venerdì 31 agosto 2018

IL MIO GIRO IMMINENTE IN TRENTINO-VENETO-EMILIA

TAPPE DEL MIO PROSSIMO GIRO IN TRENTINO – VENETO – EMILIA
                                                      (6 – 17 settembre 2018)


Care e cari,
   per comodità di chi volesse condividere l’allegria di un incontro, nei prossimi giorni, ecco il calendario relativo ai miei appuntamenti in Polentonia .

                                                     Con simpatia,
                                                             Augusto

                                                                    ***

Venerdì 7– sabato 8 settembre:   Terzolas (Trento). Vari incontri di meditazione sul tema
                          “Rinverdisci il tuo vecchio legno”

                         Informazioni:  comunita.sfsaverio@gmail.com
(N.B.: La Comunità San Francesco Saverio di Trento è solo omonima della Comunità palermitana dell'Alberghiera)

Domenica 9 settembre, ore 16,30: Motta di Livenza (Treviso). Incontro sul tema 
                          “Le radici culturali della Costituzione italiana”.
                           Informazioni: onorio.zaratin@libero.it

Martedì 11 settembre, ore 18,00: Bologna. Incontro sul tema
   “Il Vangelo e il Carroccio. Principi cristiani e politica leghista”
                     Informazioni: a.cavadi@libero.it

Mercoledì 12 settembre, ore 21,00: Bologna.Presentazione del mio libro
          “Il Dio dei leghisti” (San Paolo, Cinisello Balsamo 2012)
                          Informazioni: a.cavadi@libero.it

Giovedì 13 settembre, ore 18,00: Bologna. Presentazione del mio libro
“Peppino Impastato martire civile. Contro la mafia e contro i mafiosi”.  (Di Girolamo, Trapani 2018)
                            Informazioni: a.cavadi@libero.it

Venerdì 14 - sabato 15 - domenica 16 settembre: Loiano (Bologna)
          Seminario residenziale sulla “Tenerezza”. 
    (Il mio intervento su “La tenerezza come fabbrica del sacro” 
               è previsto per le ore 17,30  di sabato 15 settembre)
                   Informazioni: fabiobonafe@hotmail.com

                                                                                 ***
PS: I dettagli delle iniziative saranno resi noti nei prossimi giorni sia sul mio blog che su FB. Intanto, chi vuole, può "salvare le date"...


LA NAVE "DICIOTTI" E LA PROTESTA DEI VESCOVI SICILIANI

29.8.2018
LA NAVE “DICIOTTI” E I VESCOVI SICILIANI
Sia chiaro: la questione dei migranti è una vicenda epocale che non può essere risolta, né da un fronte politico né dall’altro, con slogan e fakenew. Tuttavia ci sono momenti della storia in cui, pur esitando su ciò che si può e si deve fare, si è tuttavia certi su ciò che si deve evitare. Tra questi vicoli ciechi impraticabili rientra ogni decisione governativa che usi la miseria degli ultimi come arma di ricatto contro le istituzioni europee. Per questo i vescovi siciliani, per bocca di monsignor Antonio Staglianò, hanno ipotizzato un clamoroso sciopero della fame nella nave della Guardia costiera italiani “Diciotti” pur di ottenere l’autorizzazione allo sbarco dei 150 ostaggi. 
Due considerazioni almeno s’impongono. 
    La prima: dopo anni di dichiarazioni aeree, i presuli siciliani provano a passare dalle parole ai fatti.  A questo li sollecita fortemente il senso più autentico del messaggio cristiano (che è qualcosa di più antico, di più genuino e di più prezioso della superfetazione dogmatica e moralistica chiamata “cattolicesimo”). E’ lo stesso vescovo di Noto a spiegarlo: "L'umanità 'buona e vera' che Gesù ha introdotto nel mondo e che il cristianesimo ha portato in Europa (umanità che dentro processi magmatici ha costruito l'Europa e la sua unità culturale) ha come segno distintivo l'accoglienza, il prendersi cura, la condivisione del dolore di altri, l'immedesimazione (Edith Stein) che produce 'simpatia' ed 'empatia'. Questa umanità è l'anima dell'Europa e dell'Italia. L'Italia, che per mantenere la linea dura nei confronti dell'Europa insensibile e anestetizzata, nemmeno si commuove per lo sciopero della fame di 150 persone umane, nostri fratelli e amici, resterà ancora 'bella', ma ormai 'senz'anima. La perdita dell'anima sta già deturpando la bellezza del suo volto, costringendo milioni di cittadini a vergognarsi di appartenere alla nazione. Quale bellezza salverà l'Italia? Non c'è altra via che quella della solidarietà, 'nuovo nome della pace'".
    E veniamo a una seconda considerazione. Se compito dei pastori è esercitare la profezia (non nel senso banale di previsione del futuro, ma nel senso biblico di parlare al posto dell’Eterno), compito della politica – dei cittadini e dei loro rappresentanti democratici – è trovare le strade per uscire dai labirinti. Nonostante le incertezze del Movimento Cinque Stelle – che appiattendosi sulle posizioni di Matteo Salvini rischia di fare la brutta fine della fagogitata Forza Italia – nelle stesse ore in cui i vescovi siciliani ventilavano lo sciopero della fame accanto ai profughi - è stato proprio un deputato palermitano pentastellato, Aldo Penna,  a indicare una strada possibile:“ I centocinquanta migranti trattenuti (mi auguro ancora per poche ore) sulla nave della nostra Guardia Costiera hanno tutto il diritto, intanto, di poter accedere alle procedure per il riconoscimento dello status di rifugiato politico.
Di più: se l’UE continuerà a volgere lo sguardo altrove, si potrebbe anche pensare, provocatoriamente, al rilascio di visti temporanei per motivi umanitari, a tutti i migranti recuperati in mare dalla nostra Guardia Costiera. 
In questo modo, grazie a quanto previsto dal trattato di Schengen, i migranti potrebbero muoversi liberamente all’interno dei confini dell’UE e decidere essi stessi, in autonomia, in quale paese “redistribuirsi”. 
Sicuramente, non sarebbe un’azione che passerebbe sotto silenzio”.
   Mi pare che in questo caso la Sicilia abbia offerto un fecondo esempio di sinergia nella distinzione dei ruoli: alle chiese la missione di ricordare i princìpi etici di fondo, ai politici di trovare le soluzioni tecniche per tradurre quei princìpi in pratiche. Senza né clericalismi invadenti né machiavellismi da superuomini di operetta. 
Augusto Cavadi
www.augustocavadi.com

