venerdì 30 giugno 2017

SUL PROCESSO PER PEDOFILIA DEL CARDINALE PELL

«Francesco da buon gesuita sa che l’autocritica è il rimedio contro le critiche»


“il manifesto”
30 giugno 2017
Luca Kocci
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Chiesa cattolica e pedofilia: crimini commessi da singoli ed isolati preti e religiosi oppure problema più ampio che chiama in causa l’istituzione ecclesiastica nella sua struttura? Ne abbiamo parlato con Augusto Cavadi, consulente filosofico e teologo laico, autore, qualche anno fa, del volume Non lasciate che i bambini vadano a loro. Chiesa cattolica e abusi su minori (con prefazione di Vito Mancuso, Falzea editore).
Il cardinale Pell, incriminato per gravi reati sessuali da un tribunale australiano, è un prelato ai massimi vertici della gerarchia ecclesiastica cattolica ed è stato collocato in quella posizione da papa Francesco. Queste accuse possono gettare un’ombra anche sul pontefice e sulla azione riformatrice?
«Penso che un papa, nel dare incarichi ai collaboratori, non possa basarsi su voci riguardanti i pregressi lontani. Deve valutare in base a dati oggettivi o, per lo meno, attendibili. Sarebbe stato grave, piuttosto, se avesse opposto qualche ostacolo a che, ora, il cardinale si presentasse in tribunale e venisse processato come un qualsiasi cittadino. Avrebbe significato far prevalere, ancora una volta, il principio omertoso dei panni sporchi che si lavano, quando si lavano, in famiglia. Ma a quanto pare Pell risponderà alle accuse, recandosi direttamente in tribunale, in Australia. E questo mi sembra un passo avanti».
È cambiato qualcosa nella Chiesa cattolica, sulla questione pedofilia, nel passaggio da papa Wojtyla, a papa Ratzinger fino, oggi, a papa Francesco?
«Distinguerei i mutamenti di percezione del fenomeno dall’effettività dello stesso. È chiaro che con Giovanni Paolo II e con Benedetto XVI, il quale da cardinale prefetto della Congregazione per la dottrina della fede gestiva la questione anche prima di diventare papa, prevaleva la preoccupazione di salvare l’immagine della Chiesa-istituzione rispetto ai diritti degli abusati. E da questo derivava una certa resistenza delle autorità ecclesiastiche nel deferire i preti denunziati all’autorità giudiziaria civile».
E con Francesco?
«Papa Francesco, da buon gesuita, ha capito che l’autocritica è il metodo migliore per arginare le critiche e che una maggiore trasparenza anche sui difetti ecclesiastici è l’unico modo per evitare il disastro irreversibile. Tuttavia episodi recentissimi, come le dimissioni dalla Pontificia commissione per la tutela dei minori di due autorevoli componenti laici come Marie Collins e  Peter Saunders (a loro volta abusati da preti cattolici) i quali hanno denunciato resistenze e ritardi procedurali, attestano che, come in altri settori della vita cattolica, le conversioni proclamate dall’alto stentano a incarnarsi ai livelli inferiori. Qui, come in altri ambiti, non basta che cambi un papa se, negli anni del suo governo, non riesce a cambiare il papato e l’intera macchina ecclesiastica che, purtroppo per chi condivide la fraternità annunziata da Gesù, dal papato, verticisticamente, dipende».
Perché la pedofilia clericale è una piaga così difficile da estirpare? Si tratta di errori compiuti da poche “mele marce” o c’è invece un problema strutturale che riguarda l’istituzione ecclesiastica?
«Pur essendo stato violentemente attaccato da molti preti per il mio libro sulla questione pedofilia, ci tengo a ribadire, per onestà intellettuale, quello che ho scritto nelle prime pagine: la pedofilia non è statisticamente più diffusa tra preti celibi che tra i pastori protestanti sposati, insegnanti, allenatori di calcio o commessi viaggiatori. Vi sono dunque cause remote, generali e generiche, che non vanno sottovalutate. Poi ci sono delle concause specifiche legate soprattutto al mondo cattolico».
Quali?
«Ne evidenzio due: il clima di morbosità che nella formazione dei preti avvolge e deforma tutta la sfera sessuale e il ruolo di padre-padrone che il prete svolge nella comunità parrocchiale. Il primo fattore influenza gli atteggiamenti perversi degli adulti, il secondo condiziona il silenzio reverente degli abusati. Se a questi due elementi aggiungiamo la quasi certezza dell’immunità dei colpevoli nel passato, anche recente, abbiamo una griglia interpretativa abbastanza chiarificatrice».
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Il testo lo si può leggere sul "Manifesto" online (previa registrazione, se pur gratuita)

