martedì 29 giugno 2021

IN PRESENZA E ON LINE: L'ITALIA E' UNA COLONIA DEL VATICANO ? DISCUTIAMO INSIEME L'ULTIMO LIBRO DI ELIO RINDONE


 Giovedì 1 luglio 2021 alle ore 18,30

presso la Fondazione “Emanuele Parrino”

(via Brigata Aosta 15, Palermo)

 

Augusto Cavadi converserà 

con Elio Rindone,

autore di

 

ITALIA COLONIA DEL VATICANO ?

In difesa della laicità dello Stato

www.ilmiolibro.it, Roma 2019, pp. 215, euro 15,00).

 

Dalle ore 18,15 sarà possibile collegarsi al seguente link:

https://meet.google.com/rkh-vmdb-mga

(Per eventuali problemi tecnici telefonare al 333/357.1715)

 

Le pagine di  Presentazione del libro di Elio Rindone sono  anche qua:

https://www.augustocavadi.com/2021/02/vaticano-e-laicita-dello-stato-italiano.html

 

PER I LETTORI PALERMITANI:

Chi desideri partecipare in presenza deve scrivere alla e-mail : rosariogreco1961@libero.it e attendere conferma 

(sarà possibile accogliere le prime 15 prenotazioni)

 

Dopo l’incontro è previsto un momento conviviale 

presso  Mystral 

(via Bordonaro, piazzetta di Vergine Maria) alle 20,30.

Menù di base: 

primo secondo, acqua, vino e dessert: prezzo a persona euro 10,00.   

(Eventuali extra rispetto a questo menù di base si pagano a parte).

Anche per questa opportunità si deve prenotare il proprio posto 

entro le 14 di giovedì 1 luglio mediante

 e-mail (a.cavadi@libero.it) oppure 

w’app (Augusto: 338.4907853).

 

domenica 27 giugno 2021

LUSSURIA PER TUTTI/TUTTE : ULTIMA MEDITAZIONE SUI VIZI CAPITALI SECONDO DANTE (IN PRESENZA E ON LINE)

 CASA DELL’ EQUITÀ E DELLA BELLEZZA di Palermo

I SETTE VIZI CAPITALI TRA DANTE, ARTE E MUSICA

Maurizio Muraglia e Laura Mollica*

Nell’anno in cui ricorrono in tutta Italia le celebrazioni per i 700 anni dalla morte di Dante Alighieri, il nostro contributo vuole fissare la sua attenzione sui sette vizi capitali che Dante esplora sia nell’Inferno che nel Purgatorio. Sostenuti dall’arte e dalla musica, proprio come nella cantica, anche noi scaleremo la montagna del Purgatorio col poeta fiorentino cercando di leggere e meditare in forme moderne e laiche queste attitudini radicali dell’animo umano.  

ULTIMO INCONTRO

Torniamo in presenza e meditiamo insieme sulla

L U S S U R I A

 

30 GIUGNO 2021 ORE 18,30-20

CASA DELL’ EQUITÀ E DELLA BELLEZZA

VIA NICOLÒ GARZILLI 43/A - PALERMO

Sarà possibile seguirci anche a distanza:

clicca QUI per collegarti

 

*Maurizio Muraglia e Laura Mollica sono insegnanti rispettivamente di Letteratura Italiana e Storia dell’Arte nei Licei a Palermo. Lo scorso anno per la Casa hanno già tenuto un ciclo di incontri sulla Divina Commedia Per rivedere tutte le puntate precedenti:

clicca QUI per collegarti


(IN CASO DI PROBLEMI TECNICI TF. 389.1494466)


Gli incontri degli ultimi due anni sono stati rielaborati nel volume di M. Muraglia e L. Molllica, Dante parla ancora? Il messaggio della Commedia alle donne e agli uomini del terzo millennio, Di Girolamo, Trapani 2021.                             


venerdì 25 giugno 2021

I PECCATI "DELLA" BIBBIA (IL GENITIVO E' SOGGETTIVO) SECONDO SPONG

 

“ADISTA SEGNI NUOVI”

N. 25 DEL 3 LUGLIO 2021

 

I PECCATI DELLA BIBBIA SECONDO J. SPONG

 

A leggere il titolo di questo ennesimo libro di John Shelby Spong, I peccati della Bibbia (Massari, Bolsena 2021, trad. P. Casciola, introduzione e cura di F. Sudati), ci si potrebbe aspettare  un lungo elenco di “peccati” condannati nelle Scritture ebraiche e cristiane. Ma sarebbe una supposizione errata. Il sottotitolo originale, se fosse comparso anche nella traduzione italiana,  avrebbe potuto indirizzarci nella direzione giusta: “Esporre i testi di odio della Bibbia per scoprire il Dio d’amore”. Già: perché i “peccati” di cui tratta in questo  libro il  vescovo episcopaliano statunitense sono i “peccati” che la Bibbia racconta con approvazione, anzi c spesso raccomanda ai fedeli di compiere. Insomma i “peccati” di cui la Bibbia è Soggetto ispiratore.

I primi capitoli, in cui come nel suo stile l’autore intreccia sapientemente autobiografia e mutamenti culturali epocali (soprattutto, ma non esclusivamente, nell’ambito delle rivoluzioni scientifiche sia fisico-naturali che storico-umanistiche), sono dedicati a quello che potremmo definire il peccato ‘capitale’ della Bibbia (ma a patto di aggiungere subito che, se essa potesse parlare a propria difesa,  preciserebbe di esserne vittima prima e più che responsabile): l’idolatrica presunzione di essere la “Parola di Dio” all’umanità. Una simile “pretesa tradizionale” risulta “nel migliore dei casi problematica e nel peggiore assurda” (p. 65).

