sabato 26 aprile 2014

La polizia in un liceo di Palermo


“Repubblica – Palermo”
 24.4.2014

Le occupazioni delle scuole forse legali, certamente antidemocratiche

   Se un gatto agita la coda, lo sciocco cerca di bloccarla; il saggio cerca di capire cosa passa per la testolina del gatto. Per questo ritengo vano disputare sulle indagini che la polizia ha avviato, per ordine della magistratura, in un liceo della città (presumibilmente il primo di una lunga lista) a proposito delle occupazioni dello scorso autunno. E’ legittimo questo blitz come sostengono i docenti? O costituisce un abuso di potere e una violazione dell’immunità di cui dovrebbe godere (almeno moralmente se non giuridicamente) un luogo di educazione e di cultura? Non prendiamoci in giro. Queste domande sono solo di copertura della questione radicale e davvero rilevante: è lecito agli studenti occupare la propria scuola come forma di protesta contro le politiche governative e/o contro le disfunzioni dell’amministrazione locale?
   Mi pare evidente che per un minimo di  coerenza logica ciascuno dovrebbe sintonizzare le opinioni di oggi con ciò che pensava e diceva quattro o cinque mesi fa. Chi allora riteneva legittime le occupazioni oggi non può accettare quietamente le indagini di polizia; così come non può contestarle chi allora riteneva che si trattasse di una iniziativa illegale e dannosa. In base a questo criterio le uniche posizioni coerenti sono degli studenti occupanti ieri e contestatori oggi, da una parte;  e dei docenti insofferenti ieri e consenzienti con le iniziative giudiziarie oggi. Tertium non datur: o, per lo meno, non dovrebbe darsi. Ma si sa: banalizzando un po’ Pascal, il cuore ha le sue ragioni che la ragione non conosce…
   Solo in seconda battuta ci si può chiedere quale delle due posizioni sia, oltre che logicamente coerente, anche vera: cioè accettabile, ragionevole, condivisibile. Dico subito – come ho scritto su queste colonne sin troppe volte negli ultimi dieci anni – che, se la totalità  degli alunni decidesse di astenersi dalla frequenza alle lezioni e fosse disposta a rinunziare al titolo di studio conclusivo, la tesi degli occupanti non farebbe una grinza. Come non farebbe una grinza l’eventuale decisione dei pazienti di un intero reparto ospedaliero che rinunziassero, unanimamente, in segno di protesta ad essere curati e che non pretendessero di essere dimessi con un certificato di avvenuta guarigione.   Ma poiché sappiamo di scienza certa e ossessivamente  confermata che ogni anno il numero degli studenti che vuole interrompere le lezioni è sempre minore  - e che in ogni caso nessuno fra loro è disposto a rinunziare alla certificazione ufficiale finale – l’iniziativa di una minoranza rumorosa (e talvolta facinorosa, ideologicamente di ogni colore) si risolve in un danno secco per il resto dei compagni ai quali viene tolto il diritto (pagato a suon di imposte) di imparare e di aspirare a un pezzo di carta veritiero. L’occupazione è insomma un gesto non soltanto autolesionistico, ipocrita, antipedagogico; prevaricatorio, ma soprattutto anti-democratico. Chi ha davvero a cuore le sorti del Paese non può tenersi la scuola com’è, ma non può neppure sfasciarla senza apportare mai un solo mattone. Non può favorire il taglio dei programmi annuali né il transito dalla scuola statale alle scuole private. Il qualunquismo che chiede e ottiene puntualmente dal permissivismo degli adulti  vacanze natalizie anticipate di tre settimane (o, in alternativa, fantomatiche e inconsistenti autogestioni) dovrebbe essere finalmente stroncato dalla coscienza civica di tutti, indipendentemente dalla propria appartenenza ideologica. Infatti  il sovversivismo non è, di per sé, né rivoluzionario né reazionario: è la lucidità del progetto politico, e la credibilità dei mezzi, che gli conferisce qualità e direzione. Ogni volta che la magistratura si muove per difendere le istituzioni democratiche, chi dice di essere progressista dovrebbe rifletterci due volte prima di attaccarla. Altrimenti – quali che siano gli slogan gridati - il confine fra promotori del cambiamento e sfascisti rischia, oggettivamente,  di evaporare.

