giovedì 29 gennaio 2015

DON FARINELLA: CONTRO IL VATICANO PER AMORE DI GESU' CRISTO


“Centonove” 15.1.2015
Gesù Cristo in Vaticano: un ospite indesiderato?

      Ormai don Paolo Farinella, siciliano d’origine ma ordinato presbitero nella diocesi di Genova, è un personaggio noto a livello nazionale. In Cristo non abita più qui. Il grido d’amore di un prete laico. Per Gesù, contro il Vaticano (Il Saggiatore, Milano 2013, pp. 310, euro 16,00) ci consegna una summa del suo pensiero (e, inseparabilmente, della sua esperienza di vita).
Il libro è scandaloso sia perché nasce da un animo scandalizzato per ciò che ha visto e udito nella Chiesa sia perché non teme di riuscire scandalizzante: a suo parere, infatti, è grave che avvengano scandali, ma ancor più grave che si tenti di nasconderli all’opinione pubblica.
       Tuttavia, per evitare equivoci pregiudiziali, è opportuno precisare almeno due premesse. La prima: l’autore ritiene impropria l’identificazione, che si è realizzata nella storia, fra “Vaticano” e “Santa Sede”; fra uno Stato (con tutti i diritti e i doveri di uno Stato autonomo) e una Cattedra episcopale (sia pur singolarmente prestigiosa all’interno della cattolicità); fra un’istituzione politica (con una propria rete burocratica e diplomatica) e un’istituzione religiosa (diffusa capillarmente sul pianeta e comprendente circa un miliardo di persone). In questa identificazione don Farinella individua una delle radici strutturali dei tanti mali di cui la Chiesa cattolica soffre in questa fase della storia (al punto che Benedetto XVI ha dovuto gettare la spugna davanti a “sozzure” troppo più resistenti  delle forze psico-fisiche rimastegli): perciò si augura che papa Francesco, o qualche altro sul suo solco (se non sarà troppo tardi !), si decida a scindere le figure di Capo della Città del Vaticano e di Pastore della Chiesa universale.
         Questa precisazione ha senso all’interno di una prospettiva di fondo che è necessario altresì chiarire se si vuole affrontare il testo senza fraintedimenti (è già abbastanza duro di per sé….): la critica alla “struttura di peccato” che, a suo parere, è ormai la Città del Vaticano, non solo non esclude, ma al contrario presuppone, un intenso amore per la Chiesa cattolica. Se non si coglie questo aspetto (per altro ribadito più volte lungo la narrazione) si perde l’originalità maggiore della posizione dell’autore, ben distante dai tanti che contrappongono il a Gesù e il no alla Chiesa tout court.  Don Farinella non accetta alcun aut aut (neppure quando qualche vescovo gli suggerisce di lasciare il ministero): egli vuole e il Vangelo e la Chiesa perché non avrebbe incontrato il Dio di Gesù Cristo se non fosse stato accolto, sin da ragazzo, dalle braccia amorevoli della Chiesa.
        L’onestà intellettuale non gli consente di sfuggire all’obiezione radicale: ma questa Chiesa ormai infestata dalla sete di potere, dalla furia dell’accumulo, dal carrierismo interno, dalla cecità nei confronti delle sofferenze e delle aspirazioni della gente comune, dalla perversione dell’esercizio della sessualità (praticato clandestinamente quanto più condannato ufficialmente) – e i tre quarti del libro sono dedicati a documentare, con spietata lucidità,  queste e altre piaghe della Chiesa - , questa Chiesa è riformabile ?
          Don Farinella risponde affermativamente, ma la risposta lascia molte perplessità. Forse la sua speranza si basa su un felice equivoco. Egli scrive Chiesa e pensa all’umanità: “prima di tutto la Chiesa sono le migliaia e migliaia di persone che ho incontrato nella mia vita, i bambini e i ragazzi che ho aiutato a crescere, preparandoli alla vita, le coppie di cui sono stato testimone-notaio, i piccoli che ho battezzato, i poveri che ho servito, gli anziani che ho consolato, le famiglie che ho aiutato economicamente” (p. 119). Ma egli sa benissimo che la Chiesa cattolica è anche organizzazione gerarchica, tradizione liturgica, patrimonio dottrinario:  questa dimensione istituzionale, sacramentaria, magisteriale è riformabile? In alcune pagine sembrerebbe che all’autore basti auspicare una Chiesa senza corruzione, senza incoerenze, alla papa Bergoglio per intenderci; e che l’essenza della Chiesa (papato, collegialità episcopale, ministeri ‘ordinati’, dogmi principali…), con i suoi confini delimitati con chiarezza, gli vada bene. Ma in altre pagine è come se l’impeto pastorale, apostolico, di don Paolo – “ateo per grazia di Dio, credente per amore di ragione” secondo l’autopresentazione in quarta di copertina – gli facesse scoppiare l’anima, catapultandola ben oltre i confini della Chiesa cattolica istituzionale (per quanto eventualmente disinquinata da secoli di vizi e imbrogli): “Ogni volta che celebro l’Eucaristia divento veramente cattolico, cioè universale, sintesi del mondo, anelito di liberazione. Salgo sul monte di Isaia (Is 2, 1 – 4) per spezzare il pane a tutte le genti, senza distinzione di alcun genere: solo allora sono cattolico, protestante, ortodosso, musulmano, agnostico, ateo, dubbioso, libero e schiavo, sono pagano e credente, uno e molti insieme” (p. 128).
      E’ chiaro che, col cuore, speriamo in tanti che i preti come lui, i vescovi come Oscar Romero, i Papi come Bergoglio vincano la guerra interna alla Chiesa-istituzione; ma con la ragione ci è difficile prevederlo. Un giorno sarà ridimensionata l’attuale egemonia dei Legionari di Cristo, dell’Opus Dei, di Comunione e Liberazione, dei Neocatecumenali e degli stessi Lefebrviani: ma, se il DNA ecclesiologico resta sostanzialmente immutato (a cominciare dalla supposta differenza “ontologica” fra laicato e clero), sarà facile che nascano altri movimenti basati sull’obbedienza cieca, sulla paura del sesso, sull’idolatria del denaro.  Sulla base della storia del cristianesimo ha ragione Dostojevskij: ormai le chiese in generale, la cattolica in particolare, si sono cristallizzate in maniera così impenetrabile che neppure Gesù Cristo, tornato sulla terra, riuscirebbe a convertirle. L’unica speranza resta la parola del vangelo: solo morendo i chicci di grano potranno portare buon frutto.
Augusto Cavadi
www.augustocavadi.com

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Non sono cattolico e vivo all'estero in una nazione a maggioranza luterana, dove é molto stimato il sacerdote svizzero Hans Küng, leggo spesso gli scritti di Don Paolo nonché le considerazioni ed opinioni dei suoi magnifci libri.É augurabile che i preti del tipo di Don Paolo aumentino di numero e che possano far riformare la Chiesa cattolica attenendosi al Vangelo e farle abbandonare il comportamento riprovevole tenuto nel secolo trascorso. É ora che il Vaticano smetta di fare affari loschi, di appoggiare istituzioni come Comunione e Liberazione, Opus Dei, Legionari di Cristo e simili, a far pulizia dentro al clero allontanandone gli indegni, anche negli alti gradi, ricominciando ad osservare i canoni evangelici.
Kian Logan

Bruno Vergani ha detto...

Mi sembra che la recensione centri il bersaglio nell’annotare “il felice equivoco” di una chiesa interpretata da Farinella come il complesso di tutti gli uomini e la reale istituzione storica che di fatto si auto-concepisce salvezza di tutti mediante la rappresentanza di pochi.