giovedì 2 marzo 2017

MARIO MULE' SU HANNA WOLFF, PER "TENEREZZA"


Su “Gesù psicoterapeuta” di Hanna Wolff



Presentazione del libro di Augusto Cavadi, Tenerezza. Hanna Wolff e la rivoluzione ( incompresa) di Gesù, Diogene Multimedia, Bologna 2016, pp. 56, euro 5,00

Castellammare del Golfo 18-02-2017
Sala Convegni del Castello Arabo-Normanno

Intervento di Mario Mulè sul libro di Hanna Wolff, Gesù psicoterapeuta, Queriniana, Brescia 2016.

Le prime domande che si pongono a chi si propone di presentare il libro di Hanna Wolff “ Gesù psicoterapeuta” potrebbero essere le seguenti: possono trovare posto, e quale, un'ispirazione e una formazione religiosa nella pratica psicoterapeutica? Non si tratta di una operazione rischiosa o addirittura scorretta?
A questi interrogativi, presenti già all’inizio del libro, risponde la stessa Wolff: “… se gli analisti o chi esercita analoghe funzioni critiche non dispongono di un patrimonio culturale in cui abbiano posto il cristianesimo, la storia delle religioni e la filosofia, questo va a discapito loro e dei loro pazienti, non mio.”
Questa era anche l’opinione di E. Fromm, il quale durante un’intervista radiofonica, all’interlocutore che chiedeva della sua formazione, rispondeva: “ …posso dire che queste influenze ( il giudanesimo profetico, Marx, il matriarcato, il buddismo e Freud) sono state quelle che più hanno improntato di sé il mio pensiero, e non solo questo, bensì il mio intero sviluppo…”
Perché la Wolff si ispira a Gesù?

