domenica 28 febbraio 2016

LA QUESTIONE MERIDIONALE MESSA IN "QUESTIONE" DA SALVATORE LUPO

"Niente di personale",
28. 2. 2016

 
  
“Niente di personale”,
28.2.2016

IL MEZZOGIORNO D’ITALIA E’ STATO, E’ E RESTERA’  A LUNGO  UN’ITALIA DI SERIE B ?


La tentazione dei filosofi è di generalizzare, astraendo dai dati particolari.  All’opposto gli storici avvertono talmente il fascino dei dettagli da diffidare delle sintesi più ampie, quasi ad affidarle all’acume del lettore: che, nella maggior parte dei casi, è incapace di formularle proprio perché non è uno storico di professione. Il saggio di Salvatore Lupo,  La questione. Come liberare la storia del Mezzogiorno dagli stereotipi (Donzelli, Roma 2015), conferma questo rischio: ancora una volta uno degli  studiosi contemporanei (e contemporaneisti) più apprezzati dimostra acume nel decostruire gli schemi interpretativi canonici, sulla base di una serie di documenti meticolosamente rintracciati, ma evitando di offrire al lettore-non-specialista (come me) un quadro organico innervato da un chiaro filo rosso. Anzi, presentando questa rinunzia a una teoria complessiva come esito obbligato delle sue indagini storiografiche.
  A compensare la mancanza di una visione d’insieme conclusiva troviamo, però, una nitida Introduzione in cui è agevole riconoscere alcune tesi di fondo del saggio. A cominciare dalla tesi-madre (poi suffragata da una serie di tesi-figlie o corollari riguardanti sia singoli aspetti che singole aree geografiche): dal 1861 al 2011, “il Sud è effettivamente rimasto indietro (rispetto al Nord), ma nel contempo è anche andato avanti (rispetto al suo passato). Il punto è che, delle due questioni, la prima occulta la seconda”. Perché ? “Per il fascino della grande metafora che sta dietro e sotto la questione meridionale: progresso vs. arretratezza, modernità vs. arcaismo, civilizzazione vs. barbarie – A contro B, Nord contro Sud”. Questo “dualismo” ha portato, inevitabilmente, a omologare tutto il Meridione, sottovalutando “le differenze regionali propriamente dette”.
  A questa concezione troppo schematica avrebbe concorso la storiografia “meridionalista” , troppo spesso tentata di accentuare l’immobilismo del Sud a confronto con un dinamismo (in buona parte effettivo, in qualche misura esagerato) del Nord. Secondo Lupo è il momento di ribadire, anche alla luce di decenni di ricerche storiche del gruppo intorno alla rivista “Meridiana”, che “il Mezzogiorno va considerato, al pari di un qualsiasi luogo di questo mondo, un frammento della modernità”. (Da qui l’avvertimento di non adottare supinamente la categoria di “modernizzazione passiva” per rappresentare l’ultimo secolo e mezzo di storia meridionale).
   Per liberarsi dal dualismo stereotipo l’autore suggerisce, inoltre, di evitare di leggere la storia del Mezzogiorno come storia della mafia sia per quanto riguarda il passato che, soprattutto, il presente, nel quale, “per la criminalità violenta, la quota-parte addebitabile al Sud è  oggi molto più prossima alla media nazionale di quanto fosse all’inizio del Novecento” (anche se – si potrebbe obiettare in margine – il livellamento è avvenuto più verso l’alto che verso il basso; e probabilmente per effetto dell’esportazione dei metodi mafiosi fuori dai territori di origine).
  A suo parere non contribuiscono certo a sfatare il mainstream storiografico né Le basi morali di una società arretrata di Edward Banfield  (dove la fortunata categoria del “familismo amorale” viene proposta senza convincenti basi empiriche) né  La tradizione civica nelle regioni italiane di Robert Putnam (dove la categoria della un-civicness viene adoperata senza adeguate basi storiche) né il più recente Mappe del deserto. Atlante del capitale sociale in Italia di Roberto Cartocci (in cui si afferma, con sospetta secchezza, che “il paese è diviso in due grandi aree, con un Centro-Nord ricco di capitale sociale e un Centro-Sud dotato di questo tesoro”).
   Messo a fuoco lo stereotipo dominante delle “due Italie” , Lupo dedica il suo libro a ricostruirne la genesi, con particolare attenzione al ruolo degli studiosi “meridionalisti” (a partire dal triennio 1875 – 1877), in particolare di Gaetano Salvemini, i cui testi dovrebbero dunque essere utilizzati “come fonti storiche – senza appiattirli nella dimensione di una presunta, eterna attualità, riportandoli nel loro tempo (nei loro tempi) e nelle loro intenzioni”. E senza dimenticare, neppure per un momento, che fra loro c’erano punti di vista “molto differenti, anche opposti”, che “non definivano se stessi meridionalisti e non erano definiti come tali”.
   Non mancano i riferimenti polemici – o, per lo meno, dialettici – a studiosi contemporanei come Emanuele Felice, il cui  Perché il Sud è rimasto indietro è stato presentato e discusso in questo stesso nostro periodico online.

     Augusto Cavadi
ww.augustocavadi.com



http://www.nientedipersonale.com/2016/02/28/il-mezzogiorno-ditalia-e-stato-e-e-restera-a-lungo-unitalia-di-serie-b/

sabato 27 febbraio 2016

CI VEDIAMO A PALERMO DOMENICA 28 FEBBRAIO 2016 ALLE ORE 17 ?

