tag:blogger.com,1999:blog-4277148047794928010.post8349907936871146213..comments2024-03-28T07:16:14.732+01:00Comments on Augusto Cavadi, il blog: MA I PROFESSORI SONO COMUNQUE DA PROMUOVERE A FINE D'OGNI ANNO ?Augusto Cavadihttp://www.blogger.com/profile/10763381367623288378noreply@blogger.comBlogger2125tag:blogger.com,1999:blog-4277148047794928010.post-35860538697283260422014-10-23T12:07:45.565+02:002014-10-23T12:07:45.565+02:00Certo, in una scuola come è strutturata oggi, anch...Certo, in una scuola come è strutturata oggi, anchilosata da troppe bardature burocratiche, ospitata spesso in edifici nati per ben altri scopi (in via Emerico Amari, a Palermo, fino agli anni Settanta una scuola media era ospitata in un edificio dove era anche una casa per appuntamenti), provvista – quando provvista - di laboratori ma che spesso non vengono fatti funzionare per non si sa quali motivi, diretta da persone talvolta non all’altezza della situazione (si ha notizia di scuola dirette da docenti di educazione motoria), in una scuola che si va configurando pertanto sempre più come scuola-azienda, caratterizzata dal non dialogo con le famiglie (a parte gli incontri con i genitori previsti da circolari e leggine varie), dicevo, in una scuola così disastrata e destrutturata, non accattivante, che respinge, anzi, che spegne ogni entusiasmo in alunni e insegnanti, ha ragione Marcello Benfante quando scrive che “Giudicare oggettivamente un insegnante è pressoché impossibile”, solo che io sostituirei quel ‘pressoché’ con un ‘del tutto” impossibile. Ciò che è necessario è una rivoluzione culturale che investa non solamente la scuola e che tuttavia è dalla scuola che deve avere inizio, una rivoluzione insomma globale, che investa tutti gli strati sociali della società. E che sia, questa, una esigenza da cui non si può non prescindere, lo dimostrano le interviste dei cittadini che giornalmente la televisione ci propone il cui italiano è per lo più approssimativo. Certo, si dirà, d’accordo, e i fondi? Con i chiari di luna da cui siamo illuminati c’è da rimanere quanto meno scoraggiati. Certo, rispondo, ma non è che voglia tutto e subito, non è che si voglia, è proprio il caso di dire, la luna. Ma intanto cominciamo. Cominciamo con il far diventare, poco alla volta, gli insegnanti produttori di cultura, comunicatori di cultura e non soltanto trasmettitori – e qui ci sovviene un notissimo testo di Danilo Dolci – Dal tramettere al comunicare – nel quale tuttavia i poeta e sociologo sicul-triestino analizza il ruolo che la stampa nei suoi vari aspetti (giornali, riviste, radio, televisione ecc.) nel diffondere unilateralmente i suoi messaggi. Cominciamo con il far divenire la scuola luogo, palestra, si diceva una volta, di dialogo e non di scontro, come avveniva un ieri non molto lontano, e di non dialogo come avviene spesso oggi. Cominciamo con instituire la figura del ‘bibliotecario’, che potrebbe divenire centrale nel più complesso processo educativo, tanto più che non c’è scuola dove non esista una biblioteca. Andrebbe investita tuttavia di ben altri compiti che non quelli di distribuire libri a destra e a manca (ammesso, e non concesso, che vi sia ‘fame’ di libri tra gli alunni e gli insegnanti). Vedrei in questa figura piuttosto un vero e proprio operatore culturale, con compiti di organizzazione di convegni, di incontri culturali, di dibattiti a sfondo pedagogico, filosofico, psicologico, sociologico affidati a esperti locali o a insegnati della stessa scuola o di altre scuole e coinvolgendo anche quei genitori – e ve ne sono tanti – esperti quando non addirittura studiosi di settori con i quali è utile per tutti a venire a conoscenza. Il bibliotecario, dunque – e qui mi fermo, ma potremmo continuare – come organizzatore anche annualmente di un convegno sul personaggio cui è intestata la scuola. Ci si è mai chiesto chi era Stanislao Cannizzaro, Giuseppe Agostino De Cosmi, Publio Virgilio Marone, Benedetto Croce, Einstein, Domenico Savio, Lydia Tornatore e via di questo passo? Certo che ce lo siamo chiesto e ce lo chiediamo, ma in ambito specialistico, in ambito di studiosi del settore. Ma c’è una scuola che si sia ricordata anche una sola volta nell’arco della sua vita – nell’esistenza della scuola, intendiamo – del personaggio cui la scuola è intitolata? No, non c’è. Ne siamo certi. Allora, pensiamo a rifare la scuola, prima di pensare a dare le pagelle agli insegnanti. VITTORIO RIERA<br /><br /><br />Vittorio Rieranoreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-4277148047794928010.post-69830575161402275472014-10-20T20:49:09.442+02:002014-10-20T20:49:09.442+02:00come non essere d'accordo con argomenti così c...come non essere d'accordo con argomenti così chiari e semplici ma purtroppo inadatti a un paese complicato come il nostro, indifferente alla verità e moralmente fiacco? I presidi e i docenti (quelli reali) sono i meno adatti a riconoscere il merito di altri colleghi, per costoro l'ombra non da refrigerio ma solo fastidio al proprio senso di sè, mentre i genitori ed ancor più gli alunni sono i più adatti e ben informati ad esprimere un giudizio più disinteressato e genuino. Mi sentirei di aggiungere l'obbligo di una valutazione annuale a mezzo questionario (anonimo) da parte degli utenti della scuola, con la cura di elidere i valori estremi in modo da ottenere una media calibrata e perchè no l'accertamento a campione e senza preavviso delle competenze disciplinari e professionali dei docenti da parte di commissioni ministeriali con facoltà di rimandare a studiare e ad aggiornarsi docenti con carenti competenze o inadeguati sotto il profilo psicorelazionale e umano. La riammissione in servizio solo dopo avere colmato le carenze, l'equivalente di un esame di rriparazione . Sento già i fischi e i buuu dal loggione affollato di coloro che hanno trasformato la scuola in un luogo di mortificazione della cultura. "Fuori gli ignoranti dalle università", così furoreggiava Giordano Bruno. Sappiamo che fine ha fatto. Per fortuna non sarà la nostra fine, però resteremo soldati a vita dell'esercito di francischiello. Da soldato a soldato,caro Augusto, sappiamo però che le guerre le vincono i soldati e non i loro generali. renzo pintusnoreply@blogger.com