Bisogna precisare anzitutto che la Wolff guarda a Gesù con gli strumenti della conoscenza storica acquisita negli ultimi decenni, e guarda al Nuovo Testamento attraverso le lenti della psicologia del profondo, distanziandosi da posizioni dogmatiche che, stratificate nei secoli, hanno offuscato la vera realtà della sua testimonianza.
Attraverso questo sguardo si delinea una figura capace di realizzare una psicoterapia “ in grande stile”, capace cioè di produrre un profondo cambiamento, radicale ed autentico, nelle persone cui si rivolge.
“ L’uomo, fin nel più intimo della sua natura, gli si presentava come un libro aperto…perciò ci può fornire una visione dell’uomo così persuasiva, calzante e degna di interesse…da cui apprendere, specialmente oggi…”
E’ a partire da queste premesse che la Wolff si chiede, successivamente, “ come si compie il suo dinamico, salutare intervento”.
Ed è di questo “ come” che possiamo provare a fare una sintesi, indicandone alcuni aspetti salienti.
Il ruolo essenziale della volontà
“ Vuoi tu guarire ?” chiede Gesù al paralitico in attesa del miracolo presso la sorgente intermittente di Betesda. C’è qui l’eredità ebraica, presente in maniera pregnante nel Cristianesimo delle origini, che vede la natura dell’uomo fondata sulla volontà, laddove invece nel mondo greco c’era il “ logos”, la ragione.
Per la Wolff la domanda “ vuoi guarire? rimane la prima domanda cardinale di ogni terapia”.
Non basta certo che una persona chieda una psicoterapia per cambiare realmente “dentro”.
Spesso è l’inconscio del paziente, soprattutto attraverso i sogni, che ci fa capire come stanno realmente le cose.
Qualche giorno addietro una paziente che viene ogni tanto “ per essere curata”, mi ha raccontato un suo sogno: “Si trova davanti un muro da cui una sorgente fa fuoriuscire uno zampillo di limpida acqua. Lei desidera riempire un suo recipiente, che ha due manici, ma ritiene di non essere capace di tenerlo con entrambe le mani. Chiede allora al marito, che le dà le spalle, di prendere uno dei manici, ma quando arriva alla sorgente tenendo il recipiente con una mano perché aiutata dalla mano del marito, non c’è più acqua, la sorgente si è disseccata.”
Lei stessa capisce il messaggio del sogno: “ ha sempre cercato la gioia ed il benessere per mezzo del marito, che le ha voltato le spalle, e nella realtà l’ha tradita.”
Il suo inconscio sembra dirle: “ Sei una persona dipendente, e finchè resterai tale non potrai attingere alla vita, troverai solo muri aridi che ti sbarreranno la strada.”
Le analisi indotte, strumentali, richieste in seguito a procedimenti giudiziari, oppure intellettualizzate sono destinate a fallire. Una analisi vera è una richiesta, un appello, che richiede come risposta un fermo “ sì”.
“ Questo vigoroso appello, dice la Wolff, percorre tutta la tradizione neotestamentaria…sforzatevi, chiedete, cercate, bussate…vuoi guarire è un appello alla trasformazione” assai lontano da ogni terapia superficiale e sintomatica.
Le resistenze
Non basta, dunque, chiedere un aiuto. E’ necessario “ volere” fortemente il cambiamento, allora come oggi in analisi. Vi sono però sempre resistenze che si oppongono spesso in modo inconsapevole, che è necessario svelare, portare alla coscienza per poterle affrontare.
Eccone un esempio, che la Wolff trae dalla sua pratica analitica:
Uno studente di teologia al momento assolutamente non
in grado di soddisfare le esigenze di un’analisi, raccontò questo sogno. Entrato in una libreria per telefonare a casa, «ora devo acquistare, per educazione, un libro. Chiedo dov’è il settore dei tascabili, perché sono i libri a minor prezzo. Il libraio mi mostra con le mani uno spazio di una trentina di centimetri, spiegando che di tascabili ne ha solo questa quantità.
Mi dirigo verso il fondo del negozio e, sulla destra,
vedo in cima ad uno scaffale numerosi volumi, tra i quali un
libro di C.G. Jung, che però costa 78 marchi (una somma
equivalente a quasi quarantamila lire). Quando tento di prenderlo, mi accorgo di non riuscire ad arrivare così in alto. Eppure ci sono degli sgabelli su cui sarebbe possibile salire». In ogni frase i l racconto di questo sogno rivela la presenza di una resistenza che era allora impossibile vincere. Compera un libro solo per rispetto delle convenienze, si dirige subito
verso i l settore dei libri economici, vede opere di grande
valore, ma non riesce ad arrivare ‘fino in cima’, né compie
