venerdì 28 ottobre 2022

ROBERTO SCARPINATO INCHIODA LA MELONI ALLE SUE RESPONSABILITA' E IL PD TACE VERGOGNOSAMENTE

LA PUNTUALE 'REQUISITORIA' DEL SENATORE SCARPINATO CONTRO IL GOVERNO MELONI ACCOLTA DAL GELO DEI SENATORI PD

 

Oggi, venerdì 28/10/22, all'Hotel S. Paolo di Palermo, Roberto Scarpinato ha espresso - nel corso di un intervento pubblico molto articolato sul "pool della criminalità integrata: reduci e nostalgici del fascismo, servizi segreti statunitensi, servizi segreti deviati italiani, rami della massoneria, organizzazioni mafiose" - la sua amarezza per la solitudine percepita nel corso e al termine della sua dichiarazione di non-fiducia al governo Meloni al Senato. 
Spero che un rossore di vergogna (tardivo) pervada, prima o poi, le guance della Camusso, della Furlan, di Delrio, di Franceschini e compagnia ...
Scarpinato ha anche aggiunto che il tentativo da lui operato di spostare l'attenzione dal fascismo del ventennio (su cui la Meloni ha buon gioco nel dichiararsi anagraficamente estranea) al neo-fascismo operante negli ultimi 75 anni (da cui la Meloni non ha mai preso le distanze, anzi!) è stato lasciato cadere anche dall'intellighenzia 'democratica' e dalla stampa 'progressista'.
Una delle pochissime voci di protesta è stata questa Lettera aperta del Direttore di "Micromega".

Lettera aperta a Enrico Letta sul vergognoso silenzio dei senatori del Pd

Gentile onorevole Letta,
a tutte e tutti (come si dice oggi) Ella ha promesso solennemente qualche giorno fa “una opposizione dura e intransigente” al governo Meloni. Ma i suoi senatori non la pensano come lei, e dei suoi giuramenti a tutte e tutti se ne impipano allegramente.

Al Senato il discorso più limpido di opposizione dura e intransigente al governo Meloni è stato pronunciato da Roberto Scarpinato, magistrato che rappresenta una silloge vivente dell’impegno antimafia di oltre tre decenni, eletto come indipendente nelle liste del M5S. Un discorso che assume la Costituzione repubblicana nata dalla Resistenza come bussola dell’azione, un discorso che ha ricordato le frequentazioni mafiose di Berlusconi e del suo entourage, e quelle con pezzi di servizi “deviati” e trame nere di elementi del nuovo governo. Un discorso esemplare, che ogni democratico dovrebbe sottoscrivere fino alle virgole. Un discorso che è stato accolto dai senatori del Pd, partito di cui Ella è ancora il massimo dirigente, dal più assordante dei silenzi.

Nessun applauso. E su questo assordante silenzio, che suona dunque rifiuto per ogni frase di quel discorso, esemplare per chi intenda fare una opposizione dura e intransigente al governo delle destre-destre, nessun rilievo, nessuna critica, nessuna presa di distanza da parte sua. Dunque, un suo silenzio-assenso a quell’assordante silenzio.

Gentile onorevole Letta, Ella è ancora in tempo, benché in zona cesarini, per dire la sua sull’assordante e ignobile silenzio con cui i senatori del suo partito hanno inteso stigmatizzare e rifiutare l’opposizione dura e intransigente del senatore Roberto Scarpinato al governo Meloni. Ella è ancora in tempo per stigmatizzare quella indecente stigmatizzazione di assordante silenzio, senza di che la sua promessa di opposizione dura e intransigente si nebulizza in aria fritta.

Quel silenzio assordante dei suoi senatori costituisce un marchio di vergogna per tutto il suo partito. Un solo senatore del Pd ha applaudito il limpido discorso di dura e intransigente opposizione di Scarpinato al governo ex-neo-post-ecc.-fascista: il senatore Walter Verini. Che ha salvato il suo onore, non certo quello del suo partito. Walter Verini, anzi, per questo suo gesto, ovvio per ogni democratico, è stato redarguito e rimbrottato dagli altri senatori del Pd. Vergogna che si aggiunge a vergogna.

Gentile onorevole Letta, davvero intende continuare col suo silenzio-assenso al comportamento ignobile dei suoi senatori (tranne uno), aggiungendo così vergogna a vergogna a vergogna?

mercoledì 26 ottobre 2022

ANNAMARIA PENSATO SU "SONO SICILIANO, MA POTEVA ANDARMI PEGGIO" DI AUGUSTO CAVADI

 


Sono siciliano ma poteva andarmi peggio

di A. Pensato

La voglia di raccontare la sicilianità in Augusto Cavadi sembra inesuaribile. Insieme a testi più impegnativi, egli continua a pubblicare volumetti divulgativi rivolti a un pubblico vasto (non solo italiano). Così dopo La mafia spiegata ai turisti e I siciliani spiegati ai turisti (entrambi tradotti in varie lingue), è uscito in questi giorni Sono siciliano ma poteva andarmi peggio (Di Girolamo, Ytrapani 2022, pp. 92, euro 9,90), in cui l'autore raccoglie, per sezioni tematiche, alcune puntate della sua rubrica sul bimestrale Il Gattopardo.

Nel testo sembra perseguito il tentativo - quasi impossibile, come riconosce lo stesso Cavadi - di potersi orientare nella varietà dei tipi umani presenti in Sicilia raggruppandoli in categorie. Gira e rigira, comunque, la differenza fondamentale è segnata dal senso della legalità sostanziale: un filo rosso unisce e rende abbastanza individuabili  coloro che sono rispettosi delle leggi  e quindi del prossimo rispetto a quanti, invece, sono (per usare espressioni gentili) votati alle trasgressioni piccole e grandi.

Non si può evitare di confessare di essere colti – alla lettura di alcuni brani - da tanta amarezza perché le analisi, pur proposte con ironia, corrispondono alla realtà effettiva che noi siciliani ben conosciamo. A tale amarezza si può reagire sognando, un po' ingenuamente, a occhi aperti e immaginando che cosa potrebbe succedere se alla stessa tipologia di persone, sprezzanti delle regole di pacifica convivenza, accadesse di nascere in contesti diversi da cui proviene la maggior parte di loro: quindi non in periferie abbandonate al degrado, da genitori presenti e non in carcere o nullafacenti in osteria, con la possibilità di acquisire un livello decente di istruzione e una cultura della cooperazione e solidarietà sociale...Insomma: se queste persone avessero la possibilità di operare con consapevolezza le scelte fondamentali della vita. 

