sabato 30 maggio 2015

CI VEDIAMO A PALERMO, MERCOLEDI' 3 GIUGNO 2015, ALLE 19,15 ?

Come in molti sapete, ho raccolto in  Palermo. Guida insolita alla scoperta di una città indecifrabile (Di Girolamo, Trapani 2014, pp. 172, euro 9,90) alcune descrizioni letterarie di monumenti, vie, cibi di strada, panorami...a firma di viaggiatori dal medioevo arabo alla contemporaneità. Grazie alle voci recitanti di Margot Pucci e Armando Caccamo e alla voce cantante di Sara Cappello sarà possibile rivivere l'itinerario.
La partecipazione all'evento culturale presso "La Cantunera" (in piazzetta Monte Santa Rosalia, 12, accanto a Palazzo Branciforti; un po' sotto via Roma all'altezza del Palazzo delle poste ), mercoledì 3 giugno alle ore 19,15 è libera.
Per chi vorrà, infine, partecipare a una ricca degustazione di alcuni cibi evocati , accompagnati da buon vino, sarà indispensabile prenotarsi entro e non oltre la mezzanotte del giorno prima.
Il contributo per la cenetta € 12,00 (a coppia € 20,00 ).
PER PRENOTARE, CHIAMARE AL 329.5670724 (SARA CAPPELLO) 
o al 389.2158948 (GILDA SCIORTINO).

giovedì 28 maggio 2015

LA VULCANICA SALLY TRA SEATTLE E MARINA DI RAGUSA


“Centonove”

7 maggio 2015-05-28





IO, MANAGER DI ME STESSA




Che succede se l’intraprendenza nordamericana si sposa con l’ardore della lava siciliana? Viene fuori  una vulcanica creatura che risponde al nome di Sally M. Veilette. Se volete conoscerla potete intercettarla a Seattle o a Marina di Ragusa o in viaggio tra i due continenti (consigliabile contattarla in anticipo su www.handsicily.com). Nell’attesa potete leggere il suo Sempre dritto non puoi sbagliare (Inkwell, San Giovanni La Punta 2012, euro 18,00) che, come si legge in quarta di copertina, “non è solo un libro, è un’esperienza che riaccenderà la tua voglia di vivere alla grande”.

  Come a molti di noi, anche all’autrice è capitato di attraversare fasi di stanchezza psico-fisica, anzi esistenziale. Ma, invece di gettare la spugna, ha preferito ascoltare il suo malessere e cavalcarlo per andare  oltre lo status quo in cui era immersa. Da manager di successo, votata a fare carriera e soldi in una escalation virtualmente infinita, ha preferito diventare manager di sé stessa: ritornare alle origini siciliane della propria infanzia, riscoprire le relazioni autentiche, valorizzare i ritmi umani della provincia. Non per chiudersi in un uovo dorato, ma per tentare nuove sintesi: apportare agli amici siciliani qualcosa del dinamismo statunitense e agli amici americani qualcosa della poesia, della musica e della saggezza mediterranee.

   Il libro, inizialmente autobiografico, diventa – con i pregi e i limiti dle caso – il tipico manuale che gli anglofoni chiamano “filosofico” e dalle nostre parti sarebbe “psicoterapeutico”. Un manuale scandito in otto passi: re-imparare a sentire; fare pulizia; lucidare; camminare; immergersi; volare; librarsi in alto; risplendere. L’esito (almeno sperato dall’autrice) è formulato nella chiusa del testo: “Ho fiducia nell’umanità. Ritengo che arriveremo a conoscere noi stessi e che sfrutteremo le nostre più profonde passioni per trarne giovamento con noi stessi e gli altri. Che metteremo insieme le nostre forze e che saremo uniti. Che sapremo quando cercare le risposte e quando andare oltre. E che rideremo quando tutto andrà storto per un certo periodo di tempo. Spero che divertendovi con gli otto capitoli di questo libro, diventiate anche un po’ più fiduciosi in voi stessi e che troviate il giusto sostegno per far emergere i vostri sogni e per condividerli con gli altri. E’ quello che ci si aspetta da voi”.

     Forse, perché il “gioco” riesca, potrebbe essere utile integrare la “philosophy” in senso anglosassone con la filosofia in senso più classico: sarebbe un altro ponte interessante per congiungere gli United States con la Magna Gaecia.



Augusto Cavadi

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mercoledì 27 maggio 2015

LA SECONDA EDIZIONE DI UNA FILOSOFIA D'A-MARE A FAVIGNANA


“Monitor”


15. 5. 2015-05-25


Il Festival della filosofia d’a-Mare: una restituzione


   

Riuscite a comprendere per intero ciò  di cui fate esperienza, in cui vi sia capitato di essere stati immersi? Io no. La ricchezza del reale, nel quale pure nuoto, mi resta sempre in qualche misura estranea. Trascendente. Non solo non capisco tutto ciò con cui entro in contatto; per giunta, non riesco a raccontare neppure quel tanto che capisco. Parafrasando un celebre sofista siciliano, potrei dire che non tutto ciò che è, è conoscibile e che non tutto ciò che è conoscibile, è dicibile.

    Questa premessa un po’ barbosa (almeno per il lettore medio di questa rubrica: uno che ama pensare con la propria testa ma è quasi del tutto digiuno di storia della filosofia) mi serve per spiegare come mai  - nonostante l’invito a stendere un resoconto del “Festival della filosofia d’a-Mare” che si è svolto nelle Egadi dal 30 aprile al 3 maggio –  avverta una resistenza interiore a redigerlo. E’ come se volessi evitare di condannare questa esperienza così intensa alla banalizzazione.