Nella seconda parte del volume Spong esemplifica alcuni frutti avvelenati della convinzione, comune a tutte le chiese cristiane, che davvero Dio abbia, in qualche modo ‘letterale’, rivolto all’umanità comandi e divieti assoluti, indiscutibili. “Siate fecondi e moltiplicatevi” (Genesi 1,28): che in epoche di mortalità infantile altissima, carestie, pestilenze, guerre…dei capi religiosi potessero ritenere, anche in buona fede, che il volere del loro Dio fosse tenere alta la riproduzione biologica, è comprensibile. Ma oggi, dopo quello che sappiamo sui limiti delle risorse planetarie, “un’efficace pianificazione famigliare” non è diventata, per citare il vescovo episcopaliano/anglicano James A. Pike, “un nuovo imperativo morale” (p. 88) ? Ma, più in generale, è una nuova teologia (o concezione di Dio) che può liberare l’umanità (o, almeno, quelle aree dell’umanità influenzate ancora dal monoteismo creazionistico) dalla pessima ecologia (o concezione della Terra) di cui è vittima e corresponsabile: la visione di un Dio prima di tutto “interno” “alla vita, all’amore, all’essere” (p. 128). Anche qui sembra che Spong - concentrato sull’immanenza del Divino nella Materia, nella Natura, nella Storia – stenti a conciliare, dialetticamente, questa tematica con una dimensione di Trascendenza, di Oltrità, di Ulteriorità che non sia rappresentata in maniera estrinseca, giustapposta. Ma quel che afferma è già abbastanza prezioso perché lo si possa, e lo si debba, recepire prescindendo da ciò che tende a negare (o, per lo meno, a sottacere). 

La sottovalutazione del carnale, del corporeo, della sessualità è strettamente legato – dentro, anche fuori dalle tradizioni religiose dell’umanità – alla diffidenza, se non proprio al disprezzo, del femminile. L’autore vi dedica l’intera parte terza per dimostrare, senza fatica, che il femminismo costituisce una delle grandi rivoluzioni in atto a cavallo degli ultimi due secoli e che tutte le Chiese cristiane (forse – l’edizione originaria è del 2005 – oggi avrebbe citato delle eccezioni lodevoli fra battisti, metodisti, valdesi…) si sono schierate “dalla parte sbagliata del dibattito, opponendosi duramente a ciò che la società laica ha fatto in modo di consentire” (p. 144). Interessante la tesi su cui egli ritorna più di una volta: l’ostilità maschile nei confronti della dimensione femminile è così atavica e così diffusa che va ipotizzata come fattore precedente ad ogni condizionamento culturale-religioso; come radicata in un grumo di “paure maschili irrazionali” (p. 164) (legate soprattutto al sangue e, dunque, alle mestruazioni) che vanno individuate per così dire psicoanaliticamente (se non ci si rassegna a viverne gli effetti ancora per molto tempo). 

La misoginia non può che accompagnarsi all’omofobia: ed è stupefacente constatare una sorta di mobilitazione trasversale di tutte le chiese cristiane sulla condanna così insistente di un aspetto apparentemente secondario dell’etica sessuale. Forse una chiave di lettura di tanta intransigenza la si trova in una dichiarazione del sacerdote anglicano canadese Peter Moore del 2003: “Non c’è nulla di più sicuro che la Bibbia condanni l’omosessualità. Se gli omosessuali vincono questa battaglia, la Bibbia non avrà più alcuna autorità morale in nessun settore della vita” (p. 200). E la stessa considerazione - vista dall’altro lato -  spiega perché i settori progressisti, anti-fondamentalisti e anti-letteralisti presenti ormai in quasi tutte le chiese cristiane non possono permettersi il lusso di perdere “questa battaglia” esegetica, ermeneutica e teologica (per altro solidamente supportata da dati scientifico-medici). 

Probabilmente è la quinta parte (pp. 227 – 277) , dedicata alla giustificazione del “bastone” come metodo pedagogico raccomandato da Dio sin dal libro dei Proverbi, una delle più originali e intriganti dell’intero libro: il nesso fra questa (come è stata definita in tempi recenti) “pedagogia nera”  e la cronaca disgustosa degli abusi sessuali sui minori (anche negli ambienti ecclesiastici) è davvero tanto illuminante quanto inquietante. Più tristemente noti, invece, i germi micidiali dell’antisemitismo cristiano nel Secondo Testamento, al quale Spong dedica la sesta parte (pp. 278 – 319) e, più in generale, dell’auto-esaltazione del cristianesimo come religione assoluta e definitiva dell’umanità (cfr. la settima parte, pp. 320 – 361). 

Qua e là, lungo la trattazione delle parole orribili della Bibbia, Spong inserisce delle contro-indicazioni per mostrare, come essa, “fonte di così tanti testi che hanno causato indicibili orrori, può essere nel contempo una risorsa per esprimere le speranze in una vita davvero umana che non si sono ancora pienamente realizzate” (p. 171). Nella parte conclusiva del volume – della cui consistenza e articolazione ho potuto dare solo un’idea vaga mediante rapidi cenni – l’autore esplicita il succo della sua pars construens:  come l’epopea cristiana è servita all’evoluzione dell’epopea ebraica “da storia tribale a storia universale dell’umanità” (p. 435), così oggi si tratta di non fermare questo ampliamento di orizzonti fissando paletti, scandendo tappe irrinunciabili, bloccando la transizione in atto da Homo sapiens in Homo spiritualis. Ma solo se denudati da ogni pretesa di infallibilità e di esclusività, i cristiani potranno prepararsi – in totale pariteticità con le sorelle e i fratelli del pianeta – a “scrivere il prossimo capitolo della nostra epopea universale” (p. 437).

 

Augusto Cavadi

www.augustocavadi.com

martedì 22 giugno 2021

VIOLENZA SULLE DONNE E TEORIA GENDER: NE DISCUTIAMO FINALMENTE ANCHE IN PRESENZA (A PALERMO) !


 

Venerdì 25 giugno 2021 alle 18,50

 

la parrocchia Maria SS. dell’Addaura

(all’interno dell’Istituto Roosevelt di Palermo),

in cooperazione con 

 “Gruppo Noi uomini a Palermo contro la violenza sulle donne”,

 

organizza un libro-forum  con Augusto Cavadi,

autore di due recenti pubblicazioni (entrambe dell’editore Di Girolamo di Trapani):

 

L’arte di essere maschi libera/mente. La gabbia del patriarcato

(pp. 155, euro 13,90    )

 

 

Né principi azzurri né cenerentole. Le relazioni di ‘genere’ nella società del futuro

(pp. 75   , euro 8,00).

