mercoledì 30 settembre 2015

QUESTO L'INDICE ANALITICO DI "MOSAICI DI SAGGEZZE"


Ieri vi ho comunicato   con gioia l'uscita del mio libro sulla spiritualità laica (Mosaici di saggezze. La filosofia come nuova antichissima spiritualità, Diogene, Bologna 2015 -
http://www.libreriafilosofica.com/shop/diogene-multimedia-vita-philosophica/cavadi-spiritualita/).
Su affettuosa richiesta di qualche amico riporto adesso l'indice completo del volume.
Augusto
www.augustocavadi.com

                                                        INDICE

Il re Mida della saggezza condivisa

(Orlando Franceschelli)

Due parole di chiarimento

I. L’amica ritrovata
1. A che serve la filosofia?
2. Filosofare per passione intellettuale
3. Filosofare per consapevolezza professionale
4. Filosofare per orientamento esistenziale
5. Filosofare per discernimento religioso
6. Filosofare per responsabilità politica
7. Una filosofia incarnata
8. La filosofia come arte della vita?
9. La filosofia come salvezza ?

II. Radici: femminile plurale
1.    Un falso dilemma
2.    Spiritualità di matrice orientale
3.    Spiritualità di matrice psicologica
4.    Incrocio di spiritualità: la New Age
5.    Spiritualità di matrice filosofica

III. Spiritualità? 
1. Ad evitare fraintendimenti
      a) L’equivoco fideistico
      b) L’equivoco idealistico
       c) L’equivoco individualistico 
2. Patrimonio di tutti, monopolio di nessuno

IV. Una questione preliminare: la valenza politica
1. Frutti politici dell’albero spirituale
   
V. Quando la filosofia era anche una spiritualità
VI. Il monopolio cristiano
VII. La gaia rinunzia della filosofia 
1. Un panorama da completare
2. Come fra parentesi
a) La dimensione spirituale della letteratura
b) La dimensione spirituale della musica
c) La dimensione spirituale della pittura
d) La dimensione spirituale della ricerca storica e artistica
e) La dimensione spirituale delle scienze ‘dure’
f) La dimensione spirituale della gastronomia
g) La dimensione spirituale dello sport
3. Verso una rinascita dell’autentico spirituale

 VIII. Una via impraticabile
1. Nikidion al Liceo
2. Nikidion al Giardino
3. Nikidion all’Accademia
4. Nikidion al Portico
5. Cosa ha imparato Nikidion
IX. Costellazioni dalla Modernità
1. Montaigne
2. Pascal
3. Rousseau
4. Kant
5. Fichte
6. Schelling
7. Hegel
8. Schopenhauer
9. Feuerbach

X. Costellazioni dalla Contemporaneità                               
1. Nietzsche
2. Burkhardt
3. Russell
4. Wittgenstein
5. Jaspers
6. Heidegger                  
7. Löwith
8. Jonas
9. Ellul
10. Gadamer
11. Morin


XI. Linee essenziali di una spiritualità filosofica
1. Attrazione realistica
2. Docilità critica alla lezione delle scienze
3. Presenza a sé e agli altri…
4. …senza prendersi troppo sul serio 
5. Accettare la propria finitudine  
6. Saper pensare 

