venerdì 30 gennaio 2015

CI VEDIAMO DOMENICA 1 FEBBRAIO A PALERMO ?

La comunità di ricerca cristiana "El Shaddai" mi ha invitato al loro incontro domenicale per proporre la meditazione evangelica al momento dell'omelia. Se qualcuno, come l'anno scorso, fosse interessato a partecipare può venire DOMENICA  1  FEBBRAIO  2015, alle ore 11,30,   presso i locali di via C. Beccaria 9 (vicino Palazzo Gamma, di fronte al Velodromo dello Zen).

giovedì 29 gennaio 2015

DON FARINELLA: CONTRO IL VATICANO PER AMORE DI GESU' CRISTO


“Centonove” 15.1.2015
Gesù Cristo in Vaticano: un ospite indesiderato?

      Ormai don Paolo Farinella, siciliano d’origine ma ordinato presbitero nella diocesi di Genova, è un personaggio noto a livello nazionale. In Cristo non abita più qui. Il grido d’amore di un prete laico. Per Gesù, contro il Vaticano (Il Saggiatore, Milano 2013, pp. 310, euro 16,00) ci consegna una summa del suo pensiero (e, inseparabilmente, della sua esperienza di vita).
Il libro è scandaloso sia perché nasce da un animo scandalizzato per ciò che ha visto e udito nella Chiesa sia perché non teme di riuscire scandalizzante: a suo parere, infatti, è grave che avvengano scandali, ma ancor più grave che si tenti di nasconderli all’opinione pubblica.
       Tuttavia, per evitare equivoci pregiudiziali, è opportuno precisare almeno due premesse. La prima: l’autore ritiene impropria l’identificazione, che si è realizzata nella storia, fra “Vaticano” e “Santa Sede”; fra uno Stato (con tutti i diritti e i doveri di uno Stato autonomo) e una Cattedra episcopale (sia pur singolarmente prestigiosa all’interno della cattolicità); fra un’istituzione politica (con una propria rete burocratica e diplomatica) e un’istituzione religiosa (diffusa capillarmente sul pianeta e comprendente circa un miliardo di persone). In questa identificazione don Farinella individua una delle radici strutturali dei tanti mali di cui la Chiesa cattolica soffre in questa fase della storia (al punto che Benedetto XVI ha dovuto gettare la spugna davanti a “sozzure” troppo più resistenti  delle forze psico-fisiche rimastegli): perciò si augura che papa Francesco, o qualche altro sul suo solco (se non sarà troppo tardi !), si decida a scindere le figure di Capo della Città del Vaticano e di Pastore della Chiesa universale.
         Questa precisazione ha senso all’interno di una prospettiva di fondo che è necessario altresì chiarire se si vuole affrontare il testo senza fraintedimenti (è già abbastanza duro di per sé….): la critica alla “struttura di peccato” che, a suo parere, è ormai la Città del Vaticano, non solo non esclude, ma al contrario presuppone, un intenso amore per la Chiesa cattolica. Se non si coglie questo aspetto (per altro ribadito più volte lungo la narrazione) si perde l’originalità maggiore della posizione dell’autore, ben distante dai tanti che contrappongono il a Gesù e il no alla Chiesa tout court.  Don Farinella non accetta alcun aut aut (neppure quando qualche vescovo gli suggerisce di lasciare il ministero): egli vuole e il Vangelo e la Chiesa perché non avrebbe incontrato il Dio di Gesù Cristo se non fosse stato accolto, sin da ragazzo, dalle braccia amorevoli della Chiesa.
        L’onestà intellettuale non gli consente di sfuggire all’obiezione radicale: ma questa Chiesa ormai infestata dalla sete di potere, dalla furia dell’accumulo, dal carrierismo interno, dalla cecità nei confronti delle sofferenze e delle aspirazioni della gente comune, dalla perversione dell’esercizio della sessualità (praticato clandestinamente quanto più condannato ufficialmente) – e i tre quarti del libro sono dedicati a documentare, con spietata lucidità,  queste e altre piaghe della Chiesa - , questa Chiesa è riformabile ?
          Don Farinella risponde affermativamente, ma la risposta lascia molte perplessità. Forse la sua speranza si basa su un felice equivoco. Egli scrive Chiesa e pensa all’umanità: “prima di tutto la Chiesa sono le migliaia e migliaia di persone che ho incontrato nella mia vita, i bambini e i ragazzi che ho aiutato a crescere, preparandoli alla vita, le coppie di cui sono stato testimone-notaio, i piccoli che ho battezzato, i poveri che ho servito, gli anziani che ho consolato, le famiglie che ho aiutato economicamente” (p. 119). Ma egli sa benissimo che la Chiesa cattolica è anche organizzazione gerarchica, tradizione liturgica, patrimonio dottrinario:  questa dimensione istituzionale, sacramentaria, magisteriale è riformabile? In alcune pagine sembrerebbe che all’autore basti auspicare una Chiesa senza corruzione, senza incoerenze, alla papa Bergoglio per intenderci; e che l’essenza della Chiesa (papato, collegialità episcopale, ministeri ‘ordinati’, dogmi principali…), con i suoi confini delimitati con chiarezza, gli vada bene. Ma in altre pagine è come se l’impeto pastorale, apostolico, di don Paolo – “ateo per grazia di Dio, credente per amore di ragione” secondo l’autopresentazione in quarta di copertina – gli facesse scoppiare l’anima, catapultandola ben oltre i confini della Chiesa cattolica istituzionale (per quanto eventualmente disinquinata da secoli di vizi e imbrogli): “Ogni volta che celebro l’Eucaristia divento veramente cattolico, cioè universale, sintesi del mondo, anelito di liberazione. Salgo sul monte di Isaia (Is 2, 1 – 4) per spezzare il pane a tutte le genti, senza distinzione di alcun genere: solo allora sono cattolico, protestante, ortodosso, musulmano, agnostico, ateo, dubbioso, libero e schiavo, sono pagano e credente, uno e molti insieme” (p. 128).
      E’ chiaro che, col cuore, speriamo in tanti che i preti come lui, i vescovi come Oscar Romero, i Papi come Bergoglio vincano la guerra interna alla Chiesa-istituzione; ma con la ragione ci è difficile prevederlo. Un giorno sarà ridimensionata l’attuale egemonia dei Legionari di Cristo, dell’Opus Dei, di Comunione e Liberazione, dei Neocatecumenali e degli stessi Lefebrviani: ma, se il DNA ecclesiologico resta sostanzialmente immutato (a cominciare dalla supposta differenza “ontologica” fra laicato e clero), sarà facile che nascano altri movimenti basati sull’obbedienza cieca, sulla paura del sesso, sull’idolatria del denaro.  Sulla base della storia del cristianesimo ha ragione Dostojevskij: ormai le chiese in generale, la cattolica in particolare, si sono cristallizzate in maniera così impenetrabile che neppure Gesù Cristo, tornato sulla terra, riuscirebbe a convertirle. L’unica speranza resta la parola del vangelo: solo morendo i chicci di grano potranno portare buon frutto.
Augusto Cavadi
www.augustocavadi.com

