"Il punto quotidiano"

19.9.2021


Nel nostro Paese, a metà settembre 2021, sono già purtroppo più di 50 le donne uccise da mariti o ex mariti e compagni. Una decina nelle ultime settimane, due delle quali in Sicilia: Ada a Bronte e Vanessa a Trecastagni, due comuni nel Catanese. Questi numeri vietano di definire “emergenza” i casi di femminicidio e sollecitano un’urgente azione educativa preventiva.

Ben venga allora il libretto di Augusto Cavadi Né Principi azzurri né Cenerentole. Le relazioni di “genere” nella società del futuro (Di Girolamo, Trapani 2021, €8), che si rivolge a ragazze e ragazzi di oggi – idealmente rappresentati da due giovani interlocutori, Francesco ed Eleonora – con l’intento di farli riflettere sulla violenza di genere. Il testo è “figlio naturale” del precedente L’arte di essere maschi libera/mente, scritto per gli adulti: entrambi “parto” delle riflessioni maturate a Palermo da un gruppo di uomini che, dal 2015, si confrontano sul tema della violenza sulle donne, sulla scia del movimento italiano “Maschile plurale”.

Con un linguaggio adatto a comunicare con la “generazione z”, i giovani nati poco prima del 2000,  Né Principi azzurri né Cenerentole individua la radice della violenza maschile nell’atteggiamento sociale che spinge molti uomini a rispondere con la rabbia e l’aggressività a emozioni come la paura, il senso di incertezza e fragilità; ciò a causa di “un modello sociale che incoraggia la dominanza, insegna la superiorità maschile e il diritto all’accudimento e alla cura da parte delle donne, e porta a una miscela esplosiva che legittimerà in futuro l’uso della violenza”.

Augusto Cavadi

Facendo proprie le riflessioni di Peppe Sini, fondatore a Viterbo del “Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera”, il testo evidenzia che il modello militarista-bellicista, il paradigma dell’uomo che non deve chiedere mai “è la prima radice di ogni violenza, di ogni oppressione. La dominazione maschilista e patriarcale spezza l’umanità in due e nega piena dignità e uguaglianza di diritti a metà del genere umano e così disumanizza l’umanità intera”.

Nel libretto viene però sottolineato che anche gli uomini, a loro volta, sono vittime del paradigma storico e culturale da loro stessi creato: in nome di un modello sociologico di uomo duro, poco incline alla cura, alla tenerezza e ai sentimenti, si precludono spesso modalità di vita piene, appaganti e feconde per sè stessi. Significativo, a questo proposito, che nel testo vengano citati Socrate, Buddha, Francesco d’Assisi, Gandhi, Martin Luther King, Nelson Mandela: uomini passati alla storia per aspetti della propria personalità estranei ai modelli patriarcali e violenti.

Il testo sottolinea quindi che, mentre il sesso è un dato biologico e naturale, il modo in cui si vive il proprio genere “non è un dato genetico, universale, immodificabile, ma è piuttosto un dato culturale, storico, sociologico che muta di secolo in secolo e di civiltà in civiltà”. “La società non può che guadagnarci in ricchezza se permette e promuove, al suo interno molti modelli di maschilità e molti modelli di femminilità, 

senza pregiudizi, luoghi comuni, né tabù”.

Vengono riportate poi le raccomandazioni del Consiglio nazionale dell’Ordine degli psicologi a politici ed educatori. L’Ordine, già nel 2015, esortava a “favorire l’educazione sessuale nelle scuole e inserire nei progetti didattico-formativi contenuti riguardanti il genere e l’orientamento sessuale» nella chiarezza che tale azione formativa non significa affatto promuovere un’inesistente ideologia del gender, definizione coniata peraltro da una dottoressa statunitense, Dale O’Leary, contraria alla distinzione fra sesso biologico e ‘genere’ psicologico e atteggiamento socio-culturale, mentre non esistono promotori reali di tale inesistente teoria. Allora, insistono gli psicologi, è indispensabile “fare chiarezza sulle dimensioni costitutive della sessualità e dell’affettività, favorendo una cultura delle differenze e del rispetto della persona umana in tutte le sue dimensioni per contrastare anche il bullismo omofobico, la discriminazione di genere, il cyberbullismo”.

Il libretto, ricco di riflessioni teoriche, ha comunque un approccio molto diretto: l’autore invita infatti giovani lettori e lettrici a gesti concreti, spendibili nel quotidiano. E non manca una sorta di prontuario pratico sia per i ragazzi (riflettere su eventuali atteggiamenti di prepotenza nei confronti delle donne: madri, sorelle, compagne di scuola, partner; evitare espressioni lesive della loro dignità; allenarsi a riconoscere emozioni e sentimenti) che per le ragazze (contestare ogni gesto violento nei propri confronti da parte dei maschi; interrogarsi sulla gelosia del proprio partner, evitare la tendenza alla competitività, specie verso altre donne).

In appendice,  per le ragazze che hanno già sperimentato comportamenti o atteggiamenti violenti c’è poi un decalogo di suggerimenti preziosi per prevenire ed evitare eventuali gesti di violenza futura.

Suggestiva la pagina finale  – che motiva il titolo dato al libretto – nella quale una sconosciuta autrice scrive: “Mio amato uomo, ti libero dalla storia in cui devi sempre essere il principe, il coraggioso o soccorritore e, naturalmente, il principe azzurro. Ti libero dalla storia in cui non ti è mai permesso piangere, dove non esistono confusione, caos e sconfitta. Ti libero dalla storia in cui ci sono sempre mille battaglie e dallo slogan che tutto deve essere combattuto, che tutto è guerra e competizione. Non siamo tutte fragili principesse, non siamo più addormentate o intrappolate nella nostra storia. Abbiamo già lasciato le fiabe e ti aspettiamo da questa parte, nella vita reale dove puoi essere tu e io posso essere me…”.

Maria D’Asaro

https://www.ilpuntoquotidiano.it/contro-la-violenza-di-genere-ne-principi-azzurri/