venerdì 30 novembre 2018

FESTIVAL DELLA FILOSOFIA D'A-MARE DAL 25 AL 28 APRILE 2019

Care e cari,

   sono stato davvero sorpreso - gradevolmente sorpreso - dal ricevere vostre sollecitazioni a pubblicare sin d'ora i dati essenziali del Festival della filosofia d'a-Mare di cui realizzeremo la sesta edizione nel lungo ponte primaverile tra la Pasqua e il Primo maggio del prossimo anno.
  Ovviamente si tratta di una BOZZA DI PROGRAMMA che potrà subire variazioni.
     Comunque la anticipo soprattutto per quanti volessero prenotare in tempo gli alberghi e gli aerei.
    E vi consiglio di studiare bene il calendario: potreste trovare conveniente allungare di parecchi giorni, in avanti o in dietro, il vostro soggiorno siciliano !

Augusto
338.4907853

Giovedì 25 aprile 2019
Ore 15 – 16,30 : Accoglienza, registrazione, sistemazione alberghiera
Ore 16,30 – 17,30 : Passeggiata filosofica (Augusto Cavadi)
Ore 21: Concerto (Giorgio Gagliano)
Venerdì  26 aprile 2019
Ore 9,30 – 11,00 : La passione amorosa(Alberto Giovanni Biuso)
Ore 11,30 – 13,30: Laboratori di con-filosofia (filosofi e non-filosofi di professione in ricerca) sul tema dell’amore: con Chiara Zanella (I) , Marta Mancini (II) , Augusto Cavadi (III). Ovviamente se ne potrà scegliere uno dei tre.
Ore 16,30 – 18,00:  I molti volti della sofferenza(Giorgio Gagliano)
Ore 18,30 – 20,30: Laboratori di con-filosofia (filosofi e non-filosofi di professione in ricerca) sul tema della sofferenza con Chiara Zanella (I), Marta Mancini (II) , Augusto Cavadi (III). Ovviamente se ne potrà scegliere uno dei tre.
Sabato 27 aprile 2019
Ore 9,30 – 11,00 :  Natura umana, biotecnologie e poteri economico-politici  (Orlando Franceschelli)
Ore 11,30 – 13,30: Laboratori di con-filosofia (filosofi e non-filosofi di professione in ricerca) sul tema delle biotecnologie con Chiara Zanella (I) , Marta Mancini (II) , Augusto Cavadi (III). Ovviamente se ne potrà scegliere uno dei tre.
Ore 16,30 – 18,30 : 
Agorà di confronto su tutte le tematiche affrontate (i partecipanti al Festival interloquiscono con Alberto Giovanni Biuso, Augusto Cavadi, Orlando Franceschelli, Giorgio Gagliano, Marta Mancini, Chiara Zanella)

Ore 21: Spettacolo teatrale

Domenica 28
Ore 10,00 – 12,00: Laboratori di con-filosofia (filosofi e non-filosofi di professione in ricerca) su:
-      Mistica cristiana e mistica buddhista (Giorgio Gagliano)
-      Essere animali (Alberto Giovanni Biuso)
Elogio della solidarietà samaritana (Orlando Franceschelli) 

***
Note tecniche

* Si può dormire e mangiare dove si preferisce: Castellammare del Golfo offre ottime possibilità  per tutte le tasche e per tutti i gusti.
La nostra organizzazione ha stipulato una convenzione con i due splendidi Hotel "Al Madarig" e "Punta Nord Est" (nel primo dei quali si svolgeranno molti incontri).
Qui di seguito le condizioni economiche concordate per entrambe le strutture alberghiere.
Di solito arriva una domanda ricorrente: ma sino a quando si può prenotare in questi due hotel?
La risposta è sempre la stessa: sino a quando ci saranno posti liberi. Perciò può darsi che tra pochi giorni ci sia tutto occupato, può darsi che ci siano camere libere la mattina del 25 aprile 2019.

Camera e colazione: € 40,00 
Supplemento singola: € 20,00 
Supplemento vista mare e balcone: € 10,00 a camera 
Gratuità: 1 su 20 paganti 
Tassa di soggiorno: € 1,50 per persona, a notte. Per eventi patrocinati dal comune, gratuita. 
Sale meeting(N. 2 DISPONIBILI):  incluse 
Modalità di prenotazione: Ogni partecipante dovrà contattare direttamente la struttura e garantire la prenotazione tramite i dati di una carta di credito (numero e scadenza) oppure un acconto pari all'importo della prima notte tramite bonifico. 
Cancellazione: le cancellazioni effettuate fino a 7  giorni prima della data prevista di arrivo non comportano alcun costo. Le cancellazioni tardive e la mancata presentazione comportano l'addebito del costo della prima notte.
  
I nostri Servizi: 
•        Bar 
•        Wi-fi gratuito  in tutta la struttura, 
•        Internet point gratuito 
•        Deposito bagagli gratuito 
•        Parcheggio libero davanti l'Hotel (fino ad esaurimento posti) 

Unico riferimento per le prenotazioni (specificando in quale dei due alberghi si intende sostare e facendo esplicito riferimento alla convenzione per il Festival di filosofia):
                                                             info@almadarig.com
  



giovedì 29 novembre 2018

IL CRISTIANO PUO' ESSERE LAICO? NO, LO DEVE !

TRASCRIZIONE AUDIO
Tempio Valdese 26 ottobre 2018 Brindisi 
incontro pubblico  con il filosofo e teologo palermitano
AUGUSTO CAVADI 
sul tema
La vocazione cristiana …una faccenda laica!