 

L’incontro si terrà, all’aperto, nel rispetto delle attuali normative governative anti-covid.

Partecipazione libera e gratuita.

 

 

                                            Il parroco

                               Don Fabrizio Fiorentino

 

 

 

 

 

domenica 20 giugno 2021

CI VEDIAMO A TRAPANI GIOVEDI' 24 GIUGNO 2021 ?


 Giovedì 24 giugno, alle 18.30, presenterò nel Tempio valdese di Trapani (via Orlandini, 38) il mio piccolo libro Rosario Livatino un laico a tutto tondo (Di Girolamo, Trapani 2021, pp. 111, euro 10,00).

La conversazione con il pubblico presente sarà introdotta e moderata dal giornalista Fabio Pace.

***

Qui di seguito l'intervista con Luca Kocci ospitata su 

“Adista/notizie” n. 19

22 maggio 2021

40661 PALERMO-ADISTA. Lo scorso 9 maggio, nell’anniversario dell’anatema contro la mafia di Giovanni Paolo II (9 maggio 1993), Rosario Livatino, il magistrato ucciso trent’anni fa dalla Stidda, la mafia agrigentina, è stato beatificato. Dopo don Pino Puglisi, il parroco di Brancaccio ucciso da Cosa nostra nel settembre 1993, Livatino è il secondo «martire» di mafia proclamato dalla Chiesa cattolica. Ne parliamo con Augusto Cavadi, filosofo e teologo palermitano che da decenni si occupa delle relazioni fra Chiesa e mafie (Il Dio dei mafiosi, San Paolo, 2009, v. Adista Notizie n. 102/09; Il Vangelo e la lupara. Documenti e studi su Chiese e mafie, Di Girolamo, 2020, v. Adista Notizie n. 4/20); e che ha appena pubblicato con l’editore Di Girolamo il volume Rosario Livatino. Un laico a tutto tondo, pp. 112, euro 10; acquistabile anche presso Adista: tel. 06/6868692, e-mail: abbonamenti@adista.it; internet: www.adista.it).

 (luca kocci) 

Che tipo di magistrato e di uomo è stato Rosario Livatino? 

Un magistrato molto professionale perché, in radice, un uomo molto serio. In ogni fase dell’esistenza è stata notata la serietà, talora perfino eccezionale rispetto all’età e al contesto – i compagni di scuola lo chiamavano scherzosamente “Centunanno” per rimarcare la sua maturità – con cui affrontava gli impegni: di studente liceale, di universitario, di funzionario della burocrazia statale, di pubblico ministero, di magistrato giudicante. Tale postura esistenziale è stata frutto del combinato disposto di fattori genetici, di modelli educativi interiorizzati in famiglia, di una fede religiosa un po’ convenzionale ma solida. 

 

biamo ripartire, considerando che in questi tren- t’anni tante cose sono cambiate, ma non sono ancora cambiate abbastanza. Se sembra fini- to il tempo del grande clamore con cui la ma- fia agiva nelle strade e nelle piazze delle nostre città, è certo che essa ha trovato altre forme, meno appariscenti e per questo anche più pe- ricolose, per infiltrarsi nei vari ambiti della con- vivenza umana, continuando a destabilizzare gli equilibri sociali e a confondere le coscien- ze. Di fronte a tutto questo non possiamo più tacere, ma dobbiamo alzare la voce e unire al- le parole i fatti: non da soli ma insieme, non con iniziative estemporanee ma con azioni si- stematiche. Solo così il sangue dei martiri non sarà stato versato invano e potrà fecondare la nostra storia, rendendola, per tutti e per sem- pre, storia di salvezza». (luca kocci) 

Livatino «magistrato cattolico», come vogliono gli slogan in questi giorni o i tanti libri pubblicati in questi anni, oppure «laico a tutto ton- do», come il sottotitolo del tuo libro? 

Prima di tutto direi che Livatino non si sarebbe mai auto-definito un magistrato cattoli- co, bensì un cattolico che esercita la funzione di magistrato. Nei suoi scritti lo spiega con chiarezza: il magistrato è tale senza aggettivi, il suo unico dovere è interpretare le leggi dello Stato e applicarle nella maniera più equa possibile. Perciò va osservato e valutato esclusivamente in base a questo criterio di fedeltà al dettato costituzionale e alle sue articolazioni legislative successive. Aggiungerei: esattamente come un chirurgo o un matematico va valutato in base alla perizia delle sue operazioni. Poi, in altra sede e in altro momento, ci si può chiedere se – come persona – quel magistrato, quel chirurgo o quel matematico attinge energia da fonti ideali, da tradizioni politiche o da esperienze religiose. Ma queste radici meritano attenzione e rispetto solo perché, anziché annebbiare la testimonianza civile di un soggetto, la illuminano più profondamente. Insomma: se l’eventuale appartenenza a una Chiesa o a un partito o a un sindacato rafforzano la dimensione laica della propria professionalità senza minimamente pregiudicarla. Esattamente come nel caso di Rosario Livatino. 

La Chiesa cattolica ha beatificato Livatino come «martire in odio alla fede», come scritto nel decreto della Congregazione vaticana per le cause dei santi. Questa formula non rischia di esaltare un magistrato per la sua fede più che per la sua azione per la giustizia? Insomma perché Chinnici e Falcone no e Livatino sì? 