Sappiamo che alla mafia appartengono, nei ruoli apicali, anche soggetti nati in contesti socio-economici e culturali non certo disagiati e che dunque nessuna riforma può agire, da un giorno all'altro, come bacchetta magica. Ma i vertici della criminalità organizzata, pur vivendo nel lusso, attingono la manovalanza dai bacini sociali insani ed è da lì che bisognerebbe iniziare a lavorare. Lo fanno già molte piccole realtà di volontari, ma lo Stato è spesso assente. Non intendo, ovviamente, giustificare né assolvere chi si rende responsabile di crimini quotidiani, ma solo confortare me e quanti tentano di piantare qualche seme di bellezza salvifica. 

Il messaggio del libretto di Augusto Cavadi è anche questo, a mio avviso: in Sicilia ci sono molte risorse da coltivare e molti mali da combattere individuandone le cause e approntando i rimedi opportuni. Nella convinzione che, dunque, poteva andarci peggio...

Annamaria Pensato

https://www.girodivite.it/Sono-siciliano-ma-poteva-andarmi.html

martedì 25 ottobre 2022

L'APOLOGIA DEL CATTOLICESIMO DI ERNESTO BUONAIUTI

 


L'APOLOGIA DEL CATTOLICESIMO DI ERNESTO BUONAIUTI

Chi legga la nuova edizione dell' Apologia del cattolicesimo di Ernesto Buonaiuti (La Zisa, Palermo 2021, ed. or. Formiggini, Modena 1923) resta stupito almeno due volte.

Il primo choc è dovuto all'impavida sicumera con cui l'autore, presbitero e teologo, espone la sua “difesa” della Chiesa cattolica inanellando una serie di tesi che, a suo parere, sono quasi evidenti allo sguardo di un osservatore onesto e razionale: che esiste un Dio “al di fuori e al di sopra di tutti gli esseri sensibilmente percepiti” (p. 54); che “ha posto al vertice delle esistenze sensibili una volontà libera” (p. 59) ; che questo essere ha rovinato tutto con una “colpa originale, sconvolgimento morboso delle umane facoltà e delle umane attitudini” (p. 61); che Dio stesso (nella seconda persona della Trinità) si è incarnato per realizzare, “col suo eccelso sacrificio e la sua inarrivabile abnegazione, un tesoro di meriti, da cui potranno attingere, senza esaurirlo, fino alla consumazione dei secoli, i figli innumerevoli del dolore e della colpa” (ivi); che questo Dio-uomo ha fondato una Chiesa “visibile” che possiede “l'infallibile potere di trasmettere e interpretare la parola del divino Maestro” (p. 62); che, dal 1500 in poi (con la filosofia moderna e il protestantesimo) si è infranto “questo meraviglioso ed organico piano sistematico” con la conseguenza che “da quattro secoli il pensiero e la moralità del nostro così detto mondo civile vanno miseramente barcollando nell'oscurità di una notte lunga e penosa” (p. 70); che comunque non va perduta la speranza/certezza che la società moderna troverà la “salvezza” “il giorno in cui, ai piedi dell'insegnamento cattolico, reciterà la sua netta palinodia” (p. 73). 

Nelle pagine dell'agile libretto – scritto, per altro, con raffinata arte letteraria – non c'è traccia di dubbi né dal punto di vista metafisico (come se, ad esempio, agnostici come Kant e atei come Feuerbach non fossero mai esistiti) né dal punto di vista storico (come se la tanto esaltata Chiesa medievale non avesse indetto né Crociate né caccia agli eretici né processi alle streghe): incredibile! Non ci si è ancora ripresi dal primo choc che si viene colpiti da una seconda batosta quando si apprende che questo libro, pur così deciso nel difendere l'indifendibile, è stato “incluso nell' Index librorum proibitorum” ed ha contribuito alla scomunica papale dell'autore! Motivi dell'inspiegabile decisione magisteriale? Forse perché ospitato in una Collana di opere di autori vari, ciascuna delle quali dedicata alla apologia di una religione diversa (La Zisa stessa ha ripubblicato, sinora, Apologia dell'ebraismo e Apologia dell'islamismo); forse perché troppo condiscendente con il  filone agostiniano e mistico piuttosto che col filone tomista e dottrinale; forse perché, in ciò pericolosamente vicino al protestantesimo, vuol “provare la validità della dottrina più riferendosi alla Bibbia che non alla tradizione e all'autorità del magistero” (così Andrea Panerini a p. 15) o perché insiste sull'aspetto rivoluzionario del vangelo di Gesù quale “integrale rovesciamento degli umani valori” (p. 18).

Emerge prepotente, dunque, almeno una domanda: cos'hanno in comune il cattolicesimo del primo ventennio del XX secolo con il cattolicesimo del primo ventennio del XXI secolo? Quasi a metà del cammino temporale li divide il crinale del Concilio ecumenico Vaticano II (1962 – 1965) e neppure le politiche reazionarie di Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI sono riuscite a frenarne le conseguenze sconvolgenti. Papa Francesco è, nonostante tutte le sue cautele teologiche e la sua devozione religiosa datata, l'icona di un cambiamento di paradigma: dirsi cattolici oggi è toto coelo differente dal dirsi cattolici cento anni fa. Ma se una comunità-istituzione cambia così radicalmente, come può continuare a ritenersi “costituita da Dio” quale “organo del magistero celeste, attuantesi nella storia”, sotto “la guida inerrante della Chiesa docente diretta dal supremo gerarca” (p. 62) ? O ha sbagliato prima o sta sbagliando adesso. Chi non coglie questo dilemma non può capire nulla della tragedia del cattolicesimo odierno.

PER COMPLETARE LA LETTURA DELLA RECENSIONE BASTA UN CLICK QUI:

https://www.zerozeronews.it/ce-cattolicesimo-e-cattolicesimo/

venerdì 21 ottobre 2022

ANCORA SU FRANCESCO D'ASSISI: UN LIBRO AD DI LA' DEGLI STEREOTIPI


 Ecco una seconda recensione, più articolata, del libro di Francesco Coniglione su Francesco d'Assisi: uno sguardo al passato per capire un po' meglio il presente:

Francesco d'Assisi. Una rilettura 'laica' nel XXI secolo.