giovedì 29 giugno 2017

LA LIBERTA' NEL WEB, TRA IRONIA E QUESTIONI GRAVI

Riporto un articolo del mio amico Elio Rindone ospitato su www.italialaica.it il 21.06.2017.
Non è un 'post' di facile consumo, ma un testo da leggere quando si ha un po' di tempo (e di voglia) per decifrare il linguaggio ironico e soprattutto per riflettere sulle questioni serissime che solleva. Qualcuno obietterà che sono questioni di difficile soluzione: è vero, ma se un problema non viene neppure visto più come un problema la soluzione, da ardua, diventa impossibile.
 
UN NUOVO SPETTRO SI AGGIRA PER L'EUROPA: IL WEB
 
Finalmente se ne sono accorti: era ora! Il 23 novembre 2016 l’Europarlamento ha approvato una risoluzione per contrastare la crescente disinformazione nei confronti dell’Unione europea, e ha proposto l’istituzione di una lista nera delle fonti dei media sospettate di fare propaganda ostile nei confronti dell’Ue.
Il 30 dicembre, in un’intervista al Financial Times, il presidente dell’Antitrust, Giovanni Pitruzzella, ha detto che, per evitare che Internet resti un Far West, bisogna creare una rete di agenzie pubbliche che si occupino di bonificare il web sulla base di parametri di verità stabiliti dallo Stato.
Il 31 dicembre, in un’intervista a Repubblica, il ministro della giustizia, Orlando, ha dichiarato che i social sono diventati il principale strumento per veicolare messaggi di odio che sono spesso il presupposto per la radicalizzazione violenta, e che la loro diffusione è così rapida che la giurisdizione, con gli strumenti tradizionali, non ce la fa a contrastarli.
Buon ultimo, il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, nel suo messaggio di fine anno ha anzitutto ricordato che c’è un insidioso nemico della convivenza, su cui, in tutto il mondo, ci si sta interrogando, quello dell’odio come strumento di lotta politica, e ha poi precisato che in particolare il web, quando vi penetrano l’odio e la violenza verbale, da grande rivoluzione democratica rischia di diventare un ring permanente, dove verità e falsificazione finiscono per confondersi.
Ben detto, e non possiamo non rallegrarci di questa rinnovata Santa Alleanza di forze nazionali e internazionali. È stato individuato il nemico: quei movimenti che mettono in pericolo la tenuta delle istituzioni, nazionali ed europee, e che possiamo chiamare ‘populisti’ perché, mentre proclamano di voler tradurre in atto la volontà popolare, con particolare attenzione alle classi più povere, in realtà assecondano demagogicamente le aspettative della parte più incolta e arrabbiata della popolazione, anche le più becere, senza preoccuparsi della loro validità e realizzabilità.
Ed è stato individuato il principale strumento di cui si servono queste forze oscure dell’anti politica per la loro opera distruttiva: il web. Mentre si dicono mosse dall’indignazione, intesa come coraggiosa manifestazione di disgusto, disprezzo e collera di fronte alle ingiustizie e ai soprusi messi in atto dalle classi dirigenti, in realtà esse inondano la rete di messaggi che trasudano livore, astio e malanimo verso la cosiddetta casta e i suoi rappresentanti più in vista, accusati di ogni nefandezza: dalle pulsioni autoritarie alla corruzione, dalla connivenza con gli evasori fiscali alla difesa dei banchieri.
Lo strumento è davvero pericolosissimo, perché incontrollabile, dato che tutti possono servirsene: dal primo degli imbecilli all’ultimo dei nullatenenti. Da tempo, infatti, noi difensori delle istituzioni siamo estremamente preoccupati. Con le nostre risorse economiche e grazie ai nostri partiti di riferimento potevamo controllare agevolmente quasi per intero l’informazione radio-televisiva e cartacea: ma se invece chiunque può mettere in rete la propria opinione, sarà veramente difficile far prevalere i buoni sentimenti, e le idee corrette sostenute dai nostri bravi giornalisti, sulle parole di odio e sulle falsità propalate da chi vuole a ogni costo delegittimare le istituzioni.