    Ringrazio l’Associazione "Manifesto 4 Ottobre" e soprattutto voi che avete deciso di investire  un’oretta del vostro tempo per questo incontro. Incontro che spero sia - come avviene normalmente nei nostri incontri a Palermo -  un dialogo: quindi dirò alcune cose ma contando su una comunicazione bilaterale. 
VOCAZIONE : IN CHE SENSO ?
Il tema non l’ho scelto io , mi è stato assegnato. C’è una nemesi   storica: è giusto che un insegnante, che per 40 anni assegna i temi   e fa soffrire gli alunni, una volta in pensione, sia soggetto all’arbitrio di  altri che assegnino  i temi a lui. E lo mettano in difficoltà. Quindi ho ubbidito  all’indicazione del pastore Bruno : “La vocazione cristiana….. una faccenda laica “.
Ma, se dovevo accettare il titolo, mi sono riservato il diritto  di dire in che senso lo interpreto perché quando ero cattolico – e lo sono stato in maniera fervente - avrei inteso il termine “vocazione” in un  senso molto letterale che probabilmente è il senso che danno a questa parola alcuni di voi: la vocazione come la chiamata particolare di Dio che progetta per ciascuno di noi  - uno a uno  - la sua  strada. Diciamo che fino ai miei 30 anni  ho creduto a questo Dio così personale e personalizzante. Mi commuoveva molto un frammento di Pascal  che faceva dire a Gesù : “Una goccia del mio sangue l’ho sparsa  proprio per te” . Questo senso della vocazione come una chiamata dall’eternità per ciascuno di noi - non so se purtroppo o per fortuna -  negli ultimi decenni l’ho perduto. Mi pare improbabile, leggendo come facciamo tutti qualche articolo di astrofisica e di astronomia, che il Principio assoluto di tutto l’universo  - rispetto a cui la nostra galassia è  una cosetta sperduta contenente  un sistema solare sperduto , dove c’è un pianetino sperduto - mi pensi e mi voglia , diciamo, in maniera così unica,  così irripetibile.  Faccio fatica a crederlo, anche se mi piacerebbe che fosse così, che Dio mi avesse chiamato e che chiami  ciascuno di noi . Vedo tanto dolore, tanta sofferenza e mi chiedo se  Dio può essere quello  che chiama alla vita un bambino focomelico o meningitico; che "programma" il bambino che nasce  in Africa costretto a scappare sui barconi o la ragazza che subisce cose orribili . Ma questo soltanto per dirvi che ho inteso il termine “vocazione” non nel senso letterale in cui forse qualcuno di voi lo intende. E , sia detto fra parentesi, se lo   intende in questa maniera , ho soltanto rispetto e un poco d’invidia. Questa fede così precisa non la ritengo infondata, mi farebbe piacere continuare a credere che anche di me si potesse dire quello che San Bernardo  dice alla Madonna: “termine fisso  d’etterno consiglio”, che cioè da tutta l’eternità  Dio ha pensato alla Madonna , ha pensato  a ciascuno di noi. Però siccome  da filosofo credo che dobbiamo confrontarci sinceramente, nella lealtà, allora mi sentirei di prendervi in giro se facessi finta di credere alla vocazione in un senso così letterale. Userò questo termine nel senso generico con cui diciamo: “Quello ha la vocazione a fare il medico”, “Quello ha la vocazione a fare il calciatore” . Che cosa intendiamo? Che per tutta una serie di motivi di carattere genetico,  temperamentale,  educativo, sociale , per via delle letture e degli incontri , questa persona decide di fare il medico o si ritrova a fare il calciatore  o il ciabattino o il pastore valdese. Insomma  ho inteso il termine “vocazione”  in questo senso ampio, generico . 
   Non prevedo di dire  più di due o tre cose, però vorrei che almeno queste due o tre cose  fossero  chiare in modo che, poi, possiamo discutere non su quello che ognuno di noi suppone che abbia detto l’ altro, ma su quello che l’altro  ha detto veramente. 
CRISTIANO: IN CHE SENSO ?
Ho precisato che assumo il vocabolo “vocazione” nel senso ampio, generico, del termine. Adesso mi tocca precisare la seconda parola in gioco: in che senso è “laica” la vocazione cristiana in quanto “faccenda laica”?  Perché non c’è dubbio. che, se prendiamo il termine “cristiano” e il termine “laico”  nell'accezione comune, stiamo parlando di due opposti , stiamo formulando un ossimoro: chi è cristiano non è laico, chi è laico  non  è cristiano . Quindi non ci sarebbe neppure da discutere... Sono convinto che è possibile una compatibilità fra l’essere cristiani e l’essere laici, però solo se prendiamo  il termine “cristianesimo” in un determinato senso  e il termine “laicità” in un altro senso, altrettanto determinato . Quindi vorrei soltanto, in  maniera molto semplice, dirvi che cosa oggi penso dell’essere cristiano e  dell’essere laico;   e perché questo modo di intendere il cristianesimo e questo modo di intendere la laicità  sono perfettamente compatibili secondo me , come secondo Bruno, come secondo la tradizione valdese, a cui purtroppo per me non appartengo ( diciamo che non ho avuto la… vocazione ad essere valdese). 
    Cristiano in un certo senso è  un termine ambiguo . O, per lo meno, problematico. Ritengo che, quando ha detto che  c’è stato nella storia un solo cristiano ed è morto sulla croce, Nietzsche sostanzialmente avesse ragione. Invece noi sprechiamo il termine  dicendo “cristiano”, “cristianesimo”,  “cristianità”… Sono 20    secoli di cristianesimo: ma il cristianesimo dei cristiani e il cristianesimo di Gesù  coincidono? Pochi anni dopo la morte di Gesù, nasce una religione che egli non aveva minimamente pensato di fondare. Certo quando ho  cominciato a studiare, da cattolico praticante,   queste cose (mi sono iscritto in teologia  a Roma), vi confesso sono rimasto sconvolto . Gesù non ha voluto la Chiesa? Non ha voluto  una nuova  religione? No. Infatti un teologo anglicano  molto importante, Dodd, ha scritto un volume: “Il fondatore del cristianesimo” . Tutti quelli che lo vanno a comprare pensano che sia  un volume su Gesù  ed è, invece,  un volume su San Paolo . Perché? Perché la storia è questa: il cristianesimo  non l’ha fondato Gesù, l’ha fondato San Paolo . E San Paolo ha fondato il cristianesimo, esplicitando  in maniera stupenda alcune  intuizioni  di Gesù e deformandone  altre. Da allora parte la storia di qualche cosa che noi chiamiamo “cristianesimo”  e che è pieno di dogmi , divieti morali , precetti, liturgie , testi di cui Gesù  non sapeva nulla. Ricordo che un mio professore di teologia al Laterano mi spiazzò. Venivo dalla provincia  da Palermo, andavo a Roma a  studiare teologia perché volevo rafforzare la mia fede ed essere un crociato ben ferrato,   e questo docente ci dice in lezione: “La grande fortuna di Gesù è stata che ancora non c’era  l’Inquisizione perché, se l’avesse esaminato Ratzinger e gli avesse fatto una serie di domande  - credi nella Trinità ? Credi  nell’incarnazione ? Nella transustanziazione ?  - Gesù non avrebbe neppure capito le domande. Sarebbe rimasto  sbalordito: ma questo che vuole da me? Perché mi sta facendo questo tipo di domande?  Perché usa questo linguaggio?”.  Come ha scritto nel suo testamento spirituale un mio amico  che è morto quasi 90enne qualche anno fa,  il padre cappuccino Ortensio da Spinetoli,  in questi 20 secoli il messaggio di Gesù  si è caricato di sovrappesi, è diventato obeso. Ha scritto un libro che si  chiama L’inutile fardello. Non lo volevano pubblicare in Chiare Lettere perché è una casa editrice  molto laica (nel senso  corrente della parola…), poi – in seguito a delle  insistenze – lo pubblicano. Quando hanno visto che in pochi mesi si erano esaurite le prime copie, l’hanno ristampato e sono ancora stupiti che un libro di teologia , di un cappuccino morto a 88 anni,  venda in Italia, in questa fase storica, migliaia di copie. Ortensio da Spinetoli, dunque,  dice: abbiamo caricato sulle spalle della gente dei pesi inutili   o, addirittura, controproducenti. Anch’io ho perduto tanti amici che, da giovani, erano cattolici ferventi. Perché? Perché si sono trovati di fronte a tutta una serie di valori  non negoziabili – come li chiamava il Cardinale Ruini  che ha  contribuito  a rovinare la Chiesa italiana -   per cui quando tu ad un ragazzo del ’68  (io nel ’68 avevo 18 anni) dici che non devi andare a ballare, meno ancora a scopare, a convivere…quel giovane ti risponde: no, se è questa la proposta, la rifiuto. Non è che la gente comune perde  tempo a studiare  teologia, no; dice:  “Mi stanno dicendo che, se voglio andare a messa e accedere alla comunione,  devo vivere così. Così non ci voglio vivere, prendo tutto il pacco e lo butto , lo rifiuto, lo  rimando al mittente”. 
        E, allora,  “inutile fardello”: perché? Perché, come dice un altro teologo, ma è una frase famosissima che avrete sentito pronunziare,  “Gesù  annunziò il Regno di Dio - che nel Vangelo significa fraternità, attenzione al povero, libertà interiore, vita comunitaria , impegno sociale - e invece venne la Chiesa”. Annunziò il Regno - cioè una rivoluzione universale: nuovi cieli, nuova terra  - e invece arriva la Chiesa. Voglio essere il meno impreciso possibile. Questa  frase è una frase a effetto così che uno esclama: “Ah, sarebbe  bello che avessimo  Gesù senza la Chiesa!”; però  dobbiamo essere realisti. Se non fosse nata la Chiesa , la Chiesa di Paolo, la Chiesa delle varie comunità, la Chiesa dei primi Padri, la Chiesa di Agostino…  noi, oggi, di Gesù non sapremmo assolutamente  N-U-L-L-A ! Ci sono stati tanti messia prima e dopo di lui, per lo meno sedicenti messia,  di cui non abbiamo minimamente notizie: senza la Chiesa, Gesù sarebbe stato uno dei tanti. Hegel, all’inizio dell’Ottocento,  l’ha detto con chiarezza: ogni movimento  spirituale sopravvive se diventa istituzione. Alberoni - che forse è qualche gradino più sotto  di Hegel… - ha scritto il libro Movimento e istituzione. E’ chiaro  che l’istituzione raffredda, solidifica, cristallizza  il movimento originario;  però è inevitabile che ci sia un’organizzazione  giuridica, una tradizione culturale. Il problema è: questa struttura organizzativa, che chiamiamo “Chiesa”,  doveva essere per forza la struttura organizzativa che è stata?  I diaconi, i presbiteri , i vescovi, e poi via via i cardinali, il Papa … Nel 1200 i Valdesi hanno cominciato a dire: “No, facciamo un po’ di piazza pulita: siamo  tutti laici”. La reazione è stata durissima: la Chiesa istituzionale li ha perseguitati e costretti a rinchiudersi nelle valli valdesi. Nel 1500  ci riprova Lutero, però  - per quel poco che ho visto viaggiando un po’ in Germania  - non è che le grandi chiese protestanti non hanno il loro “ clericalismo”, la loro struttura gerarchica. Ho visto scappare tanti coetanei dalla chiesa cattolica, ma anche da chiese cristiane:  non parliamo dell’Anglicanesimo , non parliamo dell’Ortodossia bizantina… Per cui Ortensio da Spinetoli - lo cito per la seconda e ultima volta - in questo libro L’inutile fardello  fa un’osservazione che spiega perché, quand'era vivo,  è stato buttato fuori da tutte le università pontificie. (L’Ordine dei Cappuccini è stato ben lieto di accogliere la sua richiesta di vivere fuori dai conventi. Io lo andavo a trovare ogni tanto al cimitero di Recanati  perché il cimitero aveva una casetta  dove stava la famiglia del guardiano del cimitero – padre, madre e figlia  - e lui era stato accolto dalla famiglia del custode del cimitero dove è morto  88enne) . Ho capito perché tanto accanimento contro di lui. In questo libro, in sostanza, dice: i cristiani hanno condannato per eresia  migliaia di chiese, movimenti, gruppi, associazioni, individui…  ma se lo sono chiesti se, per caso, il cristianesimo non sia la prima eresia rispetto a Gesù? Cioè: il cristianesimo, come storicamente si è configurato,   è ortodosso rispetto al messaggio di Gesù o siamo tutti dentro una grande eresia che è l’aver voluto fondare una religione in nome di  uno che ha detto che era venuto il momento di superarle tutte? “Non adorerete più né qui né a Gerusalemme, ma il Padre lo adorerete in Spirito e verità”: magari non lo ha  detto letteralmente, perché questa è la scuola di Giovanni che lo scrive 70 anni dopo, ma  insomma sicuramente Gesù non era un sacerdote, non era  un teologo, non era un professore di teologia. Nella parabola del buon samaritano il primo che passa è un prete, il secondo un professore di teologia , non si ferma nessuno dei due:  si ferma - oggi diremmo- un laico, che per giunta apparteneva a un’altra confessione religiosa  e a un’altra ideologia politica. E’ come se oggi raccontassimo: un cattolico scende da Brindisi a Lecce, viene aggredito dai briganti , è a terra che sta morendo, passa il monsignore e se ne frega, passa il professore di teologia che deve andare a Lecce a fare lezione e se ne frega , passa un nero comunista musulmano e dice: “No,  a questo  meschino qua nessuno ci sta pensando”. E allora, se il cristianesimo fosse (non sono venuto a dare certezze perché non ce l’ ho manco io:  offro delle piste, delle ipotesi di lavoro,  su cui riflettere) la prima grande eresia rispetto all’annunzio originario di  Gesù, noi oggi dovremmo profondamente  rivedere la nostra identità cristiana. Non potremmo sbandierare il cristianesimo  come un’identità culturale, politica e religiosa da sbattere in faccia  al musulmano, all’ebreo , al non credente. Quindi, quando mi dico “cristiano”, ho il dubbio di essere frainteso. Ho scritto un libro per  dire in che senso: In verità ci disse altro. Sono cristiano nel senso che ho una grande  ammirazione per Gesù,  ma ritengo che oggi noi dobbiamo prendere il meglio  della tradizione cristiana e liberarci dall’inutile fardello; prendere il meglio della tradizione ebraica e liberarci dagli inutili fardelli  delle tante correnti ebraiche  (non esclusi gli ortodossi  di Gerusalemme che ammazzano i palestinesi) ;  prendere il meglio della tradizione islamica, buddhista, socialista, liberale;  il meglio della tradizione in cui io mi muovo con più  agio , della tradizione filosofica (Socrate, Platone , Aristotele,  hanno detto tante minchiate! Sissignore.  