giovedì 30 agosto 2018

CI VEDIAMO A ROMETTA (MESSINA) SABATO 1 SETTEMBRE 2018 ?

Sabato 1 settembre 2018, alle ore 19.00, nella splendida villa Martina del Comune di Rometta (Messina), sarà presentato il mio libro sul significato dell'antimafia oggi a quarant'anni dall'assassinio di Giuseppe Impastato. L'incontro sarà preceduto dall'intitolazione della villetta di via Mezzasalma allo stesso Peppino. Sarà per me una gioia riabbracciare amiche e amici del Messinese !

martedì 28 agosto 2018

COME SONO ANDATE LE VACANZE FILOSOFICHE SUL LAGO D'ISEO ?

Come sono andate le “Vacanze filosofiche per …non filosofi” a Lovere, sul lago d’Iseo, mi chiedete in molti (a voce, per telefono, per posta elettronica) ? La risposta più sintetica è: benissimo. Le quasi quaranta persone che hanno partecipato complessivamente alle sessioni si sono dichiarate, in privato e in pubblico, decisamente soddisfatte. Bello il posto, bello il tempo atmosferico, sobria ma gradevole l’accoglienza alberghiera. E poi, soprattutto, le varie sessioni sul tema dell’anno (“E’ possibile sperare nell’epoca della disperazione?”) sono state partecipate con vivacità e pertinenza. 
Qualcuno mi chiede anche di raccogliere le linee essenziali della riflessione comune e le conclusioni raggiunte, ma questo è un compito che supera di gran lunga le mie forze. Per non risultare eccessivamente evasivo proverei a raccontarla così.
  Che cosa intendere, semanticamente, per “speranza”? Lilia Sebastiani la definisce “l’attesa – più o meno attiva – di un bene che non è ancora presente ma che con qualche ragionevolezza si ritiene possibile”. 
Il mondo greco, con la sua concezione ciclica dell’eterno ritorno, sembra ritenere poco ragionevole e poco dignitoso “sperare” qualcosa: fa eccezione Platone (la cui prospettiva avrà una lunga storia millenaria) che ritiene possibile, almeno in una vita ultraterrena, l’esperienza di valori eterni che nella storia sono solo imperfettamente e transitoriamente attuati.
 Molto diversa la visione biblica secondo la quale un Dio (concepito in maniera pesantemente antropomorfica) interviene attivamente per instaurare, nel mondo terreno, il suo “regno” di giustizia e di pace, mediante i profeti e in particolare mediante Jeshua di Nazareth. 
 I medievali tentano di conciliare Platone con la Bibbia ma con risultati deludenti: il messaggio evangelico, infatti, viene depotenziato della sua forza rivoluzionaria nella storia e proiettato in un aldilà di cui né i profeti né Gesù avevano mai, o quasi, parlato. 
   La critica alla sintesi (un po’ confusionaria) del Medioevo cattolico è operata nell’epoca moderna da pensatori di vario orientamento: per alcuni la vita va affrontata senza cedere all’illusione della speranza (come nel caso di Spinoza e di Leopardi), per altri aggrappandosi a una fede che contraddice la ragione filosofica (come nel caso di Kierkegaard). Un’indicazione esistenzialmente proficua può provenire dall’Oriente (per esempio dal buddhista Nagarjuna): non abbiamo nulla da sperare perché tutto ciò di cui abbiamo bisogno è presente nel qui e nell’ora.
    Molto meno convincente l’esito della ricerca in Nietzsche. Sulle tracce di Spinoza e di Leopardi egli critica ogni costruzione teologico-metafisica, ma alla constatazione drammatica che “Dio è morto” fa seguire l’invito a farsi abitare consapevolmente dalla “volontà di potenza”, in nome della quale esaltare le gerarchie sociali, la supremazia sui deboli, la lotta alle visioni egualitarie come il cristianesimo e il socialismo. Insomma: cadute le speranze della tradizione occidentale egli sembra contrapporre la grande speranza di un “Superuomo” che non rinunzia al diritto-dovere di creare nuovi valori. 
    Nel corso della Settimana filosofica i percorsi storico-teorici si sono intrecciati con momenti di ricerca più esistenziale. Sia quando, anche con l’aiuto di spezzoni di film,  sono state illustrate delle vicende biografiche di giganti del pensiero (come Bruno, Galilei, Schopenhauer, Wittgenstein e tanti altri) che si sono trovati in “situazioni-limite” sia quando, in un cerchio più ristretto, ci si è riuniti per mettersi in gioco in prima persona e chiedersi che cosa davvero spero in questa fase della vita – personale e collettiva – e cosa sto facendo per approssimarmi all’ <<oggetto>> del mio sperare. Né è mancata, per un gruppetto, l’esperienza davvero privilegiata di una mini-crociera in barca a vela nel corso della quale – con la guida di una filosofa – i partecipanti si sono confrontati sulla dicotomia “essere radici” o “essere àncore”. 
   Come ogni costruzione umana, anche questa edizione – per quanto positiva – è risultata migliorabile. Il rilievo più condiviso ha riguardato un punto: questi seminari, dichiaratamente destinati ai “non filosofi” (di professione), sono risultati assai poco informali per il livello medio sia delle relazioni introduttive dei filosofi (professionisti) sia degli interventi dei partecipanti (che svolgono professionalmente altre mansioni sociali). L’obiezione  merita certamente di essere soppesata anche in vista di ulteriori edizioni. Così, a caldo, direi che essa va sdoppiata. Se si auspica una maggiore accessibilità delle relazioni introduttive,  destinate a suscitare e coordinare le riflessioni critiche dei partecipanti, non c’è dubbio che su questo registro si può senz’altro lavorare. Non altrettanto agevole mi sembrerebbe, a occhio e croce, il superamento dell’altra difficoltà, relativa al livello medio degli interventi spontanei da parte degli iscritti: è chiaro che avvocati o medici, ingegneri o magistrati, imprenditori o assistenti sociali, che seguono ormai da molti anni queste Settimane, hanno acquisito una preparazione di base e un’attitudine linguistica che non è propriamente da “non filosofi” (di professione). Ma si può chiedere loro di far finta di non essere – nei dodici mesi che intercorrono fra un appuntamento e l’altro – lettori appassionati di filosofia? Di far finta di non frequentare abitualmente conferenze, dibattiti, seminari, presentazioni di libri, cenette filosofiche o altre occasioni di alfabetizzazione filosofica? Ciò che vedrei praticabile, piuttosto, sarebbe una maggiore attenzione dei filosofi-di-mestiere nel ‘tradurre’, in termini sempre più chiari, gli interventi dei filosofi-informali per renderli più accessibili ai colleghi meno navigati. La comunicazione fra umani è sempre problematica ed esposta ai fraintendimenti: nel caso, poi, degli scambi filosofici non è facile trovare l’equilibrio fra la precisione dei concetti e la familiarità delle parole. Senza questo equilibrio si sbanda o verso il tecnicismo specialistico (per cui la filosofia diventa una disciplina come tante altre riservata agli addetti ai lavori) o verso la chiacchiera da salotto (dove ognuno, alla fin dei conti, ha parlato per se stesso, pago di aver esposto emozioni e sentimenti soggettivi pur senza aver dato ad essi una forma concettuale e linguistica condivisibile).

