domenica 30 agosto 2009

LE DINAMICHE DELLA PEDOFILIA


30 Agosto 2009
Repubblica - Palermo 30.8.09

Giusy Randazzo
SIRENA
Edizioni Cieffepi- Erga
pagine 240
euro 10,00

E’ quasi banale che tra uno psicoterapeuta cinquantenne e una affascinante paziente trentacinquenne scatti qualcosa in più del ’solito’ transfert. Ma protagonista del romanzo Sirena, dell’ agrigentina Giusy Randazzo, è una “magia maligna”: atmosfera che attraversa i capitoli del racconto, ma anche energia impalpabile, forte e seducente, che domina gli antagonisti, determinandone esaltazioni e disperazioni. Nominare questa misteriosa potenza psichica non significa togliere al lettore l’emozione di vederla rappresentata con l’intensità di toni e la varietà di colori che l’autrice mostra di padroneggiare: il fascino seduttivo che un bambino può esercitare nei confronti di un adulto. La nostra cultura non è preparata ad affrontare la questione ‘pedofilia’ con saggezza. Randazzo avrebbe potuto imboccare varie scorciatoie: raccontare a fini edificanti la guarigione dai traumi infantili di un’adulta abusata; oppure condannare moralisticamente gli adulti responsabili dell’abuso; oppure ancora legittimare scandalisticamente l’esercizio della pederastia…Invece, con un colpo d’ala, tenta la via più ardua: scrutare le dinamiche segrete che si sviluppano fra un adulto (abusante) e un bambino (abusato). Dinamiche delle quali - prima di stabilire chi deve giocare il ruolo fisso di ‘vittima’ e chi di ‘carnefice’ - va riconosciuta la tragicità.

venerdì 28 agosto 2009

UN ROMANZO SULLA PEDOFILIA


“Centonove”
Venerdì 28 agosto 2009

Il romanzo “Sirena” dell’agrigentina Giusy Randazzo

LA PEDOFILIA OLTRE GLI STEREOTIPI

Un giallo senza delitti con trama imprevedibile per esplorare, senza pregiudizi moralistici, una dimensione ‘maligna’ dell’esperienza umana. Con queste sorprese.

Il setting psicoterapeutico sembrerebbe inventato per funzionare come ambientazione di pezzi di teatro da camera. Ma proprio la facilità con cui uno psicoterapeuta (cinquantenne e brizzolato) e una paziente (trentacinquenne e affascinante) possono trasformarsi in personaggi scenici rende altamente rischiosa ogni narrazione letteraria che li prescelga come protagonisti. Accostatomi con questa diffidenza al romanzo Sirena (Cieffepi - Erga, Genova 2008) della siciliana Giusy Randazzo, confesso di essere stato spiazzato da una trama per nulla prevedibile: spiazzato, rispetto alla pre-comprensione iniziale; catturato, poi, da una “magia maligna” dovuta alla suspense di un giallo senza delitti e, altrettanto, da una scrittura spudoratamente disarmata. Nuda.
La “magia maligna”, in realtà, non è solo l’atmosfera che attraversa i capitoli del racconto: ne è, più sostanzialmente, la vera protagonista. E’ infatti questa energia impalpabile, questa forza seducente, che domina i due antagonisti, determinandone vizi e virtù, pregi e difetti, esaltazioni e disperazioni. Sembrerebbe saggio non rivelare al lettore ignaro in cosa consista davvero questa misteriosa potenza psichica, ma nominarla non significa rappresentarla con l’intensità di toni e la varietà di colori che l’autrice mostra di saper manipolare a meraviglia: si tratta del fascino seduttivo che un bambino esercita - può esercitare - nei confronti di un adulto.