lunedì 26 gennaio 2015

SE I MASCHI MUTASSERO ATTEGGIAMENTO NEI CONFRONTI DELLE DONNE


 “MONITOR”, 23.1.2015

CAMBIARE LA SOCIETA’ COMINCIANDO DALL’ATTEGGIAMENTO DEI MASCHI VERSO LE DONNE

  “Uomini in cammino”: conoscete già questa sigla? Improbabilmente. Eppure sono ormai più di due decenni che questa associazione – ed altre simili che costituiscono ormai una sorta di movimento – si propaga per l’Italia. Beppe Pavan, pinerolese,  è tra gli animatori principali del nucleo originario e proprio in questi giorni ha condotto una serie di seminari per i docenti di Palermo e di Catania. Ma qual è il tema specifico di questo movimento d’opinione? Si potrebbe rispondere: la condizione maschile. Purché si aggiunga subito: rispetto alla condizione femminile. Più precisamente e esplicitamente: le responsabilità dei maschi riguardo alle problematiche delle donne, a cominciare dalla sofferenza di queste ultime a causa delle diverse forme di violenza che subiscono.
   Se queste tematiche fossero affrontate in chiave  esclusivamente politico-strategica sarebbe già un fatto meritorio; ma, ancor più mertorio, è a mio parere l’impianto etico-personalistico. Questi gruppi di maschi, infatti, vogliono arrivare a cambiare la società a partire da sé: dall’analisi, per quanto possibile sincera e completa, dei propri atteggiamenti verso l’altro sesso. Dalle proprie prepotenze, dai propri pregiudizi, dalle proprie paure, dal proprio modo di vivere la sessualità. Per chi come me è fautore di una filosofia-in-pratica (che coinvolga i filosofi di mestiere quanto i non-filosofi) si tratta di un approccio interessantissimo: mettersi in gioco in prima persona, senza l’alibi del “cambierò, ma solo quando il  sistema socale sarà rivoluzionato”.
      Non è un programma di lavoro facile. Cultura greca ed ebraismo, cristianesimo e islamismo sono matrici culturali intrise di maschilismo patriarcale. Né la prospettiva è mutata radicalmente con l’avvento dell’illuminismo borghese: anche se non tutti gli insegnanti di storia lo ricordano, Olympia de Gouges, autrice di una “Dichiarazione dei diritti della donna e della cittadina” in piena Rivoluzione francese fu ghiogliottinata per ordine del Comitato di salute pubblica.
     Dalla relegazione della donna dentro le pareti domestiche (per proteggerla dalla caccia, dalla guerra, dagli affari e dalla politica) alla sua subordinazione sistematica al servizio dei maschi di casa non devono necessariamente sfociare nello sfruttamento sessuale né nel femminicidio: tuttavia ne costituiscono il presupposto più  logico, la pre-condizione più naturale.  La proliferazione di frutti avvelenati si può evitare solo estirpando le radici dell’albero che li produce.
     Scuola e associazionismo, laico e religioso, dovrebbero essere impegnati in prima linea su questo fronte: ma non sembra che sia così, che si vada molto oltre le occasionali espressioni di condanna alla notizia di questo o di quell’altro delitto. D’altra parte una strategia pedagogica contro la violenza maschile potrebbe costituirsi solo come risultante di due prospettive educative: l’educazione alla nonviolenza e l’educazione affettivo-sessuale.  Insomma, all’incrocio di due angolazioni pedagogiche perfettamente  estranee alle agenzie educative principali.
     La strada, dunque, è lunga. E in salita. Ma se non vogliamo accelerare la dissoluzione dell’umanità dobbiamo iniziare a percorrerla.

                                                               Augusto Cavadi

domenica 25 gennaio 2015

LA DISPONIBILITA' STRUMENTALE DI "FORZA NUOVA" IN PEDAGOGIA SESSUALE


“Repubblica – Palermo”
21.1.2015
L’EDUCAZIONE SESSUALE AL TEMPO DI “FORZA NUOVA”