Per la Chiesa cattolica, abituata da due millenni a cristiani uccisi da non-cristiani, non è stato facile, già nel caso di don Pino Puglisi, sciogliere il nodo di cristiani uccisi da criminali, come i mafiosi, che in genere si auto-proclamano cristiani, anzi ipercattolici. Giovanni Paolo II, con la frase «martire della giustizia e indirettamente della fede», ha suggerito una chiave interpretativa rivelatasi feconda: chi muore per la giustizia, implicitamente muore per il Vangelo, del quale la lotta per la giustizia è parte irrinunciabile. Questa prospettiva, a mio avviso davvero innovativa, solleva ovviamente almeno la domanda che poni tu: perché Livatino sì e Chinnici o Falcone no? Risponderei con tre considerazioni che si sovrappongono strettamente. La prima: le beatificazioni (religiose o civili) servono – se servono, quando servono, nella misura in cui servono – solo a noi, non ai nostri martiri per i quali non cambia assolutamente nulla. La seconda: tutti i caduti nella lotta contro il sistema di dominio mafioso sono accomunati dalla medesima, inflessibile, fedeltà al ruolo di interpreti e amministratori della legalità democratica (e proprio questo rigore di solito li distingue, o addirittura li isola, rispetto a colleghi più elastici). Dunque se dedichiamo una piazza a uno, una villa comunale a un altro, una scuola a un altro ancora... non dobbiamo illuderci di stare giocando a stilare graduatorie di merito. Nessuno di noi fa parte del tribunale della storia che stabilisce gerarchie fra eroi. Ciò chiarito, possiamo arrivare alla terza, decisiva, considerazione: ogni vittima di mafia appartiene all’intera società, ma ciò non esclude che alcuni settori (partiti, sindacati, movimenti, Chiese...) avvertano la propensione spontanea verso questo o quel personaggio più consonante dal punto di vista morale, simbolico, psico-sociologico. No: queste differenze non dividono, ma articolano e arricchiscono. Se un magistrato, in vita, è stato un credente in senso esplicitamente religioso (sia pur di una fede inquieta, tormentata, sofferta come Livatino), è legittimo che la sua Chiesa decida di onorarlo proclamandolo beato. Se un giorno così avvenisse con Paolo Borsellino – di cui ricordo la frequente presenza   domenicale fra i banchi della chiesa di san Francesco Saverio all’Albergheria di Palermo – sarebbe altrettanto significativo. Non altrettanto corretta sarebbe una decisione del genere per altri magistrati che ho avuto l’onore di incontrare in vita, come Gaetano Costa e Giovanni Falcone. Essi erano fieramente, consapevolmente, interni a un’ottica esclusivamente terrena, mondana. Farne oggetto di culto o di imitazione per ragioni religiose sarebbe davvero, nei loro confronti, un’offesa: al di là di ogni migliore intenzione laudativa, un gesto di prepotenza clericale. Sarebbe l’attuazione del timore che già Nietzsche, con amara ironia, esprimeva alla fine del XIX secolo: che i preti – non avendolo saputo convertire in vita – lo avessero potuto canonizzare da morto. 

I vescovi siciliani, proprio in occasione della beatificazione di Livatino, hanno scritto un bel documento in cui affermano che per la Chiesa, e non solo quella di Sicilia, la strada per incarnare l’eredità e Livatino e di don Puglisi è ancora lunga. Cosa pensi di quest’ultimo documento? 

Presenta molti passaggi apprezzabili, tra cui l’autocritica cui fai riferimento tu stesso. Tuttavia mi hanno colpito due lacune. La prima: martiri come Puglisi e Livatino sono, esclusivamente o prevalentemente, «benedizioni» divine o, almeno altrettanto, la conferma che le nostre comunità (civili e credenti) espongono i figli migliori come bersaglio per le cosche? La seconda lacuna riguarda il futuro. Nelle ultime righe del documento si auspica un’azione pedagogica sistemica, non episodica; ma non si fa nessuna esemplificazione concreta. Invece è proprio su questo piano delle ipotesi d’intervento che i vescovi dovrebbero sbilanciarsi, proponendo ad esempio di inserire qualche incontro di alfabetizzazione del fenomeno mafioso all’interno di tutti i percorsi di catechesi (dalla preparazione alla cresima alla preparazione al matrimonio). Per non parlare della formazione dei nuovi presbiteri, spesso – esattamente come i loro coetanei che decidono di darsi al giornalismo o all’assistenza sociale – di un’ingenuità disarmante su queste tematiche. Sanno ciò che rimbalza dagli schermi televisivi grazie a qualche sceneggiato o qualche talk show: un po’ troppo poco per leggere il territorio parrocchiale e per attivare strategie culturali ed etiche di contrasto al dominio mafioso... (l. k.) 


venerdì 18 giugno 2021

GAETANO CERAULO RECENSISCE "DIO VISTO DA SUD" DI Augusto Cavadi

 

Quale novità editoriale di Spazio Cultura Edizioni, nella collana Humanitas libero pensiero, l’ultimo libro di Augusto Cavadi, filosofo laico, con una post fazione di Don Cosimo Scordato, ha un titolo particolarmente intrigante, che riflette la personalità e la “scrittura” dell’autore: Dio visto da SudÈ altrettanto significativo il sottotitolo di copertina: “La Sicilia come crocevia di religioni e agnosticismi”.

È un volume che si compone di tre macrosezioni, in ognuna delle quali si è scelto di approfondire il tema della religiosità all’interno della Sicilia presa come punto emblematico e privilegiato di osservazione. Citando l’autore:

“Se analizziamo la fenomenologia del mondo cattolico, ci imbattiamo almeno in tre macro problematiche che…ne coinvolgono molte altre, più o meno connesse tra di loro: la bioetica, il rapporto con il potere politico, le relazioni pericolose con il sistema mafioso.”

Il libro nasce con il proposito di raccogliere tutti gli articoli che l’autore ha scritto per diverse riviste, in primis “La Repubblica”, con l’intento di dare loro una struttura omogenea. Sono riflessioni che risultano sempre attuali, legate da un filo narrativo che le unisce, mantenendo vivacità e autenticità nei contenuti. Vuole essere un saggio di sapiente divulgazione e di agevole lettura, quale è la cifra stilistica dell’autore, che esprime concetti e idee estremamente complesse con una semplicità che rende fruibile la materia a tutti i lettori e non solo agli specialisti.

In Sicilia, osserva l’autore, si incrociano diverse tradizioni religiose, da quella islamica, ebraica a quella cristiana con tutte le sue articolazioni, ma anche il Buddismo, l’Induismo e altre ancora. possiedono una potenzialità estremamente positiva, dall’altra però, al loro interno, emergono elementi negativi e ambigui. La Sicilia ha accolto nel tempo tutte le confessioni, ma non passivamente, bensì con un lavoro critico di rielaborazione di tutte le tradizioni culturali e religiose. E questo in specie per quello che riguarda il rapporto delle grandi religioni con la dimensione del femminile. Tutte queste tradizioni, pur con i loro arcaismi, possiedono tuttavia delle ricchezze che in Sicilia, grazie anche a uno spirito di confronto, di dialettica e di collaborazione, si cerca di fare venire fuori. Si vede in questa dimensione siciliana un microcosmo, un laboratorio per il futuro dell’umanità intera, per quanto attiene alla convivenza serena delle differenze.