Probabilmente la nostra cultura non è ancora preparata per affrontare la questione ‘pedofilia’ con tutta la maturità scientifica e soprattutto sapienziale che gli interrogativi perturbanti impongono. Giusy Randazzo avrebbe potuto imboccare varie scorciatoie, una più disastrosa dell’altra: raccontare a fini edificanti la storia di una guarigione dai traumi infantili di un’adulta abusata; oppure condannare moralisticamente gli adulti insospettabilmente responsabili dell’abuso; oppure ancora - sarebbe stata un’idea commercialmente redditizia, suppongo - legittimare scandalisticamente l’esercizio della pederastia in nome del “politeismo dei valori” o del ritorno ad un sano paganesimo pre-cristiano…Invece, con un colpo d’ala, l’autrice tenta la via più ardua: rinunziare a schemi e schermi per cercare di scrutare le dinamiche segrete che si sviluppano fra un adulto (abusante) e un bambino (abusato). Dinamiche delle quali - prima di stabilire chi deve giocare il ruolo fisso di ‘vittima’ e chi di ‘carnefice’ - va riconosciuta la tragicità: nel senso greco, classico, del termine. Certe attrazioni infatti sembrano gestire i soggetti umani più che esserne gestite: ‘colpa’ e ‘danno’ si incrociano paradossalmente, al punto che raramente il ‘colpevole’ è immune dal dolore che arreca e la persona danneggiata indenne dal ’senso di colpa’ per aver scatenato gli impulsi più ciechi dell’abusante.
La consapevolezza della tragicità della relazione pedofila suggerisce - starei per dire impone - uno sguardo di pietà su tutti coloro che, a vario titolo, vi restano coinvolti. Una pietà che non esclude la necessaria articolazione di tutti gli altri approcci (l’analisi psicologica, le valutazioni legali, le considerazioni etiche, le strategie pedagogiche…), ma in qualche modo la fonda e la orienta: “Ricordo una volta un uomo in tribunale al banco degli imputati. Vidi il bambino che aveva dentro, i cui unici ricordi erano maltrattamenti fisici e abusi sessuali… Era come se avessi avuto davanti due bambini: due vittime. Non dimenticherò mai i suoi occhi. Erano identici a quelli del bambino violentato e sapevo che un giorno li avrei rivisti: e magari il carnefice questa volta sarebbe stato proprio quello che oggi riconoscevo come vittima”.
Una notazione a margine: il co-protagonista, lo psicanalista Andrea Matula, può anche essere interpretato come cifra della ricerca intellettuale ed esistenziale dell’autrice, presidente dell’AIP (Associazione italiana degli psicofilosofi). Andrea, infatti, con la sua intelligenza e con la sua dedizione professionale, incarna i pregi dell’approccio psicoterapeutico, ma con lo scacco finale che subisce di fronte al male oscuro della paziente-amante Lucia attesta anche i limiti di tale approccio. La sua vicenda testimonia la necessità che, nell’affrontare gli enigmi della vita, si faccia appello a risorse che vanno al di là della scienza psicoanalitica.

giovedì 27 agosto 2009

Oggi il Sinodo valdese propone un giorno di digiuno per…


…solidarietà con gli immigrati che lo Stato italiano vieta di accogliere.
Ho aderito (nelle modalità consentitemi dall’essere in viaggio) perché mi pare una iniziativa in cui convergono messaggio evangelico e ragionevolezza umana. Possono dissentire solo quanti sono privi di fede o privi di buon senso o, come nel caso del governo italiano attuale, privi di entrambi.

giovedì 20 agosto 2009

COMPORTAMENTI PUBBLICI


Repubblica - Palermo 20.8.09

PAGHI PIU’ TASSE CHI E’ MENO CIVILE

Si riuscirà, con tutti mezzi legali disponibili, a costringere il sindaco Cammarata a fare marcia indietro sull’aumento dell’addizionale Irpef? A evitare, con il raddoppio dell’aliquota, dallo 0,4 allo 0,8 per cento (la più alta d’Italia) , di costruire, in attesa delle gabbie salariali, una sorta di ‘gabbia impositiva’? Nessuno - ritengo - sia in grado di prevederlo. Ma sarebbe bello che il primo cittadino, anziché essere costretto, si convincesse della validità di innumerevoli alternative. La ricetta è talmente semplice che si ha persino pudore a formularla: chiedere soldi non ai cittadini più onesti, ma a quelli che lo sono di meno.
Dunque, innanzitutto, a chi non paga né Irpef né Ici né tasse su immondizia, targhe professionali sui portoni di casa, insegne di negozio, cartelloni pubblicitari. Non sono un ragioniere, ma raccogliendo notizie ora dalla stampa locale ora da funzionari amici che lavorano in Comune sono arrivato alla conclusione che si recupererebbe qualche milione di euro di crediti.

