venerdì 5 novembre 2021

LA COMUNITA' CRISTIANA DEL SAN SAVERIO DI PALERMO: UN TRISTE TRAMONTO...


 “Adista /Segni nuovi”

13 novembre 2021

 

DOPO TRENTACINQUE ANNI CHIUDE UNA DELLE COMUNITA’ CRISTIANE PIU’ VIVE DEL MEZZOGIORNO ITALIANO

 

Nel 1984 un giovane docente della Facoltà teologica di Sicilia chiese e ottenne la ‘rettoria’ di una splendida chiesa tardo-barocca nel cuore del centro storico di Palermo. Il cardinale Salvatore Pappalardo non ebbe esitazioni: la chiesa di San Francesco Saverio all’Albergheria (il quartiere del mercato storico Ballarò), abbandonata da anni, era adiacente a un Pensionato gestito direttamente dall’Università degli studi e si prestava a diventare una sorta di cappella cattolica per docenti e studenti. Ma per don Cosimo Scordato, il nuovo rettore, l’aggettivo ‘cattolico’ – che ha finito col designare una delle tante confessioni cristiane diffuse nel mondo – etimologicamente significherebbe ‘inclusivo dell’intero’, universale, planetario,. Da qui la decisione che il tempio affidatogli diventasse la casa di tutti: una volta a settimana il luogo della celebrazione eucaristica secondo il rito cattolico (ma ospitando, secondo le circostanze, fratelli di confessione protestante o ortodossa); per gli altri sei giorni uno spazio a disposizione della città (assemblee sui problemi del quartiere, mostre di pittura e di fotografia, presentazione di libri, concerti musicali, tavole rotonde…).

Così, in pochi anni, la chiesa di San Saverio diventava un punto di incontro per credenti in senso religioso e non-credenti (preferibilmente designati come diverso-credenti). Se nei primi mesi sembrava di assistere a scene dal film di Nanni Moretti La messa è finita – con due o tre vecchiette nella grande chiesa deserta – ben presto persone da tutta la città, anzi da tutta la provincia, vi confluivano attratte dallo stile accogliente della piccola comunità nascente e dalle omelie, leggere nel tono ma rigorose e impegnative nei contenuti, del presidente dell’assemblea celebrante. Persone omosessuali, divorziate, ex-preti ed ex-suore…chiunque trovasse chiuse le porte di altre chiese, trovava un sorriso e una mano tesa: un invito a confidare nella comprensione divina e nella solidarietà fraterna e sororale. 

Intorno alla chiesa fiorirono iniziative di ogni genere: da un centro sociale aconfessionale e apartitico a una trattoria gestita da una cooperativa di giovani, da un’agenzia di viaggi a una gelateria, da una scuola popolare di teatro a mille altre iniziative di cui parlarono giornali e televisioni di varia nazionalità. Non mancarono neppure libri (di o con Cosimo Scordato) che, via via, raccontavano le vicende del “San Saverio” (termine comprensivo di realtà giuridicamente distinte me operativamente convergenti: la rettoria della chiesa ‘materiale’; la comunità cristiana e i gruppi ospitati nei locali della chiesa; il centro sociale auto-gestito con le sue diverse articolazioni interne per settori: doposcuola, spazio donne, spazio anziani e così via): da Fare teologia a Palermo. Intervista a don Cosimo Scordato sulla ‘teologia del risanamento’ e sull’esperienza del Centro sociale ‘San Francesco Saverio’ all’Albergheria (Augustinus, 1990) a Uscire dal fatalismo. Un’esperienza di pastorale del ‘risanamento’ (Paoline, 1991); da Le formiche della storia. Un itinerario collettivo di liberazione all’Albergheria di Palermo (Cittadella, 1994) a Libertà di parola (Cittadella 2013); da Dalla mafia liberaci o Signore. Quale l’impegno della Chiesa? (Di Girolamo, 2014) a Un Dio simpatico. Sguardo teologico sul contemporaneo (Il pozzo di Giacobbe, 2018). 