È dunque il momento di passare dalle parole ai fatti e, senza perdere altro tempo, imbrigliare subito la rete. Nessuna voglia di censura, per carità! Noi abbiamo sempre difeso la libertà di parola, ma non possiamo ignorare che la situazione è enormemente cambiata da quando, alla metà dell’Ottocento, il nostro John Stuart Mill scriveva, nel suo splendido saggio Sulla libertà, che «Il male più temibile non è il violento contrasto tra parti diverse della verità, ma la silenziosa soppressione di una sua metà; finché la gente è costretta ad ascoltare le due opinioni opposte c'è sempre speranza; è quando ne ascolta una sola che gli errori si cristallizzano in pregiudizi, e la stessa verità cessa di avere effetto perché l'esagerazione la rende falsa».
E no, caro John, qui non si tratta più di lasciare libero spazio a tesi contrapposte, entrambe opinabili, ma di impedire la diffusione di notizie e valutazioni assolutamente false, che riescono a minare, specialmente tra i giovani, la credibilità dei tradizionali mezzi d’informazione, e rischiano, lacerando la nostra società, di far trionfare alle elezioni le forze populiste e antisistema.
Per nostra fortuna, i messaggi di odio, spesso caratterizzati – nessuno potrebbe negarlo – da ignoranza, stupidità e turpiloquio, che pullulano in rete offrono alle nostre autorità ampia giustificazione per intervenire. Con la condanna dell’odio abbiamo trovato dunque la scorciatoia che ci consentirà di porre fine all’anarchia della rete. Ma, a nostro parere, ciò non basta: occorre individuare pure le radici, anche molto lontane, di simili atteggiamenti eversivi ed epurare senza esitazione quei testi che da secoli offrono tali pessimi esempi. Ed è proprio qui l’originalità della nostra proposta, che forse a prima vista sembrerà eccessiva ma che in realtà è dotata di straordinaria coerenza.
* * *
Noi riteniamo necessario, infatti, cancellare anzitutto un bel po’ di pagine di quel testo che ha avuto un ruolo incomparabile ma estremamente ambiguo nella formazione della nostra cultura: la Bibbia. Facciamo qualche esempio, per essere chiari.
In quello che i cristiani chiamano Vecchio Testamento ricorrono, infinite volte, parole di una violenza inaudita contro quelli che vengono considerati nemici. Ecco come il profeta Geremia prega il Signore di punire coloro che avrebbero tramato ai suoi danni: “Abbandona i loro figli alla fame, gettali in potere della spada; le loro donne restino senza figli e vedove, i loro uomini siano colpiti dalla morte e i loro giovani uccisi dalla spada in battaglia” (Geremia, 18, 21). Parole che, per la loro crudeltà, risulterebbero raccapriccianti persino per gli spacciatori di odio del web.
E il profeta Isaia si permette addirittura di giudicare, non si capisce a che titolo, le sentenze emesse dai giudici del suo tempo: “Guai a coloro che fanno decreti iniqui e scrivono in fretta sentenze oppressive, per negare la giustizia ai miseri e per frodare del diritto i poveri del mio popolo, per fare delle vedove la loro preda e per spogliare gli orfani. Ma che farete nel giorno del castigo, quando da lontano sopraggiungerà la rovina? A chi ricorrerete per protezione? Dove lascerete la vostra ricchezza?” (Isaia, 10, 1-3). Tanta arroganza può spiegarsi in un solo modo: nasce da un odio preconcetto e, direi, di sapore populista.
Un’ultima citazione, tratta dal profeta Amos, che si sente in diritto di calunniare e di minacciare onesti commercianti che attendono con ansia la fine del riposo festivo per tornare al lavoro: “Ascoltate questo, voi che calpestate il povero e sterminate gli umili del paese, voi che dite: «Quando sarà passato il novilunio e si potrà vendere il grano? E il sabato, perché si possa smerciare il frumento, diminuendo le misure e aumentando il siclo e usando bilance false, per comprare con denaro gli indigenti e il povero per un paio di sandali? Venderemo anche lo scarto del grano». Il Signore lo giura per il vanto di Giacobbe: Cambierò le vostre feste in lutto e tutti i vostri canti in lamento” (Amos, 8, 4-7.10). Ci troviamo, con tutta evidenza, di fronte all’invidia sociale di chi non è capace di arricchirsi col proprio lavoro e sfoga la propria rabbia augurando il male agli altri.
