venerdì 27 maggio 2011

Gli studenti e le okkupazioni: proviamo a fare un bilancio?


“Repubblica – Palermo”
Venerdì 27 maggio 2011

Con un pizzico di malinconia, su una torta di allegria per l’imminenza delle vacanze estive, l’anno scolastico volge al termine. Sarebbe bello confrontarsi pubblicamente sul bilancio complessivo: docenti, studenti, familiari, tutt’insieme appassionatamente. E’ stato, infatti, l’anno interrotto da più di un mese di agitazioni studentesche, astensioni collettive dalle lezioni, occupazioni di istituti: dai primi di dicembre a gennaio inoltrato. I danni didattici sono facilmente intuibili (programmi decurtati, progetti cancellati, visite guidate annullate): e i vantaggi? Decine di insegnanti e di familiari, in quei mesi, hanno esaltato il risveglio politico dei giovani e hanno addirittura inneggiato a un secondo Sessantotto. Ma, a pochi mesi di distanza, possiamo confermare l’entusiasmo affrettato di quei giorni? Abbiamo davvero sfiorato la presa della Bastiglia?
Che l’interruzione del ritmo, faticosamente acquisito, del processo didattico abbia messo a repentaglio la crescita intellettuale e la promozione legale di alcuni alunni è un dato di fatto. In compenso, questi ragazzi dalle basi meno solide e gli altri compagni più capaci di recupero, hanno davvero maturato una più vigile coscienza politica? Se vogliamo essere spietatamente, ma doverosamente, sinceri, mi pare che la risposta non possa che essere negativa. Quasi nessuno di loro, infatti, si è poi iscritto a un movimento politico giovanile per dare continuità e incisività all’azione di rinnovamento della società. Quasi nessuno di loro, avendo sperimentato l’aggregazione con i coetanei in vista di un progetto di trssformazione, ha deciso di aderire ad un’associazione di volontariato sociale. Quasi nessuno di loro si sta impegnando nella campagna per i referendum ormai imminenti sull’acqua o sulle centrali nucleari: non si tratta forse di battaglie civile trasversali in cui è minimo, o nullo, .il rischio di strumentalizzazione da parte degli schieramenti elettorali degli adulti? Alla commemorazione di Giovanni Falcone e della moglie e dei ragazzi della scorta, il 23 maggio, molti adolescenti sono arrivati da varie parti d’Italia (indubbiamente favoriti dall’atmosfera gioiosamente festaiola della spedizione navale); i ragazzini siciliani delle scuole elementari e medie erano discretamente rappresentati; ma i più grandicelli, gli studenti palermitani delle scuole secondarie superiori, hanno partecipato in percentuale trascurabile rispetto a quanti hanno votato, a suo tempo, a favore dell’interruzione delle lezioni e dell’occupazione dei locali scolastici. E, qualche settimana prima, il 9 maggio, invitato a ricordare Peppino Impastato dagli studenti del Liceo “Garibaldi” nel corso dell’assemblea d’istituto indetta proprio con questa motivazione commemorativa, mi sono trovato con venti (venti !) ragazzi: gli altri mille (mille !), se non a casa a preparare le verifiche del giorno dopo, erano sparsi tra giardini pubblici e spiagge assolate. Non esattamente lo stile del militante di Cinisi assassinato da Badalamenti per il suo attivismo sociale e politico…
