giovedì 17 dicembre 2009

SCUOLA E MAFIA


Repubblica – Palermo 17.12.2009

LA SCUOLA ANTIMAFIA NON REGALA DIPLOMI

Il dibattito sui vuoti di organico nelle sedi giudiziarie più scottanti registra opinioni abbastanza discordanti fra il ministro della giustizia e alcuni magistrati impegnati in territori mafiosi. Un ricordo autobiografico può apportare, alla riflessione critica del cittadino, qualche elemento in più. Nel corso di un seminario, organizzato dalla Scuola di formazione etico-politica “G. Falcone” circa dieci anni fa, ebbi a chiedere al procuratore Grasso come mai il Csm lasciasse vacanti tanti posti di magistrati. “Lo chieda ai suoi colleghi che insegnano nelle scuole secondarie e all’università - fu la risposta- : come facciamo ad inserire nei ruoli candidati laureati che non sanno neppure scrivere in italiano decente?”.
Alla luce di indagini anche recentissime sul livello di istruzione degli alunni italiani - e meridionali in particolare - sarebbe difficile tacciare di esagerazione la risposta del magistrato. Noi insegnanti dovremmo dunque, accantonata la tentazione di reagire corporativisticamente, provare a fare il punto sulla situazione in maniera adulta e oggettiva.

Che in molti docenti di ogni ordine e grado vi sia una sincera volontà di servire la causa dell’antimafia mediante il proprio lavoro quotidiano, non è contestabile: a parte qualche rara eccezione di insegnante frustrato che cerca di utilizzare le attività di educazione alla legalità per compensare frustrazioni personali e professionali, la stragrande maggioranza è animata da una passione civile che in qualche caso trovo commovente. La questione vera è però un’altra: alle benemerite intenzioni corrisponde una saggezza pedagogica adeguata? Oppure proprio i maestri e i professori più ‘progressisti’ finiscono - certo senza volerlo - per abbassare il livello medio dell’istruzione dei loro alunni e per contribuire così a ritardare un autentico rinnovamento del tessuto sociale meridionale? Per limitarmi ad un solo aspetto: quanti stravolgono la lezione di don Milani sulla necessità di superare la scuola capitalisticamente selettiva? Il parroco di Barbiana era certo contro la scuola che boccia i figli dei poveri, ma per evitare che ciò accadesse non auspicava che venissero sfornati ignoranti ricchi e poveri alla stessa stregua: al contrario, faceva studiare i suoi ragazzini poveri dieci ore al giorno e persino la domenica.
Insomma: vogliamo davvero - come educatori (insegnanti, genitori, animatori sociali) - dare un piccolo, ma decisivo, contributo ad una amministrazione statale culturalmente più attrezzata contro il sistema di potere mafioso? Possiamo fare tanto (dai cineforum alle manifestazioni, dai convegni alle visite guidate, dall’incontro con testimoni ai seminari pomeridiani di aggiornamento), ma solo se non sorvoliamo la base di partenza: insegnare a leggere, a scrivere e a far di conto. Non mi voglio pronunziare sui criteri più opportuni per la scuola dell’obbligo: ma nelle scuole secondarie superiori e nelle facoltà universitarie non ci dovrebbe essere alcun dubbio nell’esigere dei livelli medi di preparazione. Non in nome di anacronistiche ed elitarie meritocrazie, ma per amore della democrazia e per difesa dai suoi nemici (che, non è un caso, spiccano quasi sempre per ignoranza e per odio all’istruzione). Che le scuole private (purtroppo anche tra quelle pochissime, cattoliche, che a Palermo erano tradizionalmente immuni dal lassismo più o meno mercificato) regalino pezzi di carta, è triste ma non evitabile nell’immediato. Che lo continuino a fare anche le scuole pubbliche statali è due volte triste ed è immediatamente evitabile. Quando un docente è tentato (per ‘raccomandazione’ o per pietismo o per solidarietà con le classi meno abbienti o per qualsiasi altra ragione) di chiudere un occhio sulle lacune dei propri alunni, si ricordi che - oltre a varie altre conseguenze - sta facendo un regalo all’illegalità sistemica. Non è detto che laureati in grado di capire un libro di sociologia - o di scrivere in italiano accettabile una tesi di diritto penale - saranno dei magistrati competenti e coraggiosi: ma è certo che, senza queste basi, non lo saranno.

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