Chi è stato davvero il Poverello umbro? Come nel caso di tanti altri protagonisti della storia, siamo condannati a ignorare per sempre le sue vicende biografiche. Dobbiamo accontentarci di un Francesco polivalente, poliedrico, come viene narrato da vari testimoni, più o meno a lui vicini cronologicamente, cercando – con l'intuito e il buon senso – di sfrondare i racconti, per quanto possibile, dalle superfetazioni leggendarie agiografiche. Ma con la consapevolezza che, alla fine, racconteremo un “nostro” Francesco. 

Tale consapevolezza sostiene, sin dalle prime pagine, la recente, voluminosa e appassionata, monografia di Francesco Coniglione, L'uomo venuto da un altro mondo. Francesco d'Assisi (Bonanno Editore, Acireale-Roma 2022, pp. 410, euro 35,00), tesa a privilegiare, rispetto al “Francesco della storia”, la “storia di Francesco” quale rientrerebbe, per citare Gadamer, nella “storia degli effetti” della sua persona e della sua azione. Chi cerchi una chiave di lettura per trovare il filo conduttore delle 410 pagine lo può trovare a cavallo fra pagina 10 e pagina 11, dove l'autore dichiara di essere interessato a focalizzare l' “itinerario i perfezionamento interiore” del santo medievale, per il quale


lo svuotamento interiore di sé e la scelta della radicale povertà costituiscono il presupposto per l'accoglimento del tutto, culminando in un nuovo sguardo verso la natura che, appunto nella misura in cui non si perde nelle nebbie di un generico e romantico sentimento di misticismo naturalistico, si converte in un positivo atteggiamento e in una concreta prassi operativa a difesa del Creato”.


Coniglione, storico della filosofia di formazione “laica”, tiene a precisare che questa sua chiave interpretativa non deriva da una concessione alle mode ecologiste né, ancor meno, intende sminuire “il forte radicamento di Francesco nella tradizione cristiana” (p. 11) . Vuole soltanto sottolineare che di tale tradizione il “povero cavaliere di Cristo” (F. Cardini) ha valorizzato


una direzione che va in senso contrario alla fuga dal mondo e al disprezzo della corporeità dell'uomo, atteggiamenti per molto tempo assai diffusi e verso i quali ha operato una decisiva rottura”,


a ennesima conferma che - secondo l'ironica affermazione di Alano di Lilla a proposito della Bibbia e del magistero ecclesiastico - ogni “auctoritas ha un naso di cera, cioè lo si può piegare in diversi sensi” (ib.).

Anche se non perseguita ruffianamente, l'attualità del “mito” francescano s'impone spontaneamente: ha infatti


molto da dire all'uomo contemporaneo, di questo mondo, assai versato nello sviluppare le proprie 'competenze' ma parecchio sottodimensionato per quanto riguarda la formazione della sua interiorità, lo sviluppo del suo 'carattere' o, per dirla in modo più laicamente moderno, nella costruzione di una mind che non sia unidimensionalmente concentrata sulle sole capacità tecniche ed operative. [] L'insegnamento di Francesco sembra essere invece a noi assai vicino, non solo per i suoi specifici contenuti legati a una determinata temperie e tradizione, ma soprattutto per aver indicato quell'iter difficilior che è alla base di ogni autentico arricchimento umano, di ogni perfezionamento e sviluppo della mente, di ogni formazione educativa che faccia dell'uomo un essere spiritualmente completo e non un composito centauro, in cui a una raffinata cultura scientifico-ingegneristica si giustappone un rachitico senso morale e umano, schematico, dogmatico, intriso di fondamentalismi fideistici” (pp. 18 – 19).


Presupposto di ogni altra qualità virtuosa è, per Francesco, la povertà: non quella che si subisce involontariamente dalla nascita bensì quella che si sceglie liberamente in modo da poter condividere con i poveri involontari le proprie risorse, materiali e immateriali. La sua è stata definita da Leonardo Boff (qui citato a p. 47) 


un'autentica rivoluzione morale: dall'economia dell'elemosina e del regalo, propria della società dei signori, si passa all'economia della restituzione per diritto”.


Anche di questo aspetto peculiare del messaggio francescano, Coniglione non può fare a meno di sottolineare l'attualità, citando in proposito (a p. 46) papa Francesco:


Se ripetessi alcuni brani delle omelie dei primi Padri della Chiesa, del II o del III secolo, su come si debbano trattare i poveri, ci sarebbe qualcuno ad accusarmi che la mia è un'omelia marxista. «Non è del tuo avere che tu fai dono al povero; tu non fai che rendergli ciò che gli appartiene. Poiché è quel che è dato in comune per l'uso di tutti, ciò che tu ti annetti. La terra è data a tutti, e non solamente ai ricchi». Sono parole di sant'Ambrogio” . 


Superfluo aggiungere che sia il Francesco medievale che il Francesco del XXI secolo non hanno ricevuto il consenso che speravano. A proposito del primo dei due, un discepolo – Tommaso da Celano - che lo conobbe personalmente, e ne scrisse due biografie, notò che già tra i frati sopravvissuti alla morte del fondatore non pochi preferiscono “riposare prima ancora di lavorare [], lavorando più con le mascelle che con le mani” e “senza faticare, si nutrono col sudore dei poveri” (la citazione è qui a p. 52). 

La vicenda del secondo Francesco è ancora in corso. Che esito avrà il suo (forse disperato) tentativo di riavvolgere il nastro a quei secoli iniziali in cui soccorrere un malato o salvare un naufrago erano gesti più urgenti e più rilevanti che fare le pulci ai teologi in dubbio sulla circum-insessione intra-trinitaria o sul divieto dei metodi anticoncezionali? Dopo tre decenni di governo del duo Wojtyla- Ratzinger, nei quali si sono formati per la maggior parte i preti e i vescovi cattolici, sarà possibile senza rischiare un ennesimo scisma? E se questo scisma non dovesse palesarsi, si avrà, dopo Bergoglio, un papa talmente concentrato - con le scarpette di Prada al piede – sul dilemma se il presbitero operi la transustanziazione oppure la transignificazione dell'ostia, da non aver modo di chiedersi in quali edifici della City londinese vengano investiti i miliardi donati dai fedeli alla Santa Sede?