Domenica 28 febbraio 2016 alle ore 17 (puntuali)
prima sessione di filosofia-per-non-filosofi 
della "Piccola scuola del filosofare" 
presso sede del Cesmi - Centro studi di medicina integrata
 (via Annibale 30, Palermo - zona Addaura).
 
Il tema: "Perdonare?"
(I temi dei successivi incontri saranno concordati di volta in volta nella piccola comunità di ricerca).
 
Quota di partecipazione: euro 8,00. 
 
Prenotazione obbligatoria al 339.6749999
 oppure al gpravata@cesmipalermo.com

giovedì 25 febbraio 2016

IN SOLIDARIETA' CON GLI ALUNNI DEL LICEO "CANNIZZARO" DI PALERMO


“Repubblica – Palermo”
25.2.2016

EDUCARSI AL RISPETTO RECIPROCO

Da settimane, ormai, i ragazzi del Liceo “Cannizzaro” perseverano in una contestazione assai civile nelle motivazioni e nei modi. Come davanti a molte scuole, anche in via Arimondi un cartello  vieta la circolazione di automobili e scooter; e, come davanti a molte scuole, il divieto resta lettera morta. Mai un vigile urbano, una pattuglia della polizia o dei carabinieri, che faccia rispettare il divieto: così, asfissiati dallo smog e perennemente sfiorati da auto e moto, hanno deciso di auto-tutelarsi organizzando dei turni per fermare i contravventori.
   Ovviamente l’iniziativa espone questi ragazzi a rimbrotti, pressioni seduttive da parte di signore della buona borghesia, chiare minacce da parte di bulli in fuoristrada rampanti. E sono soli. Drammaticamente soli. Forse senza saperlo, sono diventati un’ipostatizzazione del cittadino palermitano medio: un soggetto troppo piccolo per difendersi dall’illegalità sistemica che lo assedia e soffoca da molti lati.
  Sono anni ormai che alcuni di noi criticano fermamente occupazioni di edifici scolastici e altre manifestazioni di protesta da parte di studenti troppo spesso più ‘agitati’ che informati. Ma, proprio per questo,  sarebbe imperdonabile continuare a negargli solidarietà quando – come adesso – hanno ragione da vendere. Senza ‘se’ e senza ‘ma’. Come hanno ragione gli alunni della succursale del liceo Garibaldi, a pochi passi dal Cannizzaro, che la mattina non possono posteggiare gli scooter negli spazi riservati perché sono abitualmente occupati da auto. Non possono posteggiare davanti a scuola, ma neppure nel vicino posteggio di via Sampolo: esso pure sistematicamente occupato da auto in sosta abusiva. Non gli resta che trasgredire a loro volta,  occupando i marciapiedi zeppi di cartacce e cacche di cani a ogni ora di ogni santo giorno.
   Con queste premesse e in questo contesto, una volta varcata la soglia dell’aula scolastica bisognerebbe educarsi reciprocamente  - insegnanti e alunni - al senso del rispetto dell’ambiente naturale, della bellezza artistica, della legalità democratica, dell’impegno civico: con che probabilità di successo è facile intuirlo. Insomma, con lo striscione e la resistenza nonviolenta  a mani nude, alcuni nostri figli stanno chiedendo alle istituzioni di spezzare un circolo infernale. Non so sino a quando persevereranno senza scoraggiarsi, ma so che al sindaco o al prefetto basterebbe una telefonata per spezzarlo.

Augusto Cavadi

martedì 23 febbraio 2016

CI VEDIAMO A PALERMO VENERDI' 26 FEBBRAIO 2016 ALLE ORE 18 ?


Venerdì 26 febbraio 2016, alle ore 18, presso la sede RAI di Palermo (viale Strasburgo, 19) Rosalba Leone e Silvio Vitellaro introdurranno una conversazione pubblica sul tema: Esiste una spiritualità laica ? in occasione della pubblicazione del volume di Augusto Cavadi, Mosaici di saggezze, Filosofia come nuova antichissima spiritualità (Diogene Multimedia, Bologna 2015). 
Nel volume si prova a riscoprire (accanto ad altre tradizioni spirituali più note, come cristianesimo, islamismo, buddhismo, New Age…) anche la dimensione spirituale della tradizione filosofica occidentale (da Socrate a Wittgenstein, Jaspers e Morin). 
Alla luce di questa particolare interpretazione della saggezza filosofica è possibile trovare indicazioni su tematiche esistenziali e sociali attuali: il leggere, lo scrivere, il mangiare, il godimento sessuale, l’invecchiamento, la morte, l’impegno ecologico e così via.