Ma non bisogna credere che la situazione cambi col Nuovo Testamento. Anzi, sin dall’inizio la giovane madre di Gesù, certamente traviata dai seminatori di odio del tempo, sembra nutrire sentimenti eversivi e, scambiando i suoi sogni con la realtà, magnifica il Signore perché “ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili; ha ricolmato di beni gli affamati, ha rimandato a mani vuote i ricchi” (Luca, 1, 52-53). Dal figlio di una donna cui vengono attribuite parole così scandalose non ci si può aspettare, ovviamente, nulla di buono.
E infatti, per inaugurare la sua missione, Gesù utilizza un passo tra i più faziosi di Isaia e afferma che il Signore lo “ha mandato per annunziare ai poveri un lieto messaggio, per proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; per rimettere in libertà gli oppressi, e predicare un anno di grazia del Signore” (Luca, 4, 18-19). Si considera, in poche parole, in missione per conto del Padreterno al fine di sconvolgere l’ordine costituito. E per accreditarsi di fronte al popolino ben presto comincia a spacciare bufale servendosi dei mezzi allora disponibili: manda in giro per i villaggi i discepoli a raccontare che il loro maestro è capace di guarire lebbrosi, moltiplicare pani e persino di risuscitare morti. E le folle ci cascano!
Anzi, accresce la sua popolarità a buon mercato proclamando apertamente beati i poveri, perché sta per finire la loro condizione di miseria, e minacciando ogni sorta di disgrazie ai ricchi: “Ma guai a voi, ricchi, perché avete già la vostra consolazione. Guai a voi che ora siete sazi, perché avrete fame. Guai a voi che ora ridete, perché sarete afflitti e piangerete” (Luca, 6, 24-25). Promesse utopiche e sentimenti di odio puro, di cui i rifiuti della società si sono nutriti per secoli.
Ma questo modello di tutti i populisti non si limita alle parole. Passa addirittura a forme di violenza gratuita: arrivato a Gerusalemme, “Gesù entrò poi nel tempio e scacciò tutti quelli che vi trovò a comprare e a vendere; rovesciò i tavoli dei cambiavalute e le sedie dei venditori di colombe” (Matteo, 21, 12). Ma non solo i mercanti: anche le autorità religiose sono oggetto dei suoi attacchi. E pretende di giudicare non soltanto i loro atti ma anche le loro coscienze: “Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che rassomigliate a sepolcri imbiancati: essi all'esterno son belli a vedersi, ma dentro sono pieni di ossa di morti e di ogni putridume. Così anche voi apparite giusti all'esterno davanti agli uomini, ma dentro siete pieni d'ipocrisia e d'iniquità. Serpenti, razza di vipere, come potrete scampare dalla condanna della Geenna?” (Matteo, 23, 27-28.33). Di fronte a tanta arroganza e a tanto odio immotivato, non c’è da stupirsi se a un certo punto non ne hanno potuto più e lo hanno messo a morte!
* * *
Ma sentimenti di odio si trovano non solo nella Bibbia ma anche in moltissime pagine di quelli che sono considerati i nostri più grandi letterati. Noi crediamo che, una volta iniziata una battaglia, non ci si possa fermare a metà e che, se abbiamo avuto il coraggio di toccare la Bibbia, non arretreremo certo di fronte al compito di ripulire le loro opere. Anche in questo caso ci limitiamo a pochissimi esempi di falsità e di malanimo.
Nella Divina Commedia, quello che tutti giudicano il nostro sommo poeta sembra che goda nel mandare all’inferno re e imperatori, principi e banchieri: in pratica, quasi tutta la classe dirigente del suo tempo. Ma non basta! Persino quando scrive il Paradiso, non riesce a trattenere il suo livore e pone in bocca a san Pietro una invettiva contro alcuni papi suoi successori così virulenta che sembra di udire le urla di un video postato sul web: “Quelli ch'usurpa in terra il luogo mio, il luogo mio, il luogo mio [...], fatt'ha del cimitero mio cloaca del sangue e de la puzza” (Dante Alighieri, Paradiso, XXVII, 22-23, 25-26).
Nell’Ottocento, Giacomo Leopardi riserva alle classi dirigenti italiane giudizi sprezzanti, perché le ritiene prive di quella moralità e di quella autorevolezza che le metterebbero in grado di influenzare positivamente lo stile di vita e il modo di sentire dell’intera nazione: “Le classi superiori d’Italia sono le più ciniche di tutte le loro pari nelle altre nazioni. Il popolaccio italiano è il più cinico di tutti i popolacci” (Giacomo Leopardi, Discorso sopra lo stato presente dei costumi degl’Italiani).
