venerdì 25 maggio 2012

Lunedì 28 maggio 2012, alle ore 18, presentazione a Palermo di ‘Presidi da bocciare?’


Lunedì 28 maggio 2012, alle ore 18.00, presso il caffè letterario “Costes” (Villa Comunale ‘Gaetano Costa’, ingresso da viale Lazio e via Brigata Verona) sarà presentato il libro a cura di Augusto Cavadi

PRESIDI DA BOCCIARE?

(Edizioni Di Girolamo, Trapani 2012, pp. 131, euro 12,50)

Gli argomenti in favore della ‘bocciatura’ saranno sostenuti dalla professoressa Marcella Alletti; gli argomenti in difesa dei presidi saranno svolti dal dirigente scolastico dell’ ITI “Volta” Roberto Tripodi. Arbitrerà il match (quasi) amichevole Alessandra Siracusa, membro della Commissione Pubblica Istruzione della Camera dei deputati.
L’incontro sarà introdotto da Maurizio Muraglia, presidente del CIDI di Palermo, che modererà anche il dibattito pubblico.
Saranno presenti tre dei co-autori: Augusto Cavadi, Giorgio Cavadi e Domenico Di Fatta.

martedì 22 maggio 2012

Ci vediamo, a Catania, mercoledì 23 maggio 2012?


Domani è il ventesimo anniversario della strage di Capaci.
Su sollecitazione dell’editore salvatore Coppola, D. Gambino e E. Zanca hanno preparato un volume a più mani in cui alcuni di noi sono stati chiamati a fare il punto dopo due decenni dall’uccisione di Falcone, della Morvillo e degli uomini di scorta: il volume (Vent’anni) è reperibile in molte librerie italiane e, con più immediatezza, direttamente presso l’editore trapanese
(http://www.coppolaeditore.com/products/227-ventanni.aspx).
A chiusura di questo post riporto i brani principali del mio contributo così come sono stati prescleti da “Adista. Segni nuovi” del 19 maggio 2012.
Prima, però, desidero informare i miei amici della costa orientale siciliana che, con l’editore Coppola, sarò domani a Catania per partecipare, dalle ore 17.00 in poi, agli eventi organizzati dall’Associazione nazionale magistrati presso il palazzo di Giustizia del capoluogo etneo. In particolare, alla presentazione dell’installazione di Danilo Fodale “Pioggia dei Pizzini della legalità” (collana di piccoli quaderni di vari autori, due dei quali miei: “Come posso fare di mio figlio un vero uomo d’onore?” e “L’amore è cieco ma la mafia ci vede benissimo”).
Ma torniamo agli estratti dalla mia testimonianza nel volume collettaneo Vent’anni (a cura di D. Gambino ed E. Zanca, Coppola Editore, Trapani 2012, pp. 128, euro 12,00). Nel volume contributi (oltre che dei curatori e dello stesso editore) anche di Ignazio Arcoleo e Roberto Gueli, Rita Borsellino, Letizia Battaglia, Rachid Berradi, Luigi Ciotti e Raffaele Sardo, Amelia Crisantino, Gaetano Curreri, Giuseppe Di Piazza, Maria Falcone, Alfonso Giordano, Maurilio Grasso, Stefano Grasso e Corrado Fortuna, Enzo Guidotto, Sebastiano Gulisano, Ferdinando Imposimato, Pina Maisano Grassi e Chiara Caprì, Antonio Mazzeo, Natya Migliori, Marilena Monti, Carlo Palermo e Denise Fasanelli, Aldo Penna, Pippo Pollina, Enrico Ruggeri, Luca Tescaroli.

