sabato 29 settembre 2007

PSICOLOGIA


“Repubblica - Palermo”
29.9.07

Il collasso dei “sistemi”

Augusto Cavadi

FERRARO A.M. - LO VERSO G.
Disidentità e dintorni
Franco Angeli
Pagine 123
Euro 15

Sia il titolo (Disidentità e dintorni) che il sottotitolo (Reti smagliate e destino della soggettività) lasciano presentire che questo denso volume è destinato ad un pubblico di specialisti in scienze umane, o per lo meno ad un pubblico colto. I due autori (entrambi palermitani: una giovane studiosa agli esordi ed il suo maestro già affermato in campo nazionale) affrontano infatti il tema della condizione umana oggi dall’angolazione del rapporto fra “l’identità” e del suo “solvente corrosivo, la dis-identità“. I percorsi concettuali ed argomentativi non arrivano a conclusioni definitive, ma segnalano un dato allarmante: il Sè - quella “fragile realtà psicologica” che ciascuno di noi è - sì è avvicinata al “punto di rottura oltre il quale i sistemi familiari, culturali, istituzionali” collasserebbero. Non ogni naufragio del vecchio è, di per sé, biasimevole, ma solo se “un’avanguardia disincantata” - “intellettuali, filosofi, scienziati, psicoterapeuti ed interpreti” - vigili per “comprendere” e, nel caso, “correggere (…) le coordinate di questo nuovo mondo”.

venerdì 28 settembre 2007

DENTRO LE MURA DOMESTICHE


Centonove 28.9.07

Augusto Cavadi

CHI E’ SENZA VIZI…

Il funzionario di una banca svizzera propone ad un amico filosofo di tenere una conferenza: non per scopi puramente teoretici, ma per favorire l’intesa di squadra fra i dipendenti della stessa. Dopo non poche esitazioni, l’interpellato accetta. “Pensai: fra gli ostacoli nella realizzazione di un team, vi saranno senz’altro anche i vizi umani. Ebbene, io potrei parlar di quelli, mostrando poi alcune dinamiche fra colleghi a partire dai vizi. Accettai la scommessa. La serata andò benissimo. Accomunato dai vizi, il team si consolidò! E io mi ritrovai fra le mani, senza volerlo, un testo di quello che oggi si chiama counseling filosofico, cioè: come ti uso la filosofia - persino quella medievale - per fini più disparati, tipo il team doing della banca. Chi l’avrebbe detto: Tommaso d’Aquino riscoperto da una banca svizzera” (G. Ventimiglia, “Vizi. Esercizi per casa”, Apogeo, Milano 2007, p. VIII).