7. Saper gestire le critiche altrui

8. Valutazione equilibrata dei profani
9. Concentrazione sul presente
10. Saper rischiare
11. Misurarsi con il lavoro
12. Saper mangiare
13. Saper digiunare
14. Saper invecchiare
15. Gusto del silenzio
16. Arte dell’ascolto
17. Saper conversare
18. Darsi tempo
19. Pazienza nell’allenarsi
20. Stupore di fronte all’ovvio
21. Sguardo dall’alto
22. Distacco dalle cose proprie
23. Distacco dal benessere fisiologico
24. Fedeltà alla materia
25. Fedeltà alla tradizione
26. Saper godere
27. Saper leggere
28. Saper scrivere
29. Saper amare
30. Distacco dai propri amori
31. Convivere con la solitudine
32. Trasfigurazione del quotidiano
33. Libertà dall’ossessione dell’originalità
34. Libertà dai pregiudizi sociali
35. Distacco dalle proprie idee
36. Amar viaggiare  nello spazio…
 37. …e nel tempo
38. Saper ringraziare
39. Distacco dalla mera razionalità
40. Compassione universale
41. Saper perdonare
42. Dedizione agli altri
43. Saper imparare
44. Saper educare
45. Saper curare
46. Saper comandare
47. Senso critico della legalità
48. Preoccupazione per la polis   
49. Senza perdere la mitezza
50. Mescere pazienza e impazienza
51. Senso della festa
52. Imparare a morire
53. Gentilezza come tratto distintivo
54. Il piacere della virtù
55. Laicità integrale
56. Spiritualità poliedrica
57. Humus nutritivo

XII.  Congedo in forma di poesia

Dossier pratico

Che fare?
1. Vacanze filosofiche
2. Cenette filosofiche
3. Domeniche di chi non ha chiesa
4. Seminari di teologia critica
5. Celebrazioni comunitarie 
     a) In memoria di chi ci lascia
     b) La festa per chi ci raggiunge
     c) A fianco di chi si decide per un cammino di coppia
     d) Il faut de rites
6. Esercitarsi a vivere 

Nota tecnica: L'editore spedisce a domicilio, senza spese aggiuntive, anche una sola copia del libro.

martedì 29 settembre 2015

ALLA RICERCA DI UNA SPIRITUALITA' LAICA

Care e cari,
 apprendo con gioia che il mio libro sulla spiritualità filosofica per non...filosofi è da oggi in vendita on line e nei prossimi giorni arriverà nelle principali librerie italiane (oltre che a ...casa mia).
Sarei felice se deste un'occhiata a questo link per vedere di che si tratta (e poi magari una...ditata per farlo arrivare, senza spese di spedizione aggiuntive, a casa vostra):


Augusto
www.augustocavadi.com

domenica 27 settembre 2015

IL TOCCO DELICATO DI GIACOMO SERPOTTA (1656 - 1732)


“Repubblica – Palermo” 27.9.2015

Autori Vari, L’oratorio del Rosario in Santa Cita a Palermo, Euno, Leonforte 2015, pp. 80, euro 12,00.

    Con questo terzo volume monografico si avvia a compimento un progetto editoriale unico, interamente dedicato al grande scultore palermitano Giacomo Serpotta (1656 – 1732). In cosa consiste l’originalità del progetto, promosso dalla cattedra per l’arte cristiana antica “Rosario La Duca” della Facoltà teologica di Sicilia? Nella sua interdisciplinarietà.
     In questo volume, ad esempio, l’oratorio di santa Cita viene studiato dal punto di vista urbanistico (Valeria Viola), storico- archivistico (Giovanni Mendola),  estetico (Santina Grasso), teologico (Cosimo Scordato). I brevi, intensi saggi vengono illustrati dalle splendide foto di Rosario Sanguedolce. Con il quarto volume, in preparazione, dedicato all’oratorio del Rosario in San Domenico, la figura davvero notevole di Serpotta (aiutato dal fratello Giuseppe e dal figlio Procopio) si configurerà in tutta la sua statura: un animo delicato come il tocco della sua mano, ma alieno da sdolcinature di maniera; capace di rappresentare con realismo le atrocità della storia, ma anche di alludere a un mondo altro in cui le nefandezze vengano attraversate e trascese. Un poeta insomma inserito perfettamente nel suo tempo ma, come i veri ‘classici’, in grado di parlare ai fruitori di ogni generazione.