Augusto Cavadi
PS: Chi vuol seguire le prossime iniziative del medesimo genere può anche consultare il sito http://vacanze.domandefilosofiche.it 
(curato da Salvatore Fricano).




lunedì 27 agosto 2018

COME POTREMMO NOI SICILIANI TEMERE DAVVERO GLI SBARCHI ?

Giovanni Ventimiglia, palermitano che insegna nelle università di Lugano e di Lucerna, ha pubblicato domenica 26 agosto 2018 un articolo su Aristotele sull'edizione siciliana di "Repubblica". Tra l'altro scrive: "Fu solo grazie ad alcuni cristiani normanni, illuminati e colti, che Aristotele fece finalmente ingresso nell’Occidente latino. Già con Ruggero II, il normanno che divenne re di Sicilia, l’Occidente cristiano si era aperto per la prima volta alla cultura greca. Con Federico II di Svevia, suo nipote, che era normanno da parte di madre e tedesco da parte di padre, l’Occidente cristiano fece la prima conoscenza della Metafisica di Aristotele. Federico commissionò, infatti,  presso la sua corte , a Michele Scoto, uno scozzese che aveva precedentemente vissuto a Toledo, la traduzione della Metafisica, corredata dal commento di Averroé, dall’arabo al latino. Sappiamo, grazie agli studi di Gauthier, che la traduzione venne completata nel 1224 a Palermo e che nello stesso anno fu portata fisicamente a Napoli, all’università “laica” appena fondata dall’Imperatore. Nel medesimo ateneo napoletano, il cosiddetto Studium Generale, fu chiamato ad insegnare Petrus de Hibernia (Pietro d’Irlanda), un irlandese, che era un aristotelico puro e verosimilmente tenne corsi sulla Metafisica e sulla Fisica di Aristotele. Immaginate la situazione: un irlandese insegna a Napoli la Metafisica del greco pagano Aristotele, servendosi del Commento del musulmano Averroè, tradotti da uno scozzese dall’arabo in latino a Palermo grazie ad un imperatore cristiano metà tedesco e metà francese!" .
Salvini e i suoi adepti non sanno niente di queste tradizioni interculturali e transculturali: come pretendere che capiscano le proteste al porto di Catania contro le sue politiche di miope trinceramento indentitario?  Di Maio e altri parlamentari grillini di origine meridionale avrebbero un retroterra culturale più adatto: speriamo  che ne prendano crescente consapevolezza.

mercoledì 22 agosto 2018

LA FILOSOFIA DELLA SPERANZA NELL'EPOCA DELLA DISPERAZIONE

WWW.ZEROZERONEWS.IT

 Su richiesta del direttore Gianfranco D'Anna ho spedito da Lovere (Bergamo) questo aggiornamento sulle vacanze filosofiche in corso.