Augusto Cavadi
     www.augustocavadi.com

venerdì 25 aprile 2014

La filosofia apre le porte, scende nelle piazze e...


"tuttavia.eu" 24.4.2014

La filosofia apre le porte, scende nelle piazze e… naviga in battello


         Da più di trent’anni, ormai, in varie parti del mondo si sono avviate iniziative di filosofi decisi a uscire dall’autoreferenzialità tradizionale della propria corporazione per mettersi in ascolto, e a servizio, dei cittadini desiderosi di confrontarsi intellettualmente su problematiche esistenziali o sociali. In questa logica alcuni aprono le porte di casa per accogliere gruppetti di ricerca; altri per dialoghi personali; altri ancora organizzano week-end filosofici per non-filosofi di professione su tematiche rilevanti quali la libertà, la giustizia, la malattia…Un libro a più voci di alcuni anni fa (Filosofia praticata. Su consulenza filosofica e dintorni, Di Girolamo, Trapani 2008) racconta alcune di queste pratiche filosofiche tese a far fruttificare una saggezza millenaria anche fuori dai recinti accademici e scolastici, dove per la verità rischia di spegnersi per asfissia. Ogni volta che la filosofia ha accettato la sfida della contemporaneità ha ricevuto in stimoli vivacizzanti almeno quanto ha offerto in indicazioni di orientamento.

           L’imminente mese di maggio sarà particolarmente propizio per chi voglia accostarsi a questo modo, nuovo ma antico, di praticare l’arte di Socrate. La più importante associazione  nazionale di filosofi-consulenti (“Phronesis”) ha infatti stabilito che gli studi professionali dei propri aderenti, sparsi per l’Italia, offrano una consulenza gratuita a quanti vogliano sperimentare questa forma di dialogo paritetico, non-terapeutico, con un filosofo. In Sicilia è possibile rivolgersi a studi professionali operanti a Palermo, Trapani, Messina e Siracusa.

           Inoltre, da venerdì 2 maggio a domenica 4, le isole Egadi ospiteranno una festa della filosofia di strada organizzata dall’associazione culturale “La calendula” ( asslacalendula@libero.it - tf. 388 3574822) per persone di ogni età. Vi saranno infatti sessioni di philosophy for children sia per bambini (8 – 10 anni) che per ragazzini (11-13 anni) condotte da Adriana Saieva; meditazioni filosofiche; passeggiate filosofiche con l’accompagnamento del violino di Giorgio Gagliano; un dialogo sulla fede cristiana fra un prete cattolico (don Carmelo Torcivia) e un filosofo che ha pubblicamente preso le distanze dalla sua originaria appartenenza ecclesiale (Luigi Lombardi Vallauri); un altro dialogo sulla “felicità possibile” fra un pastore valdese (Ciccio Sciotto) e un filosofo naturalista ( Orlando Franceschelli). Nella struttura alberghiera di Favignana ogni mattina  si potrà partecipare a una delle colazioni col filosofo (con Vesna Bijelic, sul tema della bellezza; con Peter Ciaccio su Harry Potter; con Stefano Zampieri sulla consulenza filosofica); altri momenti saranno vissuti in battello (per spostarsi a Marettimo e a Levanzo), in trattoria, nel teatro all’aperto. Tutti i filosofi hanno accettato di partecipare gratuitamente a questa prima edizione della Filosofia d’a-mare  : a riprova della convinzione di Epicuro che le cose belle della vita costano poco e solo quelle superflue e deludenti costano molto.



        Augusto Cavadi

www.augustocavadi.com

giovedì 24 aprile 2014

O cristianesimo o anarchia? Una falsa alternativa


“Tuttavia.eu”
23.4.2014

O cristianesimo o anarchia?