Augusto Cavadi
www.augustocavadi.com

giovedì 24 settembre 2015

LA SERRACCHIANI E IL RUOLO DEL PRESIDENTE DEL SENATO


Come sanno i lettori del mio blog intervengo esclusivamente su questioni in cui altri, più qualificati ed esperti, non fanno sentire la propria opinione (o se, comunque, si tratta di un'opinione poco nota). Sugli errori di Renzi e della sua squadra leggiamo ogni giorno e dappertutto. Ma non vorrei che l'ennesimo scivolone sui ruoli istituzionali passasse troppo presto dalla labile memoria degli elettori.   Per questo ospito volentieri un pezzo in cui mi ritrovo per la sostanza e per la forma.
Augusto Cavadi
www.augustocavadi.com

Da Avanti! online
 
Per favore, Debora…
 
di Mauro Del Bue
 
Debora Serracchiani ha rilasciato una dichiarazione, in realtà non nuova, ma sulla quale é esplosa in ritardo la polemica, con la quale invita testualmente il presidente del Senato Grasso, eletto dal Pd, a uniformarsi alle decisioni della direzione del Pd. Abbiamo letto e riletto e proprio questo era scritto. La frase virgolettata e riportata da un’intervista a Rainews è la seguente: «Io rispetto molto il presidente Grasso. Credo sia un presidente di garanzia, ma credo anche che, essendo stato eletto nel Pd, debba accettarne le indicazioni». C’è da stropicciarsi gli occhi. Il presidente della seconda istituzione dello Stato, almeno ora, il presidente della Repubblica vicario, deve non già interpretare correttamente le norme costituzionali sulle procedure del voto, ma accettare le indicazioni del partito che lo ha eletto.
    Neppure tanto dei gruppi parlamentari che lo hanno eletto presidente, ma solo quelle del partito che lo ha eletto, sia pur da indipendente, senatore. È evidente che questo non solo stona maledettamente con la norma dello svolgimento dell’incarico senza vincolo di mandato e questo riguarda tutti i parlamentari, ma configge con le funzioni del presidente del Senato che, da un lato, deve interpretare le norme e dall’altro rispondere al solo Senato. Ricordo una presidente della Camera, una grande presidente come Nilde Iotti, che era talmente gelosa della sua autonomia che spesso, anche senza ragione, si schierava contro il suo gruppo e le opinioni espresse anche sul regolamento dai suoi compagni. Mai ebbe rimprovero alcuno per non avere rispettato le decisioni del suo partito.
    Oltre che irriguardosa nei confronti del presidente del Senato, la dichiarazione della Serrachiani è anche ridicola oggi, visto che sono proprio i semplici senatori del Pd a pretendere sulla materia della revisione costituzionale libertà di voto. Libertà che invece dovrebbe essere negata al presidente del Senato sulla interpretazione dell’articolo 138 della Costituzione. Le parole in libertà possono scappare. Resta il fatto che la brava Debora almeno dovrebbe precisare se non smentire, perché smentire ciò che viene detto in tivù è molto complicato. Non lasci l’impressione che la sua è una forza politica che si sovrappone alle istituzioni. Nemmeno il vecchio Pci, nel fulcro del suo centralismo democratico, aveva mai ostentato questa volontà. Deborah, mia Deborah, ascoltami…