Si potrebbe obiettare che la filosofia non è qualcosa che si può ‘usare’ senza sfigurarla dal momento che l’inutilità gratuita le appartiene costitutivamente. Ma chi apre questo brillante volumetto del Direttore dell’Istituto di filosofia applicata dell’Università di Lugano si rende conto, sin dalle prime righe, che va interpretato con elasticità, senza pedanterie: con un pizzico di quella (auto) ironia con cui è stato redatto nella convinzione che “certa filosofia serissima oggi di moda” sia “un po’ noiosa” (p. IX). Autoironia, registro linguistico colloquiale, leggerezza di tocco: nessuna di queste caratteristiche offusca, a differenza di quanto accade in tante altre pubblicazioni divulgative, la solidità ’scientifica’ dell’impianto strutturale.
***
La trama teoretica, infatti, riproduce il catalogo classico dei sette vizi “capitali” (cioè principali): dal più grave (superbia o vanagloria) ai meno gravi (gola e lussuria), passando - in ordine decrescente - per invidia, ira, accidia, avarizia.
Il superbo è uno che deve innalzare sé sopra gli altri. A qualunque costo. Di solito lo si riconosce perché “parla e straparla di sé” (p. 35), cercando di mettere in ombra chiunque possa costituire - anche solo oggettivamente - un concorrente. Del superbo “standard” (p. 37) esistono diverse versioni: il “silenzioso” (che parla poco per lasciar supporre agli altri chi sa quale alta sapienza ed evitare di “svelare la propria nullità“); il “simpatico” (capace di stare per un’intera cena al centro dell’attenzione con storielle e battute, senza lasciare spazio a nessun altro commensale “dal momento che considera l’umanità - lui escluso ovviamente - una nullità“); il brontolone (”una specie di superbo capovolto: invece di ostentare la sua eccellenza, ostenta le sue disgrazie, che presenta come le più gravi del mondo”, anche perché accentuate dall’incomprensione e dall’ingratitudine dell’intero universo); l’ “umile” (forse la versione più “subdola e insidiosa”: “non si cimenta in nessuna grande impresa, a cominciare dal fare nel migliore dei modi il suo lavoro, per paura di poter sbagliare, per paura di non essere il primo”).
L’invidioso - esteriormente si riconosce in quanto deride (privatamente) o addirittura diffama (pubblicamente) chiunque raggiunga un traguardo considerato d’impedimento alle proprie mire - prova interiormente due “sentimenti soggettivi” opposti: “la gioia per le avversità degli altri (exultatio in adversis) o la tristezza per la loro prosperità (afflictio in prosperis)” (p. 39). Il vizio dell’invidia vanta un primato poco… invidiabile: è “l’unico a non provocare alcun piacere” in chi lo esercita, come “un tarlo che rode anzitutto chi ce l’ha” (p. 9).
“I sintomi classici dell’ira” - siamo così al terzo peccato capitale - coinvolgono il triplice piano delle emozioni (”indignazione” e “tracotanza”), delle parole (”clamore” ed “insulto”) e delle azioni (”risse”, “lesioni a terzi” e “omicidi”). Ma non va dimenticato che, in sé, l’ira è una passione e, in quanto tale, moralmente ambivalente. Se preceduta da una valutazione razionale e mirata a ripristinare una situazione giusta, non solo non è un difetto, bensì addirittura una virtù. Vizio lo diventa se precede ogni esercizio della ragione e se mira a colpire, più che l’infrazione delle regole, la persona che le ha infrante (cfr. pp. 11 - 15).
“I sintomi dell’accidia” - quarto vizio capitale - “sono difficili da definire, dal momento che tale vizio assomiglia molto a una patologia vera e propria: la depressione. Tuttavia, mentre la depressione è solo da curare (…), l’accidia è da evitare, come la pigrizia e l’indolenza sue sorelle quasi gemelle” (p. 47). Inutile usare contro gli accidiosi, ad esempio certi adolescenti, le maniere forti: “se, infatti, tutto nasce dal sentimento di disincanto e disperazione nei confronti del senso della vita, i genitori, prima di adottare metodi duri, dovrebbero chiedersi se hanno trasmesso ai figli la gioia di vivere, la testimonianza che la vita, nonostante tutto, ha un senso e riserva gioie a chi, seppure con fatica, le sa cercare” (p. 49).
“I sintomi dell’avarizia ” - quinto vizio dell’elenco - si possono distinguere in “psicologici” ed “esteriori” (p. 51). Fra i primi possiamo annoverare “l’indurimento del cuore o disumanità” e “l’inquietudine” di chi è insaziabile e per giunta teme di perdere ciò che ha già conquistato; fra i secondi “il furto e l’inganno”. I vantaggi che può produrre questo vizio non sono comparabili con gli inconvenienti. Lo aveva già visto Marx (che, a torto, limitava la sua analisi alla classe dei capitalisti): “Quanto meno mangi, bevi , compri libri, vai al teatro, al ballo e all’osteria, quanto meno pensi, ami, fai teorie, canti (…), tanto più risparmi. Ma tanto più hai, quanto meno tu sei, quanto meno realizzi la tua vita” (cfr. p. 22). L’avaro non è sfiorato dalle “nuove scoperte sull’idea di benessere, secondo cui esso implica una buona qualità di vita, un rapporto equilibrato tra averi e piaceri”: l’idea che “si possa essere relativamente poveri ma felici, gli sembrerà non già la tesi di premi nobel dell’economia, come è, ma una trovata giornalistica di qualche comunista” (p. 71).
Il goloso che sia davvero imputabile del sesto vizio capitale lo si riconosce a tavola e, ancor più, quando non mangia. Sino a quando sa apprezzare il cibo e il buon vino non solo non è in difetto, ma anzi dà segni di sanità fisica e morale. La sintomatologia diventa preoccupante quando non si pensa a niente di meglio che a “corsi di cucina, di sommelier, viaggi per le vie dei vini e dei tartufi, dell’olio e dello champagne” (p. 55). Quando “si arriva a un punto di demenza tale da recarsi in città d’arte non più per ammirarne i monumenti ma per andar a mangiare in quella trattoria”; da dedicare, a Venezia, “dieci minuti per visitare San Marco e tre ore per mangiare al ristorante tipico veneziano”; da sapere “tutto della ribollita e niente della torre di Pisa, tutto della trippa e niente del Colosseo”; da rispondere, alla domanda su che cosa venga in mente quando si pensa alla visita di Palermo, “le arancine” (pp. 55 - 57). (Il sintomo sarebbe meno grave, però, se si rispondesse: “la pasta con le sarde”).
“I sintomi più comuni della lussuria” - vizio che chiude, in quanto meno rilevante e coinvolgente dei precedenti, la serie - sono: fornicazione (l’unione sessuale al di fuori del matrimonio), incesto, stupro, adulterio (l’unione sessuale con un partner che non coincide con la propria moglie o il proprio marito) e ratto (cioè il rapimento della fidanzata senza il consenso paterno di solito finalizzato al matrimonio segreto)” (p. 59). E’ il vizio meno antipatico del gruppo e ogni suo sintomo è sottoposto alle vicende ermeneutiche della storia sociale dell’umanità. La sua essenza rimane però costante: fare “dei piaceri sessuali il centro della vita, attorno a cui ruota tutto il resto” (p. 62). Quando ciò accade, non è infrequente che si registrino inconvenienti poco gradevoli su cui i pensatori medievali avevano attirato l’attenzione: “cecità della mente, irriflessione, incostanza, precipitazione, amore di sé, odio di Dio, attaccamento al mondo presente, disperazione per il mondo futuro”. Ovviamente ad alcuni di questi esiti si può arrivare anche percorrendo vie diverse, talora persino opposte: come l’astensione forzata - a causa di vincoli psicologici moralistici o di condizionamenti oggettivi - da qualsiasi godimento sessuale. E ci possono essere casi in cui un pizzico di civetteria più o meno seduttiva libera da momenti depressivi, come testimonia un’amica tedesca dell’autore che, a tale scopo, si reca appositamente a passeggiare per le vie di qualche rione popolare di Palermo: vi raccoglie, infatti, “i fischi, i complimenti, gli apprezzamenti ad alta voce”, riacquista la fiducia in sé stessa e si conferma nella convinzione che “la lussuria, certe volte, è meglio del prozac” (p. 63).
Il “libricino” è sigillato da alcuni “giochi”, come il resto delle pagine solo apparentemente futili, tesi a individuare i vizi nelle persone che ci circondano e più ancora nella nostra identità: non per giudicare né per giudicarci, quanto per “accettare in profondità tutte le parti di noi” e così “comprendere e sopportare meglio gli altri” (p. 78).