lunedì 22 febbraio 2016

IL NUOVO ARCIVESCOVO DI PALERMO : LE PRIME PAROLE


       Chi è il nuovo arcivescovo di Palermo? La biografia – che per altro non registra eventi di particolare clamore – può dire qualcosa. Ma ancora di più dicono i suoi primi gesti e le sue prime parole. E’ senz’altro istruttivo, dunque, avere a disposizione, in un maneggevolissimo volumetto curato da Antonio Sichera, Primi discorsi e omelie di don Corrado Lorefice (Il pozzo di Giacobbe, Trapani 2016, pp. 61, euro 5,00): più precisamente i discorsi del 5 dicembre 2015 (in piazza Pretoria e in Cattedrale), l’omelia in Cattedrale e il discorso in piazza San Domenico dell’8 dicembre, le omelie per l’inaugurazione dell’anno giubiliare e per il natale.
    Da questi testi emerge un progetto di  “servizio” episcopale molto meno retorico-diplomatico del passato,  imbevuto della sincerità di chi conosce i propri limiti e la consistenza delle difficoltà che lo attendono, ma anche animato da una fede tanto sommessa quanto autentica. E proprio l’autenticità della fede lascia intravedere un’apertura alla società pluralista, e alle istanze della laicità, che solitamente difetta in chi  - insicuro delle proprie convinzioni e dei propri sentimenti – avverte l’esigenza di chiudersi  nella fortezza del ‘sacro’. Insomma, temi e soprattutto toni, di stampo ‘bergogliano’ che non vanno enfatizzati al di là delle reali intenzioni dell’autore, ma neppure minimizzati nella disperata e illusoria ricerca di una continuità ‘tradizionale’ che (per fortuna o per grazia di Dio) non c’è e non c’è mai stata in nessun  episcopato (a prescindere se le innovazioni siano state, ogni volta, apprezzabili o contestabili).
  E’ in quest’ottica di sano realismo che si possono meglio valutare i passaggi in cui don Lorefice    - dopo aver ricordato ai palermitani (e, sullo sfondo, a tutti i corregionali)  di “essere un popolo che nel suo DNA ha la grandezza e il potere della relazione, la ricerca della pace e non della guerra, l’esaltazione della bellezza e non la distruzione del conflitto intestino, lo star bene insieme nella prosperità e nella gioia e non l’inimicizia e l’ingiustizia” -  aggiunge immediatamente: “Certo non mi nascondo il fatto  che la bellezza della nostra Palermo appare oggi spesso ferita, la sua antica grandezza afflitta da contraddizioni, la sua civiltà gloriosa piagata dalla violenza e dal sopruso”. Solo al cospetto di un quadro così mosso, attraversato da lampi di luce ma anche di nuvole oscure,  ha senso sbracciarsi le maniche e riprendere con più lena la fatica quotidiana – spesso anonima, lontana dalle luci della ribalta massmediatica – per “una Sicilia libera dai lacci della mafia e di tutte le mafie, dai veleni del clientelismo e del cinismo, dalla disillusione e dalla disperazione dei giovani costretti a partire e degli adulti senza lavoro, libera dalla difficoltà economica e dalle contraddizioni sociali, dalla povertà e dall’ingiustizia, dal pressappochismo e dalla rassegnazione”.
   Un impegno talmente gravoso da esigere assolutamente cooperazione, sinergia, fra chiesa cattolica e ogni altra agenzia educativa e operativa (dalle altre chiese cristiane alle varie comunità di diverse confessioni religiose presenti in città, dalle istituzioni locali alla scuola, dall’associazionismo laico  al mondo della produzione intellettuale e artistica, passando per i pezzi ancora non inquinati di partiti politici e sindacati): “I cristiani non hanno nulla di più e di diverso dagli altri. Vivono le ansie e le sofferenze della storia. E come tutti attendono una liberazione e un riscatto, lavorando insieme ad ogni donna e a ogni uomo, di qualunque fede, cultura o estrazione essi siano, alacremente e nella speranza. In questo cammino comune, che unisce tutti al di là di ogni steccato, la nostra bussola io credo debba essere la Costituzione della Repubblica italiana”, in particolare “quell’articolo 3 che come cittadini, ognuno nella propria responsabilità e nel proprio ruolo, siamo chiamati a rendere reale nella nostra pratica quotidiana”.

Augusto Cavadi
www.augustocavadi.com
















http://www.nientedipersonale.com/2016/02/22/il-nuovo-arcivescovo-di-palermo-corrado-lorefice-il-bergogliano-aperto-alla-societa-pluralista/

martedì 16 febbraio 2016

BEPPE PAVAN SU "MOSAICI DI SAGGEZZE"




“Uomini in cammino”, 1, 2016

Augusto Cavadi, MOSAICI DI SAGGEZZE. Filosofia come nuova antichissima spiritualità, Diogene Multimedia, Bologna 2015.
 
Il libro ha catturato la mia curiosità “interessata” fin dalle dediche: “... agli amici con cui organizzo ... le Domeniche di spiritualità laica per chi non ha Chiesa”. La spiritualità non è “roba da Chiese”, da preti, da pastori... è di ogni uomo e di ogni donna; e la sera che l’autore lo ha presentato a Pinerolo eravamo tanti e tante “credenti senza Chiesa” ad ascoltarlo e a dialogare con lui e tra noi.

Un volume di quasi 300 pagine, corredato da 910 note, un indice dei volumi citati e uno dei nomi. Ma lasciamo perdere i numeri... Leggendolo (avevo il compito di presentarlo) vi ho colto un “filo rosso” in due parole: senso critico e spiritualità naturale, che lui presenta (pag 19) come “piacere di conoscere la realtà vera”. Tocca a ciascuno e a ciascuna scegliere di “incarnare” questo amore per la sapienza (filo-sofia), che la Bibbia ebraica ci dice essere uno dei volti del divino, del “divino che è in noi”, come ci raccontano le donne delle comunità di base – imparando sempre di più a praticare quel senso critico che è il “modo della nostra spiritualità”: la “laicità più radicale” (pag 12). Poi ho ritrovato due parole che mi sono care e preziose: consapevolezza e responsabilità, che sono i binari fondamentali su cui si snoda il cammino degli uomini che cercano di trasformare la propria maschilità per una nuova civiltà delle relazioni.