giovedì 17 settembre 2015

LEGA NORD VERSUS CHIESA CATTOLICA: TERZO TEMPO

I leghisti e il loro dio

Tratto da: Adista Segni Nuovi n° 32 del 26/09/2015
Esattamente come il fascismo, anche la Lega ha esordito sulla scena pubblica con forti toni anticlericali (per altro coerenti con concezioni animistiche significativamente suggellate dalla venerazione del Dio Po). Addirittura, fra gli anni ‘90 e il Giubileo del 2000, la Lega tentò la fondazione di una sorta di Chiesa protestante strettamente incardinata nelle comunità regionali locali. È la fase “uno” della contrapposizione frontale alla Chiesa cattolica che, «nel corso della sua storia, ha fatto più morti del nazismo» (questa, e le successive citazioni, sono di Umberto Bossi): «L’atea romana Chiesa con i falsoni, i vescovoni che girano con la croce d’oro nei paesi dove si muore di fame. Il Meridione è quello che è grazie al potere teocratico dell’atea romana Chiesa, il principale potere antagonista dei padani». La polemica non evita formulazioni addirittura divertenti come l’invettiva contro il papa polacco che è venuto a rubare il mestiere ai papi italiani…
Ma già nel giugno dell’anno 2000 La Padania annunzia la notizia-bomba della conversione di Umberto Bossi: «Qualche anno fa ho attaccato il papa, ma mi sono sbagliato». Il papa era stato un «patriota polacco» che si era battuto per la difesa delle «radici cristiane» dalla marea invadente della «mondializzazione». Inizia la fase “due”. La Lega si allea sempre più strettamente con Berlusconi e, in genere, con le destre: intuisce che può trovare nelle gerarchie ecclesiastiche italiane (capitanate dal furbissimo cardinal Ruini) dei preziosi alleati. Si individuano anche dei nemici comuni: gli immigrati non cattolici, soprattutto gli islamici. Il cattolicesimo viene sponsorizzato come strumento identitario contro ogni rischio di contaminazione etnica, culturale, religiosa. Se un vescovo o un parroco osa obiettare contro questa ibrida alleanza (anche in nome di principi etici “non negoziabili”) viene subito bollato dai leghisti come “cattocomunista”.
Nell’aprile del 2012 il trono di Bossi vacilla e, sotto il peso degli scandali di ogni genere, finisce col rovesciarsi. L’ascesa al potere di Matteo Salvini segna una terza fase di non facile decifrazione. Da una parte, infatti, soprattutto nelle prime mosse, sembrerebbe che il giovane leader – aspirando a diventare il capo dell’intera destra italiana al posto di Silvio Berlusconi – adotti la strategia del silenzio tattico sulle questioni teologiche e morali, in modo da poter conciliare i voti cattolici dei ceti tradizionali con i voti “laici” delle nuove generazioni secolarizzate. 
Una strategia equilibrista che avrebbe potuto perpetuarsi se fosse rimasto sulla cattedra di Pietro un professore tedesco appassionato di dispute speculative e finissimo esegeta di controversie medievali (vedi il famigerato discorso di Ratisbona di Benedetto XVI sulle responsabilità storiche di certo fondamentalismo islamico). Purtroppo (per lui, Salvini) o per fortuna (per l’Occidente), le dimissioni di Ratzinger  provocano l’elezione di papa Bergoglio. Un papa venuto dalle periferie del mondo, tanto attento alle voci degli emarginati che emana il proprio programma di governo non con un ennesimo documento scritto (che sarebbe stato letto da qualche giornalista e da qualche tesista in storia della Chiesa), bensì con un viaggio a Lampedusa. La Lega di Salvini non può fare finta di nulla, deve rompere la tregua e passare all’attacco: i cattolici accolgano gli immigrati nelle proprie sacrestie e nei propri conventi (specie delle zone di frontiera come il Sud), ma lascino lavorare in pace gli amministratori e gli imprenditori del Settentrione.
Questa fase di scontro frontale gioverà elettoralmente alla Lega o potrà sottrarle consensi? Non è facile rispondere anche perché la cronaca registra, ora dopo ora, segnali contrastanti. Da una parte è chiaro che alcuni fedeli, sinora leghisti in buona fede, potranno aprire gli occhi sulla matrice anti-evangelica del progetto politico complessivo del leghismo italiano. Ma, dall’altra, è altrettanto vero che altri fedeli si stanno appellando alla propria appartenenza confessionale per criticare le aperture del papa, della Conferenza episcopale e di molti preti di base: come nella parrocchia di santa Cecilia, nella Valle di Castelgomberto in provincia di Vicenza, in cui molti parrocchiani hanno contestato la proposta del parroco, don Lucio Mozzo, di accogliere alcuni rifugiati in canonica, urlando frasi del tipo: «Mio nonno ha costruito quella canonica per i preti, non per i musulmani!». E comunque, anche se complessivamente la strategia populista e xenofoba di Salvini dovesse fargli perdere consensi fra i suoi elettori cattolici, temo che quelle eventuali perdite potrebbero essere rimpiazzate prontamente da quei conservatori, più o meno moderati, che passerebbero a votare Lega non nonostante ma proprio grazie alla sua politica anti-immigrati.
***
Augusto Cavadi è docente di storia e filosofia, teologo, saggista, autore de “Il Dio dei leghisti”, San Paolo (v. Adista Notizie n. 17/12). Blog: www.augustocavadi.com

venerdì 11 settembre 2015

QUANTI "PINO PRESTIGIACOMO" CI VORREBBERO IN SICILIA ?