      Di solito sono le iniziative meno lodevoli di esponenti della gerarchia cattolica ad essere imitate. Soprattutto da ambienti reazionari. Così, dopo che si è appresa l’iniziativa della Curia di Milano di segnalare le scuole dove si difendono i diritti degli omosessuali, anche a Palermo il movimento di estrema destra “Forza Nuova” si è attivato. In alcune scuole del capoluogo, infatti,  sono apparsi dei manifesti che propagandano il numero verde nazionale a disposizione delle famiglie per segnalare eventuali episodi di diffusione delle teorie “gender” e omosessualiste. Come recita il comunicato dell’ufficio stampa dell’associazione para-fascista, “Forza Nuova si pone al servizio delle Madri e dei Padri che rivendicano il diritto ad essere i primi educatori dei loro figli e che, invece, spesso e volentieri a loro insaputa, vengono messi da parte a causa di scelte, quanto meno molto discutibili, compiute da alcune scuole. La facilità con cui vengono accettati, autorizzati ed imposti seminari, interventi o proposte (dis)educative legati alla propaganda ed assimilazione, fin dai primi anni di scolarità, della teoria gender e dell’omosessualismo è allarmante!
Basta ammantare l’iniziativa di un bel velo anti-discriminatorio … e il gioco è fatto. Non è giusto che accada, non deve accadere: Forza Nuova ribadisce la totale avversione a qualsiasi propaganda omosessualista nelle scuole, poiché fondata su falsi presupposti di carattere antropologico, scientifico e morale.
Abbiamo attivato gli strumenti utili affinché le madri e i padri possano indicare le iniziative di propaganda e indottrinamento LGBT nelle scuole dei propri figli.
Verrà realizzato, assieme ai genitori, un libro bianco dell’aggressione della teoria gender negli istituti scolastici cittadini. Saremo quindi in grado di intervenire tempestivamente per denunciare le iniziative anche prima che possano svolgersi impunemente, approfittando di un silenzio complice. Da oggi anche i genitori palermitani sanno di non essere più soli in questa battaglia. Da oggi sanno a chi potersi rivolgere per la difesa dei propri figli”.
   Per alcuni giorni ho ritenuto che l’iniziativa non meritasse nessun commento, che fosse preferibile considerarla un episodio pittoresco di scarsa rilevanza e non regalarle nessuna pubblicità. Due considerazioni, però, mi hanno fatto cambiare opinione. La prima è che siti e blog gestiti da concittadini omosessuali chiedono che questa strategia non passi sotto silenzio. La seconda è che, da qualche sondaggio, ho misurato la gravità delle lacune informative dell’opinione pubblica (specie giovanile) sul tema: numerose persone, infatti, non sanno né cosa sia “Forza Nuova” né cosa siano le “dottrine LGBT”.
    Non è questo il luogo per colmare queste lacune informative, ma almeno una osservazione di fondo va fatta. Se proviamo ad elevarci al di sopra delle polemiche strumentali nel cortile di casa, e a soppesare la questione dal punto di vista di ciò che è meglio davvero per i ragazzi, s’impone un’evidenza: scuola e università, per dirla con Leo Buscaglia, ci insegnano di tutto tranne che ad amare.  La stagione dell’educazione sessuale – oscillante fra asettiche lezioni di fisiologia e prediche moralistiche – è tramontata. Ora resta il deserto del silenzio degli adulti che si affidano ai “fai-da-te” dei minori, supportati o disorientati dal mare magnum di internet.