    Comunque qualcosa, dopo aver dedicato più di una puntata della rubrica a preparare l’evento, devo dirla. I tre ospiti (Chiara Zanella, Serge Latouche e Diego Fusaro) sono stati ottimi stimolatori di pensiero, facilitando nei settanta partecipanti ai seminari l’interiorizzazione di temi tipici della filosofia sin dalle origini greche e pure tragicamente attuali (la critica alla crescita infinita, la frugalità come via per la felicità, la cura di sé come aver cura dell’altro, la responsabilità come pienezza della libertà autentica…).  Le persone provenienti da ogni area geografica del Paese e da ogni genere di occupazione lavorativa (magistrati e assistenti sociali, architetti e insegnanti di scuola elementare, medici e studenti…) sono stati ammirati, a loro volta, dai filosofi di professione per la caratura dei contributi offerti alla discussione. La struttura alberghiera “Cala la luna”  e l’equipaggio del battello “L’intrepido” (con il quale abbiamo perlustrato le coste di Favignana, Marettimo e Levanzo) hanno fatto onore alla tradizione di ospitalità del nostro popolo.

    Ciò che più ha inciso nella memoria del cuore è stato il clima “spirituale” che si è creato fra tutti noi (se si riesce a dare all’aggettivo “spirituale” la sua pregnanza laica, integrale, concreta) . La seconda edizione del “Festival della filosofia d’a-Mare” è stato l’esperimento di un modo di vivere altro rispetto alla quotidianità produttivistica, competitiva, consumistica in cui siamo (non del tutto incolpevolmente)  immersi. Vorrei ricopiare uno a uno i messsaggi che mi sono giunti dai partecipanti via sms, via email, a voce per telefono. Uno per tutti, da Franco e Marilena (provincia di Cuneo): “Pensiamo di aver sperimentato la felicità, in quella terra di mezzo tra cielo e mare, cannoli e cassate, tra bella gente e parole autentiche. Purtroppo la sveglia del lunedì mattina ci ha ridestati da questo breve ma intenso sogno catapultandoci nel paese del non pensiero. Peccato, ma anche i sogni insegnano la vita. Grazie e arrivederci a tutte le persone che hanno reso possibile questo sogno”. Ce ne sono altri sul mio blog, ma sono troppo lusinghieri e il pudore mi impedisce di riportarli.



Augusto Cavadi

www.augustocavadi.com

sabato 23 maggio 2015

ANCORA SULLA RIFORMA SCOLASTICA DEL PRESIDENTE RAGAZZINO


“Monitor”
22.5.2015


Ancora sulla riforma scolastica del presidente ragazzino

Come si fa a non commentare la riforma scolastica del presidente ragazzino? Ma, altresì, come si fa a continuare a commentare dopo valanghe di articoli, commenti, post e cinguettii? L’impresa è poi ancora più ardua se non si ha il dono delle certezze assolute che, manicheisticamente, dividono il campo in due schieramenti nettamente contrapposti: gli insegnanti da una parte (la parte buona: “la buona scuola c’è già”) e il governo dall’altra (“il nemico” come, senza molte perifrasi, lo chiamano i miei amici comunisti come l’egregio professore Enrico Guarneri).
 Comunque, per non sembrare vigliacco (è dal 1968 che dico e scrivo ciò che penso, quasi sempre in posizioni di minoranza che, però, altrettanto spesso  sono state successivamente sposate da chi le contestava), provo a esprimere qualche opinione (che, in lingua italiana, non si identifica con tesi né ancor meno con dogma).
a)   il metodo decisionista di Renzi in molti campi è preferibile agli “annacamenti” dei governi precedenti che, dopo giri e giravolte, lasciavano le cose a fine legislatura esattamente come le avevano trovate. Chi governa deve avere il coraggio di decidere, lasciando agli elettori il giudizio sul proprio operato. Ma in altri campi la fretta, aggravata dal piglio spavaldo del “signor-so-tutto-io”, è una pessima consigliera. La riforma scolastica (come la riforma del sistema elettorale) rientra in questa seconda categoria  di campi tematici.
b)   L’assunzione in servizio di precari che non abbiano superato un regolare concorso pubblico, dunque nessuna selezione in entrata nel sistema scolastico, è una decisione che può dare alla qualità media dell’insegnamento un’altra brutta botta. Ma se, per segnare un punto e capo (dopo il quale nessun docente senza concorso) la si deve varare, deve essere una sorta di amnestia generale. Ogni criterio non culturale-psicologico-didattico che discrimini i sommersi rispetto ai salvati rende odioso un provvedimento già di suo per molti versi iniquo.
c)    Il problema del livellamento delle funzioni e degli emolumenti mensili dei docenti (dalla scuola d’infanzia alle scuole secondarie superiori) è un problema gravissimo. Nei quarant’anni di insegnamento gli alunni migliori hanno rinunziato a insegnare perché la prospettiva di entrare soldato semplice e di restarvi a vita sembrava loro demotivante. A questo gravissimo problema non si risponde gettando un osso nel canile in modo che i più furbi, o i più proni, se ne impadroniscano prima degli altri (questo sì che sarebbe mettere l’uno contro l’altro i capponi di Renzo, questa volta con la ‘o’ finale). Bisogna avere il coraggio di imitare altri sistemi scolastici europei dove chi vuole resta insegnante di seconda fascia a vita, ma chi vuole può facoltativamente affrontare un esame di Stato per passare a professore di prima fascia. Non vedo perché si possa diventare ordinario all’università o primario negli ospedali o direttore di banca o…ma ogni ipotesi di carriera debba essere demonizzata fra i docenti. (Due precisazioni. La prima: non si dica che attualmente è possibile passare da docente a Dirigente scolastico perché non è un avanzamento nella stessa carriera, ma passaggio da un mestiere a un altro. La seconda: ovviamente la distinzione fra artigiani dell’istruzione e artisti della pedagogia dovrebbe riguardare ogni grado: lo specialista alle scuole elementari dovrebbe avere le medesime funzioni e il medesimo stipendio dell’omologo alle scuole medie inferiori o superiori).
d)    La carriera docente risolverebbe un altro brutto nodo di questa riforma renziana: le competenze dei Dirigenti scolastici. Assunzione e licenziamento dovrebbero essere affidati a una commissione di cui tre insegnanti dovrebbero far parte con gli stessi poteri del DS: tre docenti di prima fascia, competenti per la propria area di insegnamento. Solo così si potrebbe avere mobilità verticale e orizzontale senza che un DS esperto in greco debba giudicare la didattica di un insegnante esperto in matematica e un DS esperto in matematica debba giudicare, in solitudine vertiginosa, gli aspiranti all’insegnamento del greco.
e)   Veramente, per ribadire un’idea a cui sono affezionato da decenni e che da decenni espongo in tutte le sedi in cui mi è concesso di esprimermi, il passaggio di un docente da una fascia alla superiore dovrebbe tener conto – insieme a tanti altri ovvi fattori – delle “pagelline” che gli ex-alunni (da non meno di un anno e da non più di due) dovrebbero compilare anonimamente sui propri insegnanti. Conosco l’obiezione: andrebbero avanti i docenti pigri, lassisti, demagoghi, amiconi…E’ totalmente infondata. Quando parlo con alunni di me o di altri colleghi li trovo chirurgicamente precisi: sanno distinguere benissimo la severità dalla rigidità, l’amichevolezza dalla ruffianeria.
f)     Il discorso sarebbe lungo, forse infinito. Ma almeno una nota va aggiunta: il potere che la nuova normativa concederà ai DS avrebbe comportato una bella scrematura preventiva della categoria. Prima, e non dopo, si sarebbero dovuti licenziare gli psicopatici, i narcisisti, gli insicuri, gli ignoranti plateali…Così non si è fatto e, anche da questo versante, si prevedono guai seri per il povero sistema scolastico italiano.