Con l’autunno del 2020 don Cosimo Scordato, ormai settantenne, si è dimesso da rettore della chiesa di san Francesco Saverio, mantenendo solo la titolarità di una chiesetta vicina (San Giovanni Decollato) che – sorta come una specie di succursale nel medesimo quartiere– negli ultimi anni ha acquisito, grazie a operatori laici come Massimo Messina e la sua squadra di volontari/e,  una propria identità autonoma di spazio sociale e culturale poliedrico. Alla festa di compleanno, fra altri ospiti all’insaputa del festeggiato,  monsignor Nunzio Galantino e Francesco De Gregori. Nessuno prevedeva, e tanto meno si augurava, che il successore ‘canonico’ di don Scordato fosse un suo clone. Ma nessuno prevedeva, e tanto meno si augurava, che la successione avvenisse nel segno della discontinuità. L’arcivescovo don Corrado Lorefice ha nominato un prete quarantenne, incaricato di occuparsi della pastorale giovanile diocesana, non estraneo alle opportunità offerte da Internet,  e, dunque, propenso a dialogare soprattutto con il mondo universitario. Purtroppo, però, a dispetto di ogni altra possibile affinità, anche in questo caso è emersa la frattura terribile, all’interno della Chiesa cattolica, fra due ‘paradigmi’ inconciliabili. Il nuovo rettore, infatti, è – del tutto legittimamente – interno alla logica ratzingeriana: esponente convinto e battagliero di una chiesa gerarchica, verticale, attentissima al rispetto letterale della ‘dottrina’ e ancor più delle ‘rubriche’ liturgiche, preoccupata di contaminarsi con la mentalità ‘peccatrice’ della modernità ‘secolarizzata’. In poche parole: interno a quella ecclesiologia pre-conciliare che papa Bergoglio sta tentando di convertire all’originaria ispirazione evangelica. 

Ma intanto, a più di un anno dal pensionamento del ‘vecchio’ rettore, il bilancio del ‘nuovo’ è scoraggiante: i membri della comunità  -  sorpresi e umiliati da rimproveri (“E’ finita l’epoca del «tu» confidenziale al presbitero: ho studiato cinque anni teologia e non mi giro neppure se non mi si appella con il «Lei»”) , sottrazione di responsabilità (“Le chiavi di tutti i locali della rettoria sono in mio esclusivo possesso”), azzeramento di fiducia (“Non devo certo dare conto ai fedeli delle entrate e delle uscite finanziarie”), pesanti ingerenze sulla prassi liturgica consolidatasi (“A messa non possiamo perdere troppo tempo con i canti: la gente ha fretta”), rifiuto di qualsiasi confronto pubblico (nonostante la richiesta della comunità e dello stesso arcivescovo) – si sono via via assentati dall’appuntamento domenicale, disperdendosi in altre chiese o abbandonando del tutto la partecipazione alle celebrazioni eucaristiche. 

La vicenda non meriterebbe particolare attenzione se non avesse valenza simbolica, quasi a mo’ di metafora: paradossalmente spetta a vescovi, presbiteri e fedeli laici – oggi al di là della soglia dei settant’anni, che si sono formati ai tempi del Concilio Vaticano II – criticare il clericalismo difeso, e praticato, da  generazioni più giovani di trent’anni, formatesi nel clima controriformistico di Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI. 

Sappiamo tutti – tranne quanti si lasciano accecare volontariamente dalle illusioni – che ogni esperienza umana, specie se bella e autentica, implica una data inesorabile di scadenza. Ma per le comunità come per gli individui c’è modo e modo di morire. Quando è il pastore a disperdere il gregge – soprattutto perché le pecore non vogliono comportarsi da... pecore – il rammarico e l’amarezza sono più gravi di quando la responsabilità ricade su lupi estranei e nemici. 

Per il presente c’è poco da fare: ogni vescovo deve accontentarsi di fare il pane con la farina a disposizione (anche se resta un po’ strano constatare che diversi preti conservatori e tradizionalisti smettono di essere tali solo quando si tratta di obbedire ai pastori da loro ritenuti 'progressisti': sono, insomma, sì difensori del principio di autorità, ma a intermittenza). Non così per il futuro: se candidati al presbiterato dimostrano di non avere l’elasticità psicologica per rapportarsi alla pluralità dei fedeli (e manifestano la presunzione di voler insegnare come vivere a persone che hanno il doppio dell’età anagrafica e della saggezza acquisita), pur in regime di penuria di ‘vocazioni’, non andrebbero ordinati. Si potrebbe aggiungere che, una volta ordinati presbiteri (o presbitere !) , dovrebbero essere incaricati/e di guidare solo comunità che, avendoli/e conosciuti/e per un periodo sperimentale, ne condividessero la mentalità teologica e lo stile pastorale (come avviene in molte chiese sorelle di confessione evangelica). Ma qui si aprirebbe tutto un altro discorso.

