personale ha deciso di riviverne la testimonianza, e di sottolinearne l'attualità, con un convegno al Palazzo dei Normanni di Palermo dalle 9,30 alle 13 di sabato 5 luglio.
  La partecipazione è libera e gratuita.