Augusto Cavadi
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martedì 19 maggio 2015

CHI EVADE LE IMPOSTE DANNEGGIA ANCHE TE !


“Repubblica – Palermo”
16.5.2015


L’evasore della porta accanto

Nel 2014 la Guardia di Finanza ha scovato 591 evasori totali in Sicilia. Se è ragionevole presumere che ve ne siano almeno altrettanti che continuano a farla franca, e se vi si aggiungono almeno un migliaio di grandi evasori (che, pur pagando qualcosa allo Stato, pagano molto meno del dovuto), siamo a un piccolo esercito di concittadini che frodano. Frodano chi?
  La risposta suona anonima, indeterminata, rassicurante: frodano lo Stato. Quindi se incontriamo questi avvocati e questi imprenditori, questi commercianti e questi medici, nei salotti-bene che frequentiamo (o in cui ci accade di passare per le ragioni più svariate) possiamo continuare a ossequiarli, a scambiarci una stretta di mano sorridendo educatamente. Come se fossero gente sveglia e coraggiosa che ha provato a fare esattamente ciò che noi, meno intraprendenti, non abbiamo avuto l’ardire  - o più semplicemente la possibilità tecnica – di realizzare. Come se non fossero ladri che ci hanno derubato, personalmente e direttamente, di qualcosa.
   Lo so: è sin troppo facile fare del moralismo quando si parla di tasse. Specie da parte di quanti svolgono, come me, una professione salariata: è facile fare retorica quando non si ha la libertà di evadere perché le imposte dovute sono trattenute alla fonte e la busta paga arriva già decurtata. Ma se non è il caso di fare i moralisti, non per questo è vietato riflettere criticamente.
   Una prima considerazione riguarda le attenuanti degli evasori (totali o parziali): l’imposizione fiscale in Italia è altissima. Pagare tutto il dovuto è poi reso più amaro dalla constatazione che i nostri soldi vengono amministrati con una disinvoltura che sconfina spesso con la disonestà. Tuttavia…tuttavia solo chi paga le tasse ha il diritto morale, e la motivazione pratica, di protestare attivamente e insistentemente contro il livello della tassazione e della corruzione pubblica. Nessuna bassezza etica altrui giustifica davvero la nostra.
    Chi paga per intero, o quasi, le tasse ha tutte le ragioni per considerare i concittadini che le evadono per intero, o quasi, dei traditori: e, come tali, trattarli nelle relazioni quotidiane. Tu puoi scegliere di essere cittadino della Bahamas o del Lussemburgo, ma se accetti di essere cittadino italiano sottoscrivi un patto sociale. Da una parte lo Stato ti assicura (ti dovrebbe assicurare, hai diritto che ti assicuri) un minimo di istruzione, di assistenza sanitaria, di pulizia per le strade e nei mari, di ordine pubblico, di difesa dei confini nazionali…); dall’altra tu accetti, secondo la carta costituzionale, di contribuire a pagare questi servizi in proporzione alle tue rendite e ai tuoi guadagni. Se io rispetto questo patto (dal biglietto sull’autobus alle tasse universitarie di mio figlio) e tu non le rispetti, costringi – o per lo meno induci – l’amministrazione pubblica ad aumentare ogni anno il prezzo del biglietto o degli studi. Dunque tu non stai fregando una anonima Istituzione senza volto, ma stai fregando me e gli altri concittadini che dobbiamo pagare per noi e per te il costo dei servizi di cui fruiamo tutti.
   Chi ha soggiornato in Paesi europei o nordamericani sa con quanto rigore i reati di tipo fiscale vengano sanzionati dalle norme, dalla pratica giudiziaria e dalla stessa morale comune. Si può discutere su alcune ragioni culturali remote di queste diffenti valutazioni etiche, per esempio interrogandosi sul rigorismo calvinista-puritano e sul lassismo cattolico-gesuitico. Ma ciò che più urge è capire, ognuno col ruolo di funzionario statale o di semplice contribuente, che - con questo andazzo -  tracolli alla greca saranno inevitabili. Che ci ci sono spread fra una nazione e l’altra che nessuna Borsa può misurare, ma che possono condizionare molte oscillazioni finanziarie, sociali e politiche.   