giovedì 27 settembre 2007

Seminario a Petralia Sottana (6 - 7 ottobre 2007)


ASSOCIAZIONE SCUOLA DI FORMAZIONE ETICO-POLITICA COMUNE DI PETRALIA SOTTANA
“GIOVANNI FALCONE”

SEMINARIO RESIDENZIALE

Cittadini mediamente onesti e partiti politici:

confronto fra delusi, possibilisti e soddisfatti

Petralia Sottana (PA) – Convento dei Padri Riformati
Sabato 6 - domenica 7 ottobre 2007
Il senso del seminario è quello di confrontarsi da posizioni differenti sui partiti, come sono e come potrebbero diventare. Abbiamo invitato persone che hanno vissuto o vivono esperienze diverse, istituzionali e non. L’obiettivo del confronto non è quello di ingrossare la corrente, spesso qualunquistica, dell’antipolitica. I vizi dei partiti non sono diversi dai problemi della società che li esprime e ne determina - con il voto, ma anche con l’astensione - la classe dirigente. Avendo chiaro che le formazioni politiche svolgono nelle democrazie un ruolo molto importante e che l’impegno di ciascuno è fondamentale per giusta conduzione della cosa pubblica, bisogna capire dove e se è possibile mutare, in noi e nei partiti, quegli aspetti che allontano sempre più cittadini e forze politiche organizzate.

SABATO 6
10,30: Arrivi, iscrizioni, accoglienza reciproca
11,30: Breve presentazione dell’iniziativa (Francesco Palazzo, presidente Scuola “Falcone”)
11,45. Saluto del Sindaco di Petralia Sottana (Santo Inguaggiato)
12: L’esperienza di una delusione (Vittorio Villa, filosofo del diritto)
14: Colazione organizzata e offerta dal Comune di Petralia
15 , 30 - 17 ,30: Diamoci un’altra chance (Simona Mafai, coordinatrice comitato “Liste Veltroni”)
17,30 - 21,30: Ognuno si preoccuperà di sistemarsi nell’albergo prescelto e di cenare
21,30: Appuntamento davanti al Municipio per una passeggiata a Petralia e una visita di alcuni luoghi di interesse artistico.