TRAGEDIA STORICA, ANGOSCIA PRIVATA
Raramente capita che le tragedie della storia ci tocchino quasi vicende private. A me è capitato pochissime volte. Due di queste, a meno di due mesi di distanza, fra il 23 maggio e il 19 luglio del maledetto ’92. Ogni tanto ho riflettuto sulle ragioni di questa sensazione insolita, rara: ma non sono riuscito a fare chiarezza. Falcone e Borsellino li avevo conosciuti di persona, ma non ne ero certo amico: probabilmente non mi avrebbero riconosciuto se mi avessero incontrato in un salotto o in bar. Di contro avevo conosciuto molto più da vicino Gaetano Costa, un amico di famiglia da sempre, trasferito da Caltanissetta a Palermo come Procuratore della Repubblica. Integerrimo. Quando cadde trucidato sotto casa il 6 agosto dell’Ottantadue mi dispiacque davvero, ma forse – nonostante i miei trentadue anni - non ero maturo: mi dispiacque come ci si dispiace quando un amico di famiglia muore di cancro o investito da un pirata della strada. Provai dolore e rabbia, dolore e odio verso i vigliacchi anonimi che avevano assassinato un sessantenne inerme che sfogliava libri usati in via Cavour: dolore, rabbia, odio, ma non angoscia.
L’angoscia è tutta un’altra cosa. E’ una stretta alla gola che ti mozza il respiro; è una morsa al petto che mima l’infarto. E’ una sospensione dell’attività mentale perché non soltanto intorno a te si è fatto improvvisamente buio, ma anche dentro il cervello ti si è spento un interruttore. Solo piangere ti conforterebbe, ma l’angoscia t’impedisce pure questo. L’angoscia: ecco quello che ho avvertito quando, sull’autostrada da Messina a Palermo, l’autoradio ha gracchiato le prime notizie confuse su un’esplosione nei pressi di Capaci. Con i primi telegiornali della sera ogni residuo di sia pur folle speranza fu spazzata via. E, con la concatenazione delle sequenze di un film già montato, mi passarono – e mi ripassarono – le immagini e le parole di una preghiera due volte laica. Era infatti la preghiera rivolta non solo, genericamente, a un Dio laico (l’unico che riesco a pregare), ma anche, più direttamente, a un concittadino laico.
Gli ho chiesto – a Giovanni Falcone – perdono. Perdono a nome di quei palermitani che si erano lamentati di essere disturbati dal suono delle sirene quano lo riaccompagnavano a casa dal tribunale. Perdono a nome di quell’avvocato che, in tv, lo aveva accusato di essere cauto nell’incastrare gli amici potenti dei mafiosi. Perdono a nome di quel poliziotto che, in coda con me al panificio, prometteva al collega che l’avrebbe ammazzato lui quel giudice se non l’avesse fatto prima la mafia: troppe lavate di capo per chi veniva sorpreso a leggere La gazzetta dello sport quando avrebbe dovuto controllare ingressi ed uscite dal portone.
Non fu una ferita facile da rimarginare. Tanto più che, cinquanta giorni dopo, le bombe di via D’Amelio l’avrebbero furiosamente risquarciata. Di Caponnetto – quando balbettò alle telecamere “Tutto è finito” - compresi sillaba per sillaba, riconobbi perfino il tono della voce. Capii, arrivai quasi a condividere: decisi di fermarmi solo un attimo prima d’identificarmi totalmente con la disperazione di un vecchio padre ormai derubato dei due figli preferiti. Decisi: fu un atto della volontà perché ormai il resto - previsione razionale, sentimento, emozioni – si era arreso all’evidenza della tragedia senza scampo. Mi ricordai di san Juan de la Cruz: della necessità di attraversare la notte più fonda - la notte in cui non si vede nulla, non si sente nulla, non si crede più a nulla - prima di poter, forse, sperimentare la pace. E in queste notti senza stelle e senza luna puoi resistere, e persistere, solo se lo decidi con quell’energia intima che sai di possedere (o di esserne posseduto) quando ormai assapori lo stremo.
[…] A venti anni da quelle giornate - ma sono davvero trascorsi tanti anni? – la situazione è identica ma anche, per fortuna, incomparabilmente diversa. La mafia come sistema di potere asfissiante continua a riscuotere il pizzo su quasi ogni commessa, su quasi ogni impresa, su quasi ogni negozio; continua a inquinare la dialettica democratica contrattando intollerabili sinergie con politici di ogni livello (sino alla presidenza della regione: certamente la penultima, dubitabilmente l’attuale). Ma il gotha di Cosa nostra di quegli anni micidiali è quasi tutto sotto chiave: non c’è da cantare vittoria, ma sarebbe da stupidi negare che il bicchiere è adesso mezzo pieno. E’ difficilmente apprezzabile un risultato culturale inedito nella storia siciliana: la media statistica attesta che i boss si spengono, soli, in galera, non più, nel proprio letto, circondati dall’affetto delle persone care, dopo anni di quiescenza dorata fra gli agrumi del proprio feudo. Certo, ancora troppi giovani fanno la fila per subentrare nella militanza del disonore, ma almeno sanno che l’impunità – da regola che era – si è fatta eccezione.
[…] Sarebbe da illusi supporre che un giorno, sradicate Cosa nostra e Stidde, altre associazioni criminali (simili se non identiche) non ne prenderanno il posto: malvagità e ingordigia aggrovigliano le viscere dell’uomo da milioni d’anni e continueranno a fermentare sino alla scomparsa del genere umano. Ma, intanto, nel breve - o meno breve – periodo, se le mafie attuali si disgregheranno, sarà stata una vittoria complessiva della parte migliore dei cittadini ‘normali’. […]