Augusto Cavadi
www.augustocavadi.com

sabato 16 maggio 2015

LA RIFORMA DELLA SCUOLA: DALLA PROTESTA ALLA (CONTRO) PROPOSTA


“Centonove” 14.5.2015

RENZI: LA RIFORMA DALLA A ALLA F

Renzi vuole davvero cambiare la scuola italiana approfittando del consenso plebiscitario di cui (non sappiamo per quanto tempo ancora) gode in Parlamento? Allora riscriva quasi completamente il suo disegno di legge e sfidi i poteri forti (dai sindacati alla Chiesa cattolica) adottando, come fari inspiratori, la Costituzione e l’esperienza pluridecennale di chi alla scuola ha dedicato i due terzi dell’esistenza.
a)    Prima di tutto, destini ad altro ministero il sottosegretario Davide Faraone che non ha avuto il tempo di completare gli studi universitari, forse troppo occupato nelle numerose  campagne elettorali a organizzare cooperative di giovani privi di lavoro disposti a votare – intanto – per lui. Altrimenti gli insegnanti (mi riferisco ovviamente al 70 % degni di questo titolo, non a tutti) dovranno inghiottire le sue dichiarazioni assolutorie per gli studenti che fanno casino in attesa delle vacanze natalizie e i suoi “cinguettii” di condanna per i docenti che accettano di decurtare il già esiguo stipendio per esprimere democraticamente e  nonviolentemente il proprio dissenso.
b)     Poi dia un taglio netto alle elucubrazioni azzeccaingarbugliate sul senso dell’articolo 33    della Costituzione e proclami, chiaro e forte, che l’istruzione è gratuita dalla scuola di infanzia all’università nelle strutture statali e che le altre istituzioni private vanno finanziate da chi le vuole frequentare. Naturalmente, un’ora dopo, riversi a favore dell’istruzione statale i milioni di euro che non saranno più regalate all’istruzione privata.
c)     In terzo luogo elimini lo scandalo  - di cui i cristiani autentici si addolorano per primi – delle ore di religione cattolica. Nonostante la buona volontà di alcuni docenti si tratta di un’ora percepita dagli alunni come una sorta di ricreazione supplementare: e se in dieci classi la metà chiede l’esonero, la normativa attuale vieta di accorpare gli alunni avvalentesi dell’insegnamento in cinque classi (con i relativi risparmi finanziari). Si trasformi l’ora di religione cattolica facoltativa in ora di  storia delle religioni obbligatoria: con insegnanti selezionati dallo Stato e con programmi miranti a far conoscere ai cattolici le idee dei protestanti, agli ebrei le idee dei musulmani, agli atei e agli agnostici le idee delle varie religioni mondiali e ai seguaci delle varie religioni mondiali le motivazioni filosofiche degli atei e degli agnostici. Ovviamente qualsiasi cittadino (di qualsiasi orientamento teologico personale) avrebbe diritto di concorrere alla cattedra di storia delle religioni, pur dimostrando – a partire dalla sua laurea in teologia, in filosofia, in storia etc. – di avere le competenze scientifiche e didattiche per farlo. Con un colpo solo si assicurerebbero il pluralismo culturale nelle scuole pubbliche, una conoscenza elementare ma oggi indispensabile delle diverse prospettive confessionali del pianeta, un’occupazione stabile e dignitosa a tanti laureati ingiustamente emaginati perché il vescovo della diocesi non concede loro la “missio canonica” (la licenza di insegnare, insomma).
d)     In quarto luogo si elimini lo scandalo – di cui i veri amanti dello sport sono i primi a dolersi – delle due ore di educazione fisica. Nell’ordinamento attuale sono due ore sprecate il cui effetto più certo è di interrompere la concentrazione degli studenti danneggiando le ore di lezione successive (tranne nei casi, non infrequenti, in cui essi le usano per ripassare nella zona ristoro le lezioni di altre materie su cui suppongono di poter essere interrogati). Se la campana suona alle 9, quanto tempo ci vuole perché una classe lasci l’aula, raggiunga la palestra, cambi gli abiti per indossare le tute sportive? Diciamo che salta, ni casi più eroici di fedeltà al dovere, un quarto d’ora. Almeno un altro quarto d’ora va destinato alle operazioni inverse, dalla palestra all’aula (dove si arriva sudati, accaldati, richiedenti acqua per sciacquarsi nei bagni o da bere al bar). Che cosa può fare nella mezz’ora che resta il docente di educazione fisica? Ecco perché il meglio che egli stesso offre lo offre nelle ore post-meridiane, quando segue progetti che gli studenti seguono con convinzione e per i quali egli percepisce degli emolumenti supplementari. Non sarebbe più logico, dunque, eliminare le ore mattutine e concentrarle (questa volta accorpandole a due a due) nelle ore post-meridiane? Gli stessi alunni non eviterebbero cosìalmeno due volte la settimana di uscire troppo tardi dalla scuola, dove hanno dovuto stuadire greco o algebra a quinta ora perché a quarta hanno dovuto far finta di educarsi fisicamente? Certo che sarebbe più logico. Dunque, tertullianamente, nessun politico e nessun sindacalista lo accetterà tentando di farlo diventare norma effettiva.
e)     In quinto luogo andrebbe eliminato lo spreco immane dei bidelli. Dovrebbero svolgere due funzioni principali: mantenere pulite aule e bagni; far conoscere alle classi le circolari. La prima funzione – in tutte le scuole europee che mi è capitato di visitare – è svolta, con risparmio economico ed efficacia proporzionale, da ditte di pulizia private che non costano un centesimo nei giorni in cui la scuola è chiusa e che possono essere licenziate in tronco se non lavorano bene quando la scuola è aperta. Quanto alle circolari, farle girare classe per classe  - nell’era di internet – non è solo inutile: è proprio fastidioso. Invece di interrompere per almeno due o tre volte al giorno (qualche volta a lezione !) il dialogo in classe si potrebbero inviare con un solo click a una mailing list e/o affiggerle sul sito web della scuola. Con questo sistema, sarebbe responsabile delle proprie inadempienze chi, per snobismo antitecnologico o per prosaica strafottenza, non volesse impiegare neppure due minuti del suo tempo per aggiornarsi.
f)      Tanto altro ci sarebbe da aggiungere su docenti, dirigenti scolastici, ispettori ministeriali: ma, per oggi, ho già occupato troppo spazio.
Augusto Cavadi
www.augustocavadi.com