E ancora nel Novecento, Pier Paolo Pasolini non perdeva occasione di scagliarsi contro una borghesia, sempre quella italiana, accusata di egoismo, conformismo, cecità di fronte alle ingiustizie e, al solito, responsabile delle carenze dei ceti inferiori. Nel film La ricotta, per esempio, pronunciava, per bocca di un attore famoso intervistato da un giornalista che col suo sorriso da ebete ne confermerebbe il giudizio, questa opinione sui suoi connazionali: “Il popolo più analfabeta, la borghesia più ignorante d’Europa”.
Anche questa volta non c’è da stupirsi se questi personaggi hanno avuto una vita piuttosto travagliata, e l’ultimo dei tre sia finito morto ammazzato: avranno avuto pure grandi doti poetiche, ma, se non si fa che criticare e spargere odio, è inevitabile che alla fine le vittime delle tue aggressioni te la facciano pagare.
Ma noi crediamo che sia necessario andare ancora oltre, se vogliamo togliere ogni appiglio all’odio che dilaga sul web nei confronti delle attuali classi dirigenti. L’arma di cui si servono i populisti è il confronto tra i progetti originari – il Manifesto di Ventotene per l’Unione europea, la Costituzione repubblicana per l’Italia – e le realizzazioni effettive. Ebbene, dobbiamo dire chiaramente che quelli non erano che sogni e utopie, anzi dobbiamo emendare quei documenti in modo che nessuno possa più attribuire ai leader europei e nazionali la responsabilità di promesse non mantenute o volutamente disattese.
Chi scriverebbe, oggi, quanto si legge nel Manifesto, e cioè che “la rivoluzione europea” debba “essere socialista, cioè proporsi l'emancipazione delle classi lavoratrici e la creazione per esse di condizioni più umane di vita”? Oppure che “le forze economiche non debbano dominare gli uomini, ma – come avviene per le forze naturali – essere da loro sottomesse, guidate, controllate nel modo più razionale, affinché le grandi masse non ne siano vittime”? Sembra incredibile, ma sono passati soltanto pochi decenni da quando si usavano ancora i termini ‘rivoluzione’ e ‘socialismo’, eppure è proprio di simili assurdità che si nutre la propaganda ostile che nega ogni rapporto tra la UE e il progetto di Ventotene e, deplorando il crescente impoverimento dei lavoratori, semina dubbi sul valore dei grandi risultati già raggiunti dall’Unione europea e dall’euro.
E se in Italia vogliamo evitare che i nostri governanti siano accusati di infischiarsene dei più caratterizzanti principi della Costituzione, bisogna affrettarsi a cancellare parole che oggi ci fanno sorridere per la loro ingenuità: “È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”. Ma lo sappiamo tutti che in un’economia liberista ciascuno deve curare i propri interessi, in una libera competizione con gli altri, e che lo Stato deve intervenire il meno possibile! Come sappiamo che, poiché per reggere la concorrenza straniera la forza-lavoro deve essere acquistabile come una merce qualunque, è impossibile considerare il lavoratore come una persona che ha diritto a una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del lavoro svolto e “in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa”. Eliminando da documenti chiaramente datati affermazioni ormai prive di senso, tutti potranno così finalmente capire che il mondo è questo e che non ci sono alternative.
* * *
Ebbene, noi cittadini benestanti e benpensanti, liberali e democratici, moderati e progressisti, di destra di centro e di sinistra, crediamo di avere dimostrato a sufficienza che le idee sediziose contenute nelle opere citate costituiscono l’humus da cui germoglia l’odio di chi ha interesse a confondere verità e menzogna, e che oggi ha trovato nel web il megafono più potente. Tocca ora alle nostre autorità portare a compimento, senza esitazioni, l’opera di bonifica e di pacificazione della società, non solo imponendo regole severe all’uso della rete ma anche costituendo commissioni di cardinali, di professori universitari, di letterati, di giuristi che, usando le loro differenti competenze, possano rimuovere una volta per tutte le antiche radici di quell’ondata di falsità e di odio che ora rischia di sommergerci.
        Elio Rindone