Augusto Cavadi

lunedì 14 maggio 2012

Ci vediamo in Piemonte, a Novara e a Verbania,
sabato 19 maggio?


Care e cari,
anche se sono tornato ieri sera da Torino, tra qualche giorno - e precisamente SABATO 19 MAGGIO - vi farò ritorno per due inviti molto graditi.

Alle ore 16.00, presso la Fraternità di Agognate in Novara, terrò una conversazione pubblica sul tema: “L’inquietudine del Sacro e la fede in Gesù nel mondo globalizzato di oggi”. Sarò introdotto dall’affettuosissimo Angelo Serina che mi farà da ‘angelo’ custode nei due giorni piemontesi.

Sempre sabato 19 maggio, alle ore 21.00, presso la libreria Margaroli di Verbania, discuterò “Il Dio dei leghisti” con Alessio Lorenzi (Vice segretario provinciale della Lega Nord e sindaco di Varzo) e con don Piergiorgio Menotti (presidente del Centro “Natale Menotti” di Verbania).

mercoledì 9 maggio 2012

Come sono andate le elezioni comunali a Palermo


Care e cari,
di ritorno dall’Aquila e in partenza per Torino, avverto l’esigenza di darvi, sia pur brevemente, qualche aggiornamento (e molti ringraziamenti) sull’esito delle elezioni amministrative nella mia città.
Come ricorderete, i primi due obiettivi (in ordine decrescente di importanza) erano per me:
a) l’elezione a sindaco di uno dei due candidati ‘progressisti’
b) il superamento dello sbarramento del 5% per la lista “Sinistra e libertà” (quasi tutti giovani e, per metà, donne).
Come potrete verificare più in dettaglio entrando nel sito istituzionale del Comune di Palermo, il primo dei due risultati è stato raggiunto in maniera clamorosa: al ballottaggio andranno infatti sia Orlando che Ferrandelli. Chi ha letto un po’ i miei interventi (anche su questo blog) degli ultimi mesi, sa che nessuna delle due candidature mi entusiasma (non è senza significato che, nella cerchia più stretta dei miei familiari e amici, metà ha votato per Orlando e metà per Ferrandelli): comunque, visto che non siamo riusciti a far vincere le primarie alla Borsellino, il risultato è da considerare soddisfacente.
Purtroppo, invece, il secondo obiettivo è stato mancato: la lista SEL si è fermata poco al di sotto del 3% e quindi non avrà nessun consigliere. Ho raccolto più del 3% dei voti della lista (179 preferenze), collocandomi all’ottavo posto su 50 candidati, ma ciò non è bastato a far superare lo sbarramento previsto dalla normativa.
Ovviamente sono molto grato a quanti non solo mi hanno votato nel segreto dell’urna (non era facilissimo scegliere me solo fra 1350 candidati, numerosi dei quali erano politici affermati per i quali io stesso ho sempre votato in occasioni precedenti), ma hanno voluto far precedere il loro voto con messaggi di stima, affetto e solidarietà che costituiscono certamente il patrimonio più prezioso di questa piccola avventura elettorale. Per la quale - come ormai sapete - ho investito solo 350,00 (!!!) euro di quote per la propaganda di lista e con il mio caro amico Giuseppe Sunseri (alla cui affettuosa insistenza devo l’accettazione della proposta di candidatura): una cifra ragionevole per dare una testimonianza civica e aiutare Palermo a uscire da una notte troppo oscura.