    Si può costruire, in questo deserto, un percorso equilibrato di informazioni e criteri formativi basato su un’etica laica (dunque scientificamente fondata, filosoficamente argomentata, problematicamente aperta a diverse possibili opzioni individuali, né confessionale né anti-religiosa ma a-confessionale) ? Un simile percorso avrebbe bisogno della sinergia professionale di vari competenti: dal medico allo psicologo, dall’antropologo all’eticista, dallo storico delle religioni al sociologo, dal  pedagogista al poeta. Soprattutto avrebbe bisogno di un approccio doppiamente critico: sia perché chiaro nella distinzione fra ciò che è genetico, biologico, necessitante e ciò che è culturale, arbitrario, opzionale; sia ancor più perché funzionale alla scelta responsabile di ciascuno (dopo aver udito le diverse campane) nella gestione della propria corporeità, della propria affettività e, in ultima analisi, della propria esistenza.
     Solo all’interno di una visione globale del genere avrebbe senso affrontare questioni settoriali come la legittimità giuridica e morale di stili di vita alternativi ai due generi canonici della maschilità e della femminilità. Nella piena consapevolezza che non si tratta di questioni soltanto private perché l’atteggiamento sociale nei riguardi delle minoranze (anche sessuali) misura, e condiziona, la qualità della vita collettiva. Come ricorda un testo attribuito a più di un autore tedesco della prima metà del Novecento, “Prima di tutto vennero a prendere gli zingari e fui contento perché rubacchiavano. Poi vennero a prendere gli ebrei e stetti zitto perché mi stavano antipatici. Poi vennero a prendere gli omosessuali e fui sollevato perché mi erano fastidiosi.Poi vennero a prendere i comunisti ed io non dissi niente perché non ero comunista.Un giorno vennero a prendere me e non c’era rimasto nessuno a protestare”.

                    Augusto Cavadi


martedì 20 gennaio 2015

FILOSOFIA PER TUTTI A FAVIGNANA DAL 30 APRILE AL 3 MAGGIO 2015


 


FILOSOFIA PER NON…FILOSOFI ALLE EGADI 

(30 aprile – 3 maggio 2015)


Programma-invito

L’associazione culturale “La Calendula” (Favignana)


in collaborazione con

Scuola di formazione etico-politica “G. Falcone” (Palermo)

Gruppo editoriale “Di Girolamo – Il pozzo di Giacobbe” (Trapani)

Settimanale “Monitor” (Trapani)

Istituto tecnico “Leonardo da Vinci – Marino Torre”



organizza

la seconda edizione di Aegusa philosophiana


                           Una filosofia d’a-mare




Pre-evento a Trapani

(Istituto tecnico “Marino Torre”)

mercoledì 29 aprile

ore 18,30: Conferenza stampa aperta al pubblico.

Augusto Cavadi presenta l’evento intervistando Chiara Zanella, Serge Latouche e Diego Fusaro





Programma



giovedì 30 aprile 2015



ore 9,00 – 13,00: Arrivo e sistemazione nella struttura alberghiera “Cala la luna” di Favignana (Isole Egadi)

ore 13,00  : Pranzo



ore 16,00 – 17,00: Passeggiata filosofica d’accoglienza     dalla

Tonnara Florio verso il monte S. Caterina d’Alessandria  (conduce  

Augusto Cavadi)



ore 18,00- 19,30:  Lectio magistralis:  Critica del mito della crescita

indefinita (insegna Serge Latouche)



ore 20,30: Cena



ore 22,00: Concerto musicale



venerdì 1 maggio 2015



ore 8,00: La barca dei ritardatari (salpa da Trapani verso Favignana, sede del convegno)



ore 9,00 – 10,30 : Colazione col filosofo:

Gruppo A: Sobrietà e felicità  (conduce Chiara Zanella)

Gruppo B: Marx è morto ?      (conduce Diego Fusaro)



ore 11,00 – 11,30: Gita in motonave verso Marettimo



ore 12,00 – 13, 30 (Marettimo): Dibattito seminariale sulla lectio magistralis del giorno precedente (conduce Serge Latouche)



14,00 – 15,30 : Gita in barca verso Levanzo e pranzo a bordo



15,30 – 17,00: Passeggiata naturalistica nell’isola di Levanzo



17, 00 – 18,30: "Palermo, Cefalù, Monreale" nella testimonianza di visitatori celebri: reading a cura di Augusto Cavadi e Adriana Saieva



19,00: Viaggio di ritorno a Favignana (arrivo previsto 19,30) e ritorno della nave a Trapani per chi sceglie di partecipare solo a questa giornata (arrivo previsto 20,30)



20,30: Cena sociale



22,00: Concerto musicale

Sabato 2 maggio




ore 9,30 – 11,30 : Colazione col filosofo:

Gruppo A    Un uomo a più dimensioni (conduce Diego Fusaro)

Gruppo B   Sobrietà e responsabilità (conduce Chiara Zanella)



13,30 – 15,00: Pranzo sociale



16,30 – 19, 30: Le obiezioni alla decrescita  (dibattito tra Serge Latuche e Diego Fusaro)

20,30: Cena sociale

22,00: Concerto musicale



Domenica 3 maggio:

ore 9,30 – 11,30 : Colazione col filosofo:

Gruppo A  Per una spiritualità laica (conduce Chiara Zanella)

Gruppo B  Crescere nell’avere o nell’essere ?   (conduce  Diego Fusaro)



NOTE TECNICHE

·      La partecipazione a tutte le iniziative filosofiche è gratuita.

·      Tutti gli altri servizi sono esclusivamente garantiti su prenotazione scritta a  Ambrogio Caltagirone (asslacalendula@libero.it); solo eccezionalmente si accettano prenotazioni telefoniche al 388.3574822 oppure 389.944816.

·      Per una o più prenotazioni a nome della stessa persona è prevista, una tantum, una quota di euro 15,00 per i diritti di segreteria

·      Chi vuole dormire nell’hotel  “Cala la luna” spende 30,00 a notte per la singola e 50,00 per la doppia

·      La prima colazione costa  euro 10,00

·      Ogni pasto (a pranzo e a cena)  costa euro 25,00

·      L’utilizzo della motonave del giorno 1 maggio è possibile solo a chi prenota anche il pranzo sulla nave (costo complessivo euro 35,00). Chi prenota il passaggio e il pranzo può salire dove vuole (Trapani, Favignana, Marettimo, Levanzo e ridiscendere dove vuole: Marettimo, Favignana, Trapani)
·      La  prenotazione diventa effettiva nel momento in cui si riceve un acconto di euro 50,00 a persona da versare sul ccb.  intestato all’associazione “La calendula” – Credito Siciliano - IBAN: IT78K0301916400000005809528

 

lunedì 19 gennaio 2015

CI VEDIAMO, A PALERMO, MARTEDI' 20 GENNAIO ALLE 17,30 ?


Martedì 20 gennaio alle ore 17,30

presso la “Real Fonderia” di Palermo

(piazza Fonderia alla Cala)

incontro (con proiezioni, tavola rotonda e testimonianze)

sul tema



PREVENIRE LA VIOLENZA SULLE DONNE SI PUO’.

PER UOMINI CHE NON STANNO A GUARDARE





Partecipano Beppe Pavan, Mario Berardi, Giuseppe Burgio, 
Giusto Catania e Augusto Cavadi

domenica 18 gennaio 2015

SONO CHARLIE ? SI', MA ANCHE....


“Monitor” 16. 1. 15

SONO DIVENTATO CHARLIE, MA ANCHE AHMED.  PERCHE’ SONO VOLTAIRE







Io sono Charlie ? Sì, anche se non avrei mai speso un euro per acquistare una copia del settimanale satirico francese. Lo sono e non mi sento ipocrita (come alcuni esponenti del radicalismo di sinistra bollano quanti, come me, non ci saremmo mai dichiarati della partita se non ci fosse stato l’eccidio parigino): infatti, pur non essendo stato mai uno Charlie, lo sono diventato da quando due fondamentalisti (occasionalmente musulmani) hanno ucciso tanti innocenti (occasionalmente atei e bestemmiatori). Sono diventato Charlie perché, da quando ho memoria, sono Voltaire: uno che può non essere d’accordo con le tue idee, ma è disposto a morire affinché tu le possa esprimere.