Dio visto da Sud è un libro meritevole di attenzione, che è una testimonianza di come si può fare giornalismo decisamente superiore con carattere pedagogico con uno sforzo di andare oltre, non solo per informare ma per educare, per fare pensare su diverse tematiche. È un giornalismo aperto specie alla questione religiosa, con una critica, se non alla complicità, all’incapacità della Chiesa di portare avanti una cultura impermeabile alla Mafia quando sarebbe sufficiente portare avanti una cultura ispirata al Vangelo. Cavadi afferma che la laicità è una caratteristica compatibile con la fede, sostenendo un Cristianesimo critico e una laicità solidale che si ispira ai valori cristiani, rifuggendo da agnosticismo e bigottismo. È un Cristianesimo senza Chiesa, che Gesù forse non ha mai voluto fondare.

Gaetano Ceraulo

www.sololibri.net 

13.5.2021

https://www.sololibri.net/Dio-visto-da-Sud-Cavadi.html?fbclid=IwAR0lRU0mS3ppxDFuWb9CbXPXSi9lo6JT_LtroeIgAWyrZfWIREegSo_RSdE

mercoledì 16 giugno 2021

ADRIANA ZARRI, UNA RIVOLUZIONE A META'


 “Il Tetto”

nn. 342 – 343

Giugno 2021

 

 

IL CAMMINO INCOMPIUTO DI  ADRIANA  ZARRI 

Adriana Zarri è nota alla maggior parte dei lettori di questa rivista e i più giovani hanno potuto farsene un’idea leggendo, sul numero precedente,  la recensione di Giancarla Codrignani al libro prezioso  - accurato nella documentazione e limpido nell’esposizione – che le ha dedicato Mariangela Maraviglia:  Semplicemente una che vive. Vita e opere di Adriana Zarri, Il Mulino, Bologna 2020, pp. 220, euro 20,00. Alle note, intensamente personali della Codrignani, vorrei aggiungere qualche informazione e qualche considerazione. 

Parto da un dato storico: la Zarri ha vissuto un proprio eremitaggio – interiore se non sempre fisico, materiale – ma avrebbe voluto sperimentare una qualche forma di vita comunitaria. I tentativi in questa direzione ci sono stati, ma senza esito duraturo. Possiamo chiedercene, con rispetto per la memoria della sua persona, le ragioni? O dobbiamo dare per scontato che il profeta è contestato sempre a torto?

Innanzitutto stima e affetto per lei – soprattutto da chi le è stato più vicino – non possono rendere ciechi su alcuni suoi limiti temperamentali e caratteriali di cui nessuno al mondo – o almeno nessuno che io abbia conosciuto, a cominciare da me – è esente. Di certe rigidità relazionali ebbi modo di fare esperienza anch’io nell’unico, fugace, incontro nel corso di un convegno di teologia nella seconda metà degli anni Ottanta. Ma, anche grazie al libro della Maraviglia, che ha inserito le opere della Zarri nel contesto del travaglio teologico della stagione postconciliare, mi sono potuto rendere conto adesso – diciamo grazie a un distanziamento prospettico – di una ragione più profonda del suo relativo isolamento. Per dire in breve, è come se la scrittrice si sia trovata sola in una terra-di-nessuno fra la solida ortodossia preconciliare (rifiutata) e il paradigma ‘evangelico’  dei progressisti (non accettato integralmente) .  Ella è andata sì indietro, ma ha ritenuto sufficiente rifarsi all’era patristica greca e latina. La sua generazione si è trovata, infatti, a ereditare  un sistema di dogmi, di celebrazioni liturgiche, di norme morali  - concernenti la condotta individuale come la convivenza sociale -  che possiamo chiamare cattolicesimo medieval-tridentino. Intuito poetico, sensibilità estetica, attitudine mistica, postura femminile non potevano consentire ad Adriana Zarri di accettare tout court quella cattedrale imponente ma soffocante: da qui le sue polemiche aspre contro Giovanni Paolo II, contro molti vescovi e teologi e politici cattolici che, sostanzialmente, difendevano quella cattedrale. Ma, forse perché non aveva compiuto studi organici di teologia o perché prediligeva l’approccio letterario-sentimentale, non ha accettato neppure di passare al fronte opposto di quei ‘contestatori’ in odore di ‘eresia’ (Raimundo Panikkar, Hans Küng, Tullio Goffi,  Enzo Mazzi, Giulio Girardi, Giovanni Franzoni, Paul Knitter, Ernesto Balducci, Eugen Drewermann, Edward Schillebeecks, Giuseppe Barbaglio, Luigi Lombardi Vallauri, Carlo Molari, Alberto Maggi…) che non si limitavano a rifiutare questo o quell’articolo del catechismo, questo o quel divieto etico, ma rimettevano in discussione la cattedrale medieval-cattolica sin dalle fondamenta (dall’unicità della rivelazione biblica alla teoria del peccato originale,  dall’indissolubilità del matrimonio-sacramento alla differenza ‘ontologica’ del prete rispetto ai laici). La sua dura polemica ‘apologetica’ contro Ortensio da Spinetoli o Franco Barbero – rei di  negare che dogmi come la “Trinità” e la “Incarnazione di Dio” fossero davvero contenuti nel Nuovo Testamento - era frutto, a mio parere, di disinformazione e di presunzione: non teneva conto del fatto che stava giudicando, da esegeta dilettante, degli specialisti di alto livello . E, se non estese la polemica ad altri suoi amici, come don Luigi Sartori o don Carlo Molari o p. Alberto Maggi, fu perché – evidentemente - non comprese (a differenza delle occhiute autorità vaticane) che le loro tesi erano, nella sostanza, altrettanto radicali e innovative. Adriana Zarri, come tanti ai suoi e ai nostri giorni, si illuse di poter perseverare nell’adesione ad alcuni postulati e teoremi del cattolicesimo medieval-tridentino e rifiutarne alcuni corollari (come la diffidenza verso la sessualità o la pretesa di condizionare l’autonomia legislativa degli Stati  democratici).  E’ un errore di valutazione: la chiesa cattolica rispetta e corteggia chi si dichiara ‘esterno’, ma è implacabile con chi resta ‘dentro’, ai margini, per esercitare la parresìa. In venti secoli il cattolicesimo si è andato strutturando come una immensa, ordinatissima, perfetta macchina in cui “tutto si tiene”: o la si accetta, estasiati e proni d’ammirazione, o è meglio non metterci mano per riparazioni parziali. Si rischia di restarne con le dita stritolate.  Paolo VI, così facile al pianto, ne seppe qualcosa; qualcos’altra la sta imparando papa Francesco sul suo letto di Procuste.   