venerdì 15 maggio 2015

CI VEDIAMO A TORINO (dalla sera di venerdì 15 maggio a martedì 19 ) ?

Da questa sera alla sera di martedì 19 maggio sarò a Torino in occasione del Salone internazionale del libro. Ho già una serie di appuntamenti, ma sarò felice di aggiungerne qualche altro per incontrare le amiche e gli amici del Piemonte che avessero piacere a  rivederci. Buon fine-settimana a tutti !

lunedì 11 maggio 2015

SICILIANS EXPLAINED TO TOURISTS

Il mio volumetto I siciliani spiegati ai turisti (Di Girolamo, Trapani 2010, pp. 80, euro 5,90)  - seguendo le orme del fratellino più anziano La mafia spiegata ai turisti - sgambetta per il mondo anche in lingua inglese: Sicilians explained to tourists (Di Girolamo, Trapani 2015, pp. 80, euro 5,90).
Desidero ringraziare:
*  Manuela Marchese per la traduzione dall'italiano all'inglese;
* il mio amico editore Crispino Di Girolamo che, nonostante gli anni difficili che sta attraversando l'editoria tradizionale, ancora una volta ha voluto esprimere, con un investimento finanziario consistente, la fiducia nel mio lavoro e soprattutto il suo amore autentico verso i siciliani in gamba come lui: un amore lucido, rigoroso, senza sconti retorici ma anche con speranza inestinguibile;
* i lettori che, avendo conosciuto e condiviso l'edizione originale, vorranno donare ai loro amici nel mondo la versione in lingua inglese.
 

sabato 9 maggio 2015

Il disco di vinile secondo Salvatore La Porta


“Centonove”
23.4.2015

IL VINILE TRA FILOSOFIA E LETTERATURA

Come si fa a distinguere un testo di letteratura da un testo di filosofia? In alcuni casi, estremi, la differenza è abbastanza visibile: la Critica della ragion pura di Kant è filosofia, Lolita di Vladimir Nabokov è letteratura. Ma, tra l’una e l’altra opera, si collocano migliaia di testi in cui il confine è labile e solo per convenzione consolidata riteniamo il Simposio di Platone filosofia e le Operette morali di Leopardi letteratura. In proporzioni differenti, infatti, possono riconoscersi due “istanze distinte”: “l’istanza filosofica, dimostrativa” e “l’istanza letteraria o creativa” (E. Bencivenga, La filosofia come strumento di liberazione, Cortina, Milano 2010, pp. 196 – 197).
Salvatore La Porta, nel suo recentissimo Il giradischi trascendente (Villaggio Maori, Catania 2014, euro 13.00), si diverte a giocare su questa linea di confine fra  - per continuare a citare Ermanno Bencivenga - “inventare senza curarsi che quel che s’inventa sia plausibile” (l’atteggiamento dei letterati) e “provare la reale possibilità di quel che si è inventato” (il mestiere dei filosofi). Ne vien fuori un volumetto coraggioso nella sua voglia di sperimentare la commistione dei generi tradizionali, apprezzabile da chi abbia una conoscenza solida, per quanto elementare, della storia del pensiero occidentale e che invece potrà distogliere definitivamente dalla tentazione di aprire un testo di filosofia chiunque non abbia mai letto una riga di Zenone di Elea o di Ludwig Wittgenstein.
L’enigma da cui decolla la narrazione/speculazione è l’ascolto di una canzone registrata su un disco in vinile il quale, essendo “materia” , << ha certamente un inizio e una fine, ma è composto da elementi non discreti. Quali? Elementi spaziali, materiali. Tra il punto x sul solco del vinile e quello y ci sarà sempre un punto n di mezzo. Il vinile, come la realtà, è infinitamente denso e per questo non è affatto compatibile alla mente umana. Il fatto che la puntina del mio giradischi compia il miracolo di attraversare tutti gli infiniti punti presenti nel microsolco e, giungendo alla fine, possa sollevarsi con noncuranza e tornare al proprio posto è semplicemente incomprensibile. E’ il gesto pacato di un dio. Ovvero: trascende la nostra comprensione >>. Per spiegare questa affermazione <<bizzarra>> La Porta deve però avventurarsi nella trattazione di tre questioncelle facili facili (scomodando il tremendo Parmenide e il fido discepolo Zenone): il nulla, l’essere e l’infinito. Come se ciò non fosse abbastanza, prima di inoltrarsi nel labirinto dell’ontologia, avverte correttamente l’esigenza di un chiarimento preliminare: possiamo noi, esseri umani immersi nell’essere, avere uno sguardo per così dire “esterno” sull’essere? O siamo come l’occhio che può guardare tutto tranne sé stesso? Ovviamente, a questo punto, l’autore non poteva fare a meno di scomodare Wittgenstein, il suo spietato rigore (gnoseo)logico, la sua convinzione “mistica” che <<di ciò di cui non si può parlare è necessario tacere>>.
Alla fine del libro emerge qualcosa che potrebbe assomigliare a un’autodefinizione della prospettiva filosofica dell’autore: <<stoicismo solipsistico>> (formula che <<farebbe saltare sulla sedia parecchia gente>>). Se ho capito almeno in parte, saremmo come i personaggi sognati da un Pensiero assoluto: come tali, essenzialmente ciò che siamo stati sognati, senza margini di manovra rispetto alla nostra “essenza” costitutiva. Un Pensiero originario e onni-avvolgente, un Logos, la cui esegesi sarebbe <<l’unica plausibile motivazione del nostro essere nel mondo>>.
E’ allora la filosofia, incessante tentativo di spiegare il Logos che ci precede e ci fonda, a dare senso all’esistenza? Così sarebbe se essa fosse in grado di decodificare il Logos alla sua maniera: cioè in modo razionale, rigoroso, dimostrativo. Per La Porta però si tratta di <<una pratica privata, narrativa o politica>>, <<mai veramente filosofica>>. Più precisamente: <<L’esegesi privata del Logos è la religione, quella narrativa è la letteratura e quella pubblica è la politica>>: in nessun caso, dunque, <<una pratica strettamente teoretica>>. Forse ci si potrebbe chiedere chi avverta religione, letteratura e politica di essere modi di spiegare il Logos e forse si potrebbe rispondere: la filosofia. La quale, come Socrate, sarebbe dunque bravissima nel far partorire gli altri, pur essendo in sé infeconda.