No, così non va. Utilizzare gli spazi della democrazia (quattro ore mensili per le assemblee d’istituto e altre due per le assemblee di classe) per i propri comodi significa deriderli, svalutarli, sputtanarli. C’è qualcosa di peggio che censurare la libertà di dibattito: viverne la caricatura. Ci rendiamo conto di chi siano i beneficiari principali di questo andazzo? Esattamente quei bersagli polemici che, a parole urlate, si volevano stigmatizzare intorno alle vacanze natalizie: la scuola privata corrotta e il governo strumentalmente complice.
Infatti vanificare i momenti di partecipazione collettiva e democratica alla vita scolastica, con punte di vera e propria ridicolizzazione della scuola statale, significa regalare alle scuole private una pubblicità comparativa che nessuna di esse - proprio nessuna, neppure quelle poche che un tempo nella nostra città si comportavano diversamente – merita. Impossibilitate a competere con le scuole statali per professionalità dei docenti, esse reclutano alunni (per la verità con sempre maggiore difficoltà) promettendo quella continuità didattica (almeno formale, esteriore) che nelle scuole statali viene troppo spesso spezzata.
Ma c’è di più. E di peggio. Il rito ormai logoro delle okkupazioni di protesta (fenomeno da quaranta anni ormai esclusivamente italiano!) induce a confondere l’indignazione costruttiva con la sua imitazione cabarettistica. Per intere generazioni, impegnarsi politicamente ha significato suonare un po’ di rock a scuola e restarvi a dormire qualche notte (con i genitori divisi fra apprensione e orgoglio per figli tanto coraggiosi): perciò, da adulti, hanno ripensato con un sorriso a quell’esperienza e si sono immersi nel più bieco qualunquismo. Ma un simile modo di diffamare l’impegno politico (ai propri stessi occhi, prima ancora che al cospetto dell’immaginario collettivo) non è il regalo più appetibile che si possa fare alle fasce conservatrici e reazionarie del Paese? Se apriamo gli occhi, e non vogliamo abbagliarci da soli, dobbiamo ammetterlo: dal ’68 a oggi le agitazioni studentesche, puntualmente frustrate da meccanismi parlamentari molto al di sopra del movimentismo in periferia, sono servite a formare generazioni di adulti ‘moderati’, conformisti, abbarbicati – sinceramente o opportunisticamente – alle buone tradizioni del tempo che fu. Anche il glorioso movimento studentesco di quest’anno sta preparando altri decenni di maggioranze silenziose, immobiliste, astensioniste, in attesa che una nuova generazione abbia modo, per qualche settimana, di ricevere gli applausi degli adulti solo perché scambia una fondata ma sterile protesta per l’inizio di una vera rivoluzione? Purtroppo è difficile dare torto a Georges Friedmann quando, nel 1942, scriveva che molti vorrebbero una rivoluzione sociale, ma sono “rari, rarissimi quelli che, per preparare la rivoluzione, se ne vogliono rendere degni”, predisponendosi con serietà e lungimiranza.