 

Augusto Cavadi 

www.augustocavadi.com

lunedì 14 giugno 2021

PRIMA EDUCARE ALL' UMANITA', POI EVENTUALMENTE ALLE FEDI RELIGIOSE O ALLE MILITANZE POLITICHE

 


EDUCARE ALLA LIBERTA’ PRIMA CHE A UNA FEDE RELIGIOSA O POLITICA

 

Maurizio Baldino ha speso la sua vita nella scuola, da maestro elementare a dirigente scolastico. In quiescenza dal punto di vista giuridico, non lo è esistenzialmente e la sua perdurante passione per l’educazione si è tradotta nel volume Urge la pedagogia. L’emergenza educativa esige la pedagogia della libertà, Brenner, Cosenza 2019, pp. 256, euro 20,00.

Le sue pagine vanno lette con particolare attenzione per non equivocare sulla prospettiva dell’autore che, da una parte, si esprime da cattolico, convinto con don Luigi Giussani (fondatore di “Comunione e liberazione”) che la fede consista nel rivivere eventi storici fondativi (come l’esodo dall’Egitto del popolo ebraico prigioniero e la pasqua del “divino”  Gesù di Nazareth); ma, con altrettanta schiettezza, contesta la teoria pedagogica dello stesso Giussani (ripresa quasi alla lettera da Benedetto XVI) secondo la quale educare significherebbe plasmare un giovane secondo il modello “prestabilito” del cristiano virtuoso. A giudizio di Baldino, invece, la pratica educativa ha “il compito primario di fare l’uomo autenticamente libero, il quale, solo da uomo autenticamente libero, con la sua libertà qualificherà il suo essere del valore aggiunto costituito dall’essere cristiano” (p. 61).

Come è facile intuire, una prospettiva del genere sarà  spiazzante sia per i ‘laici’, che la troveranno pericolosamente confessionale, sia per i ‘cattolici’ ortodossi, che la troveranno insopportabilmente libertaria, irenica. 

Condivido il modo in cui l’autore presenta il rapporto teologia/pedagogia: nell’esercizio dell’educatore (anche se personalmente credente) il primato intenzionale spetta alla pedagogia, come arte di favorire nei più giovani la libertà, e la teologia deve rinunziare alla “pretesa di essere la madre di tutte le scienze” per “servire l’uomo nel suo rapporto con se stesso, con i suoi simili e con il divino”  (se non vuole ridursi, come storicamente è avvenuto in questi due millenni, a “utile strumento del potere”) (p. 65). In caso diverso, torniamo – o restiamo – ai tempi in cui Pio IX implorava il re Vittorio Emanuele II di evitare il “flagello” dell’educazione obbligatoria (dal momento che ai ragazzi, e soprattutto alle ragazze, dei ceti meno abbienti basterebbe imparare un mestiere e recepire docilmente “la buona educazione paterna e l’istruzione religiosa”) (cfr. p. 72). Oppure ci infogniamo nelle polemiche attuali contro l’identità sessuale quale sommatoria di quegli elementi (sesso biologico, identità di genere, ruolo di genere e orientamento affettivo) che Baldino analizza in pagine particolarmente equilibrate e illuminanti (pp. 87 – 98).

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venerdì 11 giugno 2021

LA LEZIONE DEL GIUDICE LIVATINO A CREDENTI E 'LAICI'


 “Il Gattopardo”

Maggio 2021

 

LA LEZIONE DI ROSARIO LIVATINO AI CREDENTI E AI ‘LAICI’

 

Il prossimo 9 maggio Rosario Livatino -  un magistrato siciliano ucciso dalla mafia nel 1990 quando aveva appena 38 anni - sarà proclamato “martire” e “beato” dalla Chiesa cattolica. L’evento potrebbe dire qualcosa sia ai fedeli sia, più ampiamente, ai cittadini. 

Ai fedeli potrebbe ricordare che secondo la logica cristiana nessuna comunione con il divino è autentica se non passa dall’impegno per i diritti degli umani: l’adesione al vangelo implica tanto una dimensione interiore quanto una cura, fattiva e costante, per le sofferenze di tutti i viventi. Come ha affermato una volta Giovanni Paolo II proprio a proposito di questo giovane giudice, chi è martire della giustizia è indirettamente martire della fede. E se in Sicilia “testimoniare” la giustizia significa soprattutto contrastare la criminalità mafiosa, in altre aree del pianeta opporsi al razzismo o alla guerra o allo sfruttamento del lavoro minorile o …

Questa occasione potrebbe costituire un messaggio interessante anche per i ‘laici’ , come si chiamano abitualmente i cittadini esterni al mondo cattolico. In ogni epoca, e nella nostra in particolare, l’ammirazione generale è riservata ai grandi ‘eroi’ che occupano la ribalta della scena pubblica. Ma sono essi davvero i soli, o i maggiori,  protagonisti della storia? O le società vanno avanti, anche e soprattutto, per la fedeltà quotidiana di tante persone anonime che vivono la correttezza, la solidarietà, la compassione, la gentilezza? Talvolta, come nel caso di Livatino, le circostanze tragiche fanno sì che questo eroismo, silenzioso e nascosto, esploda alla luce del sole: e tali esplosioni dovrebbero invitarci a rivalutare la straordinarietà preziosa di tante esistenze ordinarie. Abbiamo molti più “santi della porta accanto”  (in senso sia religioso sia civile) di quanto non sospettiamo: e se non li lasciassimo soli a combattere le loro buone battaglie, certamente sarebbero molti in meno a diventare loro malgrado ‘martiri’.  