Cavadi, filosofo di strada (come ama definirsi) e professore di filosofia, ci fa accompagnare in questo percorso di conoscenza e di saggezza dal pensiero di centinaia di filosofi e di qualche filosofa, dall’antica Grecia ad oggi. In realtà cita poche donne, e la cosa mi ha turbato non poco. Poi ho riflettuto sul fatto che, per evitare che sia un mero vezzo intellettuale – purtroppo succede – quello di citare donne femministe dimostrando di averne letto i libri, è necessario incarnarne gli insegnamenti. In questo Cavadi mi sembra molto coerente: nel libro e nel dialogo con lui ritrovo l’ascolto, il partire da sé, la coerenza tra affermazioni e vita, la convivialità delle differenze, il rifiuto delle gerarchie... In un certo senso si dimostra continuatore dell’opera degli uomini raccontati da Gabriele La Porta in Il ritorno della Grande Madre: uomini che hanno traghettato la cultura matriarcale attraverso i secoli difficili e bui, grazie al fatto di essere uomini, accolti nei circoli intellettuali maschili e accettati dai loro congenri.

A volte citare e dichiarare la propria riconoscenza e il proprio riconoscimento a quelle donne provoca reazioni di chiusura e di silenzio. Meglio, quindi, concentrarsi sulla diffusione dei messaggi e sulla contaminazione delle pratiche di vita. E’ necessario anche, però, che tutto questo venga correttamente recepito e riconosciuto, anche dalle donne: che il non citarle non venga sempre interpretato come ignoranza, misconoscimento, supponenza patriarcale.

Mi sembra stimolante e illuminante la “proposta di Peter Handke”, citata da Augusto a pag. 15, “di intendere ‘ripetizione’ come sinonimo di ‘ritrovazione’ (un ritrovare ciò che si era perduto per farne risorsa creatrice di futuro)”. Cavadi lo dice a proposito delle “citazioni”, di cui fa uso abbondante nel libro. E continua, quasi a sostenere la sua scelta, con una dichiarazione di Plotino: “Questi discorsi non sono una novità... ma sono stati fatti da lungo tempo, sia pure non esplicitamente, e i nostri ragionamenti attuali si presentano solo come interpretazione di quelli antichi...”.

Antichi “come le montagne”, mi viene da dire, parafrasando Gandhi. Antichi come l’ordine simbolico della madre, che ha guidato il millenario (“milionario” bisognerebbe dire) processo di ominazione e di crescita della specie umana, e che solo recentemente è stato investigato e descritto e proposto alla nostra attenzione da Luisa Muraro, la cui “interpretazione” mi ha coinvolto e convinto: è l’ordine simbolico anche per noi uomini, radicalmente alternativo all’ordine patriarcale. E’ una “tessera di saggezza” che propongo ad Augusto Cavadi di inserire nei suoi “mosaici”.

bp  (Beppe Pavan)

lunedì 15 febbraio 2016

TERZO FESTIVAL DELLA “FILOSOFIA-IN-PRATICA D’A – MARE”



L’associazione di volontariato culturale
“Scuola di formazione etico-politica G. Falcone” di Palermo
in cooperazione con il gruppo editoriale “Di Girolamo”di Trapani
e con “La fattoria sociale” di Castellammare del Golfo
organizza la
TERZA EDIZIONE DI  “UNA FILOSOFIA-IN-PRATICA  D’A – MARE”
Castellammare del Golfo (Trapani)     2016
(venerdì 29 – sabato 30  aprile – domenica 1 maggio – lunedì 2)
Venerdì 29 aprile
ore 15 – 16: accoglienza nell’ Hotel  “Punta Nord-Est”
ore 17 – 18: passeggiata filosofica con Augusto Cavadi
Dalle 18 in poi: tempo libero per esplorare la città e cenare
Sabato 30 aprile
ore 8 – 9,30:      colazione coi filosofi nell’Hotel “Punta Nord-Est”
ore 9,30 – 12:   laboratori di “con-filosofia”
a)    Chiara Zanella e Serge Latouche : “Cos’è  vita spirituale per un laico?”
b)     Marta Mancini e Diego Fusaro: “Il lavoro è necessario alla vita:
è anche sufficiente?”
c)     Augusto Cavadi e Orlando Franceschelli: “La sofferenza ha un senso?”
Dalle 12 alle 17: tempo libero anche per il pranzo
 ore 17 – 19,30: Al Castello: “Che significa, oggi, essere ‘a sinistra’ ?”
 Dibattito fra Diego Fusaro e Orlando Franceschelli. Introduce e modera Augusto
Cavadi
Domenica 1 maggio
ore 9,30 : Trasferimento dall’Hotel “Punta Nord-Est” all’ingresso del Parco naturale dello Zingaro (Scopello)
ore 1O – 17: Passeggiata ecologica libera (con pranzo a sacco autogestito e possibilità di fare il bagno in una delle meravigliose calette)
ore 17 -  18 : trasferimento dal Parco naturale dello Zingaro (San Vito Lo Capo) a Castellammare del Golfo
ore 19 - 21: Castello di Castellammare –Incontro dibattito con
                        Serge Latouche sul tema: “Immigrazione: che fare ?” .
 Introduce Chiara Zanella e modera Marta Mancini.
Lunedì 2 maggio:
ore 8 – 9,30: colazione coi filosofi  nell’Hotel “Punta Nord-Est”
ore 9,30 – 12: laboratori di “con-filosofia”
a) Chiara Zanella e Serge Latouche: “La felicità è solo un sogno irrealizzabile?”
b)    Marta Mancini e Diego Fusaro: “Maschio o femmina: tertium non datur ?”
c)    Augusto Cavadi e Orlando Franceschelli: “La politica dei politici delude. E allora?”
NOTE TECNICHE
* La partecipazione al Festival  prevede un’iscrizione di euro 10,00 (dieci) una tantum per i quattro giorni a persona. La quota può essere versata direttamente a mano alla segreteria di accoglienza.
* Chi avesse bisogno di un mezzo per trasferirsi verso/da Parco naturale dello Zingaro domenica 1 maggio è pregato di farlo presente alla segreteria di accoglienza (e-mail eziogalante@hotmail.it    o  al cellulare 328.3369985). 
* Chi desidera prenotare pernottamento-colazione e/o pranzo e/o cena presso la struttura convenzionata deve prendere contatti direttamente con l’Hotel “Punta Nord-Est” (www.puntanordest.com) o per telefono (0924/30511)  o per e-mail (info@puntanordest.com).
La convenzione con questo Hotel prevede:
Camera e colazione (in camera doppia, a persona): Euro 34,00
Supplemento singola: Euro 16,00
Supplemento pasto: Euro 18,00 bevande escluse presso ristorante convenzionato
Tassa di soggiorno:  Euro 0,75 a notte,  a persona. Sono esenti i bambini fino a 12 anni.
Servizi offerti: bar, internet point gratuito, wi-fi gratuito, parcheggio libero antistante l'hotel, garage a pagamento, noleggio bici, pool bar, piscina, accesso diretto al mare.