“Centonove”    10.9.2015


PINO , L’ANGELO DI VERGINE MARIA
   Pino Prestigiacomo ha da poco raggiunto i 64 anni. Ogni mattina fa il suo allenamento di corsa podistica di qualche ora; poi passa a coltivare il giardino, a raccogliere gli ortaggi, a occuparsi della manutenzione continua di casa sua e delle case dei familiari che hanno bisogno delle sue mani abilissime. Ma tra l’allenamento sportivo e gli affari privati, dedica almeno un’ora alla pulizia della villetta pubblica davanti casa. E’ così da almeno due anni. Egli nel borgo marinaro di Vergine Maria, fra il cimitero dei Rotoli e l’Addaura, ci è nato, ci è cresciuto, si è sposato, ha fatto figli – lavorando sodo per quasi quarant’anni ai Cantieri navali dove ha introiettato molti tipi di veleni che hanno già ucciso tanti suoi compagni. Ama questi luoghi e quando rievoca episodi, canzoni, personaggi, leggende, piatti tipici, tecniche di pesca…non sempre riesce a frenare la commozione.
    Ed è per questo amore che egli, ogni giorno – feriale o festivo - , si china a raccogliere le cartacce, le lattine di coca-cola e le bottiglie di birra vuote che ragazzi della zona e viaggiatori di passaggio abbandonano nelle aiuole della deliziosa terrazza verde sul mare. Spazza via anche le feci dei cani e, se necessario, innaffia le piante. Non potrebbe sopportare che anche questo angolo diventasse, come il resto della splendida costa, una discarica a cielo aperto: affidato agli interventi sporadici di invisibili operatori ecologici comunali.
    Come di norma per ogni innamorato, neanche questi viene compreso. E perciò deriso  o addirittura denigrato. “Perché non se ne sta quieto sullo sdraio a godersi in pace la pensione? Crede forse che avrà la medaglia la valore civile? O ha già un piccolo salario supplementare dal Comune e si vergogna a dire che è ridotto a fare lo spazzino?”. Ma, si sa, l’amore non sente neppure sarcasmi e maldicenze. Anzi, diventa persino contagioso. Così Giovanni e qualche altro, quando possono e vogliono, si affiancano a lui per alleggergli la fatica quotidiana. Proprio in queste settimane una decina di vicini di casa, esasperati per la puzza che da anni provocano i liquami che colano dai camion della nettezza urbana (strano destino della nostra Palermo: all’inciviltà dei cittadini si somma l’incuria dei mezzi che dovrebbero contrastarla!), dopo mesi di inutili richieste all’azienda che se ne dovrebbe occupare, hanno deciso di imitare Pino e si sono armati di badili, scope, tubi d’acqua, detersivi e disinfettanti. Pino l’ha saputo e avrebbe potuto restare nella sua area, a qualche centinaio di metri dalla piazzuola interessata. Ma ancora una volta non ce l’ha fatto a restare con le mani in mano ed è stato  tra i più operativi della squadra improvvisata.
    Quanti sono i Pini in città? Dieci, cento; forse anche mille. Alcuni realizzano orti condivisi, altri attuano blitz improvvisi per piantare arbusti e fiori in terreni abbandonati all’incuria. Una goccia, comunque, nel mare dell’indifferenza e della cafonaggine. Ma ci sono e, a differenza dei dirigenti superpagati con le tasse dei cittadini, non vanno in vacanza, lasciando la metropoli nella m... Ignorati dai riflettori, vivono quasi sepolti nella massa: come i semi da cui soltanto potrà nascere una città diversa e migliore.
    Tutti conosciamo  l’enorme, esteticamene penoso, Altare al Milite Ignoto  nel centro di Roma: non sarebbe il caso di erigere, in dimensioni più modeste e con uno stile pù elegante, un Monumento al Cittadino Ignoto, senza il quale la Sicilia sarebbe ancora meno ospitale di adesso?