DOMENICA 7
10: Accoglienza reciproca ed eventuali nuove iscrizioni
10,30 - 12,30: Perché, nonostante tutto, siamo impegnati all’interno di un partito (Roberto Ardizzone, ex-sindaco di Petralia - Leonardo Neglia, attuale assessore di Petralia)
12,30 - 16: Tempo a disposizione per pranzare e rilassarsi
16 : Accoglienza ed eventuali nuove iscrizioni
16,30 - 18,30 Tavola rotonda tra i relatori coordinata dal sindaco di Petralia Sottana (Santo Inguaggiato) e dibattito conclusivo. Ai partecipanti si chiederà un’iscrizione di 5 euro per far fronte alle spese organizzative.

NOTE TECNICHE

Il seminario si svolgerà nella sala-convegno attrezzata del Convento dei Padri Riformati (gentilmente messa a disposizione dal Comune di Petralia Sottana) che si trova nella strada che conduce da Petralia Sottana a Petralia Soprana.
* Petralia è raggiungibile dall’autostrada Palermo-Catania (svincolo Tre Monzelli) percorrendo, poi la SS 120.
* Per il pernottamento tra sabato 6 e domenica 7 ottobre vi elenchiamo alcune possibilità di alloggio, tutte in paese e a prezzi contenuti. Si tratta di Case Albergo e B&B: ll Castello (0921641250, 0921680105, 3409697694); Farinella (0921641101, 0921680548, 3471032857); Imera (3282763349); La Badia (3201152875 -3471369056); L’Agrifoglio (0921641872, 3408630314, 3204319588); La Meridiana del Corso (0921641537, 3200342412); Al Casale (0921641973, 3487496860,3498679629).
* Chi vuole cenare (la sera di sabato 6) o pranzare ( la domenica alle 13) in gruppo, dovrebbe prenotarsi presso qualcuno degli organizzatori della Scuola di formazione etico-politica “G. Falcone”
* La partecipazione a tutte le sessioni o anche solo ad una sessione del seminario è strettamente riservata a chi versa un contributo per le spese organizzative di almeno 5 euro.

mercoledì 26 settembre 2007

LA NASCITA DEL PARTITO DEMOCRATICO


“Repubblica - Palermo” 26.9.07
Augusto Cavadi

CONFESSIONI DI UN CANDIDATO DEL PD SICILIANO

Ad occupare i 180 posti riservati a siciliani nell’assise costituente del Partito Democratico concorreranno circa mille e cinquecento cittadini. Per quali ragioni candidarsi ad un organismo destinato a breve durata ed il cui compito precipuo sarà di eleggere in seduta plenaria il segretario nazionale? Ognuno avrà certamente le proprie motivazioni. Da parte mia potrei essere molto conciso: come Roberto Alajmo (edizione di sabato 22) ho capito poco di ciò che sta avvenendo nella gestazione del nuovo Partito Democratico, ma quel poco che ho capito non mi è piaciuto per nulla. Mi spiego un po’ meglio.

Alcuni amici mi hanno informato del fatto che un cittadino ‘comune’ (poniamo il giornalista e senatore Furio Colombo) può essere eletto segretario generale solo se riesce a presentare in tutti i collegi della Penisola almeno una lista con due candidati: il che non è impresa da nulla. Ma, per evitare che qualcuno ci riuscisse, si è imposta una seconda condizione: che ogni lista con almeno due candidati fosse sostenuta dalle firme di almeno 100 cittadini per ciascun collegio. Impresa, quest’ultima, non del tutto agevole neppure per un ministro in carica. Risultato: mentre i vecchi partiti tagliavano fuori chi non avesse tessera in tasca, il nuovo partito - per rimarcare la differenza e far vedere che è un partito nuovo - prova a tagliare fuori dalla corsa alla segreteria nazionale anche i candidati con tessera di partito ma senza la benedizione dei vertici supremi. In alcuni casi (Bersani) ci è riuscito, in altri casi (Letta, Bindi) ci ha tentato. Per consentire anche ai due concorrenti ‘ribelli’ di garantire un minimo di pluralismo - evitando che gli elettori si trovino improvvisamente in regime fascista o in regime sovietico con un solo vicolo davanti - alcuni abbiamo ritenuto opportuno mettere a disposizione sia le nostre firme che, là dove risultava necessaria, la nostra candidatura. Poi, magari, vincerà lo stesso il ticket Veltroni-Franceschini concordato, con coraggiosa apertura al soffio rinnovatore della democrazia partecipativa, nel corso di una cenetta fra Fassino e Rutelli: ma, almeno, non sarà una corsa con un solo cocchio a due cavalli.
Qualcosa del genere sta avvenendo a livello siciliano. Qui i candidati alla segreteria regionale, in alternativa formale, sono due (Genovese e Messana): ma, per uno strano scherzo della geografia politica, entrambi della “Margherita”. E gli elettori dell’area socialista o laico-liberale o verde? Pazienza. Per la verità una candidatura davvero alternativa si era delineata e aveva raccolto, in pubblico e in privato, numerosi incoraggiamenti. Ma Beppe Lumia, molto eloquente nello spiegare perché avesse deciso di candidarsi rompendo i diktat romani, lo è stato molto meno a proposito della decisione di fare improvvisamente marcia indietro. Con la spiacevole conseguenza di affidare alla fantasia dell’elettore la ricerca di motivazioni tangibilmente convincenti.
Roberto Alajmo ha confessato perché, spaesato e confuso, molto probabilmente salterà un giro e non andrà a votare il 14 ottobre. E siccome gli alunni spiazzati e impreparati - come lui - saranno molti, purtroppo quella domenica difficilmente sarà la festa che avrebbe potuto essere. Ma questa volta non c’è dubbio: i somari non hanno colpe, a spiegarsi da muli sono stati i professori della politica.