Augusto Cavadi

Cliccare qua per la fonte:

www.adista.it/articolo/68883


domenica 16 ottobre 2022

IL VARIEGATO ARCIPELAGO DEL POST-TEISMO: UN AFFRESCO COMPLETO DI ANDREA BANCHI


SUL SITO DI UNA RADIO TOSCANA HO TROVATO QUESTO ARTICOLO DI ANDREA BANCHI SUL POST-TEISMO OGGI NEL MONDO E, IN PARTICOLARE, IN ITALIA. Il quadro è molto completo e rende un servizio culturale istruttivo. Ho solo una perplessità riguardante la riga in cui l’Autore sostiene che io mi dichiari “ateo, in ricerca di risposta alle domande ultime”.”In ricerca di risposta alle domande ultime” mi dichiaro davvero, da quando ho memoria. Su “ateo” non ricordo di averlo mai pensato né, dunque, detto. Da qualche parte, forse, sono d’accordo con chi – come il gesuita Roger Lenaers – suggerisce una moratoria del termine (abusato) “Dio” e, in questo senso, dirsi “a-tei”.

***

IL POST-TEISMO ITALIANO DI FRONTE ALLE SFIDE CONTEMPORANEE. UNO SCRITTO DI ANDREA BANCHI

Ogni anno a San Gimignano e alla Badia di Passignano a fine agosto si svolge ormai da quasi 30 anni la Summer School on Religion. L’attività è sorta per l’iniziativa del prof. Arnaldo Nesti con alcuni colleghi, docenti universitari italiani e stranieri, per l’approfondimento di temi legati al mondo della religiosità e della spiritualità.

Quest’anno l’edizione XXIX, che si è svolta dal 24 al 27 agosto, era intitolata «We are ready for peace… Sul vivere il mistero della storia, oggi, con responsabilità».

Vi hanno partecipato numerosi studiosi, tra cui anche stranieri.  Tra gli altri anche il borghigiano Andrea Banchi che ha svolto la comunicazione “Oltre le religioni, dentro la storia: il post-teismo italiano di fronte alle sfide contemporanee”.

Poiché l’argomento non ha una diffusa conoscenza, prima di rimandare gli interessati direttamente alla lettura dello studio, è bene indicare che il post-teismo è un movimento di spiritualità contemporanea, sorto da pochi anni, che intende superare la visione teista di Dio, cioè quella di una divinità con spiccate caratteristiche antropomorfe. Secondo coloro che ne fanno parte il Dio delle religioni tradizionali è una proiezione umana di bisogni spirituali profondi che cercano, con il racconto di narrazioni mitiche, di riempire il vuoto di conoscenza, organizzando chiese e caste sacerdotali che gestiscono la fede popolare.

Come si comprenderà c’è dunque col post-teismo una critica radicale a tutte le religioni, ritenute inadeguate di fronte al Mistero, e inevitabilmente datate rispetto allo sviluppo della cultura e delle scienze attuali.

Ovviamente per l’Italia il post-teismo si scontra con la realtà della religione cristiana cattolica, nella sua formulazione tradizionale.

CISRECO 

XXIX International Summer School on Religion

San Gimignano, 24-27 Agosto 2022

COMUNICAZIONE DI ANDREA BANCHI

Oltre le religioni, dentro la storia: 

il post-teismo italiano di fronte alle sfide contemporanee

In avvio di questo breve intervento occorre offrire almeno una indicazione di larga massima per stabilire cosa si intende per post-teismo, ovviamente applicato al mondo cristiano, quello da noi più diffuso, non solo in termini religiosi, ma anche per gli elementi culturali e identitari. 

Il superamento dell’immagine tradizionale e antropomorfa di Dio, e anche dei dogmi del deposito della fede, ritengo debba riferirsi inevitabilmente agli studi e ai libri pubblicati dal vescovo episcopaliano di Newark, John Shelby Spong (1931–2021), colui che in modo più approfondito e attento ha costruito un percorso e predisposto testi di forte impatto comunicativo per muoversi ben al di là della tradizione, riformando profondamente la Chiesa. Il suo documento esemplare a tal riguardo è stato denominato “Le 12 tesi”. Alla maniera di Lutero egli lo ha affisso alla porta della chiesa, convinto com’è stato che senza ampia riforma la Chiesa morirà (1)

La piena contemporaneità del tema, in divenire in questi mesi, non consente la pretesa di descrivere per intero il quadro internazionale d’un dibattito vivace e sempre ricco di nuovi spunti. Inoltre, pur dentro ad un contesto abbastanza globalizzato, sono numerosi e a volte separati, o comunque senza piena liquidità, gli ambiti linguistici e culturali in cui operano i personaggi più conosciuti del cd. post-teismo. Rimarremo dunque all’esame del quadro italiano, e già questo è un impegno piuttosto complesso. 

Come facilmente s’intuisce, l’ambito italiano trova difficoltà a procedere nell’abbandono dell’immagine e della tradizione teista e nel tentativo di costruzione di nuovi paradigmi di riferimento per la vita spirituale. I motivi consistono nella ingombrante presenza a Roma del Vaticano e nella ancora potente influenza della Chiesa che conduce ad emarginare studiosi, teologi, editori, studi, libri, riviste, ricerche che potrebbero minare le credenze tradizionali, per quanto alcune di esse siano già state riconosciute come irrimediabilmente improponibili sulla base delle conoscenze bibliche e teologiche attuali. 

Per citare alcuni esempi basti ricordare che le opere tradotte di Spong e di Lenaers, e quelle di Ortensio da Spinetoli, non trovano spazio nelle collane delle case editrici cattoliche e stentano a volte perfino a trovare un’efficace distribuzione (2). Inoltre studiosi e sacerdoti che hanno mostrato attenzione ed esprimono apprezzamento per le novità teologiche hanno rischiato emarginazione, richiami, difficoltà: dunque molti tacciono o attendono di essere anziani prima di esprimersi pubblicamente, in modo da esser fuori dall’influenza diretta del superiore gerarchico. Questa pesante limitazione alla ricerca nelle università cattoliche, data l’assenza in Italia di facoltà teologiche statali, ha per molti anni impoverito lo studio di temi sgraditi alla gerarchia. Ne hanno testimoniato modalità e conseguenze i docenti universitari Carlo Molari, Arnaldo Nesti, Ortensio da Spinetoli, Emanuele Severino, Luigi Lombardi Vallauri, cacciati dagli incarichi d’insegnamento senza processi trasparenti, procedure garantiste, in qualche caso anche senza spiegazioni. 