  Sono Charlie, ma sono anche Mounhib, Abdul, Fatima e tanti altri milioni di musulmani che hanno sofferto in silenzio  - e senza minimamente ipotizzare vendette violente -  sapendo che una redazione giornalistica europea sfotteva non solo Mosé e Gesù, ma anche Maometto; anzi lo stesso Dio che Mosé chiamava Jahvhé, Gesù chiamava Papà e Maometto chiamava Allah. Sono con loro perché mi viene spontaneo mettermi dalla parte dei deboli: per esempio di quanti sono culturalmente condizionati e ritengono che l’ironia, per quanto beffarda, possa colpire Dio (sia che non esista sia, a maggior ragione, se esiste ed è davvero l’Altissimo).

    Sono Charlie, ma sono anche quelle centinaia, quelle migliaia, quei milioni di uomini e donne, anziani e bambini, che l’Europa e gli Stati Uniti d’America ogni giorno inquinano con scorie; avvelenano con prodotti alimentari scaduti; sfruttano come mano d’opera a basso prezzo o come oggetti di godimento sessuale o come clienti delle nostre industrie belliche; bombardano per errore o lasciano che vengano bombardati con precisione chirurgica dalle armi di eserciti avversari (come, a due passi da casa mia, l’esercito dello Stato d’Israele).

Sono Charlie, con convinzione. Ma con convinzione non minore sono ogni fratello e ogni sorella che viene offeso, mutilato, annichilito. So che a molti non piace questo essere “sì, ma anche…”: non ci posso fare nulla se il mondo è complesso e se solo gli stupidi hanno soluzioni semplicistiche, semplificanti (non semplici).

Veramente sono anche Cita, la scimmietta il cui cranio viene sezionato dal vivo nei nostri asettici laboratori scientifici; e sono Monty il montone e Pig il suino, Ciccina la gallina e Ciccio il coniglio, D'Artagnan il pesce spada e Tondo il tonno. Ma questo è un discorso che ci porterebbe troppo lontano dalla cronaca, angosciante e ammutolente, di questi giorni plumbei.



Augusto Cavadi

sabato 17 gennaio 2015

LA MAFIA IN 5 PAROLE (e un appuntamento a Trapani per venerdì 23 gennaio 2015)


“Monitor”
9.1.2015

 COME SPIEGARE LA MAFIA AI TURISTI ?

Sarà capitato tante volte anche a voi  - quando uscite fuori dalla Sicilia o accogliete qualche amico dal “Continente” (espressione isolana per denominare gli abitanti da Reggio Calabria a Stoccolma) – di sentirvi chiedere: ma, insomma, questa mafia cos’è?
   Solo trenta o quarant’anni fa, quand’ero ragazzo, la domanda era ancora più radicale: ma, insomma, questa mafia di cui tanto si parla, c’è davvero? Alti magistrati, politici rinomati, cardinali di santa romana chiesa ne dubitavano o, per lo meno, minimizzavano riducendola a uno dei tanti fenomeni delinquenziali che ci sono sempre stati (e molto probabilmente sempre ci saranno) sulla faccia del pianeta. Decine di morti assassinati hanno per lo meno ottenuto che la mafia è diventata un dato evidente, indiscutibile. Superato il dubbio radicale, resta però intatta la domanda su cosa sia davvero la mafia.
   Se non ci accontentiamo dell’immagine televisiva dominante, non è facile rispondere con precisione e brevità. Quando ci provo (come nel libretto che l’editore trapanese Crispino Di Girolamo ha già tradotto e divulgato in nove lingue, dall’inglese al giapponese, allo svedese e all’esperanto: La mafia spiegata ai turisti) mi concentro su 5 parole chiave.
1.    Associazione criminale: 5.000 uomini che fanno parte di Cosa nostra e di qualche altra ‘Stidda’ corollaria.
2.    Dominio: questa minoranza (l’1 per mille dei 5.000.000 di siciliani) si associa per condizionare i 4.995.000 concittadini che non aderiscono formalmente all’associazione mafiosa.
3.    Denaro: il potere sugli altri è il primo dei due scopi costitutivi della mafia; il secondo è l’accumulazione di ricchezza. Ovviamente i due scopi si intrecciano: si comanda per arricchirsi, ci si arricchisce per comandare.
4.    Persuasione : ogni associazione ha i suoi mezzi per arrivare agli scopi costitutivi. La mafia alterna la carota e il bastone. Prima viene la carota: l’offerta di protezione, di aiuto per ritrovare un’auto rubata o per vincere un concorso di primario. Si cerca di co-optare benevolmente complici.
5.    Violenza: quando il non-mafioso non si lascia irretire dalla carota, e solo allora, i mafiosi si rassegnano a ricorrere al bastone: fuor di metafora, all’intimidazione violenta. La violenza viene prima minacciata, poi praticata.
Se ricuciamo, con un unico filo, le cinque parole-chiave abbiamo una definizione di mafia (della cui sostanza sono debitore a Umberto Santino e ai colleghi del Centro siciliano di documentazione “Giuseppe Impastato” di Palermo): la mafia è un’associazione di criminali che perseguono il potere e il denaro mediante un consenso sociale fatto di promesse e di minacce. Possiamo difenderci da questo sistema di dominio? Possiamo addirittura ipotizzare di liberarcene definitivamente? Intanto che invierete alla mia solita email (acavadi@alice.it) le vostre opinioni, segnatevi una data in agenda: venerdì 23 gennaio 2015. Infatti discuterò con chi vorrà su questa tematica sia alle 15,30 presso l’Istituto tecnico “Leonardo da Vinci” (piazza XXV Aprile) sia alle 20,30 nel corso di un “aperi-cena filosofico per non…filosofi” presso la trattoria “Angelino” (davanti l’ingresso del porto di Trapani).
Augusto Cavadi
www.augustocavadi.com