 

Augusto Cavadi

www.augustocavadi.com

mercoledì 9 giugno 2021

I BUROCRATI VANNO SOSTITUITI PER DEMERITI PERSONALI O PER CONFLITTI TRA PARTITI DI RIFERIMENTO ?

 

www.girodivite.it

9 giugno 2021

I DIRIGENTI DELL'AMMINISTRAZIONE VANNO SOSTITUITI IN BASE AI MERITI 

O ALLE TESSERE DI PARTITO ?

Sono ormai decenni che la crisi della raccolta dei rifiuti a Palermo mi intriga: dal punto di vista antropologico, infatti, è una miniera di dati. Da profano della materia mi zampillano due o tre domande.

La prima: perché, a differenza di ciò che è notato in varie altre nazioni, la città non viene divisa in settori e a ciascun settore non viene assegnata una squadra di operatori sotto la responsabilità di un capo-squadra? A tutti noi capita di constatare che certi angoli della città sono perennemente trascurati, ridotti a discariche a cielo aperto, ma di questi scempi non c’è un nome e un cognome a cui chiedere conto. 

La seconda: bisognerebbe ammettere con sincerità che un sistema organizzativo del genere metterebbe i capi-squadra (e i dirigenti superiori) a rischio di gravi ritorsioni. Ho raccolto con le mie orecchie le rassicurazioni di un giovane dell’Albergheria che, anni fa, dopo avermi comunicato di essere stato assunto come spazzino, si premurava di precisarmi: “Comunque mi hanno detto che basta mettere la firma per prendere lo stipendio a fine mese. Non è proprio necessario che lavori”. Con queste premesse, l’eventuale rampogna di un capo-squadra sarebbe vissuta dall’inadempiente come uno sgarbo, una prepotenza. Se è così, perché non dirlo apertamente? Possiamo combattere la “mafia” e subire, quotidianamente, la tracotanza dei “mafiosi” ?  La scorta a un magistrato o a un giornalista può essere senz’altro necessaria. Ma , se fosse l’unico modo per mettere i responsabili in grado di far rispettare le regole ai sottoposti, perché non ricorrervi? Sarebbe una piccola, grande, rivoluzione etica e politica.

La terza e ultima domanda: perché un presidente della Rap (come Giuseppe Norata) viene licenziato dal Sindaco Leoluca Orlando nel bel mezzo di una tempesta politica? Il criterio di assunzione e di licenziamento in questi casi non dovrebbe essere la capacità manageriale, misurata dai risultati effettivamente raggiunti? Il messaggio che arriva al cittadino ‘normale’ , come me,  è fortemente ambiguo: o Norata era al posto giusto e vi doveva rimanere per meriti propri (licenziarlo è stato sbagliato) o Norata non era all’altezza del compito assegnatogli e doveva essere rimosso a prescindere dalle dispute fra i partiti presenti nel Consiglio comunale (assumerlo e poi lasciarlo per anni in carica è stato un errore). So di rivelare un’ingenuità adolescenziali, ma non posso vietarmi di sognare che certi incarichi amministrativi vengano, un giorno, assegnati in base alla professionalità certificata e non ai colori della tessera di partito. Sino a quel giorno, le chiacchiere sulla trasversalità politica e sul superamento delle pregiudiziali ideologiche resteranno chiacchiere: utili, se mai, a raccattare qualche voto in più alle prossime elezioni.

 

Augusto Cavadi

www.augustocavadi.com

lunedì 7 giugno 2021

IL FESTIVAL DELLE PRATICHE FILOSOFICHE PER I NON...FILOSOFI (DI PROFESSIONE) A POLIZZI GENEROSA (16-18 LUGLIO 2021)


 

 

 

 


UNA MONTAGNA DI….FILOSOFIA

FESTIVAL DELLE PRATICHE FILOSOFICHE SULLE MADONIE

Seconda edizione

 

Organizzato dalla Fondazione “G. A. Borgese” 

In collaborazione con la “Casa dell’equità e della bellezza” (Palermo),

con la Scuola di formazione etico-politica “G. Falcone”

e la sponsorizzazione del Gruppo editoriale "Di Girolamo - Il pozzo di Giacobbe" (Trapani)

 

Tre giorni di convivialità tra filosofi e non-filosofi (di professione)”

 

POLIZZI GENEROSA (PALERMO) 16-17-18 Luglio 2021

 

Venerdì 16 luglio

 

ore 14,00 – 15,00: arrivo e sistemazione nella struttura recettiva prescelta da ciascuno

ore 16,00 – 17,00: passeggiata filosofica condotta da Augusto Cavadi

                              Appuntamento a Piazza Gramsci (qualche minuto prima delle 16,00)

 

ore 18,00 – 20,00: “Cosa possiamo fare per fermare la corsa dell’ umanità verso il suicidio globale?”

Conversazione con Maurizio Pallante – Campetto via Santi Gagliardotto (partigiano)

 

 

Sabato 17 luglio

 

ore 9,30–11,30: Colazione col filosofo

 

·       Ai Templari - Piazza Castello: Colazione con Maurizio Pallante su “Ipotesi politiche per salvare il pianeta”

·       Da Tumasella - Piazza Gramsci: Colazione con Giorgio Gagliano su “ <<Simili all'acqua>>: perché il Taoismo è ancora oggi una fonte di saggezza”

·       Pub Paradiso, Via Garibaldi, 50: Colazione con Augusto Cavadi su “L’ideologia ‘gender’ sarebbe un disastro.  Se esistesse”

 

Ore 16,30 – 18,30: “Cosa dice Dante a me «laico»?”

Conversazione con Maurizio Muraglia - Campetto via Santi Gagliardotto (partigiano)

 

21,30: Momento musicale con il violino di Giorgio Gagliano.

 

 

Domenica 18 luglio

 

10, 30 – 12,30: Lo salviamo il mondo dopo la colazione e prima di cena?”