martedì 8 maggio 2012

Ci vediamo da giovedì 10 maggio a domenica 13 in Piemonte?


Care amiche e cari amici del Piemonte (e dintorni)
o, comunque, gravitanti intorno al Salone internazionale del Libro di Torino,

sono felice di porgervi un duplice invito.

Il primo invito è per le ore 14 di giovedì 10 maggio al Salone del Libro di Torino: l’ex ministro della P.I. Tullio De Mauro, il giornalista Luca Telese e il prof. Domenico Chiesa (Cidi) presenteranno l’ultimo mio libro (scritto con la collaborazione di altri cinque ‘complici’). E’ un pamphlet un po’ pepato: “Presidi da bocciare?” (edizioni Di Girolamo, Trapani 2012, euro 12,50).

Il secondo invito è per le ore 17,15 di domenica 13 maggio alla Libreria “Mondadori” di Pinerolo: don Franco Barbero presenterà il mio penultimo libro (“Il Dio dei leghisti”, edizioni San Paolo, Milano 2012, euro 14,00).

Con gratitudine e con speranza di rivedervi, almeno in una delle due occasioni.
Augusto

lunedì 7 maggio 2012

Una bella, perché intelligente, recensione a
“Il Dio dei leghisti”


Diego Bruschi mi segnala sul suo blog:

Dal Giordano al Po

Non è un istant book, non è un pamphlet ispirato dalle aspre polemiche della politica. Il titolo non tragga in inganno. Il libro intende scavare, ragionare, comprendere il fenomeno senza la scorciatoia impotente della facile irrisione, della banale presa di distanza.

Si parte con l’osservazione di un mutamento nel corso degli anni, un cambio di atteggiamento quasi sconcertante, date le premesse, nel rapporto fra il movimento creato dal Bossi e la Chiesa cattolica. Agli inizi c’è una frattura forte, un’ostilità aperta contro la chiesa cardine della romanità, contro un potere che osteggia le ambizioni separatiste, organico e coordinato al potere politico nazionale.

Ad un certo punto, però, incontriamo una Lega che invece rivendica il ruolo di austero e genuino difensore della cristianità, di intransigente baluardo di una religione orgogliosamente rivendicata come cemento identitario.
Al Cavadi appare superficiale la spiegazione incentrata sull’opportunismo, sulla propaganda. L’utilizzo di sentimenti popolari diffusi per il proprio tornaconto elettorale è un fenomeno scontato, esiste da sempre e sempre esisterà, ad ogni latitudine politica. Ma sentirsi convintamente cattolici e altrettanto convintamente leghisti accade a tante persone comuni, persone che non accedono alle stanze del potere, persone sincere. Per questo motivo, nel corso della sua interessante analisi, l’Autore sposta la prospettiva, rovescia il punto d’osservazione del fenomeno e dalla Lega si sofferma sulla Chiesa cattolica.

Perchè la scelta di fare un tratto di strada insieme? Perchè sottovalutare quegli aspetti d’evidente attrito con gli insegnamenti del Nazareno? La spiegazione di questo va incentrata proprio nel modo in cui si concepisce la cattolicità.

«Sono convinto che l’atteggiamento benevolo nei confronti della Lega si basi sulla convinzione sincera, autentica e radicata che la Chiesa cattolica sia depositaria della verità integrale sull’uomo, sul cosmo e sulla storia e che abbia il dovere (prima ancora che il diritto) di “convertire” – alla propria dottrina, alla propria etica, alla propria organizzazione gerarchica ed alla propria “pastorale” – l’intera umanità. Chi è davvero di essere depositario esclusivo della salvezza di “tutto l’uomo” e di “tutti gli uomini” puo’ avere la pretesa di poter subordinare all’espletamento della propria missione universale ed eterna tutti i mezzi, tutte le strategie immaginabili e praticabili.» (p. 119)

E a questo livello Cavadi ci introduce allo snodo centrale, il punto di partenza del problema: cosa significa essere cristiani, cosa vuol dire seguire la via indicata dal Maestro?
Nei primi secoli del cristianesimo era ben viva una lettura più autentica dell’insegnamento di Gesù, incentrata non sul potere (seppur perseguito a fin di bene) ma sull’amore. Un concetto dirompente, rivoluzionario, un mettersi al servizio dell’uomo per riscattarne nel concreto la dignità. Un concetto ben lontano dalla volontà di dominio. E ai primi seguaci di Cristo apparve chiaro come non avesse alcuna intenzione di imporre con la forza o con le leggi il proprio regno, scegliendo invece la sconfitta (apparente) della croce:

«O credi che io non possa pregare il Padre mio che mandi subito in mia difesa più di dodici legioni di angeli?», Vangelo secondo Matteo 26,53

C’è un termine che ricorre: Agàpe, dal greco antico ἀγάπη (amore divino e incondizionato). È questo il vero fermento del cristianesimo, ben lontano da ogni diatriba (condotta anche in buona fede) sulla procreazione assistita, sulla pillola del giorno dopo, sulla concessione di un terreno per la moschea.
Insomma, per Cavadi è la Chiesa cattolica che ha in sè il problema, che non è un banale problema di preti di destra o di sinistra, ma è il rapporto con la parola autentica del Nazareno.
I compagni di strada che scegli, non sono la causa, ma la conseguenza.

Augusto Cavadi
Il Dio dei leghisti
Edizioni San Paolo, 2012
p. 188

Dal blog: http://diegod56.wordpress.com/2012/05/06/dal-giordano-al-po

mercoledì 2 maggio 2012

Tra quattro giorni si vota: ultimo messaggio prima della pausa di riflessione


Care e cari,

la fase politico-amministrativa è confusa, a destra come al centro e come a sinistra.
Solo gli stupidi, in vista delle imminenti elezioni a Palermo, hanno idee chiare e dubbi zero.

Per chi ha a cuore alcuni principi etici basilari è il momento di non perdere la testa e ripartire dai pochi punti fermi:

a) primo obiettivo: un sindaco di centro-sinistra ha diritto di ‘provarci’ dopo il disastro del decennio Cammarata;

b) secondo obiettivo: le donne e i giovani CHE SONO DA ANNI IMPEGNATI/E in politica (e non sono tra quelli che stanno sbucando dalle discoteche e si affacciano dai manifesti come per un casting per tronisti e veline) hanno diritto a una chance.

Per questo vi inviterei a NON ASTENERVI dal voto, fosse pure un voto solo di cervello e non anche (come avremmo voluto) di cuore.

Per questo, inoltre, vi inviterei a votare per qualche candidata/o della lista “Palermo per Ferrandelli con VENDOLA”: la prima metà delle candidate è interamente al femminile, nell’altra metà ci siamo - in allegra commistione - giovani militanti e vecchietti arzilli.

Augusto Cavadi
Candidato al consiglio comunale di Palermo.

N.B: E’ necessario esprimere la preferenza per il consigliere e un’altra, distinta, per il sindaco (che, in teoria, potrebbe non coincidere con il nome indicato dalla lista del consigliere).

* Chi vuole mi aiuti a diffondere questo messaggio (anche mediante il sito facebook “Augusto Cavadi candidato”) tra i suoi contatti: “se ognuno fa la sua parte…”.

Ci vediamo all’Aquila domenica 6 maggio?