Insufficienti? In questo caso - ma questo secondo suggerimento al sindaco di Palermo ricorda da vicino il bambino ingenuo che indica la nudità del re - perché non trarre denaro dalla tasca dei cittadini più incivili? La città è ormai sempre meno vivibile e i turisti che ritornano dopo anni lo notano unanimamente. Chiunque posteggia in doppia e tripla fila o nelle rare piste ciclabili; chiunque getta cartacce dall’auto in corsa o depone rifiuti ingombranti all’angolo delle strade (dove già, per le note ragioni amministrative, l’immondizia si accumula implacabile) o rifiuti tossici sul greto dell’ex fiume Oreto (per evitare i costi dello smaltimento) o abbandona carcasse di auto vecchie, ricettacolo di siringhe e affini, per risparmiare sulle spese di demolizione; chiunque costruisce verande abusive e trasforma le terrazze sui tetti in appartamenti pericolosamente illegali; nessuno, o quasi, rallenta davanti alle strisce pedonali nonostante i pedoni attendano timidamente di attraversare; per non parlare dei posteggiatori abusivi che taglieggiano gli automobilisti anche nei luoghi in cui si paga già il tagliando a ore; delle corsie dei mezzi pubblici intasate normalmente di veicoli privati; del vizio crescente di attraversare gli incroci col rosso; dei cantieri edili che smaltiscono i materiali di risulta - anche pericolosi - in maniera selvaggia…Tutto questo e altro ancora senza un’ombra di vigile urbano. Che, quando c’è, fa finta di non vedere. L’unica repressione che funziona efficacemente riguarda i tagliandi dei posteggi nelle zone del centro: gli ‘ausiliari del traffico’ sono - giustamente, ma un po’ paradossalmente - molto severi nel segnalare abusi (anche di pochi metri) e ritardi (anche di pochi minuti)
Sappiamo ormai le obiezioni (”Ci sono pochi vigili in servizio ogni giorno, fra ferie e malattie”), ma sappiamo anche le contro-obiezioni (”Perché non disimpegnare gli agenti di polizia municipale dal chiuso degli uffici e dalle incombenze di rappresentanza non strettamente necessarie? Perché non espletare tutti i concorsi per completare l’organico? Perché - vista la disoccupazione dilagante - non adeguare gli organici al numero crescente degli abitanti e degli automobilisti che transitano da Palermo provenendo anche dalla provincia o sbarcando dalle navi?). Insomma: un livello almeno accettabile di legalità, di rispetto delle regole di convivenza civile, avrebbe immediatamente delle ricadute positive per le finanze dell’amministrazione comunale. Per non parlare dell’incremento del turismo - e dunque dei ricavi dell’indotto - man mano che l’immagine della città migliorasse agli occhi dei visitatori.
Se i vigili urbani non dovessero risultare sufficienti, almeno nei periodi cruciali il sindaco potrebbe convocare, d’intesa col prefetto o su impulso di questi, delle riunioni fra i vertici delle forze dell’ordine operanti a Palermo (polizia di Stato, carabinieri, guardia di finanza) e programmare degli interventi coordinati.
Solo se questa ondata di pulizia morale e civica (non apro l’affaire delle spese pazze dei burocrati delle municipalizzate né lo scandalo degli operai stipendiati per oziare mentre le spiagge pubbliche sono impraticabili per sporcizia) dovesse risultare insufficiente a sanare il bilancio comunale, il sindaco Cammarata avrebbe la legittimazione politica della sua decisione di tartassare i soliti stupidi che ritengono doveroso contribuire con le proprie risorse (talora non proprio floride) al bene comune. E i soliti stupidi avrebbero motivo per evitare di mobilitarsi inferociti contro amministratori per i quali il disprezzo della cittadinanza riflessiva costituisce la cifra abituale dello stile di governo. Veramente, come amava esprimersi Totò de Curtis, “ogni limite ha una pazienza”.

mercoledì 12 agosto 2009

Quattro stanze in affitto al centro di Palermo


Care amiche e cari amici del mio blog,
forse vi stupirete un po’ di questo annunzio, ma siccome si è liberata la bella casetta vicino al Politeama (quattro stanze indipendenti + cucina + bagnetto con doccia) mi piacerebbe darla in affitto a persone di fiducia: dunque a qualche lettore del mio blog o a qualche suo conoscente. Sapete che sono raggiungibile al 338.4907853 o via email (mediante questo stesso sito). La casa è ideale come studio professionale o per studenti e giovani professionisti, ma può andare bene anche per giovani coppie con non più di due figli.
Un affettuoso augurio di serene vacanze (quali che siano le modalità concrete con cui potete trascorrerle).

lunedì 10 agosto 2009

Francesco Palazzo su “In verità ci disse altro”


Francesco Palazzo
“Repubblica - Palermo” 9.8.09

Augusto Cavadi - In verità ci disse altro. Oltre i fondamentalismi cristiani (Falzea Editore, pp. 244, euro 15)