       Alla fine del mio ultimo anno di liceo (1968-69) scelsi la facoltà di filosofia perché pensavo fosse un modo di contribuire a cambiare il mondo. Per fortuna in quegli anni non era impossibile optare per l’insegnamento nei licei: e fu questo un primo ambito di servizio culturale e politico. Ben presto, però, capii che fuori dalle aule scolastiche c’era molta gente desiderosa di pensare con la propria testa, e di confrontarsi spregiudicatamente con concittadini altrettanto desiderosi di mettersi in gioco: da qui una serie di iniziative che, grossolanamente e un po’ autoironicamente, definisco “filosofia per non…filosofi (di professione)” (cfr. il sito http://vacanze.domandefilosofiche.it).

  Mentre batto queste righe al computer sono a Lovere, sulla sponda bergamasca del delizioso lago d’Iseo, dove dal 21 al 27 agosto ho co-organizzato, con un collega e amico di Roma (Elio Rindone), la XXI  “Settimana Filosofica per non …filosofi”. Come ogni anno, anche quest’anno la partecipazione (che cerchiamo di contenere entro quaranta persone)  è varia per provenienza geografica (dalla Lombardia alla Sicilia), per età (dai 28 anni ai 96), per stato sociale (disoccupati e magistrati, impiegati e insegnanti di varie discipline). Sin da ieri sera (all’incontro di apertura in cui ognuno è stato invitato a presentarsi e comunicare brevemente le sue aspettative) si è registrato un diffuso interesse per la tematica prescelta: Lo spazio della speranza nell’epoca della disperazione. Per una tragica coincidenza la discussione è partita a pochi giorni dal disastro del ponte di Genova, a poche ore dall’esondazione del fiume nel Pollino e mentre una nave carica di immigrati vaga nel Mediterraneo in attesa che qualche governo si degni di accoglierla; più ampiamente in una fase storico-politica italiana e internazionale dove le velleità sovranistiche (un modo eufemistico di ribattezzare i disastrosi nazionalismi del XX secolo) sembrano minacciare quel poco di cooperazione che, faticosamente e non senza contraddizioni, si stava costruendo all’interno dell’Europa e fra Occidente e Oriente. Ma la speranza, per quanto possa avere echi collettivi, nasce come atteggiamento squisitamente personale: ed è proprio come soggetti individuali che ci troviamo orfani delle “grandi narrazioni”  - dalla tradizione ebraica e cristiana al comunismo marxista e alla socialdemocrazia – ed esposti al mistero di un universo sempre più grande di quanto riusciamo a percepirne. Veramente, per dirla con Malraux, siamo la prima generazione dell’umanità che non sa che cosa ci sta a fare sulla terra.In questo contesto la filosofia non ha né ricette da prescrivere né, tanto meno, consolazioni da distribuire: ciò che può, e vuole, fare è capire la cause di questa situazione spirituale e dunque esaminare criticamente alcune ipotesi per uscirne senza precipitare dalla padella dello smarrimento alla brace dei fondamentalismi dogmatici.  In questa disamina i due organizzatori saremo aiutati da tre colleghi che stimiamo molto: Francesco Dipalo che, attraverso alcuni pensatori occidentali, interrogherà il buddhismo; Orlando Franceschelli che, con tutta la vigilanza critica necessaria,  darà voce alle ragioni di Nietzsche; Salvatore Fricano che racconterà alcune esistenze filosofiche in cui la speranza è stata incarnata prima che teorizzata. 

    Insieme alle dichiarazioni di interesse si sono registrate già al primo incontro propedeutico delle riserve di segno contrario: qualcuno ha sinceramente ammesso di essere stato indotto a tornare, più che dal tema specifico, dal desiderio di ritrovare il clima di cordialità amichevole, di autenticità etica e di libertà intellettuale respirato in edizioni precedenti. Qualche altro (Chiara) ha un po’ spiazzato l’uditorio confessando di non condividere il titolo della Settimana: perché nell’epoca della disperazione? Se il titolo fosse realistico, lei sarebbe una “disperata a propria insaputa”. Qualche altro ancora ha obiettato che non sarebbe strano: parafrasando Heidegger, si può essere talmente disperati da non sapere neppure di esserlo. 
Insomma, come in ogni contesto filosofico non inquinato da diplomazie accademiche, la gamma delle posizioni si è da subito delineata vasta e articolata. Abbiamo visto come si è avviata la riflessione, sapremo in pochi giorni come si concluderà.

Augusto Cavadi
www.augustocavadi.com
    

    



 






lunedì 20 agosto 2018

IL GOVERNO ATTUALE RISPETTA LE CARTE INTERNAZIONALI SUI DIRITTI UMANI?