Augusto Cavadi
www.augustocavadi.com

giovedì 10 settembre 2015

THOMAS MORE RACCONTATO DA HANS KUNG

Tratto da: Adista Segni Nuovi n° 30 del 12/09/2015
Hans Küng Libertà nel mondo prefazione di Augusto Cavadi, 
postfazione di Alessandro Plotti, 
Il pozzo di Giacobbe, Trapani 2015, pp. 72, 7€.

«Mi pare un’ottima idea!». Così Hans Küng ha risposto all’editore – lo racconta Augusto Cavadi nella prefazione – che gli chiedeva l’autorizzazione a ripubblicare questo libretto edito per la prima volta dalla Queriniana nel 1966. Un libretto prezioso, in cui Küng ripercorre la vicenda di Thomas More, che nel XVI secolo mise la propria coscienza al di sopra della ragione di Stato e che, per obbedirle – disubbidendo a Enrico VIII – accettò di perdere tutto, compresa la vita. Un esempio luminoso di «libertà nel mondo», più attuale che mai.

lunedì 7 settembre 2015

LA RIVISTA "MEZZOCIELO" SU DONNE E FONDAMENTALISMI RELIGIOSI

     DONNE TRA TEOLOGIA DEL CAPITALE E  SIRENE DEL FONDAMENTALISMO



Giunto al XXIII anno di vita,  “Mezzocielo” (“trimestrale di politica cultura ambiente pensato e realizzato da donne”) dedica il numero 148 (Primavera 2015) al rapporto fra il mondo femminile e le religioni, con particolare riferimento  alle problematiche relazioni “Tra Islam estremo e Occidente”. Nell’impossibilità di dar conto della varietà, talora persino un po’ caotica, delle intuizioni e delle opinioni ospitate, provo a offrirne una delle possibili chiavi di lettura.

       Credenti in senso confessionale e non-credenti condividono una impostazione che, nei due millenni di cristianesimo, si è radicata e diffusa in Occidente: esiste il mondo dell’esperienza (quotidiana, etica, scientifica) che ha una propria sensatezza e avrebbe una propria serena evoluzione se non si imbattesse in alcuni macigni (contro cui scontrarsi o da aggirare con diffidenza). Questi macigni sono le grandi religioni istituzionali, in modo particolare le tre religioni del Libro: ebraismo, cristianesimo e islamismo. Esse cadono dal cielo come meteoriti che, precipitando, infrangono la logica umana, costringendo a una opzione radicale: o continuare a pensare, a ragionare, a conoscere oppure compiere il salto accettando dogmi che cozzano contro la ragione (un morto ritorna dall’al di là sulla terra, per riprendere l’esempio di Adriana Palmeri) o contro la morale (uccidere il figlio unico giovanetto avuto in tarda età, come viene comandato ad Abramo, padre di Isacco). 

     Questa concezione della religione, certamente maggioritaria e condivisa – lo ribadisco – tanto da credenti quanto da agnostici e atei,  è l’unica possibile e l’unica praticata? La risposta documentabile, argomentabile, dovrebbe essere netta: no ! Filosofia e teologia hanno messo in crisi questa visione verticale, gerarchica, del rapporto fra umano e religioso, fra natura e pretesa soprannatura. Nell’ultimo secolo si è consumata una rivoluzione in questi campi di cui il cittadino medio  - che frequenti o meno le chiese  - non ha neppure sentore. Neanche gli interventi di questo numero di “Mezzocielo”, ad essere sinceri, danno una risposta netta: ma, per lo meno, offrono spunti per sondarla.