"MOSAICI DI SAGGEZZE " A PINEROLO: UNA TRACCIA GRADEVOLE IN MEMORIA


“Foglio di comunità” 
della Comunità di base “Viottoli” di Pinerolo
(gennaio 2016)

LA SAGGEZZA  SECONDO  CAVADI
E’ stato un incontro ricco e stimolante quello del 29 dicembre scorso con Augusto Cavadi: non solo per le suggestioni che ci ha trasmesso parlando di “spiritualità laica”, ma anche per la partecipazione di quasi 50 tra uomini e donne di provenienze diverse e con cui, da quella sera, siamo consapevoli di essere in cammino su una strada comune di ricerca e di vita. Ed è una gran bella sensazione!
E’ impossibile entrare nel merito dei contenuti dell’incontro né, tantomeno, del libro che ne è stato lo spunto: se qualcuno/a scriverà le proprie riflessioni saremo felici di pubblicarle per farle circolare. Mi limito ad augurare, a chi ci legge, un anno di esercitazioni a pratiche di saggezza nello spirito con cui Cavadi intende la pratica filosofica: “A che serve la filosofia?” si chiede nella presentazione (p. 17), e risponde, con Aristotele: “La filosofia serve a nulla, serve nessuno. Non è schiava”. Piuttosto chiediamoci “se sia un’attività irrilevante, senza radici nella vita e senza effetti sulla storia, oppure se, al contrario, abbia un valore intrinseco e comporti delle conseguenze per gli individui e per le collettività”.
Dall’intervento di Augusto e dallo scambio di pensieri e parole tra lui e i/le partecipanti all’incontro credo di poter affermare che “filosofare”, cioè “riflettere e pensare con radicalità”, sia una pratica indispensabile per il benessere di ciascuno/a e della comunità umana in ogni sua articolazione.

Il libro è: Augusto Cavadi, MOSAICI DI SAGGEZZE. Filosofia come nuova antichissima spiritualità, Ed Diogene Multimedia, Bologna 2015, € 25.00.

giovedì 11 febbraio 2016

ANCHE GENITORI OMOSESSUALI POSSONO ADOTTARE I FIGLI DI UNO DEI DUE ?

Segnalo perché, al di là di singoli contenuti, condivido il tono della riflessione del mio amico Luciano Sesta.

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A PROPOSITO DI ADOZIONI OMOPARENTALI

In alcuni nostri precedenti interventi su “Tuttavia”, abbiamo avuto modo di denunciare i toni aspramente polemici e il dibattito impedito che, in Italia, si sta svolgendo sul ddl Cirinnà. Il testo che qui pubblichiamo si pone, con tono più ragionato, sul binario di questo dibattito. Al documento, che ci è stato segnalato da Augusto Cavadi e che è stato condiviso da Girolamo Lo Verso, Vittorio Lingiardi, Massimo Ammaniti, Paolo Valerio e Sergio Salvatore, facciamo seguire alcune osservazioni.

  “I firmatari sono professori ordinari senior dell’area della psicologia clinica e dinamica, con competenze professionali in ambito psicoterapeutico e/o psicoanalitico e/o psichiatrico. Da molti anni, inoltre, approfondiscono temi che collegano le problematiche psichiche con quelle sociali.
In merito alla questione delle adozioni da parte di genitori dello stesso sesso confermiamo quanto già sottolineato dal collega Ammaniti in un’intervista pubblicata su “La Repubblica” del 4 febbraio. Esiste, a livello internazionale, un’ampia quantità di ricerche che documenta come non siano rilevabili differenze nello sviluppo psicologico e relazionale di bimbi cresciuti in famiglie con genitori etero o omosessuali. La salute psichica del bambino dipende da amore intelligente, cura, educazione e capacità di svolgere quelle funzioni tradizionalmente definite “materne” e “paterne”. Del resto, sempre più spesso la ricerca parla dei genitori come “caregivers”, cioè figure in grado di rispondere ai bisogni del/la bambino/a e di fornire le cure adeguate. Così come da decenni l’O.M.S. ha dichiarato che l’omosessualità non è una malattia. Mentre, aggiungeremmo, l’omofobia è un bel problema psicologico. Oltretutto, spesso, violento e distruttivo (gli omosessuali sono il massimo negativo per le mafie ed erano nei lager). La conoscenza scientifica è necessaria prima di lanciarsi in affermazioni sull’argomento. Per entrare nel merito del dibattito in corso aggiungiamo che qualunque provvedimento faciliti la vita di qualcuno e non danneggi la vita di altri è utile e sano. Con ciò non intendiamo contrapporci, ma aprire un dialogo con quella parte del mondo cattolico che ancora crede che esista un unico tipo di famiglia e vede con preoccupazione il riconoscimento giuridico di famiglie con genitori dello stesso sesso. Apprezziamo d’altro canto l’evoluzione di quella parte del mondo cattolico che inizia a parlare di famiglia antropologica e non più naturale”. 