Il libro inizia con una domanda: si può, insieme, credere e pensare? E una constatazione: il cristianesimo è malato. La chiesa reagisce conservando tutto o ricorrendo al revisionismo felpato. La proposta è quella di un “oltre-cristianesimo”. Ma come salvare il divino? Per l’autore, l’uomo, interrogandosi sul cosmo, intravede un fondamento intelligente. Il testo continua con un duplice quesito. Quanti si dicono vicini al cristianesimo e coloro che lo rifiutano, sanno di che si tratta? Bisogna accostarvisi con occhi nuovi. In teologia vi sono stati profondi cambiamenti. Vediamo alcuni passaggi. Gesù annunzia il regno di Dio, non una religione. La fine del mondo tarda. La chiesa si propone per dare una mano. Credere non è più una pratica di vita, ma l’accettazione di dogmi. Questa fase giunge al Concilio di Trento e alla Controriforma. Intanto c’è stato Lutero: solo la fede salva. L’illuminismo è uno spartiacque. Il cattolicesimo reagisce male, i protestanti dialogano con la modernità. Si arriva all’infallibilità papale (1870), che un papa aveva condannato come eresia. Il tempo stringe. La modernità scompare nel post-moderno. Il Concilio Vaticano II (1962-65), cerca di dare delle risposte. Il mondo cambia, l’arroccamento non serve più. Il cristiano non è più depositario di nulla. Anzi nei contenuti non apporta nulla di nuovo. E’ un laico, in cammino tra i tanti. La sua vita è solo vivificata dalla comunicazione con Cristo. Nel testo questo “post-cristianesimo” ha un volto preciso: liberazione dal superfluo, sessualità serena, ri-fidanzamento con la terra, ricerca di una globalizzazione verso una vera universalità. “Per anni - rivela Cavadi - sono stato attento a non ridurre Dio alla dimensione orizzontale. Ma la peculiarità del cristianesimo è nella concretezza del fratello, via privilegiata per aprirsi al mistero del Padre”. Un giovane teologo, nel 1963, affermava: “L’amore è completamente sufficiente, non occorre altro. Il sacramento del fratello è l’unico requisito di salvezza”. Oggi quel tipo è conosciuto come Benedetto XVI. La risposta intorno al credere e al pensare, è, per Cavadi, una sfida da accettare a viso aperto. Il libro è dedicato a coloro che non hanno chiuso la partita. E vogliono tenere accese le fiammelle della fede e le possibilità della ragione.

sabato 1 agosto 2009

Le porcate di Berlusca e il dibattito nella chiesa siciliana


“Repubblica - Palermo”
31.7.09

VIZI PRIVATI E PUBBLICHE VIRTU’ SECONDO I VESCOVI SICILIANI

Sino a che punto si possono separare i vizi privati dalle virtù pubbliche? La domanda, di per sé interessante, pare sia stata avvertita nella Chiesa cattolica siciliana con particolare insistenza.
Il vescovo di Mazara del Vallo, mons. Domenico Mogavero, che è un esperto di diritto e che è stato ai vertici della Conferenza episcopale italiana, intervistato dall’Ansa sui recenti casi di Berlusconi, non ha usato mezze misure: “il disagio inevitabilmente va montando sempre di più nella Chiesa” e nel Paese si sta determinando “uno sbandamento e una confusione” che esigono un chiarimento da parte del presidente del consiglio, il quale dovrebbe “valutare” se “nel superiore interesse nazionale del Paese” sia opportuno dimettersi. Il vescovo di Piazza Armerina, mons. Michele Pennisi, è altrettanto netto sul piano dei princìpi (”è bene mettere in discussione la pregiudiziale separazione tra etica e politica, sostenuta da chi teorizza che tutte le sperienze della vita umana sono autonome dalla morale”), ma molto più sfumato sul terreno delle contingenze storiche: “In concreto bisogna però chiedersi se la ‘questione morale’ sollevata da improvvisati Catoni non sia usata come clava contro i propri avversari politici e se dietro campagne moralistiche non si nascondano ipocritamente interessi economici e strumentalizzazioni elettorali di basso profilo. L’ipocrisia è l’omaggio che il vizio rende alla virtù″.