Ma solo minchiate?  Trovo una grande spiritualità nella tradizione filosofica,  ma anche qua va operata la cernita , l’analisi critica). Secondo me il futuro dell’umanità esige che tutte le tradizioni culturali religiose, sapienziali,  si offrano come tessere di un  mosaico ; un mosaico sempre in fieri, sempre in divenire, in cui  ogni tessera è fondamentale. Penso che la tessera, l’apporto, dei cristiani sia nell’ insistenza sull’amore gratuito. Non è vero, come ci insegnavano da bambini, che Gesù è stato il primo a dire questo: non è stato il primo, non è stato l’ultimo ; lo dicevano dei maestri ebrei prima di  lui, contemporaneamente a lui. E prima di lui lo aveva detto Socrate che è meglio subire che fare giustizia;  lo aveva detto Buddha esaltando la compassione verso tutti i viventi…  Però è vero che ogni sapienza ha la sua specificità. Come il  buddhismo insiste molto sull’impermanenza   delle cose e può aiutarci a maturare la libertà interiore, il gusto del silenzio e così via…  il cristianesimo può sollecitarci all’amore gratuito e operativo. Filosofia occidentale, islamismo, socialismo…  penso che ci sia da imparare qualcosa da tutti, da raccogliere questi frammenti per vedere di costruire  una sapienza complessiva. Perché non  possiamo fare la globalizzazione  delle merci, forse la globalizzazione dei saperi scientifici  e non pensare a una globalizzazione delle sapienze .
LAICO: IN CHE SENSO ?
   E allora mi chiedo se uno è cristiano in questo senso - nel senso che accetta l’annunzio del Regno di Dio e  prova, con tante contraddizioni, con tante infedeltà, con tante incoerenze, come nel mio caso,  a viverlo : quindi a praticare la solidarietà con chi soffre,  l’attenzione a chi non ha parola , l’apertura al dialogo, la fraternità -  ecco, se uno è cristiano in questo senso può anche essere laico? E qui bisogna dire qualche parola, appunto, su cosa intendiamo per “laico”. Perché almeno in Italia - non so nelle altre lingue -  la parola “laico” la  troviamo sempre in contesti  polemici. Il laico è un “non”: un “non” cattolico,  un “non” magistrato al Consiglio Superiore della  Magistratura... Ma possiamo definire la laicità in termini puramente negativi, puramente polemici? Questa accezione semantica   del vocabolo “laico” è un’accezione riduttiva. Secondo me c’è stata una persona  che ha riflettuto molto  su questo tema e lo ha incarnato in Italia:  Norberto Bobbio. Ha molto riflettuto sulla laicità  come valore positivo sostenendo: non è che, perché sono laico, mi lascio definire negativamente;  non sono tutta una serie di aggettivi privativi. Sono laico e dunque ho le mie virtù, ho le mie qualità. Essere laici, se usciamo dal significato volgare del termine, significa avere il senso dei propri limiti, l’arte del dubbio, il  desiderio di ascoltare punti di vista diversi dal mio, il non imporre le mie idee a chi la pensa diversamente. Laico è Voltaire che dice: “Non la penso come la pensi tu, ma sono disposto a dare la mia vita affinchè tu abbia la possibilità di dire ciò che pensi”. Quindi: la  laicità è un grappolo di qualità  positive, non di qualità definite polemicamente in negativo .
A MO’ DI CONCLUSIONE
  Chiudo. In che senso  cristianesimo e laicità sono conciliabili? Se intendiamo il cristianesimo come gesuanesimo e se intendiamo per laicità scegliere di essere uno del “popolo” che pensa, che dialoga con gli altri, che ascolta, che collabora volentieri. Per cui , per esempio, Ernesto Balducci  (un prete fiorentino del XX secolo) , prima di morire in un incidente stradale , è arrivato a queste posizioni: il primo laico, nel senso vero della parola,  è stato Gesù. Vi leggo dal suo libro L’uomo planetario: “E’ vicino il giorno in cui si comprenderà che Gesù di Nazareth  non intese aggiungere una nuova religione a quelle esistenti,  ma al contrario volle abbattere tutte le barriere che impediscono all’uomo di essere fratello  all’uomo.  E specialmente all’uomo più diverso e più disprezzato. Egli disse: Quando sarò sollevato da terra  attirerò tutti a me. Non prima dunque, ma proprio nel momento in cui fu sollevato sulla croce egli entrò nell’angoscia ed emise il suo spirito spogliato da tutte le determinazioni. Sulla croce  lui non è ebreo, non è rabbi,  si è spogliato di tutte le sue determinazioni ; non era più allora né di razza semitica , né ebreo, né figlio di David : era universale. Come è universale la qualità che in quell’annullarsi  divampò:  l’amore per gli altri  fino all’annientamento di sé”. E’ in questo annientamento per amore la definizione di Gesù, “uomo planetario” lo chiama Balducci: uomo planetario, uomo universale. L’uomo che non conosce barriere e, in questo senso, laico. Così chiude Balducci qualche riga dopo: “Chi ancora si professa ateo o marxista o laico e  ha bisogno di un cristiano per completare la serie  delle rappresentanze sul proscenio,  non mi cerchi. Io come Gesù non sono che un uomo”. Sono l’uomo nudo, l’uomo senza determinazioni,  l’uomo senza barriere. Una conferma mi è venuta da un amico – mio, di Bruno Vergani, di Laura Palermo - , un filosofo romano che ha pubblicato in questi mesi con la Donzelli il libro Nel nome del bene e del male in cui tenta di fondare un’etica non religiosa. Orlando Franceschelli dice: sono ateo, sono darwinista, sono naturalista, però credo nell’etica samaritana . A  me la ragione e il sentimento bastano per orientarmi nella vita.  Senza bisogno di ricorrere a Dio , alla fede nel Trascendente (lui dice: chi ce l’ha se la tenga,  buon per lui), lavoro affinché  fiorisca  la felicità possibile in me e in tutti gli animali senzienti  e affinché diminuisca il male inteso come  l’indifferenza egoistica  verso la sofferenza  di qualsiasi animale senziente,  uomini in primis
     Per concludere il mio  input (sperando che voi adesso lo contestiate punto per punto con la libertà dei figli di Dio  per chi ha fede, con la libertà dei cittadini democratici per chi non ha fede): alla domanda se si PUO’ essere cristiani  e laici risponderei che, se si è veramente cristiani, si DEVE  essere laici. Non si può non essere laici . Se scocca un’incompatibilità fra fede cristiana e  laicità o non abbiamo capito la fede cristiana o non abbiamo capito la laicità. 
                                              www.augustocavadi.com