Mail priva di virus. www.avast.com

martedì 27 giugno 2017

CI VEDIAMO A PALERMO GIOVEDI' 29 GIUGNO 2017 ALLE 20,20 ?


PER UNA LETTURA 'SCIENTIFICA' DI BIBBIA E CORANO: 
prime indicazioni orientative.

Giovedì 29 giugno 2017, alle ore 20,20,
presso la “Casa dell’equità e della bellezza” (via Nicolò Garzilli 43/a),
la “Comunità di ricerca spirituale laica   Albert Schweitzer”
organizza una conversazione con Rosario Greco sul tema:
“Chi ha paura del metodo storico ? Tra Bibbia e Corano”.

Introduce l’incontro Augusto Cavadi
del “Centro di ricerca esperienziale di teologia laica”.
Ingresso libero e gratuito

(gradita una piccola offerta nel bottiglione all’ingresso per la gestione della Casa).

sabato 24 giugno 2017

LA SCUOLA ETICO-POLITICA "FALCONE" DI PALERMO SI RINNOVA E...

    Siamo al venticinquesimo anniversario dell'associaziozione di volontariato culturale "Scuola di formazione etico-politica Giovanni Falcone" di Palermo, da me ideata e fondata nel 1992.
      Con decine di persone abbiamo coinvolto centinaia, anzi migliaia, di cittadini in Sicilia, in Italia, in Europa nella nostra voglia di capire la mafia, ma anche l'antimafia; la questione meridionale ma inserita nella più ampia questione del Mediterraneo e negli sconvolgimenti epocali della globalizzazione.
      In questi giorni ho convocato a casa mia gli amici che negli ultimi anni sono stati più impegnati nelle iniziative dell'associazione e ho prospettato due strade: o chiudere l'esperienza con la fierezza di aver fatto antimafia pulita, senza guadagnarci mai una lira (anzi, versandone) né un privilegio di qualche genere da parte di chicchessìa; oppure passare il testimone a una nuova leva di soci dotati delle competenze e soprattutto della passione indispensabili (infatti un'associazione che in 25 anni non riesca a rinnovare il nucleo direttivo deve interrogarsi seriamente sulla sua vitalità spirituale).
       Con gioia ho registrato una volontà d'impegno che mi ha toccato, confortato, ripagato ad abundantiam delle fatiche e delle tensioni di tutti questi anni: tutti i presenti hanno rinnovato la propria iscrizione e, in diversi,  si sono proposti per gli incarichi di animazione e governo dell'associazione. 
           Sono dunque molto contento di comunicare nel mio blog che:
a) l'associazione ha un consiglio direttivo non solo nuovo ma (finalmente !) a maggioranza femminile: Rosalba Leone (presidente), Daniela Aquilino (vice-presidente), Simona Rampulla (segretaria), Annamaria Pensato (tesoriera), Salvatore Menna (consigliere vice-tesoriere),  Desirée Renna (consigliera con delega per la comunicazione interna), Alessio Cona (consigliere con delega per la comunicazione all'esterno), Pietro Spalla (consigliere con delega per le questioni legali), Silvio Salanitri (consigliere con delega per i rapporti con le amministrazioni pubbliche), Francesco Palazzo (consigliere), Augusto Cavadi (consigliere);
b) l'associazione ha (finalmente !) una sede operativa accessibile a decine di partecipanti: presso la "Casa dell'equità e della bellezza" di via Nicolò Garzilli 43/a;
c) l'associazione ha avviato una campagna di co-optazione rivolta a tutti quei cittadini, di ogni età e orientamento politico, che ritengono di poter contribuire con la propria quota sociale annuale (euro 15,00) e, soprattutto, con la propria collaborazione gratuita alle finalità statutarie.
  Già lunedì 26 giugno 2017, alle ore 18.00,  avremo un primo appuntamento: la conversazione con Sergio Di Vita (nostro compagno di iniziative ormai da decenni!) che presenterà il progetto di un suo corso di formazione al "Teatro dell'oppresso". Partecipazione gratuita (gradito un contributo libero nel bottiglione dell'ingresso !).
                                                                         Augusto Cavadi
                                                                   www.augustocavadi.com 
·     

mercoledì 21 giugno 2017

VACANZE FILOSOFICHE PER NON...FILOSOFI A ERICE: ULTIMI GIORNI PER PRENOTARE

Come sapete, le mitiche "Vacanze filosofiche per non...filosofi" (di mestiere) sono previste quest'anno nella splendida Erice (Trapani) dalla sera del 18 agosto al pranzo del 24. A chi ha intenzione di partecipare in maniera residenziale raccomando di prenotarsi al più presto per almeno due ragioni:
a) entro il 30 giugno è previsto uno sconto di euro 30,00 sulla quota d'iscrizione
b) l'albergo con cui abbiamo la convenzione sta esaurendo le stanze libere.
Qui di seguito il depliant diffuso precedentemente:


INVITO
 
Il gruppo editoriale “Il pozzo di Giacobbe”-“Di Girolamo” di Trapani
e la fattoria sociale “Martina e Sara” di Bruca (Trapani)

organizzano la

XX

SETTIMANA FILOSOFICA

PER… NON FILOSOFI



* Per chi:

Destinatari della proposta non sono professionisti della filosofia ma tutti coloro che desiderano coniugare i propri interessi intellettuali con una rilassante permanenza in uno dei luoghi tra i più gradevoli del Bel Paese, cogliendo l’occasione di riflettere criticamente su alcuni temi di grande rilevanza teorica ed esistenziale.