Augusto Cavadi
www.augustocavadi.com


venerdì 8 maggio 2015

PER LO SCIOPERO DEL 5 MAGGIO CONTRO LA SCUOLA DI RENZI I SINDACATI NON CANTINO VITTORIA

“Repubblica – Palermo”
7.5.2015
Le responsabilita’ dei sindacati e del governo
 Il successo dello sciopero del 5 maggio contro la “buona scuola” potrebbe indurre i  sindacati nell’illusione che gli avversari dei loro avversari siano loro amici. Detto in soldoni: scendere in piazza contro questo governo non significa essere a fianco di questi sindacati. Le proposte di riforma governative sono ora opinabili ora inaccettabili: ma sono state avanzate per sanare una scuola sfasciata, prima di tutto, dai sindacati.
   Mi limito a una sola esemplificazione che potrebbe chiarire altri punti della questione. Da sessant’anni a scuola è valso il combinato disposto di due principi altrettanto assurdi: che si possa diventare titolare di cattedra per anzianità e non per preparazione; che una volta entrati nei ruoli i docenti siano inamovibili. Chi ha pressato i governi, più o meno clientelari, della Prima e della Seconda Repubblica per ridurre la scuola a ufficio di collocamento per falliti o, meno brutalmente, ad ammortizzatore sociale per combattere la disoccupazione intellettuale ? E chi, se non i sindacati, si sono compattamente mobilitati quando si trattava di difendere il “posto di lavoro” di insegnanti o di personale amministrativo, tecnico e ausiliare platealmente inadatti ? In questi decenni ho visto cose che gli umani non possono neppure immaginare: presidi in missione permanente in giro per il mondo (qualcuno è stato condannato perché - con in combutta con il dirigente amministrativo – si regalava anche champagne e donnine allegre); professori che, vittime di gravi malesseri fisici e psichici, si rifiutano di passare a mansioni diverse dall’insegnamento; tecnici di laboratorio perennemente occupati al cellulare o al bar; bidelli che lasciano le aule sporche come le trovano, legittimando gli alunni più stupidi a sporcarle ancora di più il giorno dopo…
   Che un governo voglia dire “basta” a questo andazzo vergognoso è più che giusto. Se non fosse formato quasi tutto di ragazzini presuntuosi (in alcuni casi neppure laureati), ascolterebbe i suggerimenti che molti di noi abbiamo espresso da più di quarant’anni su riviste e libri. Per esempio che - essendo molti dirigenti scolastici come quelli di cui ho raccontato le gesta nel volume  Presidi da bocciare? e che mi hanno invano minacciato di querela - prima di investirli di tanto potere andrebbero attentamente scremati (licenziando i più matti, i più violenti e i più ignoranti). E, inoltre, a regime, che essi debbano valutare non in monarchica solitudine ma all’interno di  una commissione di cui facciano parte anche tre colleghi, tre rappresentanti dei genitori e tre alunni (estratti a sorte fra quelli che hanno lasciato, da almeno un anno e da non più di due, la scuola).
    Mi rendo conto che queste proposte (non a caso abbracciate per poco tempo da sindacati nuovi, estranei alle Confederazioni tradizionali, ma ben presto abbandonate per paura di perdere consensi), come altre ancora più radicali su aspetti della vita scolastica, siano inaccettabili: sia  dall’ideologia massificante di chi urla contro la meritocrazia come criterio di carriera per i docenti (tanto, poi, i figli della sinistra chic sono ben sistemati fra padri gesuiti, ancelle e padri salesiani, prima di partire per l’università in Germania o negli Stati Uniti) sia  dalla mentalità aziendalista di un governo “progressista” in grado di attuare le riforme liberiste e autoritarie impedite ai precedenti governi “conservatori” di destra. Ma pazienza ! Come mi ha insegnato un’alunna su Facebook, in un italiano non proprio impeccabile,  “se volevo piacere a tutti, nascevo Nutella”.

Augusto Cavadi
www.augustocavadi.com

giovedì 7 maggio 2015

CI VEDIAMO VENERDI' 8 MAGGIO 2015 A TRAPANI ?