lunedì 26 novembre 2018

BRUNO VERGANI IN SICILIA: DOPPIO APPUNTAMENTO SABATO 1 E DOMENICA 2 DICEMBRE 2018


Care/i,
   finalmente avremo Bruno tutto per noi !

   Sabato 1 dicembre presso Segesta (Trapani) in quanto esperto professionalmente di erbe 
   e domenica 2 dicembre a Palermo in quanto filosofo di strada, anzi di...trulli.

   Vi informo, qui di seguito, sui dettagli: potete benissimo assentarvi, ma per favore non ditemi poi che non ne sapevate nulla...😅

                                                          ***

Fattoria sociale “ Martina e Sara”
Bruca (TP) presso Segesta
Sabato 1 Dicembre 2018


COSA SAI DELLE ERBE SICILIANE ?
Corbezzolo, erica, cisto, terebinto, lentisco, calendula, salvia…
Cosa sappiamo delle proprietà medicinali di queste piante?
E sui possibili rischi per la salute?
Su queste tematiche sabato 1 dicembre 2018, presso la Fattoria sociale “Martina e Sara” di Bruca (Trapani, presso Segesta), si terrà un seminario teorico-pratico condotto da Bruno Vergani, erborista preparatore, diplomato presso l’Università di Urbino e gestore, per quarant’anni, del Laboratorio “Il gelso” di Ostuni.

