E’ comprensibile che si voglia caricare di attese ottimistiche l’elezione del papa. Ma ciò non giustifica le critiche su chiunque osi notare (come Vito Mancuso su “La Stampa” del 10 /5 ) che i primi passi del pontefice non siano tutti arrivano incoraggianti.
Confesso
che non mi ha entusiasmato la recita dell’Ave Maria a conclusione del suo saluto
a pochi minuti dall’elezione: il culto della Madonna ha segnato nella storia
delle Chiese un elemento divisivo. Ancora meno mi ha entusiasmato la
concessione dell’indulgenza plenaria ai fedeli presenti: la dottrina delle
indulgenze, che ha segnato l’inizio della Riforma luterana, è
ormai abbandonata da quasi tutta la cattolicità.
Mancuso,
da parte sua, ha notato con disappunto due passaggi della prima omelia di Leone
XIV il giorno dopo l’elezione.
Il
primo: “Anche oggi non mancano poi i contesti in cui Gesù, pur apprezzato
come uomo, è ridotto solamente a una specie di leader carismatico o di
superuomo, e ciò non solo tra i non credenti, ma anche tra molti battezzati,
che finiscono così col vivere, a questo livello, in un ateismo di fatto”.
Dai Sinottici ad oggi sono in tanti a pensare che Gesù è stato un profeta, un
maestro, un modello di umanità, un “leader carismatico”, un uomo di qualità
eccezionali (in questo senso un “superuomo”), ma non una “Persona divina” (come
sostiene dal IV secolo la dottrina ufficiale cattolica). Sono convinti che egli
sia stato il “Figlio di Dio” nell’accezione del I secolo (“Inviato”, “Messia”,
“Consacrato”, “Prediletto” etc.). Sono per questo “atei di fatto”? Il papa ha
tutto il diritto di sostenere che non sono dentro l’ortodossia cattolica, ma non
di bollarli come negatori del Mistero che comunemente chiamiamo “Dio”.
L’altro
passaggio che a Mancuso ha suscitato forte perplessità : “la mancanza di fede
porta spesso con sé drammi quali la perdita del senso della vita, l’oblio
della misericordia, la violazione della dignità della persona nelle sue forme
più drammatiche, la crisi della famiglia e tante altre ferite di cui la
nostra società soffre e non poco”. Se è lecito identificare chi avverta “la
mancanza di fede” con l’ateo, sembrerebbe proprio che papa Prevost stia
collegando l’ateismo con una serie di fenomeni negativi (“la perdita del senso
della vita” etc.).
A
che tipo di collegamento egli si riferisce?
Nell’ipotesi
più benevola, sta solo riferendo una sua esperienza: l’ateismo “porta
spesso” (si accompagna a) comportamenti
eticamente negativi. Un caro amico mi ha fatto notare che il papa non è stato
ingiusto verso gli atei: non ha negato le incoerenze dei cristiani, in questo
passaggio le ha solo tenute fuori dal suo angolo di osservazione. Ma, in questa
ipotesi, la sua affermazione risulterebbe incompleta e superflua. Incompleta,
parziale, perché anche la “fede” (in qualsiasi senso la si intenda) “porta
spesso” (si accompagna a) comportamenti eticamente riprovevoli. Superflua,
irrilevante, perché – se il collegamento fra ateismo e immoralità è il medesimo fra fede (ebraica, cristiana,
islamica, buddhista…) e immoralità - sarebbe
come dire: “Molti vegetariani sono aggressivi” o “molte persone con i capelli
rossi sono sleali”. Se con ciò non si vuol negare che aggressivi siano anche
molti carnivori e sleali molte persone con i capelli neri, a che scopo
affermarlo?
La mia ipotesi – a onore dell’intelligenza del papa – è che egli abbia voluto collegare l’ateismo e i fenomeni immorali come una causa a degli effetti: il suo “spesso porta” va inteso come “spesso comporta”, include, implica. Va inteso: “Anche se non sempre, spesso l’ateismo è all’origine del nichilismo morale” (insomma una versione attenuata, poiché ammette delle eccezioni, del dostoevskijano: “Se Dio non esiste, tutto è permesso”). E se fosse questa davvero la sua convinzione, mi permetterei nuovamente di dissentire. Egli pensa – del tutto legittimamente – che solo una ortodossia può fondare un’ ortoprassi. Ma è davvero così? O l’esperienza ci mostra ogni giorno che persone eterodosse o anche agnostiche o addirittura atee vivono un’etica esemplare non meno di tanti credenti ortodossi? Il nesso fra tesi metafisiche e tesi etiche è complesso, ma proprio per questo sarebbe più prudente non darne per scontata nessuna lettura. Papa Francesco ha insistito su ciò che può unire l’umanità (una sorta di etica universale, ragionevole, potenzialmente condivisibile da chiunque) piuttosto che su ciò che può dividerla (le visioni-del-mondo, le Scritture, le dottrine teologiche): e mi sembrava che fosse il sentiero più conducente.
Augusto
Cavadi
“Adista/Notizie”,
20, 24/5/2025