Un neuropsichiatra che stimo intellettualmente mi ha pregato di ospitare nel mio blog un suo scritto riguardante le attuali scelte del Governo italiano riguardo i migranti e i rifugiati. E' un testo esteso e impegnativo (a differenza dei testi che abitualmente pubblico qui: sappiamo che le cose da leggere sono infinitamente più numerose del tempo a disposizione in una sola esistenza), ma lo voglio affidare, come messaggio in bottiglia, al mare di Internet. Magari qualcuno che si sta occupando dell'argomento scientificamente, o che - avendo accettato di rappresentarci nelle Istituzioni repubblicane - dovrebbe occuparsene, troverà spunti interessanti al di là e al di sopra delle polemicuzze elettorali.
                                                A.C.


                 NON SOLO SOLIDARIETA’ EMOTIVA, MA DIRITTI UMANI


Lasciando ad Augusto Cavadi il diritto umano (ci mancherebbe, dato il tema successivo)!  di non pubblicare questa mail, o di limitarsi ad un suo telegrafico riassunto, come anche di cogliere lo spunto per farne oggetto di un suo commento, come lettore qualsiasi del blog vorrei proporre un quesito generale, esponibile in forma molto semplice.
Un ministro di uno Stato è tenuto ad osservare (nell’esercizio delle sue funzioni) la dichiarazione dei Diritti Umani delle Nazioni Unite?
A proposito della posizione che il ministro dell’Interno tiene nei confronti del problema dei migranti (anzi nei confronti dei migranti come esseri umani, perche’ i migranti sono esseri umani in  carne ed ossa, non sono “un problema”, anche se per il ministro sembra che costituiscano un fatto personale) mi chiedevo: un semplice ministro degli Interni di una nazione  e’ piu’ potente delle Nazioni Unite ? 
Può zittirle , lui da solo ?
Ed ancora: si puo’ considerare  come fatto normale che un ministro degli Interni non conosca le dichiarazioni delle Nazioni Unite sui diritti umani?
Un ministro e’ in una posizione protetta. Occorre prudenza nel criticarne l’operato.
Ma, prima di essere denunciato, Saviano incitava tutti i cittadini a prendere una posizione morale,  opponendosi alle ingiustizie scopertamente, rinunciando all’assenteismo che è in definitiva  corresponsabile del reato.
Ora,  ci si puo’ chiedere se gli altri italiani le conoscono e sanno in che modo esse hanno a che fare con i migranti e con i diritti che essi hanno come esseri umani, diritti che , ovviamente, non valgono nulla se non sono rispettati da altri esseri umani.
La realta’ dell’arrivo spontaneo e non riconosciuto di migranti che giungono in Italia per fuggire alla fame, alla miseria, all’assenza di liberta’ attuale e di speranze di un futuro migliore  nel loro paese di origine, è cosa che oggi è dibattuta sui due fronti opposti. 
Uno, anche utilizzando un certo potere pubblico, agitando l’opinione popolare  con continue e dure espressioni di rifiuto violento talora al limite della disumanita’, si oppone.
A meta’ tra le due parti, per dovere di informazione, i media riportano talora episodi che , se non fossero realmente  avvenuti, avrebbero l’ aspetto di moderne versioni di racconti deamicisiani strappalacrime, come i bagnanti che stavano a prendere il sole  sulla spiaggia e hanno accolto e rifocillato migranti approdati con un gommone. 
Dall’altro fronte  molti italiani ritengono, insieme a milioni di  altri nel mondo, che non si debba vedere la solidarieta’ emotiva come la cura che si oppone alla disumanita’. La bonta’ umana non e’ un antidoto alla violenza umana, pena il diluirsi in un lacrimoso buonismo socialmente sterile.
Queste persone  ritengono con fondate ragioni (basate su precise scelte politiche, culturali, legali, proclamate ormai da piu’ di mezzo secolo e riconosciute come dotate di potere legiferante per le nazioni che le hanno accettate),    che ogni individuo abbia diritto ad essere aiutato a ritrovare la serenità non tanto in quanto è sofferente, ma piuttosto in quanto è un essere umano. 
Non per effetto di umana pietà, ma per effetto di un suo diritto fondamentale al raggiungimento della serenità, diritto che gli appartiene in quanto persona.