PROGRAMMA DELLA GIORNATA

Ore 10,30 accoglienza dei partecipanti
Ore 11,00 – 13,00 seminario (prima parte):
farmacognosia (conoscenza dei princìpi attivi delle piante medicinali)
Ore 13,00 – 16,00 pausa pranzo con cibo condiviso
(e, tempo atmosferico permettendo, passeggiata esplorativa per il riconoscimento delle piante nel territorio)
Ore 16,00 – 18,00: seminario (seconda parte):
utilizzo delle piante officinali

E’ prevista una quota di partecipazione di euro 15,00 a persona
(per rimborso delle spese organizzative).

Adesioni a Giovanna Bongiorno: 333.4161666 oppure jobongio@alice.it

***

CASA DELL'EQUITA' E DELLA BELLEZZA 
Via Nicolò Garzilli 43/a - Palermo

  • Domenica 2 dicembre dalle 11,00 alle 15,30. Incontro mensile di spiritualità laica: “Domenica laica” (a cura del Centro di ricerca esperienziale di teologia laica).
  •  Accoglienza reciproca (11-11,30);
  •  spunto di meditazione suggerito da Bruno Vergani, filosofo di campagna, erborista preparatore (11,30 – 11,45); 
  • contributo di riflessione dei presenti (11,45 – 13,00); 
  • pranzo condiviso con gli apporti culinari di chi può e vuole (dalle 13,00 in poi). 
  • E’ previsto un contributo di euro 5,00 per la gestione della Casa (esenti i sostenitori abituali che già versano la quota mensile).

PS: Si ricorda alle persone che vogliano partecipare a nostri eventi, e vivono lontano da Palermo, che presso la “Casa” stessa è disponibile un servizio di ospitalità anche per la notte, in cambio di un rimborso delle spese di mantenimento del servizio.

sabato 24 novembre 2018

DAL SEMINARIO DI FIRENZE: LA FILOSOFIA NEI LUOGHI DELLA SOFFERENZA

www.zerozernews.it 
24.11.2018

Gianfranco D'Anna mi ha chiesto, gentilmente, un pezzo sull'esperienza che sto vivendo a Firenze in questi giorni e l'ha ospitato sul suo blog giornalistico. 
Qui di seguito il testo originario spedito da me (al netto di alcune foto e di alcuni titoli e sottotitoli da lui scelti).
                                                             ***
E’ in corso in questi giorni a Firenze uno dei Seminari nazionali periodicamente organizzati da “Phronesis” 
(http://www.phronesis-cf.com), la più antica e la più prestigiosa associazione professionale di consulenti filosofici in Italia. Questo convegno (intitolato “Esperienze. Filosofia in azione”)  è incentrato sul racconto di alcuni filosofi consulenti che svolgono, ormai da anni, la loro attività con operatori in ambito sanitario, con parenti di malati gravi o con detenuti nelle carceri. Ma in cosa consiste, propriamente, il lavoro di un consulente filosofico?
       Non è facile rispondere. Bisogna, infatti, smontare alcuni   pregiudizi su questa professione fondata una quarantina di anni fa in Germania da Gerd Achenbach e importata in Italia, due decenni or sono, da alcuni pionieri come Neri Pollastri. Nell’immaginario collettivo, infatti, un consulente filosofico viene scambiato con molte altre figure, non del tutto lontane dalla sua, ma quasi mai identificato per ciò che davvero è. Certe volte lo si immagina come un esperto di filosofia a cui rivolgersi nel caso che, leggendo testi filosofici, ci si imbatta in passi oscuri: ma questo è il compito tradizionale dei professori di filosofia. Altre volte lo si ritiene uno psicoterapeuta,  o meno impegnativamente un counselor,  che usa gli strumenti classici della tradizione filosofica: ma il consulente filosofico non ha né l’intenzione né i mezzi per curare chi bussa alla porta del suo studio così come non intende consigliare, orientare, supportare emotivamente nessuno. 
        E allora? Per quanto strano possa sembrare, il consulente filosofico è – essenzialmente e semplicemente – un filosofo che si mette a disposizione di chiunque voglia affrontare la propria vita consapevolmente. E’ un filosofo che, invece di dedicarsi esclusivamente o prevalentemente a formare nuovi filosofi (a questo pensano già le università e le accademie), si dedica a chi non è filosofo – anzi, spesso, non ha mai aperto un libro di filosofia in vita sua – ma non per questo vuole rinunziare a pensare con la propria testa: a vivere i passaggi problematici dell’esistenza (una difficoltà matrimoniale, un dilemma etico nel lavoro, un periodo di malattia…) non chiudendo gli occhi e gettandosi in avanti in nome del “come va, va”, ma aprendoli bene e cercando di capire con maggiore lucidità possibile a quali personali criteri di giudizio intende ispirarsi. L’ospite o visitatore o interlocutore del filosofo consulente (dovrebbe essere ormai chiaro perché non si chiama cliente né tanto meno paziente) è uno che non intende vivere alla giornata, seguendo passivamente le tradizioni del passato o le mode del presente, ma è deciso ad avere una propria visione-del-mondo maturata criticamente  e a sforzarsi di condurre l’esistenza in coerenza con le proprie concezioni. 
   Quali risultati ci si aspetta da uno o più colloqui (in nessun caso una serie “interminabile”) con il consulente filosofico? Di diventare un po’ filosofi; di imparare a guardare le proprie situazioni problematiche da punti di vista insoliti; di maturare, senza fretta, una propria saggezza (questa è la traduzione più ricorrente della parola greca “phronesis”) che non elimina gli interrogativi anche angoscianti ma consente di convivere con essi dignitosamente. 
   Le esemplificazioni di questi giorni sono illuminanti. Medici e infermieri hanno a che fare ogni giorno con la sofferenza e con la morte; congiunti di ammalati di Alzheimer o di tumori maligni sono sottoposti ogni giorno a dubbi pesanti; detenuti in galera per reati più o meno gravi sono quasi costretti dalla condizione di isolamento dal contesto affettivo precedente a ripensare il film delle proprie scelte: i filosofi consulenti non possono certo offrirsi come juke-box in grado di rispondere alle esigenze di senso, esplicite o represse, che assediano questi concittadini. Ma possono mettersi al loro fianco, anzi meglio al loro cospetto, e co-riflettere insieme a loro affinché ciascuno, gradualmente, intraveda una propria interpretazione degli eventi che sperimenta.
  Che esista una professione del genere ancora molti non lo sospettano neppure e, tra quei pochi che vengono ad apprenderlo – forse anche per via di un articolo come questo che state leggendo – sono ancora di meno quelli che vogliono fruirne: nella società del pret à porter è molto meglio cercare un guru o un coach onnisciente o un esperto (più o meno televisivo) a cui delegare la fatica della risposta. Tuttavia ci sono anche in Italia persone che, in assetto uno-a-uno o in piccole comunità di ricerca, non intendono rinunziare al diritto/dovere di riflettere, di confrontarsi in condizioni di assoluta libertà di parola, di trasformare il mondo trasformando intanto il piccolo pezzettino di mondo costituito dalla loro vita e dalla vita delle persone con cui sono in relazione quotidiana.  Habermas le chiama “minoranze morali” e confida che la loro azione capillare possa, gradualmente, incidere sulla macro-politica: sulle decisioni epocali che riguardano la distribuzione delle ricchezze all’interno degli Stati e fra gli Stati,  i flussi migratori, gli organismi internazionali destinati a eliminare definitivamente la possibilità di conflitti militari, il futuro dell’ambiente. 