il benché minimo sforzo per riuscirci. Vede gli sgabelli,
sa perfettamente a che servono, ma non ci dice che vi sia
salito. Vuole ottenere tutto a poco prezzo, senza fatica, tutto
resta apparenza e finzione. Se Gesù gli avesse domandato
se intendeva guarire, avrebbe risposto di sì, ma solo ‘per
educazione’. La superficialità e la volontà di persistere in
essa: sta qui la resistenza più tenace, nelle piccole come nelle grandi cose, allora come o g g i .
Le resistenze non sono sempre individuali, perché possono essere collettive e perciò ancora più difficili da riconoscere e da superare. Se Gesù ha dovuto porsi contro, con tragica determinazione, una gerarchia legalistica patriarcale, contro cioè “ una consolidata religione della legge, che aveva conquistato il dominio della vita nella sua totalità” a scapito della naturalezza, dell’apertura all’altro, della spontaneità, cosa è necessario fronteggiare oggi, nel mondo che viviamo?
Per la Wolff è necessario riconoscere e resistere all’urto delle tendenze collettive distruttive, rivolte all’uomo, agli animali, all’ambiente.
Esiste nel trattamento analitico una resistenza legittima?
Sì, dice la Wolff, e sono quelle che si attivano quando l’analisi, anzicchè rispettare la sana soggettività che cerca di farsi strada e si manifesta attraverso i sogni del paziente, viene repressa in nome di una ideologia o di una teorizzazione ottusa e limitante.
E riporta, a tale riguardo, la propria esperienza di analizzanda:
.
Io stessa, a questo riguardo, ho avuto occasione di rimanere
‘scottata’. Quando iniziai i miei studi volli sottopormi
ad analisi presso una rinomata analista, sulla cui porta di
casa, a mo’ di pomposa raccomandazione, si poteva leggere:
‘Psicoterapia generale’. Se già allora avessi avuto una maggiore
conoscenza della psicologia del profondo, appena vista
questa lusinghiera autopresentazione sarei naturalmente ritornata
sui miei passi. Dopo poche sedute mi accade di fare
il seguente sogno. Ho portato alla lavanderia due piccoli
capi di biancheria; quando passo a ritirarli, una signora me
li consegna assieme ad un conto di oltre venti marchi. Penso
che per così poca biancheria sia troppo caro. — Interrogata
sulle associazioni, devo ammettere di pensare all’analisi; una
seduta di analisi, del resto, costava a quel tempo tale somma.
Questo il sogno immediatamente successivo: entro in una macelleria,
perché ho una gran voglia di prosciutto, tenero e
fresco. Prosciutto ce n’è, ma soltanto un avanzo, ormai diventato
grigio, e lascio delusa il negozio. — Le mie associazioni
ritornano all’analisi. I l ‘prosciutto vecchio’ esprime, in
forma alquanto drastica, una resistenza considerevole. Segue
un terzo sogno, analogo nell’indicazione che contiene: desidero
comperare del pane integrale, fresco e sostanzioso, ma
la panetteria ha solo pane bianco soffice, spugnoso, ed esco
dal negozio. Ancora una volta ricompare, sgradevolmente,
l’associazione con l’analisi. Sopraggiunse poi un quarto sogno,
traboccante di simboli archetipici e di affermazioni cariche
di contenuto, al punto da suscitare l’impressione che
l’inconscio, dopo queste allusioni preliminari, di tono quasi
umoristico, volesse picchiare i pugni sul tavolo. L’analista
rimase interdetta di fronte a questo sogno, a riguardo dei
cui contenuti non seppe dire assolutamente nulla. Ma non
fu toccata neppure per un attimo dal pensiero che il suo
modo di procedere potesse essere inadeguato, quantunque i
sogni indirizzassero molto chiaramente in questa direzione.
Sconfiggere le proiezioni ed avere il coraggio di incontrare se stessi
Delle proiezioni aveva già ampiamente parlato Freud. Per il padre della psicoanalisi la proiezione è alla base di credenze religiose, dei disturbi fobici nei quali una istanza psichica intollerabile viene collocata su un oggetto, della paranoia, etc.
La Wolff riprende questo tema utilizzando il linguaggio junghiano, che usa la parola “ ombra” per indicare la parte oscura che sta dentro ognuno di noi.
Incontrare la propria ombra, fare i conti con essa senza nascondersi dietro comportamenti socialmente corretti che occultano la nostra dimensione oscura che prima o poi farà valere la sua forza è stato uno degli insegnamenti di Gesù, come ci viene suggerito chiaramente dalla parabola del fariseo e del pubblicano.
Perché confrontarsi con l’ombra è così necessario, sia come individui che come comunità e nazioni?