giovedì 15 gennaio 2015

GESU': UN RABBINO ANTIPATICO ?


“Tuttavia.eu”

 15.1. 15

L’ANTIPATIA DEL RABBI JESHUA




    Nel  libro di Fabio Bonafé, Il Rabbi molesto. Sul lato antipatico di Gesù (Italic, Ancona 2014, pp. 170, euro 16) andrebbero distinti almeno tre aspetti: ciò che sembra, ciò che ne dice l’autore, ciò che può risultare a un lettore non digiuno di teologia.

     Ciò che sembra (anche per la complicità della quarta di copertina): un libello scandalistico animato da risentimento anticristiano. Ciò che ne dice l’autore (soprattutto in un pro memoria allegato, suppongo, alle copie indirizzate ai potenziali critici): uno studio oggettivo, esegetico, scevro da pregiudizi di qualsiasi segno. Ciò che può risultare (o, per lo meno, ciò che è risultato ai miei occhi): un atto di sincera venerazione verso il rabbi Jeshua di Nazareth, talmente sincera da non tacitare perplessità e interrogativi su alcuni aspetti della persona venerata. Insomma un testo originale che potrà gettare su una figura storica, deformata da duemila anni di travisamenti, una luce illuminante per chi crede di non credere più e ancor più per chi crede di credere ancora.

    Il filo rosso che lega i dieci capitoli lo si potrebbe individuare nella convinzione, già formulata dall’ottimo biblista italiano Giuseppe Barbaglio, che il Dio annunziato da Gesù è in perfetta continuità col Dio dei profeti ebrei precedenti: dunque non un Dio buono in contrapposizione a un Dio severo, ma un Dio misericordioso e severo (un “Giano bifronte”) proprio come il Dio misericordioso e severo del Primo Testamento.  Per ragioni varie (molte delle quali facilmente intuibili) la predicazione corrente seleziona, nel Primo come nel Secondo Testamento, i passaggi  theological correct e lascia  strategicamente in ombra i passaggi duri per le orecchie dei nostri contemporanei. Ma ciò non significa che questi passaggi antipatici, o francamente inaccettabili, non siano mai stati né pronunziati né tramandati.

    Bonafé li ripesca, li riporta alla luce, non senza preoccuparsi di contestualizzarli e di bilanciarli con passaggi di tenore differente.  E lo fa nella convinzione che, se “non si deve fingere in amore, tantomeno si dovrebbe fingere davanti a Dio” (p. 65): meglio rischiare la bestemmia che ripetere meccanicamente professioni dogmatiche a cui non si crede, che anzi neppure si intendono (se è vero, come è vero, che “stare in piedi” davanti all’Altissimo “non sarà colpa e presunzione, ma una dignità, la dignità dei figli di dio, appunto, di cui anche lui sarà orgoglioso. E Lui stesso non apparirà come un vecchio conservatore e violento, geloso e indispettito per la crescita e l’autonomia dei suoi figli. Questa è solo una antiquata e insopportabile immagine di Dio, che nella realtà ha sempre rispecchiato, e comodamente sostenuto, l’autoritaria immagine del patriarca dispotico” (p. 142).