 

Augusto Cavadi

www.augustocavadi.com


INTEGRAZIONE aggiunta sabato 6.11.2021

In tempo di inesattezze circolanti sul web e altrove, in questo blog ci tengo a riferire solo fatti 'veri' (distinguendo dalle mie opinioni, di cui sono l'unico responsabile). Per questo pubblico volentieri le precisazioni pervenutemi da Nino Spitalieri, uno dei protagonisti anche attuali della comunità san Saverio: precisazioni che non modificano la sostanza delle cose, ma che riporto per evitare che chicchessia si concentri sul dettaglio e perda di vista l'insieme dell'affresco:


"Grazie Augusto per il bell’articolo su San Saverio. Rende molto bene il clima che abbiamo vissuto in questo ultimo anno. Ma ad onore del vero, mi corre l’obbligo di precisare che due affermazioni che attribuisci a d. Massimiliano per quello che mi risulta  non sono esatte:


- “E’ finita l’epoca del «tu» confidenziale al presbitero: ho studiato cinque anni teologia e non mi giro neppure se non mi si appella con il «Lei»”. Per quello che mi costa al primo incontro avuto con lui ha detto “chiamatemi don Massimiliano, anzi d. Max, se no a che cosa sono serviti i sette anni di seminario?” (quindi accettava il “Tu” ma voleva essere riconosciuto nella qualità di sacerdote e quindi diverso da noi. Affermazione forse ancora peggiore della distanza data dal “Lei”.”

- “Le chiavi di tutti i locali della rettoria sono in mio esclusivo possesso”. In vero ha sostituito la serratura del portone di accesso ai locali  fornendo la nuova chiave ai responsabili delle due confraternite, al Sig. La Barbera dipendente della rettoria per l’apertura della chiesa e al sig. Antonio,  operatore di un’associazione in favore dei tossicodipendenti per il servizio di accoglienza dei giovani interessati. Non c’è stata invece la stessa disponibilità per gli operatori della comunità del progetto “sostegno scolastico”, che detenevano le chiavi da 30 anni. Ha offerto, tuttavia,  la disponibilità ad essere presente, anche in ore serali, per aprire in caso di necessità. (Non si comprende tale posizione se non nel volere affermare chi è il padrone di casa che accoglie l’ospite)".

15 commenti:

Piergiorgio Menotti ha detto...

Leggo, Augusto, su Adista la tua nota relativa a San Saverio all’Albergheria. Mi sembra ci sia un collegamento clerico-istituzionale con quanto sta accadendo qui da noi a Pallanza con il cambiamento del parroco. Viviamo un momento di sofferenza per un’esperienza che si è sviluppata in questi cinquant’anni e che ora viene cancellata. Con amicizia, un caro ricordo e buon fine settimana con Adriana, Piergiorgio

Unknown ha detto...

Carissimo Augusto, ti ringrazio tantissimo x le tue considerazioni xche' rispecchiano appieno il mio pensiero e tu sei riuscito proprio a dire ciò che io penso e continuo a dire da più di un anno.Mi sento triste xche' non essendo più giovane non riesco ad essere combattiva come sono stata sempre nella mia vita e non riesco a far nulla xche' possa in qualche modo risolversi questa triste realtà venutasi a creare, quelle poche volte che sono entrata a San Saverio la tristezza mi ha annientata,non trovare quella bellissima Via Crucis che era l'orgoglio della nostra bellissima chiesa mi ha spiazzata, mi sento trascinata indietro di tantissimi decenni dove il Cattolicesimo era soprattutto " bigottismo" ed io ciò non l'ho mai accettato, finalmente con l'esperienza del San Saverio e con la.guida del grande Cosimo e di tutti voi ,tu Augusto, Nino Rocca e tanti altri che sarebbe lungo elencare, io avevo.trovat una mia dimensione, un appagamento dei miei sentimenti che mi regalavano tanta serenità, vorrei dire tante altre cose ma temo di annoiarti,sentivo il bisogno leggendo il tuo scritto di ringraziare te e tutti gli altri che insieme a te, soprattutto Cosimo,mi avete dato fiducia regalandomi 35 anni fa ,tante belle emozioni e arricchendo la mia vita di esperienze che mi hanno sicuramente arricchito, un abbraccio a te, Cosimo e tutti quanti mi sono stati compagni in questa avventura chiamata SAN SAVERIO

Unknown ha detto...

Maria Pia Coniglio Giordano

Anonimo ha detto...

“La Chiesa è come MARIA: la Chiesa non è un negozio, non è un’agenzia umanitaria, la Chiesa non è una ONG, la Chiesa è mandata a portare a tutti CRISTO e il SUO Vangelo; non porta se stessa– se piccola, se grande, se forte, se debole, la Chiesa porta Gesù e deve essere come Maria quando è andata a visitare Elisabetta. Cosa le portava Maria? Gesù. La Chiesa porta GESÙ!” (Papa Francesco, udienza generale, 23 10 2013)

Maria Mammano ha detto...