      Un primo spunto è offerto dai contributi ‘storici’ (Rita Calabrese, Anna Scialabba, Silvana Fernandez, Gisella Modica, Shobba, Silvana Fernandez): molti credenti, in particolare molte donne (Hildegarda da Bingen, le “beghine”, Simone Weil, Edith Stein, l’induista Mirabai), hanno conciliato – sia pur pagando o rischiando di pagare prezzi elevati – l’appartenenza religiosa con il senso critico e la dignità morale. Davanti a questi esempi anche recentissimi, come la blogger Amina Sboui, potrebbe scattare una obiezione: non si tratta di eccezioni che confermano la regola? Se ne parla, forse, proprio perché sono state diverse rispetto a ciò che resta canonico, ortodosso?

       Ecco perché trovo istruttive le due voci ‘cattoliche’ (Cettina Militello e Fernanda Del Monte) che offrono un’indicazione per fare un passo avanti: i Testi ‘sacri’ vanno decifrati, decodificati, spiegati esegeticamente e interpretati ermeneuticamente. L’indicazione è corretta, ma  - a mio avviso – insufficiente. Essa è viziata da un ottimismo ingiustificato. Sostiene la Militello che un “discernimento profondo” ci porterebbe a scoprire  un “messaggio, originariamente paritario, che le Scritture veicolano”. Purtroppo questa affermazione è vera solo parzialmente. Correttamente intese, infatti, le Scritture intendono insegnare sia una parità originaria sia una subordinazione originaria della donna al maschio. Non possiamo trattare la Bibbia come gli avvocati trattano i codici, per trarne ciò che conviene e far finta di non vedere ciò che non conviene.

         Ma allora che altro fare? Propongo qui il terzo passo che ha compiuto la teologia contemporanea e che non è stato debitamente focalizzato in questo numero della rivista: passare dalla emancipazione nelle religioni alla emancipazione dalle religioni.  E’ il sogno di John Lennon nella sua splendida Immagine: “no countries, no religions too” . Questo lo sappiamo in molti. Che sia stato anche il sogno di molti profeti biblici, come Amos, lo sappiamo in pochi:"Io odio e abomino le vostre feste, non mi piacciono le vostre solennità. Se mi offrite olocausti e oblazioni, non le gradisco: ai vostri sacrifici di grasse vittime non volgo nemmeno lo sguardo. Lungi da me la voce dei tuoi canti; non voglio sentire i suoni delle tue arpe. Sgorghi invece la equità e la giustizia come torrente perenne" (5,21 - 23; ma vedi anche Salmo 50,7; Isaia 1, 10 - 15).

   Il grandissimo teologo Karl Barth ha tirato le conseguenze di questo ammonimento profetico: dobbiamo liberarci dalla “religione” per fare spazio alla “fede”. La religione è un prodotto diabolico dell’uomo, la fede un dono della grazia divina. E’ una posizione teologica che giustifica molte formule paradossali o apparentemente tali, del genere “La fede è una cosa troppo seria per lasciarla in mano ai preti” o “Dio è più grande della religione”. Personalmente, però, la condivido in un senso abbastanza diverso da Barth.

    Prima di tutto perché intendo la “fede” non come un dono esclusivamente divino, ma prima ancora come un’apertura costitutiva dell’animo umano verso l’ulteriorità, la novità, il futuro, l’infinito. E’ qualcosa di molto simile a ciò che Egle Palazzolo chiama “il senso alto della religione”, restando affezionata al vocabolo “religione” che può creare equivoci. E’ dunque quella fiducia originaria che dà senso alla ricerca in tutte le sue forme (scientifiche, poetiche, filosofiche, teologiche…): per intenderci è il medesimo senso in cui Adriana Palmeri può intitolare il suo pezzo Credo nella scienza, con una espressione che certamente non appartiene al registro linguistico di nessuna scienza !