Augusto Cavadi

Programma educazione civica III i anno 2010 - 2011


Programma di educazione civica della III i
Anno scolastico 2010 - 2011-05-25

1. Politica
2. Sciopero
3. Parlamento (Legge e Elezioni)
4. Governo italiano
5. Magistratura (Tar e Consiglio di Stato)
6. Consiglio superiore della magistratura
7. Presidente della Repubblica
8. Corte Costituzionale
9. Regione
10. Autonomie locali (Province e Comuni)

Articoli della Costituzione:
1, 5, 55, 59, 60, 67 – 70, 83, 100 - 107, 112, 114, 125, 135

martedì 24 maggio 2011

Termini Imerese: oltre la solidarietà corta


“Centonove”
22.11.2002

TERMINI IMERESE: OLTRE LA SOLIDARIETA’

Sulla vicenda della Sicilfiat di Termini Imprese, la solidarietà agli operai in lotta è stata tanto unanime da suscitare qualche sospetto. Torna alla memoria un malizioso slogan pubblicitario apparso sotto la foto gigantesca di una splendida modella: “A parole siete tutti bravi”.
E’ vero che difficilmente si possono non condividere l’angoscia e la rabbia di questi giorni: anche da parte di chi, come me, dissente dalla violenza con cui alcune volte quei sacrosanti sentimenti prendono corpo. Riesce difficile immedesimarsi nella indifferenza e nella ostilità dei concittadini che cercano di andare avanti senza nessun gesto di solidarietà: si può essere egoisti, ma non anche stupidi. Come non intuire che questa tragedia è una metafora ed un’anticipazione di ciò che ci attende in Sicilia nei prossimi anni? Come non capire che nessuno di noi è al sicuro e che, quale che sia il nostro attuale mestiere, certamente - prima o poi – saremo danneggiati dal calo progressivo dell’occupazione e dei consumi?
Ma sarebbe bene andare oltre la solidarietà e progettare, insieme, le soluzioni. Che non possono non partire da un’autocritica pubblica collettiva. Non siamo arrivati a questo esito senza un lungo cammino di errori: e sarebbe il momento che ognuno di noi , dunque anche degli operai di Termini e dei loro rappresentanti sindacali, si assumesse la sua porzione di responsabilità. Giocare esclusivamente il ruolo della vittima è comodo: ma, in prospettiva, sterile.
Il primo errore di noi cittadini meridionali è stato perseguire passivamente, ciecamente, un modello di sviluppo estraneo alla nostra cultura e alle nostre migliori tradizioni. Abbiamo snobbato le opportunità di lavoro radicate nella vocazione per così dire ‘naturale’ della nostra terra e della nostra gente: la cura dell’ambiente, l’agricoltura biologica, la valorizzazione dei beni culturali, l’accoglienza dei visitatori, i servizi alla persona…Anziché aprire qualche casa – albergo in più (per turisti che non possono o non vogliono frequentare gli hotel a quattro stelle) abbiamo preferito sgomitare per un posto ‘fisso’: e, per giunta, come dipendenti di una fabbrica di automobili, non di una ditta specializzata in restauri di palazzi (per i quali mi risulta che bisogna importare manodopera dalla Toscana). Non si può generalizzare né semplificare odiosamente, ognuno ha la sua storia e i suoi travagli: ma – come tendenza dominante – dobbiamo riconoscere che all’avventura imprenditoriale, sia pure di mini-imprenditori, abbiamo preferito la dipendenza clientelare dall’onorevole o dal sindacalista di turno.