mercoledì 12 settembre 2007

Un nuovo aeroporto a Viterbo? Su cortese invito di Peppe Sini


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COI PIEDI PER TERRA
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Supplemento de “La nonviolenza e’ in cammino”
Numero 22 del 12 settembre 2007

In questo numero:
1. Peppe Sini: Triste il ritorno del pellegrino
2. Augusto Cavadi: Il cielo e il vuoto
3. Si e’ svolta a Viterbo il 10 settembre 2007 una partecipata assemblea del comitato che si oppone all’aeroporto
4. Lidia Menapace: Del nostro rapporto col tempo
5. Gianpaolo Silvestri: Appoggio le vostre richieste
6. Elena Buccoliero: Ambientale e sociale
7. Elisabetta Caravati: Solidale con voi
8. Raffaella Mendolia: Per il bene comune
9. Michele Meomartino: Per il bene di tutti
10. Diana Napoli: Una modesta proposta
11. Giuseppe Picchiarelli: Per un mondo migliore
12. Programma della Conferenza nazionale sui cambiamenti climatici 2007 (Roma, 12-13 settembre 2007)
13. Giobbe Santabarbara: Che non sia l’orgia dell’ipocrisia
14. Per contattare il comitato che si oppone all’aeroporto di Viterbo

2. EDITORIALE. AUGUSTO CAVADI: IL CIELO E IL VUOTO
[Ringraziamo Augusto Cavadi (per contatti: acavadi@alice.it) per questo intervento. Augusto Cavadi, prestigioso intellettuale ed educatore, collaboratore del Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato" di Palermo, e' impegnato nel movimento antimafia e nelle esperienze di risanamento a Palermo, collabora a varie qualificate riviste che si occupano di problematiche educative e che partecipano dell'impegno contro la mafia.
Opere di Augusto Cavadi: Per meditare. Itinerari alla ricerca della consapevolezza, Gribaudi, Torino 1988; Con occhi nuovi. Risposte possibili a questioni inevitabili, Augustinus, Palermo 1989; Fare teologia a Palermo, Augustinus, Palermo 1990; Pregare senza confini, Paoline, Milano 1990; trad. portoghese 1999; Ciascuno nella sua lingua. Tracce per un'altra preghiera, Augustinus, Palermo 1991; Pregare con il cosmo, Paoline, Milano 1992, trad. portoghese 1999; Le nuove frontiere dell'impegno sociale, politico, ecclesiale, Paoline, Milano 1992; Liberarsi dal dominio mafioso. Che cosa puo' fare ciascuno di noi qui e subito, Dehoniane, Bologna 1993, nuova edizione aggiornata e ampliata Dehoniane, Bologna 2003; Il vangelo e la lupara. Materiali su chiese e mafia, 2 voll., Dehoniane, Bologna 1994; A scuola di antimafia. Materiali di studio, criteri educativi, esperienze didattiche, Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", Palermo 1994, D G editore, Trapani 2006; Essere profeti oggi. La dimensione profetica dell'esperienza cristiana, Dehoniane, Bologna 1997; trad. spagnola 1999; Jacques Maritain fra moderno e post-moderno, Edisco, Torino 1998; Volontari a Palermo. Indicazioni per chi fa o vuol fare l'operatore sociale, Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", Palermo 1998, seconda ed.; voce "Pedagogia" nel cd- rom di AA. VV., La Mafia. 150 anni di storia e storie, Cliomedia Officina, Torino 1998, ed. inglese 1999; Ripartire dalle radici. Naufragio della politica e indicazioni dall'etica, Cittadella, Assisi, 2000; Le ideologie del Novecento, Rubbettino, Soveria Mannelli 2001; Volontariato in crisi? Diagnosi e terapia, Il pozzo di Giacobbe, Trapani 2003; Gente bella, Il pozzo di Giacobbe, Trapani 2004; Strappare una generazione alla mafia, DG Editore, Trapani 2005; E, per passione, la filosofia, DG Editore, Trapani 2006. Vari suoi contributi sono apparsi sulle migliori riviste antimafia di Palermo e siciliane. Indirizzi utili: segnaliamo il sito: www.augustocavadi.com (con bibliografia completa)]