Ora, appare a molti curioso ma soprattutto stravolgente ogni logica, il fatto che in Italia un uomo, pure dotato di potere politico ottenuto dal voto elettorale, e che egli usa con criteri che molti cittadini italiani rifiutano come abuso personale delle sue facolta’ politiche,  possa permettersi di disattendere con atteggiamenti che ci si potrebbe aspettare da un da agitatore del popolo, una realta’ (la Dichiarazione Universale dei diritti umani), che fu dall’assemblea della Nazioni Unite proclamata nel 1948, cioe’ 25 anni prima che egli nascesse in un paese (l’Italia) la quale  l’ha accettata. Si pone quindi la domanda: un uomo che si atteggia da piu’ potente delle Nazioni Unite puo’ essere definito un politico democratico ?
In caso negativo, qual e’ il nome appropriato ?
Altrettanto stupisce l’inerzia degli italiani che accettano la sua versione mediterranea 
( populisticamente a camicia sempre aperta sul collo) della concezione di un dichiaratamente riconosciuto dittatore come Josip Stalin, che faceva riscrivere la storia dell’Unione Sovietica secondo i suoi voleri.
O forse gli italiani non sono inerti, piu’ semplicemente ma ancora piu’ colpevolmente (l’ignoranza non e’ scusa per la legge) sono ignoranti, non hanno la piu’ pallida idea che esista (e  debba essere rispettata anche in Italia, che l’ha ufficialmente accettata) una Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo?
Eppure dovrebbe, in una democrazia, esserci in tutti i cittadini la profonda convinzione che conoscere i propri diritti umani aiuti ogni uomo a guarire dalle ferite che altri, violando gravemente tali suoi diritti, gli hanno inferto. E contemporaneamente impedisca a qualunque violento di compiere tali azioni delittuose su altri esseri umani.
Se gli italiani ignorano tali dichiarazioni umanitarie, occorre forse ricordarle loro?
Occorrerebbe il possesso di strumenti culturali come quelli di cui dispongono politici democratici, sociologi o  giuristi impegnati a cercar di rinnovare la societa’, , filosofi attenti all’oggi per potere  scrivere efficacemente su tali argomenti.
Ma anche una persona comune puo’ cercare nel patrimonio culturale disponibile a tutti queste basi fondamentali della civiltà umana odierna. Internet non mette a disposizione solo video pornografici . 
Educare ad essere persona, ad essere individuo consapevole di poter essere presente nella realtà in modo non sottomesso, è una strada di prevenzione delle sofferenze  che vale la pena di incitare a percorrere.

E allora ognuno puo’ fare la sua ricerca personale e raccontarla a chi voglia ascoltarla, dalla Dichiarazione Universale dei Diritti Umani del 1948, fino alla Convenzione sui Diritti dei Bambini e dei Minori del 1990.

L’art. 1 della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo dice :

“Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti. Essi sono 
           dotati di ragione e di  coscienza e devono agire gli uni verso  gli altri con 
            spirito di fratellanza.”

Le parole chiave, concettualmente importanti, e i valori sottintesi ad esse, di forte impegno,  etico sono :
·       la dignità umana
·       la coscienza
·       la ragione
·       la libertà
·       la fratellanza


La Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo sancisce diritti innati della persona. Essi sono innati perché basati su principi che valgono nei confronti di tutti (a prescindere dalla capacità del soggetto di sostenerli, come è nel caso del bambino) ed obbligano tutti al rispetto di questi principi e dei diritti umani conseguenti (a prescindere dalla loro espressa accettazione: anche il genitore violento, il padre padrone è obbligato a rispettare la persona di suo figlio e i suoi diritti di bambino).
Tali diritti, e i principi che sono alla loro base, raggiungono la dignità di “norme di diritto generale inderogabile”.
Sono infatti espressioni normative di diritti fondamentali in quanto proteggono non soltanto tutti i singoli individui, ma anche interi gruppi etnici e, in definitiva, l’intera comunità umana nel suo insieme, cioè l’intera umanità.

I diritti fondamentali sono inerenti alla persona, sono innati, esprimono i bisogni vitali materiali e spirituali della persone, quindi sono inviolabili, imprescrittibili, inalienabili.
In pratica   - per il fatto di essere un individuo, una persona -   ciascun essere umano ha questi diritti fin dalla nascita, senza bisogno di conquistarseli con una qualsiasi azione o comportamento e non può rinunciare ad essi né tali diritti decadono con il passare del tempo né possono essere violati dagli altri.

La legge o lo Stato o gli altri esseri umani, li “riconoscono”, ne prendono atto, non li “attribuiscono” né tanto meno li creano, come avviene invece per i diritti soggettivi .

Tutti gli esseri umani, le organizzazioni, gli Stati, hanno l’obbligo di tutelare o garantire questi diritti fondamentali perché hanno l’obbligo di soddisfare i bisogni vitali essenziali retrostanti.
L’uomo, in quanto portatore di diritti inderogabili, è soggetto di ogni ordinamento e, all’interno di esso, assume una posizione di sovranità.
Lo Stato, o anche la famiglia stessa, sono entità derivate che non possiedono in se stesse le ragioni del proprio essere, ma hanno come fine il benessere dei singoli individui grazie al soddisfacimento dei loro bisogni vitali o diritti fondamentali.
E poiché tutte le persone umane hanno gli stessi bisogni vitali, in ogni parte del mondo, in ogni Stato, in ogni gruppo,  dovrebbe esserci la stessa legittimazione dell’autorità.
Vale a dire in ogni Stato, in ogni gruppo,  l’autorità dovrebbe essere legittimata soltanto dal proprio corretto comportamento di servizio nel rispondere completamente ai bisogni vitali dei singoli individui che si trovano sul suolo della nazione.

La democrazia, politica o di gruppo, è l’unica forma di rapporto sociale compatibile con i diritti umani, perché il potere appartiene all’individuo, figlio, o singolo membro, di una comunità, o popolo intero.
E l’individuo, il figlio, il popolo è sovrano perché   - per la sua quota -   è titolare dei diritti innati e perciò di potere originario.
E l’autorità non dovrebbe perseguire altro scopo che il soddisfacimento dei bisogni primari vitali dei singoli individui, cittadini stranieri al momento ospiti per qualsiasi motivo. Sia il cittadino, sia il turista, sia il migrante hanno il diritto che essere tutelati dalla Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo, fin da quando  una nazione l’ha accettata.
E lo Stato non dovrebbe quindi essere altro che Stato di diritto e Stato sociale.