“Monitor” 8.5.2015
 Eucaristia cristiana o mafiosa?

Sarebbe bello che tra un periodico e i suoi lettori si attivasse una circolarità dialettica, intessuta di interlocuzione (critica)  sul web o di presenza per evitare che chi scriva parli senza ascoltare e chi legge ascolti senza parlare. Per questo, ancora una volta, sarò felice di incontrare chi vorrà partecipare alla presentazione del recente saggio di Salvo Ognibene, L’eucaristia mafiosa. La voce dei preti (Navarra, Marsala 2014, pp. 126, euro 12,00), in programma per oggi (venerdì 8 maggio 2015) alle ore 17,00 presso la Biblioteca Fardelliana. Con l’autore, ne discuetremo Natale Salvo, Francesco Genovese ed io.
 Nonostante il sottotitolo del libro, le persone intervistate non sono soltanto preti, ma anche una suora e alcuni laici; di particolare interesse la testimonianza di un collaboratori di giustizia, l’ex-‘dranghetista Luigi Bonaventura (“Io mi sono rivolto ad un prete, che si chiama don Mariano, quando volevo collaborare e avevo dei contrasti con la mia famiglia. Più che invogliarmi cercava di scoraggiarmi. Durante questo percorso, e con tutte le difficoltà, mi sono rivolto anche ad altri preti, ma non c’è stato verso”).
  Il quadro che emerge non è monocromo. Ognibene non nasconde né le ombre né le piccole luci evitando le demonizzazioni come le apologie d’ufficio. Cita infatti cecità, ritardi, connivenze di ambienti ecclesiastici, ma anche i casi di quei ministri di culto che vivono, prima di tutto, la funzione di pastori del gregge capaci di affrontare – per difenderlo – anche i lupi più rapaci.
  L’occasione sarebbe propizia per fare il punto della situazione a Trapani e dintorni. Da alcuni anni mi capita di discutere dei rapporti fra Chiesa cattolica e mafia in queste zone, per presentare libri miei e di altri colleghi, e ogni volta sono stato colpito dall’assenza radicale di preti e cattolici impegnati organicamente nelle  strutture della Diocesi. Le ipotesi più ragionevoli sono due: o abbiamo un clero e un laicato cattolico talmente attrezzato intellettualmente e moralmente da non aver bisogno di nessuna messa…a punto sulla questione oppure le varie comunità cattoliche della zona sono totalmente indifferenti alla problematica (nonostante i richiami degli ultimi tre papi, dell’ultimo in particolare). Confesso che vari, convergenti, indizi mi orientano sulla seconda che ho detto.
   Spero che questa volta le cose andranno diversamente e che qualche rappresenante della Chiesa cattolica trapanese porti la propria opinione e la propria testimonianza. Anche perché le infiltrazioni mafiose, soprattutto a livello di poteri politici e massonici, ci sono: e come ! Come ho avuto modo di dire a proposito delle Lettere a Svetonio curate da Salvatore Mugno (si tratta di alcune lettere scritte da Messina Denaro dalla latitanza), la Chiesa cattolica può condannare i mafiosi ma, se se ne vuole davvero liberare, deve rendere la vita interna alle proprie parrocchie così sobria, così fraterna, così solidale, così rispettosa delle donne e dei piccoli…che i mafiosi stessi, per primi, decidano di non frequentarle perché abissalmente lontane dalla mentalità accumulatrice, prepotente, violenta. In quelle Lettere Matteo Messina Denaro confida di essere ateo: se non saranno i credenti a prendere le distanze dai mafiosi, non ci resterà che sperare nella presa di distanza dei mafiosi dai credenti?