Alla vista di un aeroplano che scivola sulla striscia nera di asfalto per poi, come uccello inedito, spiccare il volo - dritto verso e oltre le nuvole - e’ difficile restare insensibili. Come non ammirare con stupore il frutto magico, quasi sacro, dell’inventiva umana che realizza - al di la’ di ogni previsione, per quanto ardita - il sogno di Icaro? Purtroppo e’ la stessa, medesima stoffa umana che puo’ banalizzare i miracoli di cui e’ sorprendentemente capace. Banalizzarli, se non addirittura pervertirli di segno e farne strumenti di offesa mortale per uomini, animali, piante e opere d’arte.
All’inizio del mio insegnamento mi trovai a lavorare in un liceo privato che i padri Gesuiti gestivano - allora da soli, senza il rinforzo successivo delle Ancelle del Sacro Cuore - a Palermo. A un certo momento dell’anno scolastico una ragazza (era figlia di un eurodeputato della Democrazia cristiana che anni dopo sarebbe stato assassinato dal piombo mafioso - pare piombo “amico”) chiese, per alcuni giovedi’ di seguito, di lasciare la scuola con un’ora di anticipo. Alla terza o quarta volta non potei trattenermi dal domandarle la ragione della sua richiesta: “Sa, alle 16 mi parte l’aereo per Roma dove mi aspetta, per le prove settimanali, la sarta che sta confezionando il mio abito di debutto come maggiorenne. Ne’ possiamo partire piu’ tardi perche’ altrimenti non ce la facciamo a ritornare in Sicilia in serata”. Stentai a credere alla versione della mia alunna, ma presto dovetti rassegnarmi: era vera sin nei dettagli.
*
Neppure episodi come questi sono riusciti a soffocare la mia ammirazione per l’ingegneria aeronautica, per l’occhio che immagino aquilino dei piloti, per la sensualita’ discreta quanto decisa delle hostess. E, ancor di piu’, per la possibilita’ di contemplare la terra - coi suoi fiumi, le sue montagne, i suoi campi, le sue cittadine - dal punto di vista del cielo.
Ma proprio perche’ ho stima, viscerale e lucida insieme, per tutto questo mondo - metafora palpabile della nostalgia intima di trascendenza - mi sono impegnato, con me stesso, a contrastarne, per quel pochissimo che posso con le parole e le omissioni private e le opzioni politiche, la degenerazione autolesionistica.
Non cedero’, lo so, alla lusinga di un arretramento autoritario della lancetta della storia (anche perche’ ogni regime repressivamente sobrio cova in seno le eccezioni a favore degli eccessi smodati dei suoi dirigenti); ma neppure rinunziero’ all’utopia - da rendere topica passo dopo passo - di una civilta’ del self-control. Una civilta’ dove ciascuno contribuisca al bene comune secondo le proprie forze e vi attinga secondo i propri bisogni. Dunque dove siano ancora aeroporti e aerei e piloti e hostess: ma senza inflazione. Senza sbracamenti. Per trasportare malati gravi da sottoporre a interventi chirurgici urgenti, per consentire convegni scientifici davvero istruttivi, per spostare statisti immersi in tessiture di pacificazione. Non per trasportare ordigni idiotamente intelligenti che uccidano i nostri simili senza degnarli di uno sguardo negli occhi; non per consentire al consumatore norvegese di acquistare al supermercato, senza limiti stagionali, le arance tunisine; e neppure per alimentare la continua fuga da se stessi, nell’illusione che mutare continuamente paralleli e meridiani possa riempire il vuoto che non siamo riusciti a colmare sedendo a meditare dalla finestra della nostra stanza.
*
Ricordo ancora il commento di Andre’ Malraux quando un po’ tutti eravamo elettrizzati dalle immagini dei primi umani sulla luna: siamo la prima generazione della storia che non ha una ragione per stare sulla terra; perche’, dunque, arrivare sin lassu’, se e’ per suicidarsi?