Conversazione con Maria D’Asaro - piazza Carmine

 

16,00 – 18,00: Scambio dei doni immateriali:

Assemblea conclusiva in cui chiunque abbia partecipato anche solo a un evento del Festival ha cinque/dieci minuti per socializzare un’intuizione o una riflessione che ha sperimentato in questi tre 

giorni.

 

 

CHI SONO I NOSTRI RELATORI -  FACILITATORI

 

·       Augusto Cavadi è l’ideatore e direttore scientifico di “Una montagna di filosofia”. E’ filosofo-consulente (riconosciuto da “Phronesis” e, con la moglie Adriana Saieva, co-dirige a Palermo la “Casa dell’equità e della bellezza”. Gestisce anche un blog (nel quale si trovano anche le indicazioni delle sue pubblicazioni): www.augustocavadi.com


·       Maria D’Asaro, “filosofa di strada” , già docente di Lettere e psico-pedagogista, Da pubblicista collabora stabilmente con www.ilpuntoquotidiano.it e gestisce il blog personale www.maridasolcare.blogspot.com . Socia molto attiva della “Scuola di formazione etico-politica G. Falcone” (www.scuoladiformazionegiovannifalcone.it) è autrice della Lettera a Peppino Impastato riedita, recentemente, nel volume di A. Cavadi, Peppino Impastato martire civile. Contro la mafia e contro i mafiosi, Di Girolamo, Trapani 2018.


·       Giorgio Gagliano è filosofo e violinista. Più volte relatore in iniziative di filosofia-in-pratica, ha contribuito a due volumi in cui sono stati raccolti contributi per le “Vacanze filosofiche per non..filosofi”: E. Rindone (a cura di), Abitare il mondo: con o senza Dio? La morale tra panteismo, teismo e ateismo, Diogene Multimedia, Bologna 2014; F. Dipalo (a cura di), Democrazia. Analisi storico-filosofica di un modello politico controverso, Diogene Multimedia, Bologna 2016. 


·       Maurizio Muraglia , insegnante di Lettere in un liceo di Palermo, formatore, collaboratore  di riviste pedagogiche e dell’edizione siciliana de “La Repubblica”. Sul sito www.casadellaequitaebellezza.blogspot.it sono disponibili le ‘meditazioni laiche’ su Dante Alighieri che, da due anni, tiene con Laura Mollica (la stessa collega con cui ha pubblicato, recentemente, il libro Dante parla ancora? Il messaggio della Commedia alle donne e agli uomini del terzo millennioDi Girolamo, Trapani 2021). Ulteriori notizie sul suo blog: www.mauriziomuraglia.com.

·       Maurizio Pallante è il fondatore e il leader nazionale del “Movimento per la decrescita felice”. Tra le sue numerose pubblicazioni (cfr. www. decrescitafelice.it): La decrescita felice. La qualità della vita non dipende dal Pil, Edizioni per la decrescita felice, Roma 2009. Ha curato il volume a più voci Un programma politico per la decrescita, Edizioni per la decrescita felice, Roma 2008 e, più recentemente,  Sostenibilità Equità Solidarietà, Fondamentali 1.0 d’un progetto politico in costruzione, Lindau, Torino 2019.

 

 

AVVERTENZE TECNICHE

·       Non è prevista nessuna quota di iscrizione né di partecipazione agli eventi (tranne, se non si è già cliente della struttura per la notte, il pagamento anticipato al gestore di euro 5,00 per ogni prima colazione cui si partecipa o il pagamento di ciò che si consuma ai bar )

·       Per ragioni organizzative è gradita una comunicazione di partecipazione all’indirizzo:

·        a. cavadi@libero.it

·       Per ogni ulteriore informazione scrivere a: fondazioneborgese@libero.it -  info@fondazioneborgese.it

 

Informazioni logistico organizzative

 

Per il soggiorno, ogni partecipante è libero di scegliere le soluzioni che preferisce sia per i pasti (potendo scegliere fra diversi ristoranti) che per dormire. Per il pernottamento, l’organizzazione ha concordato  con alcune strutture  ricettive ubicate nel paese in prossimità della casa Borgese, le seguenti condizioni:

 

 

Residence Saint Grace  di  Santino Armano - Largo Regina Elisabetta, 20

santino.armano@gmail.com

 

Sciabakè da Sissi - Via Dogana, 19

0921 649374 cell. 339 6842567

info@sciabake.it
www.sciabake.it

 

CASA VACANZE SAMMARCO

www.pierosammarco.it
Via G. Borgese,39
Cell. 339 6826910
n.2 appartamenti con bagno indipendente n. 8 posti letto
e-mail: piero_polizzi@libero.it

 

AFFITTACAMERE/ CASA-VACANZE
Carini Via Itria


Tel. 091 520173/6900748 cell. 347 5407172


e-mail: 
federico@themenosprogetti.com

 

 

Nella vallata dei giardini, a pochi chilometri dal centro abitato, vi sono anche altre strutture ricettive di tipo agrituristiche presso le quali è possibile soggiornare:

 

 

Giardino Donna Lavia

0921-551104

3396947829

info@giardinodonnalavia.com

giardinodonnalavia@libero.it
www.giardinodonnalavia.com

 

 

Agriturismo Santa Venera

0921-649421

3408661626

info@santavenera.com

agrisantavenera@libero.it

www.santavenera.com

 

Il Baglio di Nonna Clelia

3477925999 - 3476185268

info@ilbagliodinonnaclelia.it

 

Resort Santa Nicola

0921-688672

3482101058

www.resortsannicola.com
E-mail: 
prenotazioni@resortsannicola.it

 

 

La Sorgente delle Madonie

389.0719554 – 329.0627094

E-mail: info@lasorgentedellemadonie.it
www.lasorgentedellemadonie.it

 

Agriturismo Antico Casale

Tel. 0921 551160 fax. 0921 551100

Cell.328.6565678
www.agriturismolanticocasale.it
e-mail: 
la_sorgente.coop@tiscali.it

 

Struttura recettiva

Donna GIOVANNA

 di Danilo Valenza

Cell. 328 255 7572