La situazione, col papato di Bergoglio, è meno rigida, ma non ci sono state riabilitazioni di teologi italiani, come invece è avvenuto nel caso di alcuni stranieri (es. Josè Maria Castillo, Ernesto Cardenal, Jeannine Gramick). 

Il punto di riferimento delle novità teologiche, anche per il post-teismo, è l’America Latina. Non è affatto strano, è questo il cuore pulsante della cristianità sia per numero di fedeli, oltre mezzo miliardo, che per adesione percentuale, il 90% degli abitanti. I rapporti tra gli esponenti italiani e quelli latino americani sono frequenti, e questo ha condotto a buoni esiti nel processo di cambiamento. Il volume che ha aperto il dibattito in Italia, Oltre le religioni, edito da Gabrielli nel 2016 e curato da Claudia Fanti e Ferdinando Sudati, è quasi interamente la traduzione dei testi della rivista brasiliana Horizonte, del gennaio-marzo 2015, che è il trimestrale della Pontificia università cattolica del Minas Gerais (3).


L’arcipelago del postteismo italiano

Per facilitarne la comprensione, suddividerò in vari filoni la composita realtà del post-teismo italiano. 

Il primo individua un gruppo di piccoli editori periferici che negli ultimi anni hanno meritoriamente fatto conoscere autori e teologi post-teisti (Massari di Bolsena (VT), Il pozzo di Giacobbe di Trapani, Chiarelettere di Milano, Gabrielli di San Pietro in Cariano (VR) ), in particolare Gabrielli di San Pietro in Cariano, che ha promosso l’edizione di raccolte antologiche degli autori più significativi (4), ed ha organizzato ad aprile scorso un convegno internazionale di studi (5). Occorre unire agli editori anche il periodico Adistadi Roma, che nelle proprie newsletters riporta spesso nuovi testi e commenti dei teologi post-teisti.

Una seconda realtà è rappresentata dal gruppo autodenominatosi “Inedito cammino”. Il gruppo è sorto a fine 2018 per iniziativa e col coordinamento di Federico Battistutta, Gianfranco Cortinovis e Silvia Papi (6) che proposero un documento dal titolo Dopo le religioni. Per un nuovo percorso di ricerca sul significato di esistere (7). Nasce come momento di condivisione e ricerca di «orizzonti esistenziali più aperti e più intensi» di quelli legati al vecchio cammino “religionale”. Nel documento si esprimeva «il desiderio di incontrarci fin da subito con chi si riconosce nelle linee generali del presente scritto, per verificare la possibilità di costruire momenti di incontro in cui scambiare esperienze e speranze. Siamo convinti che siano maturi i tempi per dare vita a qualcosa di radicalmente nuovo». È interessante notare lo spazio significativo della componente femminile nel gruppo. Si tratta di «voci profondamente inclusive, estranee a ogni dualismo, in una logica di continuità e di coesistenza piuttosto che di opposizione e di esclusione: la fisica, la psicologia, le neuroscienze, la cosmologia e una migliore e più diffusa conoscenza (o riscoperta) di altri sistemi religiosi ci invitano a questo, e non da oggi» (8). 

Il gruppo esprime temi mensili, tratti da uno degli autori significativi per una riflessione, proponendoli ad una mailing list di corrispondenti interessati al percorso, ognuno dei quali può liberamente commentare per scritto. Poiché l’attività è sorta recentemente, è stata fortemente influenzata, dal punto di vista organizzativo, dalla pandemia: le riunioni svolte sono state finora tutte virtuali, tramite la piattaforma Zoom. Solo a fine settembre prossimo è previsto un ritrovo nazionale in presenza. Numericamente si tratta di circa duecento corrispondenti, non tutti attivi nella partecipazione, in gran parte del nord Italia, ma provenienti anche da Roma e dalla Sicilia. Le esperienze da cui provengono i post-teisti italiani sono assai composite: oltre a persone che fanno parte di comunità di base, o che le hanno frequentate in passato, ve ne sono altre che hanno da molti anni abbandonato la pratica del cattolicesimo, altre che sono vicine ad una sensibilità new age, altre ancora che hanno sperimentato percorsi di meditazione buddista. Infine ci sono praticanti cattolici, o addirittura presbiteri, che uniscono la difficile fedeltà alla Chiesa con la convinzione della necessità di radicali cambiamenti da attuare quanto prima nell’attuale situazione. 

La recente proposta papale d’un cammino sinodale che coinvolga tutto il popolo cristiano, e che tutti dovrebbe ascoltare e tutti accogliere, pone nuove prospettive, che forse saranno ancora una volta frustrate dall’effettiva realtà. 

Siamo al terzo filone del post-teismo italiano che individuerei in alcuni valenti esperti, attenti alla maturazione di scenari religiosi innovativi, conosciuti pubblicamente perché autori di saggi o noti per il loro blog, oppure per l’attività formativa che svolgono. Occorre precisare che a volte si tratta di persone citate negli ambiti descritti, o che comunque ne fanno parte. I confini ci servono per comprendere meglio, non certo per definire compartimenti stagni.

Tra questi esperti ci sono alcuni sacerdoti. I più noti sono Franco Barbero, Paolo Scquizzato, Paolo Zambaldi, Ferdinando Sudati, Paolo Gamberini, Bruno Mori. 

Ho inserito anche Franco Barbero tra i preti, benché sia stato dimesso dallo stato clericale vent’anni fa per le sue posizioni teologiche, in quanto continua il suo apprezzato ministero a Pinerolo, presso la Comunità di base di Via Città di Gap. Noto per le sue posizioni a favore di lesbiche ed omosessuali, proprio per questo subì l’intervento del Vaticano. Ha scritto numerosi libri di commento biblico e di approfondimento delle origini cristiane. Ha un blog molto vivace. Per la sua storia e la sua età non è automaticamente un post-teista, ma molte delle sue affermazioni teologiche vi sono però vicine o coincidenti.

Scquizzato è prete della diocesi di Pinerolo in cui svolge formazione spirituale, ed è responsabile dell’Ufficio per l’Ecumenismo e il Dialogo Interreligioso. Gestisce un suo blog, produce video formativi per giovani, guida pellegrinaggi e passeggiate di riflessione. Ha scritto vari volumi e coordinato una sezione tematica del già citato convegno “Oltre le religioni”. Uno dei suoi video risulta una delle più sintetiche e convincenti spiegazioni della scelta post-teista (9). 