Augusto Cavadi 
www.augustocavadi.com


https://www.zerozeronews.it/filosofia-e-intelligenza-artificiale-snodo-esistenziale-dellumanita/

venerdì 23 novembre 2018

LA FAVOLA VERA DI UN RAGAZZO DI PROVINCIA: DALLA SICILIA A VIA SOLFERINO

5.11.2018

L'ANTIMAFIA DEI CRONISTI CORAGGIOSI  CHE NESSUNO CELEBRA



         
      Quelli di via Solferino. Un cronista, i suoi anni con il Corriere e la guerra di Palermo(Di Girolamo, Trapani 2018, pp. 210, euro 18,00), l’ultimo libro di Enzo Mignosi, può essere letto da varie angolazioni. Ferruccio de Bortoli, nella Prefazione, suggerisce un’ottica storica: questo diario “può essere tranquillamente considerato come il capitolo di un ideale racconto nazionale. Il racconto delle professioni che ambiscono a svolgere un ruolo civico, che si svolgono nella consapevolezza che abbiano una utilità sociale, una loro ragion d’essere in una democrazia evoluta”. Altrettanto legittima una lettura più esistenziale, quasi favolistica: la fiaba di un ragazzo della periferia italiana, di origini modeste, che persegue il sogno di diventare giornalista e – pur rifiutando raccomandazioni e appoggi più o meno equivoci – riesce a diventare una firma del più diffuso quotidiano siciliano e perfino del più ‘classico’ dei quotidiani italiani. A un concittadino coetaneo, come me, riesce più spontanea un’angolazione intermedia fra la storia nazionale e l’autobiografia individuale, incuriosito dai tanti elementi del racconto che integrano informazioni e ricordi riguardanti la vita di Palermo nell’ultimo mezzo secolo.
  Per ragioni facilmente intuibili mi limito a poche esemplificazioni.
  Ho trovato significative le pagine in cui Mignosi riferisce la sorpresa di scoprire che i suoi giovanissimi figliuoli, del tutto ignari, frequentassero famiglie di mafiosi di primo piano come Pietro Sutera e lo stesso Totò Riina (vicino di casa durante la latitanza nel capoluogo di regione). A molti altri di noi è capitato di scoprire, con anni di ritardo, che un ragazzo o una giovane coppia di cui si era diventati amici erano imparentati strettamente con boss di primo piano (e non sempre ne avevano preso interiormente le distanze, pur risultando impeccabili nel modo di relazionarsi socialmente). A riprova del fatto che il sistema mafioso è un sotto-sistema incistato nella società siciliana così radicalmente da rendere di difficile individuazione i confini tra la criminalità organizzata e il resto dei cittadini tendenzialmente onesti. 
   Altrettanto istruttive ho trovato le pagine sulla signora Filippa Spatola, vedova del capo mafia di Passo di Rigano Totuccio Inzerillo, che – cedendo alle insistenze di Mignosi – lancia un appello alle donne di mafia affinché, seguendo il suo esempio, volgano le spalle alle cosche e aprano ai figli un futuro diverso: una storia che, probabilmente, meriterebbe un’eco più duratura di uno scoop giornalistico di anni fa, per esempio grazie a un nuovo saggio monografico dello stesso autore.
    Non conoscevo neppure la faccenda delle lettere di Tommaso Buscetta a don Pasquale Romano che Mignosi riesce ad avere e a pubblicare in esclusiva per il Corriere della sera: un documento che, per far luce sui rapporti travagliati fra chiese cristiane e organizzazioni mafiose, meriterebbe di essere ripreso e ripubblicato con un’adeguata contestualizzazione storiografica. 
    Mi ha incuriosito, inoltre, la notazione sul periodo infantile di Francesco Faranda (segretario di redazione del Corriere) e Antonello Perricone (“numero uno di via Solferino, l’amministratore delegato della Rcs, uno dei più celebrati manager dell’editoria europea”), vissuti entrambi – da ragazzini - a pochi metri dalla casa di Enzo Mignosi: ennesima riprova del fatto che Palermo e, in generale, la Sicilia esportano intelligenze di valore apprezzate dappertutto (purtroppo spesso più che in patria). 
   Insomma, da questi brevi cenni, si evince che la lettura di questo racconto autobiografico costituisce uno scafandro per chi – palermitano ultrasessantenne - vuole immergersi nei propri ricordi personali, ma anche un potente riflettore per chi è interessato a capire alcuni retroscena dei fatti più eclatanti avvenuti nei decenni (sia detto senza timore di esagerare) più drammatici della storia italiana contemporanea.