Gli estensori, come si può notare, dichiarano, apprezzabilmente, di voler aprire un dialogo con quella parte della società civile che “vede con preoccupazione” le rivendicazioni delle coppie omosessuali in materia di adozione. Nel documento non si fa riferimento né al cosiddetto “stepchild adoption” – che prevede l’adozione, da parte di uno dei due partner, del figlio naturale dell’altro – né alla pratica dell’“utero in affitto”, che, come si è recentemente sottolineato anche al Family Day, sarebbe favorita sottobanco dallo stesso ddl Cirinnà, che pure formalmente la esclude. Ciò che nel documento si difende, più in generale, è la plausibilità dell’adozione da parte delle coppie omosessuali. Gli argomenti utilizzati, a tal proposito, si riferiscono a ricerche scientifiche che, “a livello internazionale”, dimostrerebbero che non vi è alcuna sostanziale differenza, in termini di equilibrio psicologico e armonia della crescita, fra bambini accuditi da coppie eterosessuali e bambini cresciuti da coppie omosessuali.

   Già questa affermazione, però, suscita alcune perplessità. Sempre a “livello internazionale”, infatti, come può scoprire chiunque digiti le parole chiave su un qualunque motore di ricerca, esistono ricerche scientifiche di segno opposto, in cui si mostrano i problemi che affliggono i bambini cresciuti con coppie omosessuali. Senza considerare che il campione di coppie omogenitoriali sottoposte a studio è, in misura notevole, quantitativamente più ristretto e storicamente più recente di quello ricavato da coppie eterosessuali “tradizionali”. Questa sproporzione condiziona il senso del confronto statistico, da cui emergerà, per esempio, che l’incidenza di problemi psicologici in bambini cresciuti in famiglie tradizionali è superiore a quello di bambini cresciuti in famiglie omosessuali, senza che tuttavia esistano criteri che consentano di stabilire che i problemi dei primi sono dovuti all’eterosessualità dei genitori, mentre la riuscita dei secondi alla loro omosessualità. Affinché, in caso di dubbio, tali ricerche possano suffragare la plausibilità di una legge che autorizza una determinata pratica che coinvolge il diritto dei minori, bisognerebbe perciò mostrare che l’eventuale “riuscita” di un bambino adottato da una coppia gay sia tale non nonostante o a prescindere dall’omosessualità dei suoi genitori, ma proprio grazie ad essa.

Ora, una ricerca scientifica è affidabile quando produce risultati che non sono influenzati, sin dall’inizio, dal desiderio di giustificare una certa pratica piuttosto che un’altra. Siamo sicuri che le ricerche sull’equivalenza fra coppie gay ed eterosessuali in tema di adozione godano di questa libertà? La trionfalistica evidenza scientifica di questa presunta equivalenza fa nascere più di un sospetto al riguardo, come se i casi riportati fossero accuratamente selezionati sulla base della loro idoneità a confermare, piuttosto che a smentire, l’ipotesi di partenza. Se così non fosse verrebbero citati anche alcuni casi negativi, benché minoritari. E invece questi non vengono quasi mai menzionati, come ci si aspetterebbe in qualunque ricerca statistica che riguarda scienze umane come la psicologia, la sociologia e la psicanalisi. Va detto, inoltre, che queste ricerche, a livello internazionale, esistono da quando esiste il problema politico di legittimare le adozioni gay, aumentando il sospetto che siano condotte non con atteggiamento di disinteressata apertura scientifica a qualunque esito dell’indagine, ma con il preciso scopo di confermare la posizione politica in nome della quale sono state avviate e, forse, persino finanziate. È vero che a ciò si potrebbe replicare facendo notare che se non vi fosse una cultura contraria all’adozione gay, non vi sarebbero nemmeno studi scientifici finalizzati a dimostrarne l’equivalenza con l’adozione tradizionale. Ma così si finisce per rassegnarsi a un uso politico della scienza, che perde in tal modo quella stessa autorevolezza che avrebbe dovuto legittimarne la capacità di orientare le decisioni del legislatore in un senso piuttosto che in un altro.  