* Dove e quando:

Erice (Trapani) a 750 metri, dal 18 al 24 agosto 2017

* Su che tema:

L’amore: risorsa e trappola


Le "vacanze filosofiche per...non filosofi", avviate sperimentalmente sin dal 1983, si sono svolte regolarmente dal 1998. Per saperne di più si possono leggere: Autori vari, Filosofia praticata. Su consulenza filosofica e dintorni (Di Girolamo, Trapani 2008) oppure, A. Cavadi, Filosofia di strada. La filosofia-in-pratica e le sue pratiche (Di Girolamo, Trapani 2010) oppure A. Cavadi, Mosaici di saggezze (Diogene Multimedia, Bologna 2015).
È attivo anche il sito http://vacanze.domandefilosofiche.it curato da Salvatore Fricano (Bagheria).


Programma orientativo


Arrivo nel pomeriggio (possibilmente entro le 19) di venerdì 18 agosto e primo incontro alle ore 21. La partecipazione alle riunioni è ovviamente libera, ma le stesse non subiranno spostamenti per far posto a iniziative private.

Sono previsti due seminari giornalieri, dalle 9.00 alle 10.30 e dalle 18.30 alle 20.00, sui seguenti temi:


* Eros, agape, caritas
* A-mor: dalla logica della separazione a una logica integrativa
* Eros, philia e agape: distinguere per unire
* Il tentativo di amare: un’analisi esistenziale
* Sesso solido e liquido amore: spunti di riflessione per misurarsi con la contemporaneità

I seminari saranno introdotti a turno da Augusto Cavadi (Palermo), Francesco Dipalo (Bracciano), Salvatore Fricano (Bagheria), Giorgio Gagliano (Palermo), Elio Rindone (Roma)

È possibile chiedere di anticipare e/o posticipare di qualche giorno il soggiorno in albergo.

Partenza dopo il pranzo di giovedì 24 agosto.

Costo


L'iscrizione al corso (comprensiva dei materiali didattici) è di euro 180 a persona.
Chi si iscrive entro il 30 giugno ha diritto a uno sconto di 30 euro. 
Eccezionalmente si può partecipare a uno dei 12 incontri (euro 15).
Ognuno è libero di trovare il genere di sistemazione (albergo, camping o altro) che preferisce.
Chi vuole, può usufruire di una speciale convenzione che il comitato organizzatore (che come sempre non può escludere eventuali sorprese positive o negative) ha stipulato con:
Hotel Villa San Giovanni, Viale Nunzio Nasi 12- 91016 Erice, Tel. 0923 869171, Fax 0923 502077, Mail: villas.giovanni@libero.it - (cui ci si può rivolgere per la prenotazione delle camere e il versamento del relativo acconto).
Si consiglia di chiedere l’iscrizione per tempo, poiché il numero delle camere è limitato, facendo riferimento alla convenzione particolare col gruppo di filosofia.

La pensione completa, comprensiva di bevande, costa:
* in camera singola (con bagno) € 66 al giorno.
* in camera doppia (con bagno) € 60 al giorno.
* tassa di soggiorno € 1,50 al giorno per ogni ospite

Avvertenze tecniche

·      Per l'iscrizione ai seminari, dopo aver risolto la questione logistica, inviare l’acclusa scheda d’iscrizione e la copia (anche mediante scanner) del versamento di € 50,00 a persona, a titolo di anticipo sulla quota complessiva, a: prof. Elio Rindone (tel 0699928326 - fax 0623313760 - email: eliorindone@tiscali.it oppure a.cavadi@libero.it). In caso di mancata partecipazione alla vacanza-studio, detta somma non verrà restituita. La prenotazione al seminario non è valida finché non è stato effettuato il versamento e la data del bonifico fa fede per lo sconto!

·      Il saldo della quota di partecipazione sarà versato all'arrivo in albergo.

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Ho spedito € 50 a persona
mediante bonifico bancario*
intestato a:
Elio Rindone
conto cor. n° 1071306
presso Monte dei Paschi,
agenzia 96, Roma

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IT43L0103003278000001071306

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* I versamenti possono essere
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* I versamenti possono essere
unificati per due o più iscrizioni