Zambaldi è cappellano a Bolzano, ha un suo blog in cui riporta propri scritti, ma anche articoli e testi di vari autori, non di rado post-teisti. Ha appena pubblicato il volume dal titolo Conversando con Baruch Spinoza, un filosofo ‘oltre le religioni’ (10) sui temi che gli stanno a cuore.

Don Sudati, è prete diocesano e teologo nel lodigiano. È lo studioso che ha curato la pubblicazione di tutta l’opera di Spong disponibile in italiano, nove saggi finora, presso vari editori. Autore a sua volta di saggi e volumi, ha curato l’edizione italiana anche di libri di altri autori post-teisti (Roger Lenaers, Lloyd Geering, Bruno Mori).

Recentemente si è aggiunto al gruppo dei presbiteri il gesuita Paolo Gamberini. Filosofo e teologo, docente universitario, autore di apprezzati lavori, lo studioso si è schierato a favore del post-teismo, accettando il nuovo contesto culturale contemporaneo nel quale rielabora la fede cristiana. Ha appena pubblicato per Gabrielli il volume Deus duepuntozero. Ripensare la fede nel post-teismo. Ha un proprio blog in cui riporta i suoi interventi.

Infine di Bruno Mori, teologo italo-canadese ottantenne, è apparso in libreria nello scorso aprile Per un cristianesimo senza religione, uscito a Montréal nel 2020. Mori, presbitero dei Canonici regolari, guida una comunità bilingue nel Québec. 

Vanno citati, inoltre, altri personaggi esperti e noti almeno a coloro che s’interessano al mondo del rinnovamento teologico contemporaneo, muovendosi tra le sue varie espressioni.

Il più conosciuto è sicuramente Vito Mancuso, la cui produzione editoriale rende superflua la presentazione. Nel recente I quattro maestri, apprezzato successo librario, presenta Socrate, Buddha, Confucio, Gesù e invita a cercarsi il quinto maestro, quello interiore, per un cammino personale di riflessione e di spiritualità. Il suo sito web è molto ricco di documentazione.

Occorre poi ricordare il palermitano Augusto Cavadi, docente di filosofia, ora in pensione. Collabora all’edizione siciliana de La Repubblica, ha pubblicato numerose opere di filosofia, di pedagogia, di teologia. È studioso della mafia e dei suoi rapporti con la Chiesa siciliana. Pioniere della filosofia-in-pratica è anche presidente della scuola di formazione etico-politica Giovanni Falcone di Palermo. Gestisce un proprio blog in cui riporta i suoi articoli, ma anche altri interventi che condivide. Fa parte del gruppo dell’ “Inedito cammino”. Si dichiara ateo, in ricerca di risposta alle domande ultime.


La giornalista romana Claudia Fanti è un’animatrice instancabile del post-teismo italiano. Collabora con Adista e Il Manifesto, ed ha curato i volumi e il convegno dell’editrice Gabrielli “Oltre le religioni”. Esperta di movimenti ecclesiali e sociali dell’America Latina e di ecoteologia, ha frequenti contatti con politici, studiosi, teologi del continente. Co-fondatrice dell’ass. “Amici del movimento dei senza terra” e co-curatrice dell’edizione italiana dell’Agenda Latinoamericana, svolge anche interventi di educazione ambientale nelle scuole.

Lo spazio non consente di indicare tanti altri appassionati studiosi, ma ricordare almeno i nomi di alcuni di loro è necessario. 

Federico Battistutta lo abbiamo già citato come fondatore di “Inedito cammino”. Vive sull’Appennino emiliano, si occupa del religioso contemporaneo, ha partecipato all’esperienza comunitaria cristiano-buddhista “Stella del Mattino”. Autore di vari volumi è coordinatore del sito web liberospirito.org .

Regista, giornalista, docente universitario, autore televisivo, Gilberto Squizzato è di personalità poliedrica. Ha pubblicato vari libri, i più recenti sono su temi religiosi, post-teisti. 

Delineati dunque sommariamente questi tre ambiti del post-teismo italiano, bisogna ora chiarire che si tratta di un mondo assai minoritario, privo di compattezza e ricco di sfumature, dove, nel bisogno di confronto e di condivisione, si ritrovano sensibilità assai diverse, esperienze variegate, s’intrecciano riferimenti culturali provenienti da varie aree del mondo e anche da epoche del passato. Dagli esponenti che a tale mondo fanno riferimento, pur citati senza molte notizie, questi elementi dovrebbero risultare piuttosto evidenti.

Ritengo che al di là della dimensione numerica, ben esigua, si tratti però di uno spazio aperto di grande suggestione per tutti, anche se convinti e saldi nelle proprie convinzioni religiose, sono ancora in ricerca, risultano perciò aperti, inquieti. Dunque, al di là dell’adesione o meno alle prospettive post-religionali, questi studi e queste ipotesi possono risultare fecondi e suscettibili di impensati sviluppi per quelli che li approfondiscono, in particolare per chi sta intraprendendo percorsi personali o comunitari di liberazione e/o di nuova soggettività, itinerari che riguardano inevitabilmente anche le realtà ultime e coinvolgono credenze ed energie spirituali.

Certamente, chi volesse confrontare questo spazio aperto con la consistenza quantitativa, l’organizzazione capillare, la rigidità normativa, la consolidata prassi dei riti e delle ricorrenze, la tradizione solida e l’accettazione diffusa a carattere identitario a cui hanno abituato le chiese e le religioni tradizionali, potrebbe rimanerne smarrito e confuso, fino a risultarne offeso e ricavarne poi elementi di aggressività e di rancore.

Il post-teismo risulta più convincente nella pars destruens rispetto alla pars construens, ma nei movimenti che vogliono abbandonare le posizioni tradizionali di fronte al ribollire delle novità contemporanee questo è abbastanza normale. Le nuove proposte stentano a farsi largo, hanno bisogno di sperimentazione, di essere conosciute e di interrelazionarsi con vari contesti, così da precisare tanti aspetti che inizialmente si presentano come dettagli, ma che certo non possono essere improvvisati o comunque legati solo ad alcune sensibilità. Non si vuole sostituire ciò che si è lasciato andare con un’altra costruzione teorica sistematica e definita. Ci si sente in viaggio, senza preoccuparci della meta da raggiungere. 