      Quali possono essere le conseguenze di ciò nel giudizio di ciascuno rispetto alla fede cristiana? La questione non sembra rientrare nel campo d’interesse dell’autore: egli non vuole interferire nella coscienza del lettore, il solo responsabile di ciò che legge, di ciò che capisce e di ciò che predica a sua volta dopo aver accettato quanto ha ritenuto accettabile.  Ma è opportuno precisare che, se qualcuno potrà restare turbato, altri invece avvertiranno più vicina a sé la personalità complessa del Nazareno, qui designato anche con l’appellativo di “Brusco”. Altri ancora potranno addirittura arrivare a rivedere l’idea stessa di Dio del quale pensatori come Schelling nel XIX secolo e Jung nel XX hanno ipotizzato lati oscuri con cui Egli stesso per primo è,  in qualche modo enigmatico, necessitato a fare i conti in un processo dialettico di autoperfezionamento.

     Insomma: Bonafé ci ha regalato un libro insolito, a tratti divertente, che dà da pensare spesso e che scorre sempre su un registro comunicativo amichevole. Egli non chiude gli occhi di fronte alla scandalosità del cristianesimo: “scandalizzare e scandalizzarsi sono una parte vera della nostra esistenza. Ogni censura, ogni stoppata preventiva, specialmente quelle portate in nome di Gesù, deducibili da lui, non rendono più credenti, ma soltanto più ciechi” (p. 138). Si potrebbe aggiungere che scandalizzarsi è un’arte: bisogna saper distinguere i falsi scandali dagli autentici. Per l’autore, “lo scandalo vero, che dovrebbe colpire tutti, è quello di cedere alla tentazione che induce gli uomini a credere di potersi impadronire di dio nelle forme del pensiero e del mito, costruendo addirittura un dio definitivo e obbligatorio, a partire da quanto incertamente è apparso nei limiti angusti di una certa storia. Scandalo è confondere un tentativo di rivelare ciò che resta mistero con l’arroganza di un pensiero da pensare, con la retorica di una formula teologica, che ritaglia in parole una parte della realtà e ne esclude il resto, e che, nell’assunzione di questa parte, fa poi ciò che viene detto e si crede essere una fede” (p. 61). Non è un caso che “la figura del devoto, del pio” sia “nel vangelo una delle più bersagliate”: “Chi si sente carico di una conoscenza religiosa, rischia sempre di farsi padrone di una certa immagine di Dio. Interpretare Dio diventa esercitare un potere sugli altri. Mentre nel messaggio di Gesù interpretare Dio significa servire. Ma per servire senza essere servi, senza cioè avere un animo servile, occorre avere dignità e servire nella verità. I pii per Gesù sono a rischio, si illudono, si fanno un dio di un dio che non c’è” (p. 63).

      Una lunga, documentata, appendice di Approfondimenti e altre letture ci conferma nella convinzione che,  a sostegno e linfa  di pagine dal tono mediamente leggero, stanno tomi scientifici che hanno sconvolto alle radici il discorso teologico cristiano (in modo particolare il commento al vangelo di Marco di Eugen Drewermann).  Se qualcuno fosse indotto ad affrontarli con pazienza, spregiudicatezza, serietà e serenità – ciò non sarebbe il minore dei meriti di questo testo intelligentemente appassionato. Per i tanti altri che preferiranno persistere nell’ottica ricevuta al catechismo, senza sottrarre tempo prezioso al lavoro e alla famiglia per dedicarlo a letture pericolose, il libro poco voluminoso  di Bonafé potrebbe comunque regalare un sospetto: che “l’idolatria segue le religioni come se ne fosse l’ombra” (p. 67) e la religione costruita in memoria di Cristo non fa eccezione.



Augusto Cavadi

www.augustocavadi.com

martedì 13 gennaio 2015

L'etica dai Greci a oggi : storia, interrogativi, prospettive

Anche quest'anno le "Vacanze filosofiche per non...filosofi" hanno lasciato il segno: sono usciti infatti gli Atti per chi era a Vallombrosa e per chi...avrebbe voluto esserci.
Il libro, curato da Elio Rindone ed edito da Diogene Multimedia (Bologna,2014), si intitola Abitare il mondo: con o senza Dio? La morale tra panteismo, teismo e ateismo. Contiene relazioni e interventi di Elio Rindone, Mario Trombino, Augusto Cavadi, Alessandro Roani, Francesco Dipalo e Giorgio Gagliano.
Qui di seguito i link per capire meglio di che si tratta e come acquistarlo rapidamente.
Buona lettura e, soprattutto, buona riflessione critica !

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