Ma si può tentare un lavoro autonomo pulito in una terra assediata dal parassitismo mafioso? Bella obiezione. Che ci suggerisce un secondo errore strategico collettivo. Non abbiamo soltanto optato per un modello di sviluppo sbagliato, o per lo meno incompleto: lo abbiamo perseguito senza impegnarci a fondo nella lotta contro il sistema di potere mafioso. Abbiamo delegato alla magistratura (quando la magistratura se ne è fatto carico – e quando non l’abbiamo osteggiata infondatamente) il lavoro di contrasto alla criminalità organizzata, senza cogliere l’urgenza di una mobilitazione popolare: ma che futuro può esserci in una regione dove gli imprenditori del Nord non possono impiantare un’attività senza pagare il pizzo o morire ammazzati? Alcuni, da decenni, si sforzano di organizzare le energie sane – fuori e dentro le istituzioni – per liberare la Sicilia dalle sanguisughe mafiose attive fuori e dentro le istituzioni: gli operai di Termini o di Gela sono stati sempre presenti? Sono stati sempre in prima linea o qualche volta hanno ceduto alla tentazione – come privati, talora persino come sindacati – di supporre che la difesa della legalità fosse una questione troppo lontana dai loro interessi immediati? Se la chiusura della Sicilfiat non può essere compensata dall’apertura di altre imprese, industriali o commerciali, dipende anche da un assetto malato dell’economia: da domani, da oggi, dobbiamo riprendere insieme e in grande la lotta contro i mafiosi e i loro referenti politici.
Ma anche se avessimo liberato la nostra isola dal cancro della mafia, avremmo rischiato lo stesso di vivere la terribile stagione che stiamo attraversando, a causa di un terzo errore: non abbiamo decifrato i meccanismi della globalizzazione liberista. Quando ci raccontavano di operai del Sud America o dell’Asia sottopagati con salari di pura sopravvivenza, ci siamo illusi che fossero affari loro. Non abbiamo mosso un dito affinché la comunità politica internazionale prendesse le difese degli sfruttati, per lo meno denunziandone la condizione. Ma è fin troppo ovvio che se una multinazionale come la Fiat deve ridurre la produzione, chiuderà per primi gli stabilimenti dove paga gli operai la metà, o un quarto, di quanto non li paghi in Italia. La nostra indifferenza nei riguardi dei lavoratori lontani si sta ritorcendo contro di noi come un boomerang. Che cosa hanno fatto,operai e tecnici, per difendere il salario e le garanzie giuridiche minime dei loro colleghi brasiliano o coreano? Che cosa hanno fatto i sindacati grandi e piccoli? Da questo momento in poi deve cambiare la nostra visuale: le sperequazioni internazionali sono espressione, e concausa, delle sperequazioni interne anche ai Paesi industrializzati. Quando il 20% dell’umanità, noi Occidentali, detiene l’80% della ricchezza mondiale, qualcosa non funziona: ma, se non funziona nei rapporti fra i popoli, non funzionerà neppure fra i ceti sociali all’interno di ogni sistema nazionale (sì che il rapporto di salario fra un operaio americano ed il suo manager non è più di uno a 40 ma di uno a 1000). Alle ultime elezioni per il Parlamento la nostra regione ha eletto, plebiscitariamente ma democraticamente, 61 deputati su 61 collegi che si presentavano come esponenti della “Casa delle libertà”: come esponenti legittimi, dunque, di un progetto di società liberista, individualistica, fondata sul primato del profitto, filo-americana, insofferente della legislazione attuale ritenuta troppo garantista nei confronti dei lavoratori dipendenti e troppo giustizialista nei confronti dei macro-criminali. Una sparuta minoranza non ha votato per questa idea di società ritenendola ingiusta e dannosa: ma gli operai di Termini, o di Milazzo, per chi hanno votato? Siamo sicuri che né loro - né le loro mogli né i loro figli (oggi lodevolmente sensibilizzati alla causa dei congiunti) - abbiano appoggiato lo schieramento a cui lo stesso Sergio D’Antoni, insieme ai suoi devoti, ha finito col chiedere ospitalità? Se per caso lo avessero fatto, avrebbero certo lo stesso diritto alla solidarietà della minoranza progressista socialdemocratica. Ma la prossima volta dovrebbero preoccuparsi di schierarsi dalla parte giusta.