Va dato atto che proprio questi teologi, sperimentatori della ricerca di nuovi percorsi, sono i primi a mettere in guardia sulla provvisorietà delle acquisizioni e la certezza che nel futuro altri, meglio di loro, sapranno trovare le strade su cui procedere (11).


Superare le religioni vivendo l’oggi, … e crescendo in umanità

Anche il nostro post-teismo è stato attraversato, colpito, disorientato, messo in difficoltà dalla pandemia del Covid-19 che ha colpito il mondo intero nel biennio 2020-2021. 

Il lockdown è stato un elemento traumatico, di forte impatto. Ha subito fatto vacillare la globalizzazione funzionante, quella legata allo scambio di merci e di prodotti, che aveva immaginato un mercato grande quanto il mondo. I problemi di approvvigionamento dall’estero, con la pandemia che è scoppiata in tempi diversi in paesi e aree geografiche del pianeta, ha fatto riflettere sulla illusione d’un sistema liquido di trasporti e ha interrogato sull’opportunità di ripensare i meccanismi di smembramento delle filiere produttive, disperse in produzioni lontane, da assemblare successivamente.

Nello stesso tempo quella globalizzazione, in crisi per l’economia, è invece risultata palese nella frantumazione dei confini dal punto di vista del virus, che, trasportato dalle persone in movimento continuo, si è propagato molto velocemente.

Il libro La goccia che fa traboccare il vaso. La preghiera nella grande prova (12), riporta 17 interventi, scritti durante il culmine della pandemia, curati da Paolo Scquizzato. L’assunto è: “dimmi chi è il tuo Dio e ti dirò come preghi”. Nell’Introduzione Scquizzato, riprendendo l’editrice Gemma Gemmiti, esordisce con questo aforisma di autore anonimo: “Ama la goccia che fa traboccare il vaso. È nascosto lì dentro ogni bel cambiamento”. Tra i contributi, tutti di autori teologicamente “progressisti”, sono diversi coloro che mostrano una impostazione post-teista, autori peraltro già citati. Sia i variegati testi, sia il successo editoriale, mostrano come il tema sia stato drammaticamente puntuale rispetto alla realtà. Solo un mese prima dell’uscita editoriale, il 27 marzo 2020 papa Francesco, nella Piazza San Pietro deserta, aveva pregato in una serata livida per la fine della pandemia.

Commentando il libro, Cavadi sottolinea la grande varietà delle posizioni: «[…] tra i post-teisti ci troviamo in tanti. E tutti legittimamente. Mi piacerebbe, però, che in questa numerosa e variegata famiglia non si annullassero le differenze proprio per rispetto delle identità di ciascuno» (13). 

In quei mesi successivi al lockdown nei commenti del gruppo dell’ “Inedito cammino” si era molto riflettuto sul dispiegarsi della potenza della natura, ritornata, senza l’uomo, protagonista vitale dei giorni del lockdown. E qualche mese dopo c’era stato il tema del “no al vaccino” che era penetrato, potente, tra le meditazioni spirituali, registrando le opzioni e i contrasti già verificatisi nel dibattito internazionale. 

Mentre il mondo che ci stava attorno mostrava le sue crepe, appariva clamorosamente evidente la responsabilità degli occidentali nel non aver saputo percepire la profonda unità che lega assieme l’intero pianeta con tutto ciò che lo abita. Non a caso uno dei temi discussi nell’“Inedito cammino” fu uno stralcio dal discorso del 1855 del Capo pellirosse Seattle in risposta alla richiesta del presidente USA Pierce di acquistare parte delle terre su cui viveva la tribù dei Duwamish (14). Ne riporto solo pochi righi: «[…] Dovrete insegnare ai vostri figli che il suolo che essi calpestano è fatto dalle ceneri dei nostri padri. Affinché i vostri figli rispettino questa terra, dite loro che essa è arricchita dalle vite della nostra gente. Insegnate ai vostri figli quello che noi abbiamo insegnato ai nostri: la terra è la madre di tutti noi. Tutto ciò che di buono arriva dalla terra arriva anche ai figli della terra. Se gli uomini sputano sulla terra, sputano su se stessi. Noi almeno sappiamo questo: la terra non appartiene all’uomo, bensì è l’uomo che appartiene alla terra».

Negli anni caratterizzati dalla pandemia e poi in questo nostro 2022, in cui è di nuovo scoppiata la guerra in Europa con l’invasione russa dell’Ucraina, la fragilità della realtà umana e la precarietà d’una situazione che il nostro benessere faceva ritenere solida e stabile hanno via via pervaso le riflessioni. Veniva spesso richiamato il senso del limite, la piccolezza dell’esperienza umana di fronte allo smisurato universo che ci circonda e che reputiamo immobile nell’eternità solo per l’inadeguatezza delle capacità di misurare e comprendere. 

Nei commenti sulla guerra in Ucraina da parte dei post-teisti non sono comparse accuse ai cristiani di incoerenza e di controtestimonianza (15). Credo si tratti solo in parte di indifferenza, forse in modo più maturo si avverte che gli elementi polemici sono ormai alle spalle. C’è un orizzonte nuovo, tutto da vedere, da vivere, da apprezzare, non ci si può attardare su argomenti che hanno fatto parte delle esperienze personali e comunitarie, ma che appartengono ad un passato non rimpianto. E c’è anche un profondo rispetto per i cammini e i tempi di ogni persona.

In più tutto serve per capire meglio, da qualsiasi parte possa giungere. Col rischio del sincretismo culturale che utilizza strumenti di comprensione tratti da contesti molto lontani, quando non addirittura antitetici. Ma che è anche il tratto confuso della contemporaneità, influenzato da inevitabile globalismo. 

Il dubbio che può sorgere in chi, non conoscendo le persone e il loro vissuto, teme che questo velleitario pensatoio sia un recinto di filosofi ruminanti spiritualità, non coglie la profonda passione civile ed umana che anima questa ricerca. È proprio l’utopia, il sogno di realizzare un domani mai sperimentato, che sia intriso d’umanità, di relazioni, di amicizie, di affetti, che sostiene lo sforzo di immaginare vino nuovo in otri nuovi (Mc 2, 22).

