martedì 14 novembre 2017

ELEZIONI SICILIANE: UN (PRIMO) BILANCIO AMARO



Su richiesta dell'Agenzia di stampa romana "Adista" ho inviato alcune note sulle recenti elezioni regionali in Sicilia.

“ADISTA”
10.11.2017

UN BILANCIO AMARO

  Se uno non soffre di dislessia, o forse di discalculìa, da rifiuto pregiudiziale della verità non può che vedere nei risultati del voto siciliano un bilancio amaro: 36/70 seggi al Centro-destra (guidato da un esponente di Fratelli d’Italia-Alleanza nazionale e comprensivo di quattro Leghisti del Nord); 20 seggi al Movimento 5 Stelle (che, in quanto partito, è risultato il più votato);  13 seggi al PD & soci; 1 seggio alla lista a sinistra del PD (riservato allo stesso Claudio Fava, candidato presidente).
Davide Faraone, proconsole renziano in Sicilia della prima ora, sui canali telematici prova a smussare la batosta facendo confronti a fisarmonica con risultati elettorali precedenti e chiamando in correità personaggi come Piero Grasso, colpevole di non aver accettato il ruolo di kamikaze in una campagna elettorale schizofrenica (a dispetto del principio di non-contraddizione aristotelico, il fantasma di Crocetta veniva invocato come esempio di amministratore esemplare e, a un tempo, disastroso).
  Vogliamo vedere con un po’ di attenzione il bollettino di questa Caporetto? Primo punto: ha vinto Nello Musumeci, personalmente integerrimo, ma ha portato con sé a Palazzo dei Normanni personaggi che in una democrazia matura non si sarebbero azzardati neppure a presentarsi (penso a Luigi Genovese il cui padre, sommerso da guai giudiziari sino al collo, ha traslocato dal PD a Forza Italia l’ingente patrimonio di voti facendone dono al figlio ventunenne non ancora laureato; o a Cateno De Luca, esponente dell’UDC, che essendo stato arrestato a poche ore dalle elezioni con l’accusa di “pervicacia criminale e spregiudicatezza” ha segnato un record nazionale difficilmente superabile). E sia chiaro: l’amarezza per il fatto che questi soggetti si propongano, come candidati, e siano accettati dai partiti, non è nulla in confronto all’amarezza di constatare che centinaia di migliaia di elettori – per ragioni clientelari – li votino. Magari fossero costretti dalla lupara alla nuca! Il condizionamento mafioso delle elezioni c’è, ma molto differente dalle modalità violente: il sistema di potere non ha bisogno di minacciare chi si mette in vendita a poco prezzo. Cuffaro è, almeno ufficialmente, fuori dai giochi: ma il cuffarismo, come metodo di raccolta del consenso, vige sovrano.
  Secondo punto: il Centro-destra ha vinto perché ha trovato modo di coalizzarsi. Ma pochi aggiungono che si è trattato di un capolavoro di cinismo tattico: Berlusconi, Salvini e Meloni hanno rinnegato  le proprie convinzioni e le stesse aspre critiche reciproche. Se il “patto dell’arancina” sarà riprodotto a livello nazionale, e imitato dallo schieramento avversario, la coerenza politica farà un altro passo indietro: con quali conseguenze sulla credibilità della “casta” da parte dei cittadini (onesti)?
  Terzo punto: i suffragi della Sinistra sono stati così risicati (ha superato per un soffio la soglia minima del 5%) da rischiare di gettare nello sconforto quanti si erano spesi nella speranza di risultati migliori. Molto dipenderà dalle scelte di Claudio Fava: si eclisserà come da tradizione (Leoluca Orlando e Anna Finocchiaro, sconfitti rispettivamente da Cuffaro e da Lombardo, lasciarono le truppe in consiglio regionale senza guida) o ricomincerà, pazientemente, da uno? L’arte dell’opposizione, severa ma costruttiva, è più difficile della stessa arte di governo: ma non meno nobile e necessaria.
   Quarto punto (ultimo solo per ragioni di spazio): nonostante i Grillini abbiano raccolto e canalizzato parte della protesta popolare contro la classe politica siciliana, l’astensionismo si è attestato sul 53% . Capisco che nell’euforia della vittoria e nello scoramento della sconfitta nessuno ha voglia di preoccuparsi dell’astensionismo in crescita. Ma, a luci della festa (e del funerale) spente, la nuova maggioranza e la nuova opposizione faranno bene a guardare un po’ più lontano del proprio naso: altri cinque anni di chiacchiere inconcludenti come gli ultimi potrebbero accompagnare la democrazia in Sicilia verso una fine lenta, ma inesorabile.  E allora si capirebbe che l’anti-politica non sono i ragazzi di Grillo che trovano il coraggio di candidarsi anche senza la pazienza di studiare la storia e il presente dell’Isola (magari per dichiarare che un tempo la mafia era buona e poi, purtroppo, è stata guastata dalla droga e dalla finanza illegale…), ma sono i due milioni e mezzo di cittadini che, se non sono sollecitati né da grandi ideali né da piccoli interessi privati, preferiscono marinare le urne per godersi un sole beffardamente splendente su una Sicilia che minaccia di essere, ancora una vota, ologramma del Paese.

Augusto Cavadi
www.augustocavadi.com
 

 PS: E che c'entra il Laocoonte di Michelangelo come illustrazione ? Non ho trovato immagine più calzante dell'elettore siciliano onesto che vorrebbe cambiare, almeno un po' e almeno gradualmente, le cose.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Caro Augusto, mi sorprende non poco la leggerezza che traspare nel “…….ha traslocato dal PD a Forza Italia l’ingente patrimonio di voti facendone dono al figlio ventunenne non ancora laureato”. Dire che c’è totale assenza di spirito critico è un eufemismo …..
Mi sorprende alquanto poi il pressapochismo, che traspare dal tuo: ".... i due milioni e mezzo di cittadini che, se non sono sollecitati né da grandi ideali né da piccoli interessi privati, preferiscono marinare le urne per godersi un sole beffardamente splendente ….".
Più volte ti ho detto e spiegato che chi non va alle urne non è un democratico svogliato o godereccio o stanco o insoddisfatto o altro. Se così fosse, c’andrebbe comunque e voterebbe bianco o nullo. Il democratico astenuto è un’assurdità dialettica, che tu certo capisci.
Chi non vota è necessariamente "non democratico", giacché è l’unica posizione che può assumere per non giocare e non accettare quel metodo, semplicemente; come me. E se mi dirai che quest’analisi è tanto ovvia e indiscutibile quanto “inaccessibile" a quei due milioni e rotti di astenuti, peggio ancora. Vuol dire che la beceraggine è dilagata, imperante e irrisolvibile da essere maggioranza (53%, cioè quegli astenuti). Che infine sia frutto della massificazione e dell'epidermico oscurantismo democratico, che tiene banco da decenni, mi pare scontato.
PS: Augusto se riesci a trovare due minuti, ti do facoltà di rispondermi ……. ovviamente.
Guido