martedì 11 settembre 2007

GELA: DEGRADO E RINASCITA


“Repubblica – Palermo” 11.9.07
Augusto Cavadi

ESAME AI RAGGI “X” PER LE FERITE DI GELA

Chiunque transiti per la piana di Gela ne rimane impregnato sin nelle narici: l’acre odore dei pozzi petroliferi - inquietanti guglie di cattedrali impastate di promesse e di minacce - si imprime nella memoria, insieme alle immagini spettrali di palazzoni tra i più brutti d’Europa. Ma la città siciliana è solo “questo estremo disumano, questo feto osceno del potere e del progresso” che ha sconvolto Consolo?
Elena Ciccarello e Marco Nebiolo si sono avventurati sulla traccia di illustri cronisti come Giorgio Bocca e Diego Novelli e hanno condotto una vasta indagine sul campo. Il libro (Gela, i cittadini, le leggi, le istituzioni), maneggevole, va letto per intero, ma qualche nodo essenziale può essere anticipato.

L’antica città greca è ferita; le ferite sono aggravate da esperimenti terapeutici rivelatisi peggiori dei mali; ma non tutto è perduto. E’ vero, infatti, che “l’immagine di Gela, cristallizzatasi negli ultimi trent’anni, è quella di una città devastata da un potere criminale rispetto al quale quello politico ed economico appaiono impotenti o collusi”; ma è altrettanto vero che “oggi, al di là del giudizio politico da ciascuno legittimamente formulabile sull’attività amministrativa di Rosario Crocetta, si deve riconoscere che in virtù del suo forte presenzialismo sui media, l’immagine di Gela è quella di una città dinamica, dialettica, non rassegnata al decadimento”. Insomma: “la partita tra forze sane e settori economico-sociali infetti, tra progresso e conservazione, per quanto difficile, è ancora aperta”.
La lettura suggerisce, ovviamente, considerazioni ulteriori. Prima fra tutte: la “partita” potrà essere vinta se non ci si lascia intrappolare dalla logica, tante volte deludente, della delega all’Eroe, ma si attivano processi sociali condivisi e sinergici. I due reporter hanno incontrato magistrati, amministratori, burocrati, dirigenti delle forze dell’ordine, insegnanti, preti, commercianti antiracket: in ciascuno di questi settori non mancano esponenti motivati e attivi, ma tra questi settori ci sono stabili legami strategici? Che l’attuale sindaco tenti di fare da battistrada è, certamente, positivo: ma quali realistiche previsioni si possono fare se - alla criminalità organizzata - non si oppone una legalità organizzata almeno altrettanto coordinata? Qui tocchiamo uno dei limiti più gravi del movimento antimafia non solo gelese. La differente dislocazione dei ruoli (legittima, anzi necessaria) non appare compensata da un’ottica unitaria: come se l’azione preventiva di alcune agenzie educative, l’azione repressiva degli organi statali preposti e l’azione propositiva di altre aggregazioni sociali potessero esercitarsi con efficacia anche in tempi successivi, quasi non si trattasse delle facce di uno stesso poliedro. La mafia è infatti possibile all’interno di un orizzonte, più ampio e radicale, di disprezzo delle regole democratiche; ma, a sua volta, questo disprezzo delle regole è fondato su una cultura che esaspera la dimensione individualistica, privatistica, lucrativa e consumistica dell’esperienza antropologica a danno degli aspetti (almeno altrettanto decisivi) della partecipazione sociale, della condivisione solidale, del servizio gratuito o equamente retribuito e della fruizione contemplativa. Ci sono guerre che o si vincono su più fronti contemporaneamente o si perdono.

FINESTRA:
Gela, i cittadini, le leggi, le istituzioni (Edizioni Gruppo Abele, Torino 2007, 128 pagine, 10 euro) è stato scritto dalla siciliana Elena Ciccarello (redattrice del mensile “Narcomafie”, di cui cura la sezione antimafia civile) e dal piemontese Marco Nebiolo (che, nello stesso mensile, si occupa delle mafie italiane e, nel 2006, ha curato, con Livio Pepino, la pubblicazione del volume Mafia e potere) . Il volume è nato da un progetto del Gruppo Abele, ha comportato settimane di permanenza nella città della provincia di Caltanissetta ed è stato realizzato con il patrocinio del Comune di Gela.

domenica 9 settembre 2007

DISAVVENTURE TELECOM


“Repubblica – Palermo” 9.9.07
Augusto Cavadi

LA VISITA INESISTENTE DEL TECNICO PALERMITANO

La decisione non era stata facile, ma alla fine - dopo qualche ora di dibattito intrafamiliare - il dado era stato tratto: ferie accorciate di una settimana, partenza rimandata di sette giorni, ma venerdì 17 agosto alle 8,30 tutti ai propri posti per la visita fatidica. Dopo un mese di attesa - e di sospensione della precedente utenza - sarebbe arrivato lui in persona, vivo e tangibile: il tecnico della Telecom. E avrebbe portato con sé il nuovo modem per collegarsi - per ricollegarsi - ad internet. Che non si trattasse di un’allucinazione collettiva lo dimostravano ben tre sms inviati dal servizio 187: le ricordiamo che fra tre giorni, fra due giorni, domani stesso riceverà, come concordato, la visita del nostro addetto.