Augusto Cavadi

domenica 22 maggio 2011

Ci vediamo al Castello di Carini (Palermo) per Falcone?


Lunedì 23 maggio 2011, alle ore 18, gli scout hanno organizzato una manifestazione in memoria di Giovanni Falcone per fare il punto sul sistema mafioso in Sicilia oggi.
Discuteremo, con i presenti, la vedova di Libero Grassi, il magistrato Teresi ed io.
L’appuntamento è nella Sala principale del Castello medievale di Carini (Palermo).

domenica 8 maggio 2011

Perché l’Arcivescovo di Palermo
chiude le porte delle chiese ai gay?


“Repubblica – Palermo”
7 maggio 2011

Pregare per le vittime dell’omofobia? Vietato.

Il 17 maggio sarà la giornata mondiale in memoria delle vittime dell’omofobia (quest’anno dedicata al tema “Omosessualità e religioni”). Anche alcune comunità cristiane (cattoliche e protestanti) palermitane hanno organizzato un momento pubblico di preparazione: una veglia di preghiera, per la sera di giovedì 12 maggio, presso la parrocchia di S. Lucia. Alcuni preti cattolici, alcuni pastori protestanti e numerosi fedeli di entrambe le confessioni (omosessuali ed eterosessuali, ovviamente) sono stati felici dell’ospitalità da parte del padre comboniano che aveva messo a disposizione la chiesa nei pressi dell’Ucciardone. Ma ecco che, pesante come una ghigliottinata, è arrivato lo stop del cardinale Romeo: questa preghiera non s’ha da fare.
Non è facile esprimere un giudizio meditato sulla vicenda, al di là dell’emotività immediata. Per la Chiesa cattolica, infatti, la pratica dell’omosessualità è ‘oggettivamente’ peccaminosa e l’unica tolleranza ammissibile è nei confronti dei singoli omosessuali, come nei confronti di qualsiasi altro fedele che combatta qualsiasi altra tentazione ‘carnale’. Pretendere che un arcivescovo consenta una veglia di preghiera per le vittime dell’omofobia sarebbe, per certi versi, incomprensibile come se autorizzasse una veglia pubblica di preghiera per tutti i mafiosi caduti sotto i colpi della polizia o di altri mafiosi.
Posto, dunque, che il cardinale sta agendo in maniera coerente con il suo ruolo ufficiale, istituzionale, la questione si sposta dal caso particolare alla mentalità generale: ai presupposti culturali e etici. In nome di cosa la Chiesa cattolica considera l’esercizio dell’omosessualità un peccato? Schematizzando brutalmente, si può rispondere: o per ignoranza scientifica o per superficialità esegetica. Ai ‘laici’ basta il primo punto per chiudere il discorso: né avrebbero partecipato alla veglia di preghiera né possono dispiacersi più di tanto per la notizia della censura. Diverso il caso dei credenti che accettano di andare, attraverso e oltre il piano dell’indagine scientifica, sino al livello teologico. Essi sarebbero disposti, ovviamente, a obbedire al magistero attuale vaticano qualora fosse vero che la Bibbia stessa condanni le pratiche omofile. Se, invece, non sembrano disposti ad allinearsi, è perché decenni di frequentazione con gli ambienti teologici (cattolici e protestanti) più aggiornati li hanno resi edotti della fondatezza di tesi opposte: numerosi biblisti, infatti, hanno approfondito le questioni esegetiche e interpretative della Scrittura e sono arrivati alla conclusione che – come in innumerevoli altri casi – i testi ‘sacri’ vanno storicizzati e, liberati dagli agganci caduchi a tabù delle epoche precedenti, accolti nei loro contenuti essenziali. Karl Rahner invitava, già cinquanta anni fa, a rispettare la “gerarchia delle verità”: a mettere al centro le verità fondamentali e lasciare ai margini, e alla discussione, le tesi periferiche secondarie. Che Dio ami tutte le sue creature, a prescindere dagli orientamenti sessuali, è una verità centrale: come gli omosessuali, amati da Dio e salvati in Cristo, possano vivere la loro affettività e il loro erotismo appartiene all’ambito delle questioni opinabili. Come recita un classico adagio cristiano: ci vuole unità nelle questioni essenziali, libertà nelle questioni dubbie, amorevole comprensione in tutte. Ecco perché i gruppi che hanno organizzato la veglia muteranno di pochi metri il luogo, ma lasceranno intatta la data: pregheranno nella piazza della Pace, antistante i locali della parrocchia che gli sono stati preclusi. Eviteranno che proprio Palermo, città originaria di Alfredo Ormanno (il gay che nel 1988 si è dato alle fiamme per protesta nella piazza di san Pietro a Roma) , sia l’unica grande città del mondo a non solidarizzare con i gay e le lesbiche picchiati o uccisi a causa del loro
orientamento sessuale. E soprattutto testimonieranno, ancora una volta, che credere nel messaggio esigente del Nazareno significa, tra l’altro, saper “obbedire a Dio piuttosto che agli uomini” tutte le volte che le istituzioni umane, anche religiose, pretendono di intercettare i dettami della coscienza.
Augusto Cavadi

mercoledì 4 maggio 2011

Suor Teresa Sbarbaro, Gesù e il povero Berlusconi


“Repubblica – Palermo”
4 maggio 2011

La suora che difende Berlusconi a nome del Signore
(Versione integrale !)

