giovedì 27 ottobre 2005

MA CHI E’ VERAMENTE SUPERIORE?


“Repubblica – Palermo” 27.10.05


IL DILEMMA DELL’ETICA APPLICATO AI POLLI

Sembra che (per il momento, almeno) l’epidemia aviaria, pur sfiorando il Mediterraneo,  abbia risparmiato la Sicilia. Le statistiche delle categorie interessate confermano la percezione dell’osservatore medio: il consumo di pollame e di volatili è crollato. E’ già successo con la mucca pazza, succederà altre volte: la gente si allarma, si astiene, poi dimentica gradualmente, infine ritorna alle abitudini precedenti. Ciclicamente: da un’emergenza all’altra. Qualcuno, però, anche nella nostra città, non si rassegna. E  - per esempio con un lenzuolo bianco vergato a mano su uno dei cavalcavia della circonvallazione – lancia il suo grido: “Vegetariano è meglio”. Oppure, da tempo, fotocopia un foglio stampato al computer, lo intitola ambiziosamente e un po’ autoironicamente “Lo scondizolo. Periodico di informazione per gli amici dei cani” (www.loscondinzolo.135.it) e lo distribuisce, in maniera – si diceva – militante, negli ambienti più disparati. Qualche altro, per esempio il professore Alberto Biuso che insegna “filosofia della mente “ all’Università di Catania, preferisce scrivere delle e-mail ‘aperte’ ai direttori delle testate giornalistiche della Rai: “nei vostri servizi accurati sulla pandemia si parla di tutte le possibili conseguenze per i cittadini, i consumatori, i produttori…ma non una parola sulle prime vittime di questo disastro e cioè i volatili, creature vive sterminate coi metodi più brutali. Un’indifferenza che a me sembra sconcertante e inaccettabile”.

C’è chi preferisce lavorare sulla lunga distanza per diffondere una diversa mentalità: come la piccola, combattiva casa editrice palermitana che ha tradotto dal francese una pièce teatrale imperniata sul dialogo fra un gatto e il suo ‘padrone’ (Daniel Fohr, Nelson e Georges, Nuova Ipsa).
Insomma, il messaggio – portato avanti con mezzi poveri, da minoranze esigue e considerate un po’ originali – è che certi eventi dovrebbero sollevare il velo su drammi molto più estesi e molto più duraturi: in questo caso l’assoluto disprezzo ordinario con cui un animale che si ritiene privilegiato tratta gli altri animali. Ora, delle due l’una: o questa superiorità dell’uomo non esiste (e allora non si giustifica lo sterminio dei consimili) o esiste (e allora proprio una maggiore consapevolezza dovrebbe renderci più attenti ai diritti di chi non ha voce).
Considerazioni come queste non pretendono di risolvere questioni tanto serie. Gli slogan possono servire per enunciare degli interrogativi più che per argomentare delle risposte. La tragedia è che certi interrogativi vengono da noi rimossi prima ancora che acquistino figura e consistenza. Per esempio asserendo che, con tanti disastri che affliggono l’umanità, sarebbe davvero un lusso preoccuparsi pure della sofferenza di polli, vitelli e pesce-spada. Chi sostiene questo non si rende conto che l’atteggiamento violento contro la vita non si lascia frammentare e rinchiudere in compartimenti separati: non si può difendere la vita del nascituro se si dimentica la vita della madre né la vita dei malati terminali se si dimentica il destino delle vittime di guerra. Così non si avrà mai abbastanza cura della persona umana in un contesto culturale, politico ed economico in cui si riduce ogni fratello in animalità a bestia da macello.
Da dove ripartire? Il pensatore francese Levinas ha suggerito di rifondare l’etica sul volto concreto dell’altro. Lui pensava a ogni ‘altro’, comunque sempre all’interno della razza umana. Forse si potrebbe per analogia estendere il metodo anche agli ‘altri’ che appartengono ad altre specie viventi. Sino a quando sono per noi massa indistinta, possiamo divorare senza problemi gli agnelli arrostiti: ma se ne avessimo allevato uno nel giardino di casa, se ci avesse riscaldato il grembo col suo calore e ci avesse fissato col suo sguardo tenero di creatura inerme, avremmo la stessa disinvoltura nel trucidarlo? Mangeremmo cani e gatti come in Cina anche se si trattasse del nostro Fido o della nostra Micetta? O taglieremmo le loro corde vocali per non udirne l’urlo quando sono sottoposti a vivisezione? Accetteremmo, insomma, di ritenere lecito per mille esemplari ciò che ripugnerebbe alla nostra coscienza nel caso di un singolo esserino? Domande. Solo domande. Se imparassimo a non censurarle con fretta, persino l’aviaria avrebbe dei risvolti positivi.

Augusto Cavadi

venerdì 14 ottobre 2005

IL CANDIDATO DEL CENTROSINISTRA


“Centonove” 14.10.05


Tutti i governatori possibili

Dopo la proposta di candidatura alla presidenza della Regione a Pippo Baudo, si potrebbero trarre dalla vicenda motivi di piagnistei nell’area progressista del tutto simmetrici ai motivi di sollievo per scampato pericolo da parte dell’area conservatrice. Per l’una e per l’altra, però, sarebbero possibili anche spunti di riflessione costruttiva.
Quando è circolata la notizia della proposta di Prodi e Rutelli a SuperPippo, la reazione di moltissimi militanti di sinistra è stata comprensibilmente di stupore e di disappunto. Al momento di verbalizzare le ragioni, sono emerse – meno comprensibilmente – delle opinioni di un moralismo bigotto davvero scoraggiante. Il succo: come può un uomo di spettacolo guidare seriamente un governo regionale? La risposta più saggia l’ho ascoltata dall’attore Pino Caruso: perché un ingegnere dovrebbe essere più adatto? Gli studi di medicina hanno reso Totò Cuffaro più adatto a gestire l’Assessorato all’Agricoltura (dove un ritardo ingiustificato nella firma del provvedimento di sospensione del dipendente Sprio ha, oggettivamente, esposto al martirio il funzionario responsabile Basile) o a gestire i finanziamenti pubblici alle strutture ospedaliere private (come documentato in maniera plateale dalle note vicende giudiziarie riguardanti la Clinica S. Teresa di Aiello a Bagheria) di quanto non avrebbe fatto un laureato in giurisprudenza come Giuseppe Baudo?

Nessuno, a mio ricordo, ha elencato i tre motivi veramente decisivi per opporsi all’ipotesi maturata nei salotti romani. Primo: perché sul piano dell’etica personale, Baudo ha patteggiato una pena per aver intascato centinaia di milioni delle vecchie lire in cambio di pubblicità occulta durante i suoi spettacoli. Cioè perché, non contento di guadagnare in un giorno quello che i comuni mortali guadagniamo in un anno, ha ingannato la Rai e il pubblico pur di arraffare ancora più denaro.
 Secondo: perché sul piano della sua storia politica, solo alcuni anni fa ha impegnato la propria immagine per promuovere un movimento creato da Sergio D’Antoni, “Democrazia europea”, alla cui presidenza era stato chiamato Giulio Andreotti. Anche a non voler considerare che la stessa sentenza giudiziaria che ha assolto quest’ultimo dall’accusa di concorso in associazione mafiosa, ha confermato la consumazione del reato sino al 1980, come si può scegliere per esponente di punta del centro-sinistra una persona che ha provato a sostenere l’avventura elettorale di un politico della Prima Repubblica che incarna, come nessun altro, il tatticismo senza valori ed il pragmatismo senza ideali?
Terzo: perché, sul piano della competenza tecnica, Baudo ha avuto scarse esperienze di amministrazione e di gestione del personale. E’ vero che ha diretto dignitosamente il Teatro Stabile di Catania, ma per il resto  - come ha dichiarato egli stesso offrendo una lezione di onestà intellettuale e di rigore professionale che agli occhi di molti di noi lo ha rivalutato – è stato lontano dai meccanismi istituzionali e potrebbe, al massimo, provare a gestire un consiglio di circoscrizione municipale.
Se queste considerazioni telegrafiche sono fondate, possono essere adottate a griglia di valutazione per le prossime – speriamo immediate – designazioni (nel centro-sinistra e, se dovesse rendersi necessario, anche nel centro-destra).
Un candidato ideale può essere benissimo, come Baudo, un cittadino che, pur non provenendo dai ranghi di un partito politico, abbia dato nel proprio ambito di lavoro prova di professionalità. Ma, in più, deve aver dato prova – a differenza di Baudo - di saper individuare gli obiettivi prioritari in un determinato settore, di saper scegliere i collaboratori adatti e di saper tessere con loro relazioni costruttive. Può essere dunque, come ricordava Nino Alongi nel suo editoriale di domenica su “Repubblica-Palermo” riprendendo la proposta di alcuni attenti protagonisti della vita civile, un commerciante come Tano Grasso che ha saputo organizzare la resistenza della sua categoria alla pressione del racket mafioso o un educatore come Alfio Foti che ha saputo coordinare per anni il variegato mondo associativo dell’ARCI siciliana e che dirige, come vicepresidente nazionale al fianco di don Luigi Ciotti, l’ancor più variegato mondo delle associazioni antimafiose raggruppate in “Libera”. Può essere il presidente regionale del Mo.Vi (Movimento del Volontariato Italiano), Ferdinando Siringo, che da anni si dedica  alla formazione civica di migliaia di cittadini siciliani impegnati nel volontariato laico e cattolico e, in quanto direttore del Cesvop, accompagna la promozione di innumerevoli iniziative sociali in tutta l’Isola. Può essere Lino D’Andrea, il padre dei “Sicaliani”, alla cui fantasia creativa e alla cui dedizione senza risparmio devono da decenni la nascita cooperative di giovani, associazioni culturali, progetti di riscatto sociale. Può essere Sergio Cipolla, fondatore e presidente di una Organizzazione Non Governativa, il Ciss (Cooperazione internazionale Sud Sud), che in un quarto di secolo, da Palermo, si è diffusa con sedi e succursali in mezzo mondo, soprattutto in quelle zone dove è stato più urgente attivare corsi di formazione professionale, fabbriche, aziende agricole. Può essere Alessandra Siragusa, protagonista della Primavera di Palermo e animatrice dei circoli siciliani del movimento internazionale “Emily” mirato all’incremento della partecipazione femminile alla politica…
La lista potrebbe essere molto più lunga e, se i partiti progressisti fossero un po’ meno distanti dalla concretezza dell’impegno quotidiano di tante donne e di tanti uomini, potrebbero essi stessi integrarla. Ovviamente senza scartare a priori militanti e dirigenti attivi al proprio interno. Ma all’eventuale candidato – o meglio, nello spirito delle primarie, agli eventuali candidati – bisognerebbe fare “l’analisi del sangue”. E accettarli solo se non hanno dato prova di disonestà dal punto di vista etico né di opportunismo dal punto di vista politico. Tutti abbiamo certamente commesso errori: ma ci sono errori troppo recenti, e soprattutto rimasti senza l’ombra di un pentimento, che rendono obiettivamente improponibile un nome destinato a differenziarsi dal candidato dello schieramento opposto nella maniera più radicale, e dunque più evidente, possibile. Le primarie del centro-sinistra dovranno scegliere un uomo possibilmente capace di battere Cuffaro, ma ancor più un altro tipo di uomo rispetto a Cuffaro.

Augusto Cavadi

martedì 11 ottobre 2005

BAMBINI A PALERMO


Repubblica - Palermo
11.10.05
Augusto Cavadi


ANTONINO GIORDANO

I giochi della solitudine
Associazione “Il fotogramma”

Pagine 124

Gratis presso l’editrice


Non mancano i testi (le brevi, sincere note didascaliche di Maria Pia Coniglio, da anni generosamente attiva nel sociale, corredate da traduzione inglese a fianco), ma essenzialmente si tratta di un album fotografico. L’autore, fra l’altro collaboratore dell’Opera Universitaria per il Laboratorio fotografico e consigliere nazionale della U.I.F, è da decenni impegnato a fare della sua macchina uno strumento di denunzia e, più ancora, di solidarietà. Il tema, anche questa volta, sono i bambini di Palermo, soprattutto del quartiere Albergheria: ripresi mentre s’industriano a fare gli attori di strada o a giocare con i poveri oggetti che hanno avuto a  disposizione le generazioni precedenti, ma sempre con intensa partecipazione. L’occhio che li osserva è sempre affettuosamente complice (talora forse troppo: si ha il sospetto che alcuni aspetti più crudi della realtà effettiva siano stati censurati o, per lo meno, edulcorati) e il risultato esprime certamente - come scrive nella sua Introduzione il noto critico Francesco Carbone - “una raggiunta professionalità”.