Alle 8,30 del giorno fatale tutto era come doveva essere: qualcuno con l’orecchio al campanello di casa, qualche altro al citofono, qualche altro ancora agli apparecchi telefonici (cordless saldamente impugnato dalla destra e cellulare dalla sinistra). La mitologia metropolitana, tramandata da due o tre generazioni, non ammette distrazioni: racconta di tecnici che, arrivati all’ora e al domicilio giusti, si sono poi volatizzati perché nessuno li ha uditi bussare. Alle 8,45 squilla il fisso: sì, è proprio lui! Chiede se siamo davvero a casa ad aspettarlo. Alla risposta, ovviamente affermativa (non rendersi reperibile sarebbe stato lo scherzo più autolesionistico della nostra storia familiare), ci rassicura che sarebbe arrivato entro dieci minuti, massimo quindici. Il tono estremamente cortese della voce riusciva a nascondere perfettamente l’intenzione sadica della domanda: ma non avremmo tardato a capirlo, sia pur gradualmente. Infatti alle 9 non arriva nessuno. Alle 9,30 neppure. Alle 10,30 telefono al 187 e una ragazza lombarda - rispondendo ad una domanda con una domanda - mi chiede che cosa ne possa sapere un’operatrice a Milano di cosa abbia in mente un tecnico a Palermo. Alle 11,30 un altro operatore mi consiglia di aspettare con pazienza e fiducia: se ha telefonato, lui, verrà di certo. E’ uno dei cavalieri dell’apocalisse: come la morte, può tardare ma non dimenticare l’indirizzo del destinatario. Alle 12,30 un terzo interlocutore del 187 mi getta nel panico: risulta che avrei, in quelle ore, ritirato la richiesta avanzata un mese prima! Che regolassi di nuovo la pratica con i colleghi del commerciale. Ovviamente il collega del commerciale, prontamente e supplichevolmente raggiunto, non può fare a meno di ridermi all’altro capo del filo: come si può pensare che, al trentesimo giorno d’attesa, dopo una telefonata alle 8,45, ad un utente salti in mente di disdire il contratto? Che - con un certo accorgimento di tasti e di cifre in sequenza - contattassi piuttosto i colleghi del ramo tecnico. Ormai sono da poco passate le 13 e le speranze sono davvero ridotte al lumicino. Rifaccio per l’ultima volta il 187: chiedo solo che mi si riconosca che sono stato trattato non solo senza professionalità, ma anche senza elementare educazione. Un’operatrice, questa volta con accento romanesco, s’immedesima e prova a rincuorarmi: “Purtroppo non c’è modo di sapere il nome del tecnico assegnatole questa mattina né, dunque, di contattarlo per avere notizie. Comunque, non per offenderla (mio padre è pure lui di origini siciliane), ma queste cose - occasionali nel resto d’Italia - sono abituali con i nostri colleghi delle squadre operative di Palermo. Inoltrerò il suo reclamo per via burocratica: ma non si faccia illusioni”.
La ringrazio dell’amara solidarietà e rimetto l’apparecchio senza fili nella sua casettina. Mestamente ci rifugiamo in cucina per cercare in un piatto di spaghetti con aglio, olio e peperoncino la forza di ricominciare ad attendere. Dio solo sa sino a quando. Speriamo che sia almeno qualche giorno prima della fine delle ferie estive.
Intanto sono trascorse altri diciassette giorni (!) di desolato silenzio. Beppe Grillo dice e scrive, a ripetizione, che la Telecom fa schifo: difficile dargli torto. Ma con una precisazione: non dappertutto in egual misura.

sabato 1 settembre 2007

Seminari a Messina (29/9 - 1/10)


Per l’associazione “Donne per Messina”, Augusto terrà un seminario su “Filosofia e politica: per la città con la testa e con il cuore” (sabato 29 sett.) e un altro su “Felicità e politica” (lunedì 1 ottobre).
Entrambi gli incontri si terranno nella Chiesa (adibita ad usi solo civili) di S. Maria Alemanna, dalle ore 15 alle ore 18.
Per informazioni e iscrizioni rivolgersi a Tina Palmisano (339.7714099).