Queste norme sui diritti umani sono importanti non soltanto per ciò che sono letteralmente (quindi per ciò che enunciano, sanciscono, vietano). 
Ancora di più sono importanti per ciò che implicano (sul piano dell’azione) dando vita a nuove istituzioni, programmi, scelte di comportamento.
Le norme dei diritti umani sono la molla che motiva ad agire e spinge all’azione.
Ma un’azione puo’ essere sia umana sia disumana,  sia buona sia cattiva. 
Ed un’azione moralmente cattiva e per di piu’ pubblica e’ doppiamente cattiva.
Ci si puo’ chiedere se si deve porre rimedio  anche alla mancata conoscenza di un ministro che ignora le parole di S.Agostino vescovo di  Ippona ,nato nel 354 d.C a Tagaste, oggi Souk Ahras, nell’odierna Algeria, quindi africano di origine  ),che  gia’ affermava ben 1547 anni prima della nascita di tale ministro.

                   Ciascun malvagio è autore della propria opera malvagia     .

                      (“Quisque malus, malefacti sui opus est”

S.AGOSTINO, De gratia et libero arbitrio I,1,2. pubblicato nel 426 d.C.)


La questione dei rapporti tra Stati per quanto riguarda la possibilita’ di connessione tra le diverse legislazioni nazionali al fine di dare un valore legale ad un dichiarazione delle Nazioni Unite, e’ materia estremamente complessa e dovrebbe essere chiarita da un punto di vista giuridico specialistico.
In campo di diritto internazionale le definizioni sono più sfumate, più imprecise, perché non è facile definire esattamente quale interesse tutela la norma. Infatti le norme di diritto interno ad ogni Stato sono espresse da leggi scritte preesistenti al comportamento dei singoli governi,.
Invece le norme di diritto interno ad ogni Stato sono espresse da leggi scritte preesistenti al comportamento dei singoli governi, per cui  - a seconda delle interpretazioni -  l’oggetto di una norma può essere individuato in un modo oppure in un altro 


Ma ci si puo’ porre la domanda da un punto di vista genericamente umano.

1)   I rapporti tra Stato e Stato sono regolati da leggi che costituiscono il complesso delle norme del diritto internazionale.
2)   I contenuti delle varie Dichiarazioni e Convenzioni sui diritti dell’uomo e del bambino hanno valore di riconoscimento di diritti, ma non di definizione delle pene in corso di violazione dell’obbligo di rispettare tali diritti. Il diritto penale qualifica come delitti e, di conseguenza, sanziona svariate forme di maltrattamento, per esempio, dei bambini. È tuttavia, chiaramente, molto sintetico nel descrivere in maniera positiva e diretta i diritti stessi dei bambini.
3)   Si può quindi assumere che tali diritti fondamentali abbiano (in una prospettiva di ragionamento naturale), oltre che valore etico, anche forza e dignità di legge, la quale fornisce inoltre una dettagliata esposizione dei diritti stessi, della loro natura, portata, ecc. anche le indicazioni per il rispetto di tale legge  ?

Le dichiarazioni del ministro suscitano una quantita’ di domande anche sulla sua disponibilita’ a rispettare i diritti dei bambini, ad impedire la violenza sulle donne migranti, grazie a provvedimenti ufficiali di piu’ umana ed attenta accoglienza, con un insieme di accordi ufficiali tra nazioni della EU. Ci si puo’ chiedere se sarebbero costrette a prostituirsi al confine tra Italia e Francia ragazze  minorenni  se avessero potuto  giungere nel paese da loro indicato munite di  un’autorizzazione dello Stato italiano, e di un regolare biglietto di treno unito ad un visto di transito.
Non potendo e non volendo pero’ io abusare della cortesia e pazienza di Augusto Cavadi,  non porro’ altre domande sull’osservanza ministeriale delle dichiarazioni delle Nazioni Unite, e mi limito a segnalare in allegato ( ad eventuali interessati) un elenco delle principali  dichiarazioni delle Nazioni Unite per la protezione dei diritti umani, tuttora non disdette anche se pronunciate nel periodo ormai lontano dal 1948 al 1998.




                                  CRONOLOGIA DEI PRINCIPALI ATTI ADOTTATI
                                       NEL SISTEMA DELLE NAZIONI UNITE
                                 PER LA PROTEZIONE E LA PROMOZIONE
                                         DEI DIRITTI UMANI (1948-98)



9 dicembre 1948
L’assemblea generale (AG) adotta la convenzione  sulla  prevenzione e la  punizione 
del crimine di genocidio. Entrata in vigore il 12 gennaio 1951.


10 dicembre 1948
L’AG adotta la dichiarazione universale dei diritti umani. Risoluzione n. 217 A (III).

12 agosto 1949
La Conferenza diplomatica adotta le Convenzioni di Ginevra relative alla protezione delle vittime nei conflitti armati interni e internazionali.

2 dicembre 1949
L’AG adotta la Convenzione per l’abolizione del traffico delle persone e dello sfruttamento della prostituzione. Entrata in vigore il 25 luglio 1951.