Augusto Cavadi
www.augustocavadi.com

martedì 20 novembre 2018

CI VEDIAMO AL CENTRO "ARRUPE" DI PALERMO PER RIFLETTERE SULLA RECIPROCITA'. ?


        
 


Il Paradigma della reciprocità per una società equa e solidale
Mercoledì 21 NOVEMBRE ore 17.00
Centro Padre Pedro Arrupe
Via Lehar 6 - Palermo 


Ore 17.00 Registrazione Partecipanti

Ore 17.15 Apertura dei lavori 
Salvatore La Rosa
Comitato scientifico delle Giornate dell’Economia del Mezzogiorno 

Ore 17.15 Saluti 
Nicoletta Purpura
Direttrice Istituto Padre Pedro Arrupe


Ore 17.45 Tavola Rotonda

Coordina
Salvatore La Rosa
Università degli studi di Palermo

Interventi
Augusto Cavadi
Consulente Filosofico

Fabio Lo Verde
Università degli studi di Palermo

Massimo Naro
Pontificia Facoltà Teologica di Sicilia San Giovanni Apostolo

Giusto Picone
Università degli studi di Palermo

Antonio Purpura
Università degli studi di Palermo

Ore 18.45 Intervento Programmato

Massimo Maniscalco
Vice presidente nazionale UCID

domenica 18 novembre 2018

UN DIO SIMPATICO (E SIM-PATETICO) IN TERRA DI MAFIA




17.11.2018

UN DIO SIMPATICO ANNUNZIATO IN TERRA DI MAFIA

    Nell’immaginario comune, l’unico campo di studio più bizzarro e sterile della filosofia sarebbe la teologia. Né c’è dubbio che molto spesso l’una e l’altra disciplina vengono coltivate in serre di vetro, come se la vita personale e collettiva degli uomini e delle donne in carne e ossa non le riguardasse. Ma è sempre così ?
    Ogni tanto, come meteore, passano figure di pensatori che assumono con serietà le angosce e le speranze dell’umanità; che le elaborano con sobrietà e rigore; che restituiscono alla gente ipotesi di ricerca e orientamenti etici da verificare sperimentalmente. Come sanno ormai migliaia di siciliani, in questi anni l’area metropolitana di Palermo ha avuto in sorte – o in dono – una di queste esistenze teologiche: don Cosimo Scordato, rettore della Chiesa di san Francesco Saverio all’Albergheria (nei pressi del mercato di Ballarò), che nel settembre di quest’anno ha compiuto settant’anni.
     Per l’occasione alcuni amici gli hanno preparato una raccolta di sue pagine – pubblicate nell’arco degli ultimi quattro decenni – che possa suggerire, sia pure sommariamente, un filo rosso delle sue riflessioni e delle sue iniziative pragmatiche: Un Dio simpatico. Sguardo teologico sul contemporaneo(Di Girolamo, Trapani 2018, pp. 134, euro 15,00). Non una summacompleta, dunque,  ma più modestamente un aperitivo che possa suscitare il desiderio di ulteriori letture e approfondimenti. 
    Le tappe principali del libro (che verrà presentato e discusso alla Feltrinelli di Palermo alle ore 18 di martedì 20 novembre)  sono Dio, l’uomo, Cristo, l’esperienza ecclesiale (il canto, la prossimità ai malati, la celebrazione del matrimonio, il ministero presbiteriale) e l’esperienza sociale (con particolare riferimento al Centro sociale autofinanziato, autogestito, aconfessionale e apartitico operante dal 1985) in terra di mafia. 
     Non è certo possibile sintetizzare, neppure per accenni, i contenuti – spesso originali, talora sorprendenti - di questo “indice” tematico. Mi limito dunque a sottolineare che queste pagine sotto caratterizzate, trasversalmente, dall’abbattimento – per così dire leggero, quasi spontaneo – di paratie cui siamo atavicamente assuefatti. La prima parete a scomparire è tra mentalità clericale e approccio laico: l’autore, infatti, pur essendo istituzionalmente inserito nel cuore della Facoltà teologica di Sicilia, parla il linguaggio del laos, del “popolo”, delle persone concrete che vivono problematicamente le domande sul senso della vita e della storia, senza paletti dogmatici né esiti scontati. Un secondo muro abbattuto è tra riflessione teorica e azione: abituati a incontrare o intellettuali autoreferenziali o militanti generosi ma attrezzati di scarsa progettualità, restiamo favorevolmente impressionati dalla scoperta di un uomo che pensa la sua esperienza e sperimenta il suo pensiero. Una terza frattura che questi scritti mostrano di aver sanato, e superato , mi sembra sia la schizofrenia fra cervello e sentimento: in essi infatti troviamo la lucidità dell’intelligenza e il calore dell’unica passione per Dio e per l’uomo. Si potrebbe dire, insomma, che queste pagine rivelano di scaturire – per rubare un’espressione a Hegel (filosofo per altro decisivo nella formazione di don Scordato) -    da “un cuore pensante”.

Augusto Cavadi
www.augustocavadi.com


https://livesicilia.it/2018/11/17/un-dio-simpatico-in-terra-di-mafia_1012884/