Quanto detto non implica privare di valore scientifico le statistiche menzionate nel documento, i cui autori, peraltro, sono personalità autorevoli del mondo scientifico. Di tali statistiche, piuttosto, si tratta di ridimensionare la pretesa di rappresentare un argomento decisivo per risolvere il problema delle adozioni gay. Sarebbe ingenuo pensare che in qualche dato scientifico si trovi la risposta agli interrogativi che agitano in questi giorni le coscienze. L’impressione, infatti, è che in questo dibattito le ricerche scientifiche siano piegate da una parte e dall’altra. Così, a invocare fiduciosamente la scienza per dotare di autorevolezza la propria posizione sono sia i promotori del diritto all’adozione gay, sia i loro più accesi avversari, che insistono piuttosto su un’ormai lunga tradizione, anche psicanalitica, in cui si enfatizza l’importanza di avere figure genitoriali di sesso diverso. A questo proposito, i sostenitori della famiglia “naturale” o “tradizionale”, e troppo spesso in questi giorni, cadono nel medesimo errore di selezionare ad hoc i casi oggetto di studio, concentrandosi solo sugli episodi negativi taciuti dai loro avversari, quasi che crescere con due genitori dello stesso sesso sia la peggiore sciagura, oltre che una condanna a un’infelicità certa e permanente. Nella loro accesa battaglia, entrambi gli schieramenti finiscono così per condividere la medesima (e ingenua) convinzione che la scienza sia neutrale e disinteressata, e che dunque occorra rivolgersi ad essa per sapere come le cose stanno “oggettivamente”, al di là delle opinioni personali di chi discute su problemi moralmente controversi come quelli delle adozioni gay.

In realtà la scienza è una conoscenza indispensabile ma condizionata da interessi e da obiettivi pratici. Ed è su questi interessi e su questi obiettivi che occorre discutere liberamente, senza che nessuna voce venga messa a tacere come “non scientifica”, come quando si dice, per esempio, che una posizione non disposta ad assecondare una richiesta delle comunità LGBT è “omofoba”, ossia frutto di una paura irrazionale e non di una posizione etica che ha diritto di cittadinanza in uno stato laico e pluralistico. Gli estensori del documento ricordano, giustamente, che ormai da tanti anni l’Organizzazione Mondiale della Sanità (O.M.S.) non considera più l’omosessualità come una “malattia”. Poi però essi, confidando di nuovo un po’ troppo sul potere di arbitraggio della scienza, aggiungono che è l’“omofobia”, piuttosto, a essere «un bel problema psicologico». È ormai evidente che l’“omofobia”, attribuita a un interlocutore o a un pensiero, non indica più una posizione discutibile e sbagliata, ma una diagnosi clinica. In questo modo, però, la parola “omofobo” si carica di quegli stessi difetti che possedeva la parola “malato” attribuita a omosessuale. Se in passato a doversi curare era l’omosessuale, ora sono i critici del ddl Cirinnà. Chi continua a reagire all’accusa di omofobia considerando “malati” gli omosessuali non fa altro che alimentare questa continua fuga dal merito dei problemi. In entrambi i casi, servendosi surrettiziamente dell’autorevolezza della scienza, si medicalizza la posizione dell’interlocutore, squalificandola in partenza e così risparmiandosi la fatica di un confronto critico. Insomma, se è vero, come si afferma nel documento, che «La conoscenza scientifica è necessaria prima di lanciarsi in affermazioni sull’argomento», è anche vero che tale conoscenza non è sufficiente, e sarebbe bene evitare di assolutizzarla a scopi retorici per screditare posizioni che si ritengono politicamene scomode.  

Diagnosi cliniche e statistiche sono importanti per conoscere meglio il fenomeno, ma servono poco quando si tratta di legiferare, e dunque di fare appello anche a principi e valori, non solo a fatti descrivibili scientificamente. E qui gli estensori del documento esprimono una loro posizione: «La salute psichica del bambino dipende da amore intelligente, cura, educazione e capacità di svolgere quelle funzioni tradizionalmente definite “materne” e “paterne”». Si tratta di un passaggio condivisibile. Meno condivisibile, ci sembra, è la disinvoltura con cui lo si invoca per giustificare la pari idoneità fra coppie gay e coppie eterosessuali in tema di adozione. Si dice spesso, infatti, che poiché ci sono già tanti bambini che vivono con figure parentali dello stesso sesso, non si vede perché la legge non dovrebbe consentire le adozioni gay. La risposta, in realtà, è semplice. Una legge regolamenta un fenomeno non solo per legittimarlo e favorirlo così com’è, ma anche per orientarlo verso ciò che si ritiene migliore per chi ne è coinvolto. E se è vero che le “funzioni” materna e paterna possono essere svolte, a beneficio dei bambini, anche da due uomini e da due donne, è anche vero che è preferibile, potendo decidere sin dall’inizio, che esse siano incarnate da un uomo e da una donna. In caso contrario sarebbe come se dicessimo che, per alcuni bambini, è per legge, e non semplicemente per caso, che debbano avere una madre e una zia piuttosto che una madre e un padre. Questo sì, sarebbe discriminare ingiustamente i bambini. Il paragone con le situazioni di fatto da cui la legge dovrebbe trarre ispirazione mostra qui tutti i suoi limiti: il legislatore non può impedire che un bambino sia privato di una o di entrambe le figure genitoriali (come nei casi di morte, abbandono o separazione), ma può evitare di elevare a norma questa privazione. E ciò, va ribadito, non significa affatto che un bambino non possa crescere meglio in una famiglia omoparentale piuttosto che in una famiglia “naturale” e “tradizionale”. Questo, in realtà, non può saperlo nessuno. Ma poiché qui si tratta non di casi singoli di cui il legislatore sarebbe chiamato a profetizzare il futuro, ma di una norma che deve valere in generale per tutti i possibili bambini che potrebbero essere adottati, la legge è chiamata a stabilire qual è, sin dall’inizio, la condizione oggettivamente preferibile per i bambini, anche se poi, di fatto, potrebbe risultare soggettivamente non ottimale.