Ecco cosa dice E. Fromm: “ ( E’ necessario ) che ci si renda conto di quanto criminali siano le nostre costumanze e usanze cannibalesche ( per poter pervenire al pentimento ). Il pentimento e la vergogna ad esso connessa è l’unica esperienza umana capace di impedire che gli stessi crimini vengano reiterati senza posa… Ma dov’è il vero pentimento? Forse che gli Ebrei si erano pentiti del genocidio delle stirpi cananee? E gli Americani del quasi totale sterminio dei Pellirosse?
E noi Italiani, dovremmo chiederci, ci siamo mai pentiti del nostro passato coloniale, ove non abbiamo avuto remore ad utilizzare gas tossici contro le popolazioni dell’Abissinia?
Riusciamo a vergognarci per avere partecipato alla persecuzione degli Ebrei; e soprattutto ci rendiamo conto di essere dominati dalla nostra ombra quando proiettiamo il male ed il pericolo sul nero che bussa disperato alla nostra porta?
Nell’incontro terapeutico l’analista deve avere il coraggio di indicare al paziente la sua ombra laddove l’inconscio riesca a mostrarla.
Ecco un esempio che la Wolff ci porta traendola dalla sua pratica:
Un uomo di grande fascino, ammirato e adulato dalle donne,
viene a consultarmi a motivo di difficoltà coniugali. Egli
pensa che le cause siano da attribuire con ogni evidenza
alla moglie, troppo poco condiscendente e comprensiva. Che
la vera ragione fossero sostanzialmente i rapporti extraconiugali
intrattenuti all’insaputa della moglie, era un fatto che
egli taceva. Ma ci fu un sogno che produsse in lui un’emozione
profonda: sognava di trovarsi insieme con l’amica e
di trascorrere una lieta serata con lei. All’improvviso entra
nella stanza un vecchio vestito di scuro, ripugnante e malsano
d’aspetto, passa silenzioso davanti a lui e scompare.
Nel sogno lo choc prodotto da questo incontro era tale da
impedire che vi fossero poi altri rapporti intimi. — Egli
mi domandò chi fosse quell’uomo, ed io potei solo rispondergli
che era lui stesso. «Nel sogno lei si è visto per la
prima volta in un aspetto che fino ad ora le era rimasto
ignoto: ha incontrato la sua ombra». L’effetto sorprendente
fu che, dopo un breve momento di sgomento, l’uomo non
potè altro che esclamare con decisione: «Lei ha ragione!».
Come conseguenza, i rapporti coniugali migliorarono in modo
sostanziale, perché il marito, per l’emozione suscitata dal
sogno e l’evidenza raggiunta nell’esperienza successiva, era
diventato un altro. Anche in questo caso il coraggio dell’incontro
con se stessi era all’origine di una trasformazione
interiore.
La psicoterapia del profondo è per tutti?
Quanti uomini sono capaci di incontrare la propria ombra e di rinnovarsi?
Detto diversamente, l’analisi del profondo è un trattamento che può essere utilizzato da tutti?
La Wolff riporta la parabola del seminatore, considerandola “ un paradigma psicoterapeutico di prim’ordine”:
‘«Ascoltate! Un contadino andò a seminare.
Mentre seminava, una parte dei semi andò
a cadere sulla strada: vennero gli uccelli e la
mangiarono. ‘Una parte andò a finire su un terreno
dove c’erano *molte pietre e poca terra: i
semi germogliarono subito perché la terra non
era profonda; ‘ma il sole, quando si levò, bruciò
le pianticelle ed esse seccarono, perché
non avevano radici robuste. ‘Un’altra parte
cadde in mezzo alle spine: crescendo, le spine
soffocarono i germogli e non l i lasciarono
maturare.
Alcuni semi infine caddero in un terreno
buono; i semi germogliarono, crebbero e diedero
frutto: alcuni produssero trenta
grani ,altri sessanta, altri persino cento.”
Lo psicoterapeuta ha l’obbligo di essere realista, rinunciando sia all’onnipotenza, sia all’impotenza. Alla fine sarà l’inconscio, soprattutto tramite i sogni, a dirci se i semi sono caduti in un terreno indurito e saranno mangiati dagli uccelli, se si tratta di un entusiasmo momentaneo ( le spighe saranno bruciate dal sole perché il terreno è sottile sopra le rocce ) se verranno soffocate dai rovi ( da un sistema sociale soffocante, per esempio da una società capace solo di consumare )o se daranno grano più o meno abbondante.
A questo punto è necessario segnalare la differenza tra un trattamento analitico del profondo e l’attività psicoterapeutica quale può essere praticata oggi nei pubblici servizi o nel privato.
La psicoterapia, specialmente dopo il 78 (anno della riforma dei servizi psichiatrici )è uscita dalla stanza d’analisi e si è confrontata con una utenza non selezionata dal ceto sociale né dal tipo di sofferenza.