Augusto Cavadi
www.augustocavadi.com

mercoledì 6 maggio 2015

PERCHE' L'ITALICUM E' STATO UN ERRORE


“Monitor” 1.5.2015

PERCHE’ L’ITALICUM NON E’ STATO UN PASSO AVANTI


Un amico che stimo molto, il professor Elio Rindone, mi chiede  come mai non mi stia impegnando più intensamente nella “resistenza” contro le manovre del governo attuale mirate alla modifica della carta costituzionale su cui si regge la nostra democrazia. E’ vero che non sono un esperto di diritto e che non saprei aggiungere nulla di originale al coro polifonico di proteste che ormai da mesi si levano contro il merito – e il metodo – delle innovazioni così insistentemente, e velocemente, proposte (e in qualche misura imposte) da Renzi. Ciò che posso fare è tradurre in parole semplici, per gli inesperti come me, i termini essenziali della questione.
         Perché, a parte i toni talora un po’ sopra le righe, hanno ragione quanti sono allarmati per ciò che sta accadendo?
        Si vuole approvare una legge elettorale (l’Italicum) che prevede un numero (circa 2/3) di candidati “sicuri” scelti dalle segreterie dei partiti e un “premio di maggioranza” che amplifica i seggi del partito che vince nell’unica camera che dà o revoca la fiducia; inoltre si introduce di fatto l’elezione diretta del premier da parte dei cittadini (invece che da parte dei parlamentari, come prevede attualmente la Costituzione). Entrambe le innovazioni hanno vantaggi e svantaggi, ma è la loro connessione che risulta esplosiva: con queste nuove regole chi vince prende tutto, chi perde non ha nessuna possibilità di esercitare il ruolo di opposizione. Il vantaggio della “governabilità” sarebbe vanificato dal calo di “democraticità” perché non sarebbe più il parlamento a controllare il governo ma il vincitore delle elezioni a controllare il parlamento.
        Quanto detto appartiene ai contenuti, al merito delle riforme. Non meno grave è l’aspetto formale, il metodo con cui Renzi sta provando ad attuarle. Se da anni giochiamo a scacchi con delle regole è lecito modificarle? Senza dubbio. Ma è lecito se i possibili candidati al trofeo si mettono intorno al tavolo e, con calma, ne discutono per arrivare a una decisione condivisa. Se invece le regole le cambia, durante una partita, il contendente che sta vincendo (in modo da vincere in maniera ancora più schiacciante, per di più utilizzando un premio di maggioranza giudicato illegittimo da una sentenza della Corte Costituzionale, minacciando la fine anticipata della legislatura e proponendo un sistema elettorale che pare viziato dagli stessi profili di incostituzionalità di quello passato) si crea un precedente gravissimo: da quel momento in poi, ogni maggioranza parlamentare potrà stabilire nuove regole di competizione elettorale a seconda dei suoi calcoli. (Nel nostro caso, paradosso nel paradosso, le obiezioni alle manovre di Renzi vengono non solo da altri partiti ma perfino da minoranze consistenti e autorevoli del suo stesso PD).
         Per fortuna ogni nuova norma approvata, sia pur a maggioranza risicata, dal Parlamento è soggetta a un triplice filtro: la firma del Presidente della Repubblica; il vaglio della Corte costituzionale; il possibile referendum popolare abrogativo. Ma gli ultimi due filtri potrebbero intervenire magari dopo che gli elettori hanno già votato una o più volte con una legge dagli effetti distorsivi della volontà popolare e che attribuisce al vincitore i numeri per influenzare pesantemente la scelta del Presidente della Repubblica e di buona parte dei membri della Corte Costituzionale.
         Mentre seguiremo con attenzione la vicenda, possiamo tutti intensificare già da subito il compito più urgente: dare credibilità alla Costituzione che abbiamo traducendola sempre di più in atto perché vana e ipocrita ne sarebbe la difesa se restasse sul piano astrattamente giuridico e i cittadini, specie i più deboli, non ne vedessero gli effetti positivi nella loro travagliata quotidianità.
Augusto Cavadi

martedì 5 maggio 2015

COME E' ANDATA A FAVIGNANA


DOPO LE EGADI, PRIMA DELLE DOLOMITI


Nonostante l’invito a stendere un resoconto del “Festival della filosofia d’a-Mare”  - che si è svolto nelle isole Egadi dal 30 aprile al 3 maggio –  avverto una resistenza interiore a redigerlo. E’ come se mi sentissi costretto a condannare questa esperienza così intensa alla banalizzazione. Preferirei tacere per  assaporare, in silenzio, la memoria di queste giornate letteralmente indimenticabili.
    Potrei scrivere che i tre ospiti (Chiara Zanella, Serge Latouche e Diego Fusaro) sono stati ottimi stimolatori di pensiero, facilitando nei settanta partecipanti ai seminari l’interiorizzazione di temi tipici della filosofia sin dalle origini greche e pure tragicamente attuali (la critica alla crescita infinita, la frugalità come via per la felicità, la cura di sé come aver cura dell’altro, la responsabilità come pienezza della libertà autentica…). Potrei aggiungere che le persone provenienti da ogni area geografica del Paese e da ogni genere di occupazione lavorativa (tecnici di laboratorio, magistrati, insegnanti di scuola elementare, medici, guide turistiche…) sono stati capaci di condividere intuizioni e riflessioni di notevole spessore intellettuale e soprattutto esistenziale. Potrei ancora decantare l’ospitalità sia nella struttura alberghiera “Cala la luna” sia nel battello “L’intrepido” (con il quale abbiamo perlustrato le coste e le grotte di Favignana, Marettimo e Levanzo e nel quale abbiamo consumato un pasto apprezzatissimo). Eppure, queste notazioni e altre ancora possibili, non renderebbero minimamente il clima “spirituale” che si è creato fra tutti noi.
    Qualcosa, alla lontana, la si può immaginare solo se si riesce a dare all’aggettivo “spirituale” la sua pregnanza laica, integrale, concreta. La nostra vita abituale è un po’ grigia e ogni utopia ci sembra tale nell’accezione dispregiativa del vocabolo. Abbiamo bisogno di sperimentare, almeno qualche volta nell’esistenza, che un altro modo di vivere è possibile. Il “Festival della filosofia d’a-Mare” è stato un esperimento del genere. Ci ha permesso di gustare, effettivamente, che cosa potrebbe essere una convivenza senza fini di lucro, senza competitività, senza polemiche; uno stare insieme per sostenersi, in perfetta gratuità, nella ricerca della verità, della bellezza, della solidarietà, della giustizia sociale. Ci ha fatto sfiorare, sia pur nel segno della parzialità e dell’impermanenza di tutte le vicende storiche, cosa intenda Martha Nussbaum quando parla di “fioritura della vita umana”. Non so se siamo stati “felici”, ma certamente abbiamo sperimentato uno stato d’animo e una condizione oggettiva di relazionalità che alla felicità si avvicina molto.
     Ho già detto agli amici, antichi e nuovi, presenti che i costi estremamente contenuti sono stati possibili grazie alla generosa disponibilità dei tre ospiti che hanno accettato di lavorare per noi, e con noi, senza nessuna remunerazione economica: chi, come me, ha esperienze di eventi culturali sa bene che, nella società della mercificazione, pochi sono disponibili a spostarsi senza guadagnarci.
    Ho anche annunziato  - a chi c’era e a chi avrebbe voluto esserci – che, come da trent’anni, anche quest’anno sarà possibile trascorrere una settimana analoga di “Filosofia per non-filosofi” ("non-filosofi" di mestiere, ma “filosofi” per passione) dal 21 al 27 agosto 2015. La località prescelta è Cavalese, in provincia di Trento. Per tutti i dettagli tecnici si può consultare il sito www.vacanzefilosofiche.altervista.org


Augusto Cavadi
www.augustocavadi.com