14 dicembre 1950
L’AG adotta lo Statuto dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati. Risoluzione n. 428 (V).

20 dicembre 1952
L’AG adotta la Convenzione sui diritti politici delle donne. Entrata in vigore il 7 luglio 1954.

7 settembre 1956
La Conferenza dei plenipotenziari delle Nazioni Unite adotta la Convenzione supplementare sull’abolizione della schiavitù, del commercio degli schiavi e di ogni altra pratica simile alla schiavitù. Entrata in vigore il 30 aprile 1957. (La Convenzione sulla schiavitù fu adottata il 25 settembre 1926).

25 giugno 1957
La conferenza generale dell’Organizzazione internazionale del lavoro adotta la Convenzione sull’abolizione del lavoro forzato.

20 novembre 1959
L’AG adotta la Dichiarazione sui diritti del bambino. Risoluzione n. 1386 (XIV).

20 novembre 1963
L’AG adotta la dichiarazione per l’eliminazione di tutte le forme di discriminazione razziale. Risoluzione n. 1904 (XVIII).

7 dicembre 1965
L’AG adotta la dichiarazione sulla promozione tra i giovani degli ideali di pace, rispetto reciproco e comprensione tra i popoli. Risoluzione n. 2037 (XX).

7 novembre 1967
L’AG adotta la Dichiarazione sull’eliminazione della discriminazione nei confronti delle donne. Risoluzione n. 2263 (XXII).

26 novembre 1968
L’AG adotta la Convenzione sulla imprescrittibilità dei crimini di guerra e contro l’umanità. Entrata in vigore l’11 novembre 1970.


30 novembre 1973
L’AG adotta la Convenzione internazionale per la soppressione e la punizione del crimine di segregazione razziale (apartheid). Entrata in vigore il 18 luglio 1976. Viene istituito il “Gruppo del tre” per l’esame della sua realizzazione.

19 novembre 1974
La Conferenza generale dell’UNESCO adotta la Raccomandazione sull’educazione per la comprensione, la cooperazione e la pace internazionali e sull’educazione ai diritti umani e alle libertà fondamentali.

9 dicembre 1975
L’AG adotta la Dichiarazione contro la tortura ed ogni altra punizione o trattamento crudele, inumano o degradante. Risoluzione n. 3452 (XXX).

16 dicembre 1977
L’AG adotta la risoluzione relativa al riconoscimento del principio di interdipendenza e indivisibilità di tutti i diritti umani. Risoluzione n. 32/130.

25 novembre 1981
L’AG adotta la Dichiarazione sull’eliminazione di tutte le forme di intolleranza e di discriminazione fondate sul credo e la religione. Risoluzione n. 36/55.

12 novembre 1984
L’AG adotta la Dichiarazione sul diritto dei popoli alla pace. Risoluzione n. 39/11.

10 dicembre 1984
L’AG adotta la Convenzione contro la tortura ed ogni altro trattamento o punizione crudele, inumana o degradante. Entrata in vigore il 26 giugno 1987. Viene istituito il Comitato contro la tortura.

13 dicembre 1985
L’AG adotta la Dichiarazione sui diritti umani delle persone di nazionalità diversa da quella dei paesi in cui vivono. Risoluzione n. 40/144.

20 novembre 1989
L’AG adotta la Convenzione sui diritti dei bambini. Entrata in vigore il 2 settembre 1990. Viene istituito il Comitato sui diritti del bambino.

18 dicembre 1992
L’AG adotta la Dichiarazione sui diritti delle persone appartenenti a minoranze nazionali o etniche, religiose e linguistiche.

25 maggio 1993
Il Consiglio di sicurezza istituisce il Tribunale internazionale per i crimini commessi nella ex Jugoslavia a partire dal 1991. Risoluzione n. 827.

20 dicembre 1993
L’AG adotta la Dichiarazione sull’eliminazione della violenza contro le donne. Risoluzione n. 48/104.

8 novembre 1994
Il Consiglio di sicurezza istituisce il Tribunale internazionale per i crimini di genocidia commessi in Rwanda. Risoluzione n. 955.

3 aprile 1998
La Commissione diritti umani adotta la dichiarazione sul diritto e le responsabilità degli individui e dei gruppi sociali di promuovere e proteggere i diritti umani e le libertà fondamentali internazionalmente riconosciuti. Risoluzione n. 1998/7.

Partita decenni dopo l’Europa (e per di più divisa in una dissonante multiformità di differenze etniche, culturali, geografiche ed economiche, ed oppressa da pesanti gravami di sfruttamento capitalistico delle risorse del suo suolo) l’Africa stessa si sta muovendo anch’essa verso l’alba della organizzazione di un’unità africana.
Una indicazione iniziale:
1)   Convenzione sui rifugiati in Africa (10 settembre 1969, entrata in vigore il 20 giugno 1974).
2)   Carta Africana dei Diritti Umani e dei Diritti dei Popoli (27 giugno 1981, entrata in vigore il 21 ottobre 1986) comprendente l’istituzione della Commissione Africana per i diritti umani e per i diritti dei popoli).
3)    Carta Africana sui diritti dei bambini (11 luglio 1990) con l’istituzione del Comitato Africano sui diritti dei bambini.

                                                                Giorgio Vallero

                                                         drvallerogiorgio@gmail
PS: Per saperne di più sull'autore cfr: