La
condizione dei detenuti non è mai stata invidiabile. Non è un caso che, da
secoli, la Chiesa cattolica inserisce nel novero delle sette opere di
misericordia corporale “Visitare i carcerati”. Sul piano
legislativo-istituzionale, con la Costituzione italiana in vigore dal 1948,
sono stati compiuti rilevanti passi in avanti, a cominciare dal terzo comma
dell’articolo 27: “Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al
senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato”.
Tuttavia,
se ci spostiamo dal piano teorico-programmatico all’esperienza quotidiana, la
situazione è ben diversa. Quanti di noi sono impegnati in associazione di
volontariato penitenziario toccano con mano ogni giorno una contraddizione
clamorosa: proprio là dove lo Stato democratico reclude i contravventori delle
leggi, esso per primo non le rispetta. I diritti dei detenuti sono disattesi da
tanti punti di vista (a causa del sovraffollamento, del malfunzionamento dei
servizi igienici, dei ritardi nell’assistenza sanitaria, delle carenze di
riscaldamento, delle difficoltà a imparare e svolgere un mestiere o a studiare
e conseguire un titolo di studio e così via). In non pochi casi si tratta di
soggetti abbandonati dalle famiglie d’origine e impossibilitati a procurarsi il
vestiario essenziale e altri piccoli strumenti per la sopravvivenza e la
pulizia.
Con
i limiti fisici, economici, professionali noi volontari cerchiamo di rimediare
ai disagi, ma non intendiamo supplire alle deficienze delle istituzioni
pubbliche se non in misura provvisoria: la supplenza si trasformerebbe in
oggettiva complicità se non fosse, contemporaneamente, denunzia e pressione
affinché lo Stato faccia la sua parte. Non intendiamo costituire un alibi per
nessun ente e per nessun responsabile a capo degli enti preposti a questo
delicatissimo settore della vita sociale.
In
questa logica non possiamo tacere la nostra amarezza e la nostra indignazione per tutte le volte
che – perforando l’abituale cortina di silenzio – arrivano alla luce della
cronaca abusi fisici e psichici ai danni di nostri concittadini reclusi. Poiché
operiamo a Palermo abbiamo appreso con particolare dolore dei maltrattamenti
inferti da alcuni agenti della polizia penitenziaria di Trapani e, pur da
associazione aconfessionale per statuto, condividiamo e rilanciamo l’appello di
don Raffaele Grimaldi, Ispettore dei Cappellani della Carceri: «Questi episodi
rappresentano una ferita profonda non solo per le vittime, ma anche per la
missione di giustizia e recupero che ogni istituto penitenziario è chiamato a
svolgere. Nessun reato, per quanto grave, può giustificare la negazione della
dignità umana. Come ci ricorda la Bibbia: “Nessuno tocchi Caino”. Quanto accaduto non solo viola i principi
fondamentali di rispetto della dignità umana, ma tradisce la missione stessa
degli operatori penitenziari, chiamati a custodire e rieducare. Questi atti
deplorevoli gettano un’ombra sulla professionalità della maggior parte degli
agenti, che quotidianamente svolgono il loro difficile compito con dedizione e
rispetto”.
Ovviamente, nella terra in cui magistrati come Falcone e Borsellino hanno dato luminoso esempio di tatto nel relazionarsi con gli inquisiti al punto da meritarne spesso gratitudine e fiducia, attendiamo che la magistratura svolga con equanimità e rigore il suo compito. Anche per bilanciare, nell’opinione pubblica, alcune pericolose tendenze forcaiole, alimentate perfino da personalità politiche, evidentemente legate a culture del passato che speravamo ormai alle nostre spalle. E’ giusto che si sappia: se un Sottosegretario alla Giustizia può esprimere “intima gioia” all’idea che, in alcune situazioni, ai detenuti possa “mancare l’aria”, ci siamo in Italia centinaia di cittadini e di cittadine che provano “intima gioia” quando possono constatare che una persona in stato di detenzione intraprende, anche grazie al supporto di professionisti e volontari, percorsi riparativi per tornare a respirare l’aria della libertà e della civiltà.
Bruno Di Stefano
· * L’autore è
presidente dell’ASVOPE (Associazione di volontariato penitenziario) di Palermo