Qualcuno di voi conosce Sorella Teresa Sbarbaro ? Se la risposta è negativa, siete fortunati. Vuol dire che non rientrate fra le migliaia di cittadini siciliani che ogni mese ricevono la lettera-aperta di questo rubicondo donnone dal sorriso accattivante. La lettera cartacea raggiunge, da Soncino (in provincia di Crema), destinatari di tutta Italia, ma in Sicilia questa signora vestita da suora - che riferisce puntualmente ciò che ogni mese le dice o la Madonna o il Signore in persona – riscuote consensi particolarmente calorosi. Non è un caso che il riconoscimento canonico della sua Associazione religiosa sia stato decretato dall’ex abate di San Martino delle Scale, Benedetto M. Chianetta, attuale abate di Cava dei Tirreni e che a gennaio di quest’anno l’arcivescovo di Monreale, mons. Salvatore Di Cristina, abbia emanato un decreto con cui accoglie nella sua diocesi i “Missionari del Perdono e della Riconcilizione”.
Cosa ha detto Gesù a Sorella Teresa per il mese in corso? Non ci crederete, ma anche Lui – da lassù – è preoccupato per la sorte di Berlusconi. Non che lo nomini esplicitamente, per carità! Ma leggiamo insieme il messaggio divino mediato dalla simpatica veggente e vediamo se l’identikit funziona: “Voi che volete bene all’Italia, nostra amata Patria, per la quale abbiamo i nostri soldati deceduti, amate, amate coloro che lavorano e si affaticano per essa. Noi, non possiamo odiare. Noi, non possiamo giudicare. Noi, non possiamo mandare via nessuno dal suo posto. Noi sappiamo che chi odia, non è di Dio. Noi sappiamo che chi giudica suo fratello, si mette al posto di Dio. Noi sappiamo che chi si erge a capo, volendo mandar via un uomo dal suo posto, avrà i castighi di Dio. Tutti, dobbiamo agire, con i doni dateci (sic ! Gesù parla tutte le lingue del mondo, dunque gli può scappare qualche inesattezza grammaticale in italiano) da Dio. Parlo a tutte le istituzioni: civili, morali, politiche e della Giustizia umana. Non è lecito spiare coloro che vivono in casa propria, senza aver commesso prima una colpa. Non è retto, dare in pasto ai giornalisti, quanto hanno spiato di nascosto. Se a ciascuno di noi, fossero fatte quelle cose e poi darle ai giornalisti, come verremmo giudicati? (Anche qui sintassi e punteggiatura non sono proprio…divine). Chi agisce in questo modo (la Procura di Milano è avvisata!), va contro Dio e perde la sua autorità”.
Se qualcuno, sbalordito di questa difesa a oltranza di un uomo di governo (che riesce, in poche mosse, a infrangere contemporaneamente vari codici umani e quasi tutti i dieci comandamenti), avesse bisogno di qualche giustificazione teologica, la saggia veggente non gliela lesina: “Sappiate fratelli che nel nostro ‘Credo’ c’è un punto che dice: ‘Credo la Comunione dei Santi’. Sapete cosa vuol dire? Vuol dire che se uno sbaglia, ossia pecca, tutta la S. Chiesa è nella colpa” (dunque anche io e voi, che non abbiamo avuto la sorte di incontrare Ruby e di poterla proteggere dalle forze del Male). “E quindi” - conclusione ineccepibile – “dobbiamo pregare e fare penitenza perché quella persona, si penta e si converta”.
Non so se ha convinto voi, ma Sorella Tersa da Soncino ha convinto me. Da oggi, pentito per i peccati di un anziano erotomane, chiederò ai preti che conosco di celebrare messa per lui. Anzi, non fidandomi del messale in uso dopo il Concilio ecumenico Vaticano II, chiederò che attingano al messale in uso dal Concilio di Trento al 1965, dove si poteva scegliere fra una ampia gamma di celebrazioni eucaristiche: per far piovere, per far cessare la pioggia, per i defunti in purgatorio…ma anche “per la buona morte dei propri nemici”. Amen.

Augusto Cavadi

domenica 1 maggio 2011

A Palermo venerdì 6 alle 21 e sabato 7 alle 11?


Per la settimana che inizia oggi, due inviti - a Palermo - aperti a tutti:

Venerdì 6 maggio alle ore 21,00, presso il Teatro “Lelio” (via A. Furitano 5/a) parteciperò come ‘testimonial’ a una festa organizzata dalle chiese valdesi e metodiste italiane sul tema “Basta pregiudizi! Siamo tutti fratelli e sorelle d’Italia”. Tra attori, cantanti e testimoni sarà presente anche la pastora Maria Bonafede, attuale moderatora della Tavola Valdese. Anche chi di voi (specie se vive lontano da Palermo) non potesse partecipare, potrà comunque considerare l’opportunità di versare l’Otto per Mille per i progetti sociali della chiesa valdese e metodista in Italia.

Sabato 7 maggio alle ore 11,00, presso l’Hotel “Zagarella” di S. Flavia, parteciperò alla tavola rotonda conclusiva del IV convegno della sezione siciliana dell’Associazione nazionale per le cure palliative, sul tema “Direttive anticipate e diritto alla dignità”. Tra i relatori (medici, psicoterapeuti, bioetici) Mina Welby.