    In secondo luogo, pur condividendo la diffidenza di Barth verso ogni religione, sono convinto che essa è un prodotto che l’essere umano non  finirà mai di produrre. Il XX secolo è in questo senso tragicamente istruttivo: illuminismo e storicismo avevano affondato il cristianesimo ed ecco che fascismo, nazismo e socialismo sovietico lo hanno rimpiazzato con la proclamazione di classi sociali o interi popoli eletti, libri sacri, , caste gerarchiche, liturgie, processioni, santi carismatici, ortodossie, tribunali d’inquisizione, eretici… Caduti i totalitarismi, ci si sarebbe aspettato il trionfo incontrastato della secolarizzazione: invece il capitalismo liberista  ha proclamato i suoi dogmi (denaro, potere, successo) e inventato i suoi riti (dai campionati di calcio senza interruzioni sino alle domeniche nei grandi magazzini dal mattino al tramonto); ha tentato di esportarli in Oriente e in Medio-oriente col risultato di suscitare movimenti politici di resistenza al capitalismo occidentale che utilizzano l’islamismo come arma identitaria e di mobilitazione delle masse. Se la dimensione religiosa, con tutte le sue ambiguità, è costitutiva della natura umana (ricordate Il Piccolo principe? Il faut des rites…), più che tentarne l’impossibile eliminazione, è preferibile vigilare criticamente per la sua continua purificazione, razionalizzazione, umanizzazione. Personalmente trovo nella filosofia l’attrezzatura per discernere in ogni proposta religiosa ciò che promuove la vera “fede” (nelle facoltà umane, nella solidarietà sociale, nel futuro del pianeta…) da ciò che la soffoca e la mortifica. Una filosofia senza dimensione religiosa rischia di restare un’avventura individuale, astratta, soggettiva; ma una esperienza religiosa senza critica filosofica rischia di scadere nella superstizione, nel fondamentalismo e nell’integralismo.

                                                                                                                                                         Augusto Cavadi                                                                                       www.augustocavadi.com



        

PS: A mio parere la formula “Credo nella scienza” usata da Adriana Palmeri sintetizza una doppia valenza.

     Da una parte vi vedrei una valenza critica: ci mette in guardia dall’intendere in maniera letterale, materialistica, le metafore della fede (come l’affermazione che “Gesù è risorto”): se con questo annunzio si volesse affermare che un uomo, vissuto per più di trent’anni nell’ambito della sfera mondana, sia morto e dopo tre giorni sia ritornato, biologicamente, a battere le strade della terra, sarebbe un annunzio contro la ragione  (e, in quanto tale, inaccettabile). Se, invece, come ritiene la maggior parte dei teologi contemporanei, “Gesù è risorto” significa che egli è davvero morto, è davvero scomparso dall’orizzonte empirico, per entrare in una dimensione assolutamente altra (di cui non sappiamo nulla) nella quale entrano i morti di tutta la storia, allora questo “annunzio” non può essere né dimostrato né confutato dalla ricerca scientifica. Appartiene al meta-empirico, al meta-scientifico: chi ritiene che esiste solo la dimensione spazio-temporale (su cui regna, sovrana, la scienza) sospenderà il giudizio; chi ha ragioni per sospettare che la sfera mondana non è l’intera realtà, potrà osare “credere” che la pienezza della vita  - almeno per gli uomini e le donne che l’hanno spesa con generosità – è oltre la vita biologica sul pianeta.

           Vedrei nel titolo di Adriana (“Credo nella scienza”) anche una seconda valenza positiva, propositiva: con Kant, con Jaspers, vi vedrei un atto di “fede razionale” nella ricerca scientifica, di “fede filosofica” nei poteri esplorativi della ragione umana, di “fiducia fondata antropologicamente” nella leggibilità dell’universo. Come ogni fede, anche la fede nella scienza corre il rischio di lasciarsi intrappolare da una religione (la scienza sa diventare anch’essa una trappola religiosa con i suoi dogmi, i suoi riti, le sue gerarchie…); ma, proprio come ogni fede autentica, è in sé una ricchezza irrinunciabile. Senza fede nella scienza non ci sarebbe tanto impegno, tanta passione, tanto slancio nel cercare di capire come è fatto l’universo in cui siamo immersi e che cosa possiamo, concretamente, fare per renderlo meno ostile alla nostra sopravvivenza.