Grazie Augusto! Mi pare che i seminari ,( che sarebbero da eliminare), stanno dando alla luce una generazione di presbiteri preconciliare . Ahimè ! Tra tanta amarezza resta il ricordo e, quello ,loro, non potranno cancellarlo di un'esperienza inimitabile!

Vito Di Vita ha detto...

... esperienza indimenticabile che racconto a mia figlia.
Una grande esperienza formativa e culturale.

Orlando Franceschelli ha detto...

Ricordo ancora oggi -a distanza di decenni- la bella serata trascorsa alla trattoria autogestita del centro San Saverio, con nella borsa il libro sulla 'teologia del risanamento' dell'allora -e anche ora- giovane don Cosimo che animava tutto. E suonava la fisarmonica "divinamente". E' vero che tutto passa. Ma un pò di conforto ci viene sempre dal fatto che il tempo ha anche una strana capacità di conservare le cose migliori: anche il bene ha la sua fertilità. Un affettuoso saluto a don Cosimo e a voi, Orlando Franceschelli.

Rosa Lunetta ha detto...

Grazie,Augusto x quanto hai scritto sulla nostra straordinaria Comunità,al momento,dispersa.Sei sempre grande e hai saputo descrivere la situazione nella sua realta' assai dolorosa per tutti noi,che non sappiamo rassegnarci e continuiamo a sperare contro ogni speranza

Pietro Buccheri ha detto...

Seguivamo l'attività di padre Scordato anche dall'Università di Viale delle Scienze. Non conoscevo la situazione attuale! Non ci posso credere!

Nino Spitalieri ha detto...

Grazie Augusto per il bell’articolo su San Saverio. Rende molto bene il clima che abbiamo vissuto in questo ultimo anno. Ma ad onore del vero, mi corre l’obbligo di precisare che due affermazioni che attribuisci a d. Massimiliano per quello che mi risulta non sono esatte:

- “E’ finita l’epoca del «tu» confidenziale al presbitero: ho studiato cinque anni teologia e non mi giro neppure se non mi si appella con il «Lei»”. Per quello che mi costa al primo incontro avuto con lui ha detto “chiamatemi don Massimiliano, anzi d. Max, se no a che cosa sono serviti i sette anni di seminario?” (quindi accettava il “Tu” ma voleva essere riconosciuto nella qualità di sacerdote e quindi diverso da noi. Affermazione forse ancora peggiore della distanza data dal “Lei”.”
- “Le chiavi di tutti i locali della rettoria sono in mio esclusivo possesso”. In vero ha sostituito la serratura del portone di accesso ai locali fornendo la nuova chiave ai responsabili delle due confraternite, al Sig. La Barbera dipendente della rettoria per l’apertura della chiesa e al sig. Antonio, operatore di un’associazione in favore dei tossicodipendenti per il servizio di accoglienza dei giovani interessati. Non c’è stata invece la stessa disponibilità per gli operatori della comunità del progetto “sostegno scolastico”, che detenevano le chiavi da 30 anni. Ha offerto, tuttavia, la disponibilità ad essere presente, anche in ore serali, per aprire in caso di necessità. (Non si comprende tale posizione se non nel volere affermare chi è il padrone di casa che accoglie l’ospite).

Paolo Guttadauro ha detto...

Ovvero: quando l'abito diventa paravento della propria insufficienza.

Giuseppe ha detto...

Il vero problema è che non conoscete e non volete conoscere il nuovo rettore... Non avreste accettato nessuno perché chiunque sarebbe stato diverso dalle vostre aspettative

Anonimo ha detto...

È triste constatare che un giovane sacerdote coltivi modelli autoritari e gerarchici dei rapporti umani. Ancora più triste l'accanimento quasi patologico con cui modifica e distrugge quanto aveva fatto il precedente RETTORE. Sono comunque convinto che la Comunità saprà mantenersi unita e continuare sulla via che ha da tempo presa.

Mario ha detto...

Una Comunità fondata in Cristo lavora per l'unità... Don Cosimo ha annunciato Cristo o se stesso? Facciamolo capire con scelte cristiane... Questo attacco non è cristiano e non dice tutta la verità dei fatti... sarebbe bello rendere pubbliche certe tristi conversazioni che si scambiano in comunità su whatsapp da un mese a questa parte e durante le riunioni... chissà se il p. Cosimo le approva... Sarebbe bello sentire una sua parola su tutta questa questione...

Salvo ha detto...
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