Il ragionamento di Pennisi oscilla fra ingenuità ed eccesso di furbizia: come ci si può stupire se gli avversari politici di un leader approfittino dei suoi scivoloni morali per erodergli fette di consenso a proprio favore? Se uno ruba o tradisce sistematicamente la moglie con minorenni, la sua responsabilità impallidisce sino a scomparire solo perché a denunziarne l’incoerenza sono esponenti di altre formazioni politiche? Probabilmente il presule intuisce, senza difficoltà, la debolezza delle proprie argomentazioni e, per rinforzarle, aggiunge considerazioni intese a delegittimare i critici del premier: “Mi chiedo da che pulpito viene la predica, quando coloro che esaltano il libertinaggio morale del singolo individuo e sostengono campagne di legittimazione della soppressione di esseri umani innocenti o in favore della selezione eugenetica degli esseri umani in stato embrionale o dell’eutanasia come progetto di estensione del suicidio assistito, si ergono a difensori della morale altrui: o sono diventati di botto dei bacchettoni o sono rimasti farisei”. Qui il filo del ragionamento si assottiglia sino all’inverosimile: tu ritieni opportuno che una coppia scelga di non portare a termine la gravidanza nel caso di un feto gravemente malformato o che un anziano ammalato di tumore scelga il suicidio assistito? Queste sole idee ti squalificano irrimediabilmente: non meriti contro-argomentazioni razionali ed, anzi, perdi il diritto di scandalizzarti per le azioni immorali degli altri, sia nei campi in cui hai idee opinabili sia in tutti gli altri ambiti etici.
Anche don Salvatore Resca, uno dei più noti e stimati preti della diocesi di Catania, in un’intervista rilasciata all’agenzia di stampa “Adista” trova sorprendenti le dichiarazioni del presule di Piazza Armerina: “Il vescovo deplora l’uso ’strumentale’ della morale per delegittimare i propri avversari politici, legittimando così i comportamenti di Berlusconi, e dimenticando, visto il ruolo che il suo protetto ricopre, le gravi e negative ricadute dei suoi atteggiamenti sulla collettività“. Chiedere ai potenti di turno di emanare leggi rigoriste, moralistiche, repressive e in cambio chiudere un occhio sui loro peccati personali significa capovolgere la logica evangelica, incarnata da un Giovanni Battista o da un Gesù di Nazareth: denunziare a voce alta le magagne dei governanti e contare, per la conversione della gente, non sulla paura delle norme bensì sull’efficacia dell’esempio.
Aver cura della dignità dei fratelli (e delle sorelle !), essere solidali con gli stranieri, rispettare tutte le creature viventi, mantenerfe la sobrietà nell’uso dei beni materiali, praticare la lealtà e riconoscere con onestà le proprie ventuali colpe: sono qualità cristiane che si possono praticare non per paura dei poliziotti, ma perché si sperimenta che esse sole danno sapore ai pochi giorni che ci sono concessi sul pianeta. Pretendere che questo lo capiscano gli “atei devoti” e, soprattutto, che ne traggano le conseguenze pratiche, sarebbe troppo; ma se lo capissero almeno i pastori della chiesa siciliana, sarebbe una ragione per sperare in una Sicilia meno inquinata. Sarebbe un modo per arrivare più facilmente a quella meta da cui monsignor Pennisi rischia, suo malgrado, di allontanare credenti e noncredenti: il rifidanzamento fra convinzioni etiche e prassi politica.

Augusto Cavadi

Ci vediamo a Villar Pellice la sera di lunedì 17 agosto 2009?


Lunedì 17 agosto, ore 21
all’Ecomuseo “Crumière” di Villar Pellice

Augusto Cavadi

filosofo consulente palermitano

presenta il suo libro

“Chiedete e non vi sarà dato.
Per una filosofia (pratica) dell’amore ”

Petite Plaisance Editrice, Pistoia, 2009 - 137 pagine - € 15,00

Quanto più mendicate l’amore, tanto più facilmente gli altri scapperanno via e vi lasceranno solo. Ma se, invece, gli altri vi troveranno affettivamente autonomi…

Insieme con l’autore interverranno:

Lilia Garnier, sindaco di Villar Pellice

Bruno Gabrielli, pastore della Chiesa valdese di Villar Pellice,
già pastore della Chiesa metodista e valdese di Palermo (Noce)

La conversazione pubblica sarà allietata dagli interventi musicali di Maurizio Volpe
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Negli anni Trenta del XX secolo il pastore luterano Anders Nygren pubblicò un’opera fondamentale, Eros e agape, in cui ha analizzato due generi di amore: la passione (tipica dei Greci) per il Bene assoluto e la com-passione (tipica del Vangelo) per chi vive nella privazione dei beni essenziali. Ma sono questi gli unici ‘amori’ di cui abbiamo bisogno per essere felici? Non c’è anche l’eros ‘carnale’, sessuale, di cui ha parlato Freud? E non c’è anche la philìa, l’amore paritario fra amici? Agape, eros ‘celeste’, amicizia ed eros ‘terrestre’ : forse tutti necessari all’arte di vivere…