Un’ultima obiezione potrebbe essere la seguente: ma nel caso in cui i bambini abbiano come unica alternativa un orfanotrofio o un solo genitore, non sarebbe meglio lasciarli adottare da una coppia gay o dal compagno omosessuale del genitore, come prevede la stepchild adoption? La risposta è: non lo sappiamo, forse sì, forse no. Nel dubbio, pertanto, sarebbe bene evitare crociate e attenersi a un laico rispetto di entrambe le posizioni in campo. Senza gridare a un’apocalisse imminente nel caso in cui la legge consentisse le adozioni gay, né a un’epidemia di omofobia nel caso in cui le vietasse.  
Luciano Sesta
http://www.tuttavia.eu/1072-a-proposito-di-adozioni-omoparentali-osservazioni-su-un-recente-documento.html

lunedì 8 febbraio 2016

UN DIALOGO FRA AUGUSTO CAVADI E ALBERTO G.BIUSO SU VITA E PENSIERO

L'editore del mio "Mosaici di saggezze. Filosofia come nuova antica spiritualità" (Diogenemultimedia, Bologna 2015) ha chiesto ad Aberto G. Biuso e a me di riprendere in maniera più organica lo scambio di osservazioni che avevo già ospitato su questo blog a proposito della rilevanza - o meno - della vita di un pensatore rispetto alle sue opere. Se qualcuno fosse interessato all'argomento può visitare il sito dell'editore alla pagina: 

sabato 6 febbraio 2016

III FESTIVAL: UNA FILOSOFIA D'A-MARE A CASTELLAMMARE DEL GOLFO (TRAPANI)


L’associazione di volontariato culturale
“Scuola di formazione etico-politica G. Falcone”
di Palermo
in cooperazione con il gruppo editoriale “Di Girolamo”
di Trapani
e con “La fattoria sociale” di Castellammare del Golfo
organizza la
TERZA EDIZIONE DI  “UNA FILOSOFIA D’A – MARE”
Castellammare del Golfo (Trapani)     2016
La filosofia-in-pratica d’a-MARE
(venerdì 29 – sabato 30  aprile – domenica 1 maggio – lunedì 2)
Venerdì 29 aprile
ore 15 – 16: accoglienza nell’ Hotel  “Punta Nord-Est”
ore 17 – 18: passeggiata filosofica con Augusto Cavadi
Dalle 18 in poi: tempo libero per esplorare la città e cenare
Sabato 30 aprile
ore 8 – 9,30:      colazione coi filosofi nell’Hotel “Punta Nord-Est”
ore 9,30 – 12:   laboratori di “con-filosofia”
a)    Chiara Zanella e Serge Latouche : “Cos’è  vita spirituale per un laico?”
b)     Marta Mancini e Diego Fusaro: “Il lavoro è necessario alla vita: è anche sufficiente?”
c)     Augusto Cavadi e Orlando Franceschelli: “La sofferenza ha un senso?”
Dalle 12 alle 17: tempo libero anche per il pranzo
 ore 17 – 19,30: Al Castello: “Che significa, oggi, essere ‘a sinistra’ ?” Dibattito fra Diego Fusaro e Orlando Franceschelli. Introduce e modera Augusto Cavadi
Domenica 1 maggio
ore 9,30 : Trasferimento dall’Hotel “Punta Nord-Est” all’ingresso del Parco naturale dello Zingaro (Scopello)
ore 1O – 17: Passeggiata ecologica libera (con pranzo a sacco autogestito e possibilità di fare il bagno in una delle meravigliose calette)
ore 17 -  18 : trasferimento dal Parco naturale dello Zingaro (San Vito Lo Capo) a Castellammare del Golfo
ore 19 - 21: Castello di Castellammare –Incontro dibattito con
                        Serge Latouche sul tema: “Immigrazione: che fare ?” .
 Introduce Chiara Zanella e modera Marta Mancini.
Lunedì 2 maggio:
ore 8 – 9,30: colazione coi filosofi  nell’Hotel “Punta Nord-Est”
ore 9,30 – 12: laboratori di “con-filosofia”
a) Chiara Zanella e Serge Latouche: “La felicità è solo un sogno irrealizzabile?”
b)    Marta Mancini e Diego Fusaro: “Maschio o femmina: tertium non datur ?”
c)    Augusto Cavadi e Orlando Franceschelli: “La politica dei politici delude. E allora?”

NOTE TECNICHE

* La partecipazione a tutte le iniziative è libera, ma previa iscrizione (gratuita) alla e-mail eziogalante@hotmail.it    o  al cellulare 328.3369985  
* Chi avesse bisogno di un mezzo per trasferirsi verso/da Parco naturale dello Zingaro domenica 1 maggio è pregato di farlo presente al momento dell'iscrizione
* Chi desidera prenotare pernottamento-colazione e/o pranzo e/o cena presso la struttura convenzionata deve prendere contatti direttamente con l’Hotel “Punta Nord-Est” (www.puntanordest.com) o per telefono (0924/30511)  o per e-mail (info@puntanordest.com).
La convenzione con questo Hotel prevede:
Camera e colazione (in camera doppia, a persona): Euro 34,00
Supplemento singola: Euro 16,00

Supplemento pasto: Euro 18,00 bevande escluse presso ristorante convenzionato
Tassa di soggiorno:  Euro 0,75 a notte,  a persona. Sono esenti i bambini fino a 12 anni.
Servizi offerti: bar, internet point gratuito, wi-fi gratuito, parcheggio libero antistante l'hotel, garage a pagamento, noleggio bici, pool bar, piscina, accesso diretto al mare.