E poi alla fine rimarrà vero che solo morendo (ovvero dedicando la quotidianità della vita) a vantaggio di una o più persone, di cui si conosce, si ama il volto (16), si trova la salvezza, la realizzazione e l’armonia nel tutto. Se il seme non muore non porta frutto (Gv 12, 24). 

Conclusione

Ho presentato questa ricognizione come contributo alla conoscenza di quanto matura nel post- teismo italiano. Non è solo un generale interesse descrittivo che mi ha spinto, quanto l’anelito di partecipare alla vasta riflessione personale e comunitaria che precede e prepara una profonda riforma delle chiese cristiane.

In una delle sue Poesie giovanili, Rainer Maria Rilke ci spiega lo sconcerto di chi incontra solo uomini saldi nelle proprie certezze: 

Io temo tanto la parola degli uomini.
Dicono tutto sempre così chiaro:
questo si chiama cane e quello casa,
e qui è l’inizio e là è la fine.

E mi spaura il modo, lo schernire per gioco,
che sappian tutto ciò che fu e sarà;
non c’è montagna che li meravigli;
le loro terre e giardini confinano con Dio.

Vorrei ammonirli, fermarli: state lontani.
A me piace sentire le cose cantare.
Voi le toccate: diventano rigide e mute.
Voi mi uccidete le cose.


NOTE

(1) Cfr. Oltre le religioni, San Pietro in Cariano (VR), Gabrielli, 2016, pp. 69 e segg. Per maggiore chiarezza il testo delle 12 tesi viene allegato alla comunicazione (All. 1).

(2) Le opere di John Shelby Spong sono state pubblicate in Italia dalle case editrici Massari di Bolsena (VT), Gabrielli di San Pietro in Cariano (VR), Il pozzo di Giacobbe di Trapani, Mimesis di Sesto San Giovanni (MI); quelle di Roger Lenaers sono state pubblicate da Massari, da Gabrielli, da Il pozzo di Giacobbe di Trapani; quelle di Ortensio da Spinetoli da Chiarelettere di Milano, Il pozzo di Giacobbe, La Meridiana di Molfetta (BA), EDB di Bologna. Queste editrici minori, anche quando si dichiarano cattoliche, vengono sdegnosamente ritenute poco affidabili dalla Chiesa istituzionale italiana, per lo spazio che dedicano alle novità ritenute destabilizzanti per la tradizione religiosa.

(3) Notizie tratte dalla Presentazione di Claudia Fanti, a p. 16 del volume. Già la Commissione teologica internazionale per il Terzo mondo (EATWOT) aveva aperto una consultazione generale nel 2011 riportandone poi gli esiti in un numero della rivista “Voices dal titolo Verso un paradigma post-religionale.

(4) La serie “Oltre le religioni” è finora composta di quattro volumi: Oltre le religioni, Il cosmo come rivelazione, Una spiritualità oltre il mito, Oltre Dio. Il progetto è curato da Claudia Fanti e Josè Maria Vigil.

(5) Questo il titolo del convegno internazionale del 2 aprile 2022 organizzato in collaborazione con il periodico “Adista”: Quale Dio? Quale cristianesimo? La necessità di ripensare la fede, su piattaforma Zoom webinar con traduzione simultanea. Responsabile scientifica Claudia Fanti.

(6) A conferma dell’eterogeneità del gruppo basterà accennare che Federico Battistutta è milanese, ricercatore indipendente nell’ambito del religioso contemporaneo, cristiano-buddista, ecoteologo e autore di alcuni interessanti libri, anima il sito web liberospirito.org; Gianfranco Cortinovis è un imprenditore bergamasco che è divenuto amico e collaboratore del cappuccino Ortensio da Spinetoli, nonché suo erede letterario, promuovendone così la pubblicazione dei libri postumi (L’inutile fardello, La prepotenza delle religioni); Silvia Papi è una pittrice milanese, moglie di Federico, ne ha condiviso il percorso cristiano-buddista zen, interessata alla religiosità originaria propugna una radicale e coerente scelta di senso.

(7) Il documento viene allegato alla comunicazione per migliore conoscenza del gruppo (All. 2).

(8) Cfr. Claudia Fanti, Il Dio di cui non possiamo dir nulla. Prosegue il dibattito sul post-teismo, in “Adista Documenti” n. 35 del 9 ottobre 2021.

(9) Cfr. su YouTube il video 1/2ora con donPi: la goccia che fa traboccare il vaso, di presentazione del libro.

(10) Cfr. Paolo Zambaldi, Conversando con Baruch Spinoza, un filosofo “oltre le religioni”, San Pietro in Cariano (VR), Gabrielli, 2022.

(11) Ortensio da Spinetoli nella Conclusione del suo L’inutile fardello (Milano, Chiarelettere, 2017) così ricorda come esortava i suoi alunni, al termine di ‘certe’ lezioni: “Non si pensi che siano queste le ultime e le definitive risposte. Le più giuste, senz’altro migliori, sono quelle che devono venire. Sappiamo cercare e aspettare fiduciosi” (p. 65).

(12) Cfr. La goccia che fa traboccare il vaso, a cura di Paolo Scquizzato, San Pietro in Cariano (VR), Gabrielli, 2020. Il libro è uscito ad aprile del 2020, subito ristampato in maggio.

(13) Cfr. Augusto Cavadi, La pandemia ogni teismo porta via?, in “Viottoli”, Anno XXIII, n. 1/2020 pp. 44-47.

(14) Il celebre discorso è noto come Manifesto dei Diritti della Terra. Ci sono studiosi che dubitano dell’originalità del testo, ma per noi questo tema non è così importante rispetto ai contenuti riportati. Il testo del Manifesto è facilmente reperibile sul web.

(15) Enzo Bianchi è stato tra i commentatori cattolici quello che in più occasioni ha riconosciuto, senza distinzioni di confessione religiosa, e pur apprezzando le iniziative di papa Francesco. che la guerra in Ucraina è il fallimento dell’evangelizzazione cristiana. Cfr. Enzo Bianchi, La sconfitta del Vangelo, in “la Repubblica” del 4 aprile 2022.

(16) Cfr. Italo Mancini, Tornino i volti, Bologna, Marietti, 1989. 

https://www.radiomugello.it/blog/il-post-teismo-italiano-di-fronte-alle-sfide-contemporanee-uno-scritto-di-andrea-banchi/