Anche per le persone con scarse capacità evolutive è pur sempre possibile fare qualcosa ed anzi il lavoro di questi anni ci ha insegnato che è possibile ampliare le possibilità esistenziali dei pazienti anche gravi, allargando le nostre modalità d’intervento e cercando di adattarle alla persona che ci sta davanti.
Ma questa è storia di oggi, mentre la Wolff scriveva questo libro nei “ lontani” anni 70, lontani perché molte cose sono successe nel frattempo nell’ambito della salute mentale e della pratica psicoterapeutica.
La necessità del fare
Un’altra parabola viene dalla Wolff, questa volta per parlare della necessità del fare, del mettere in pratica le proprie potenzialità positive.
La parabola, abbastanza conosciuta, è quella dei talenti:
«C’era una volta un uomo di famiglia nobile. Egli doveva
andare in un paese lontano per ricevere il
titolo di re, poi sarebbe tornato. “Prima di partire
chiamò dieci dei suoi servi; consegnò a
ciascuno una medesima somma di denaro e
disse: “Cercate di far fruttare questo denaro fino
a quando non sarò tornato”.
“«Ma i suoi cittadini odiavano quell’uomo
e gli mandarono dietro alcuni rappresentanti
per far sapere che non lo volevano come re.
“«E invece quell’uomo diventò re e ritornò
al suo paese. Fece chiamare i servi ai quali aveva
consegnato il suo denaro per sapere quanto
guadagno ne avevano ricavato.
“«Si fece avanti il primo servo e disse:
– Signore, con quello che tu mi hai dato io ho
guadagnato dieci volte tanto.
“«Il padrone gli rispose:
– Bene, sei un servo bravo. Sei stato fedele in
cose da poco: ora io ti faccio governatore di
dieci città.
“«Poi venne il secondo servo e disse:
– Signore, con quello che tu mi hai dato ho
guadagnato cinque volte tanto.
“«Il padrone rispose:
– Anche tu avrai l’amministrazione di cinque
città.
“«Infine si fece avanti un altro servo e disse:
– Signore, ecco il tuo denaro! L’ho nascosto
in un fazzoletto. “Avevo paura di te, perché sapevo
che sei un padrone esigente: tu pretendi
anche quel che non hai depositato e raccogli
anche quel che non hai seminato.
– Tu sei stato un servo cattivo e io ti giudico
secondo quel che hai detto. Tu sapevi che sono
un padrone esigente, che pretendo anche quel
che non ho depositato e raccolgo anche quel
che non ho seminato. “Perché allora non hai
depositato il mio denaro alla banca? Al mio ritorno
l’ avrei ritirato con gli interessi !
Come interpreta la Wolff questa parabola?
Contrariamente alla abituale lettura escatologica, nella sua visione le offerte del nostro inconscio, siano esse grandi o piccole, si susseguono incessantemente, ma bisogna essere capaci di coglierle, farle proprie, tradurle in atto.
Nessuno ha il diritto di rinunciare a se stesso, al proprio capitale, adducendo le più varie scuse. Rinunciare è come amputare se stessi, non essere più capaci di vivere con gioia, diventare carichi di rancore.
La depressione nevrotica, per l’autrice, può essere vista come un ristagno d’energia, come un bacino artificiale che non può riversare l’acqua verso le turbine e perciò conterrà acqua putrida, piena di marciume.
Ancora un sogno di un paziente, per illustrare questa condizione.
Un giovane dotato di molto talento non riusciva più a procedere negli studi di tipo tecnico che il padre gli aveva imposto.
Durante l’analisi porta questo sogno:
Sognò di un’orchestra riunita nell’assemblea
annuale — egli stesso, nella realtà, era un suonatore
di corno — in cui si discutono i successi e gli insuccessi
della stagione trascorsa. I l presidente dell’orchestra prese
per mano la prima violinista, la presentò all’orchestra e al
pubblico e disse: «I successi dell’orchestra nell’anno passato
si devono unicamente ed esclusivamente alla prima violinista
». — La discussione avuta con lo studente a proposito
di questo sogno, destò in l u i , fulmineamente, la coscienza di
trovarsi, con i suoi studi, ‘sulla strada sbagliata’. Non nel
campo della tecnica, gli fu chiaro, erano le doti che gli promettevano
un autentico successo, ma i n quello del sentimento,
della fantasia, dell’intuizione creativa, come suggeriva
l’immagine della concertista di violino cui viene tributato un
riconoscimento pubblico. Questo chiarimento arrecato dall’inconscio
ebbe su di lui tanto effetto da dargli la forza di
rescindere l’oneroso contratto con il padre e cambiare tipo
di studi.
Del resto anche Fromm aveva detto che nessuno è capace di nuotare ascoltando i consigli dell’istruttore rimanendo seduto al bordo della piscina.
L’incontro con l’altro
Dobbiamo riprendere le problematiche relative alla proiezione, perché è dal loro riconoscimento e superamento che derivano due avanzamenti fondamentali, necessari per realizzare la piena umanità.
Una prima proiezione riguarda l’altro, il diverso, lo straniero.
Anche se l’amore per il prossimo era già prescritto nel vecchio testamento, esso tuttavia rimaneva assai circoscritto e non oltrepassava i confini del popolo ebraico: ne erano esclusi i Romani e gli stranieri, i peccatori e addirittura un marchio di ignominia era riservato a tutto un popolo, alle genti della Samaria.
Le proiezioni del male potevano risparmiare il popolo “ eletto” ma venivano massicciamente collocate sugli stranieri e sui diversi.
Ma era la figura femminile che subiva la proiezione peggiore, veniva degradata a non prossimo: impura, menzognera, pettegola. Le era proibito toccare le sacre scritture, portava con sé la colpa di avere corrotto con Eva l’intero genere umano.
Questa proiezione, mentre condannava la donna ad una condizione di vita inferiore, privava gli uomini di fondamentali qualità femminili, quali la ricettività, la capacità di conoscere la realtà attraverso i sentimenti e non solo attraverso la razionalità, la spontaneità, etc.
E’ qui particolarmente evidente l’influenza junghiana che già molto chiaramente aveva indicato, per una vera crescita umana, la necessità per l’uomo di recuperare la dimensione femminile ( denominata Anima) e per la donna la dimensione maschile (denominata Animus ).
La Wolff porta numerosi esempi di questa possibilità che ci viene continuamente offerta dall’inconscio tramite i sogni. Chi riesce a coglierla può crescere nella propria umanità, divenire più sano, più integrato.
Note sull’integrazione
La parola integrazione merita qualche altra considerazione.
Quando la Wolff indica nella figura di Gesù un modello di umanità felicemente evoluta sta parlando anche di questa condizione, laddove non solo si è stati capaci di riconoscere e sconfiggere la propria ombra, ma anche di mettere a frutto tutte le potenzialità insite nell’uomo.
Per la Wolff ( come già per Jung) esiste una guida interiore, una possibilità di crescita e di evoluzione dentro ognuno di noi, che ogni uomo può realizzare, se veramente lo vuole.
In fondo, il compito di ogni psicoterapia altro non è che un aiuto affinchè questa potenzialità si traduca in realtà, diventi vita.
Può essere interessante constatare che del tutto recentemente e partendo da posizioni molto diverse, si è giunti a considerare l’integrazione come la funzione fondamentale per il raggiungimento di una condizione di piena salute.
Per es. Daniel Siegel, partendo da conoscenze provenienti sia dalla psicologia sia dalle neuroscienze, ma anche da modelli teorici e pratiche più o meno lontani, ha proposto un “ sentiero del benessere” fondato sulla integrazione di otto domini. Uno dei sentieri integrativi, per Siegel, riguarda l’integrazione maschile e femminile, rivisitato sulla scorta delle conoscenze relative all’emisfero destro e sinistro del cervello, sulle conseguenze di una loro separazione e sulla possibilità di un recupero integrativo.
Infine, qualche altra riflessione.
In occasioni come queste, in cui si parla dell’uomo, mi capita di richiamare una metafora di Karl Jaspers.
Questo grande psichiatra e filosofo paragonava l’uomo ad un grande continente, in gran parte inesplorato, che in tanti cercano di “ mappare” partendo da sponde diverse e senza avere la possibilità di una mappa completa e definitiva.
La Wolff cosa ha esplorato?
A me sembra che in questo libro abbia percorso un sentiero che ci fa conoscere con più chiarezza il nostro inconscio, le sue ombre e le sue luci, e soprattutto la possibilità di attingere ad esso attraverso i sogni, per incamminarci nel sentiero di una piena umanizzazione.
Come ha potuto realizzare questa impresa?
Newton una volta ha detto di essere riuscito a vedere più lontano solo perché stava sulle spalle dei giganti.
I giganti sulle cui spalle è salita la Wolff sono Jung e la figura umana di Gesù.
E chi non è riuscito in questa impresa ( cioè la maggior parte di noi ) può sempre godere, con gratitudine, di quanto è stato acquisito da altri, rimanendo nella consapevolezza che molto altro c’è da conoscere e, magari, da integrare.

www.laboratoriosalutementale.org/2017/02/su-gesu-psicoterapeuta-di-hanna-wolf/

1 commento:

Fabio Bonafè ha detto...

Veramente molto bello! Grazie.