   Qual è la differenza fra essere moderati, equilibrati ed essere grigi, incerti? Non è facile stabilirlo. Uno dei criteri è  che il grigio oscillante non ha ancora preso  – e probabilmente non prenderà mai – una posizione, mentre il moderato consapevole è uno che, avendo conosciuto gli estremi e avendoli soppesati, ha scelto di superarli inverandone gli aspetti positivi e lasciando scivolar via gli eccessi. Il primo inclina al compromesso, il secondo tende alla mediazione. Proviamo a mettere a fuoco l’egoismo individualistico contemporaneo: molti lo praticano, lo pratichiamo, ma talora ce ne vergogniamo e talaltra ce ne vantiamo. Nel dubbio, spesso lo camuffiamo ipocritamente o, almeno, lo temperiamo con qualche gesto di altruismo generoso. Questa tiepidezza, che in un testo del I secolo d. C. intitolato “Rivelazione” viene definita “vomitevole”, ci rende poco interessanti agli occhi altrui e – quel che è più grave ancora – un po’ noiosi persino a noi stessi.
    La filosofia, fra molti difetti e qualche pregio, può liberarci da questa assai poco aurea mediocrità: può rappresentarci il massimo e il minimo, il positivo puro e il negativo estremo, in modo da scuoterci dall’ovvio. In modo da metterci in grado o di spostarci decisamente su uno dei due versanti o di restare dove siamo, al centro delle opposte tensioni, ma per scelta. E dunque con dignità. Che cosa sarebbe un’esistenza decisamente concentrata sul proprio Io, senza concessioni illusorie e pietistiche a istanze esterne o addirittura superiori (come la volontà di Dio, le leggi dello Stato, l’interesse della società, il bene comune dell’umanità, il progetto del Partito…)? Un taciturno e riservato insegnante tedesco ha dato la sua articolata e argomentata risposta nel 1845 scrivendo L’Unico e la sua proprietà. Il libro ebbe una certa fortuna nell’immediato, ma presto finì  - insieme al suo autore, deceduto non ancora cinquantenne nel 1856 – nel dimenticatoio. Alcuni decenni dopo, un giovane poeta inglese scoprì per caso il volume nella biblioteca del British Museum di Londra, ne rimase folgorato e dedicò molta parte delle sue energie intellettuali a conoscere, e a far conoscere, la figura e l’opera del pensatore tedesco dimenticato. Così nel 1898 John Henry Mackay pubblica il suo Max Stirner. Vita e opere che avrà due successive edizioni nel 1910 e nel 1914: un testo non molto più fortunato del capolavoro del suo protagonista e che sarebbe rimasto ignoto al pubblico italiano se in questi mesi non fosse stato tradotto ed edito (Bibliosofica, Roma 2013, pp. 227, euro 13,00) per precisa volontà di Giovanni Feliciani.  La farraginosità, tipicamente teutonica, dell’originale non è stata certo limata nella versione italiana per cui diversi passaggi si  devono rileggere due volte, talora poi per arrivare alla conclusione che l’autore   - se fosse stato meno analitico e puntiglioso – se li sarebbe potuto risparmiare a vantaggio di tutti: comunque la presenza di altre pagine più fruibili e più interessanti giustifica, nel complesso, la lettura del volume.
   Da questa lettura si ricava, ad abundantiam, la risposta alla domanda che ci siamo appena posti: cosa sarebbe un’esistenza, rigorosamente e coerentemente, individualistica? “Niente di più e niente di meno della spiegazione di sovranità dell’individuo, la sua unicità e il fatto che sia incomparabile, questo è ciò che Stirner annuncia. […] Ci ha fatto pensare di nuovo ai nostri veri interessi, ai nostri particolari interessi profani, personali, propri e ci ha mostrato come proprio la loro osservanza ci ridarà la gioia di vivere che sembriamo aver perso e non gli interessi idealistici, sacri, degli altri e il fatto di sacrificarci nell’interesse di tutti. Mentre analizza lo Stato dei politici, la società dei socialisti, l’umanità degli umani [o degli umanisti ?] e ce li sottopone come barriere della nostra proprietà, dà il colpo di grazia all’autorità – ha rotto con la volontà dominante della maggioranza, della comunità e anche con i privilegi e, al posto del borghese, del lavoratore, dell’uomo fa il suo ingresso l’Io, al posto dello sterminatore spirituale il creatore in persona” (p. 157). 
   Mackay, scrivendo a cavallo fra il XIX e il XX secolo, è talmente entusiasta da preconizzare per Max Stirner una fortuna che in quel lasso di tempo risultava impronosticabile: “Comincia con lui una nuova epoca nella vita del genere umano: l’epoca della libertà! Non abbiamo per essa ancora trovato un nome migliore di quello di anarchia: l’ordine condizionato dall’interesse reciproco, invece della mancanza di ordine del potere esistita fino ad oggi; la sovranità esclusiva dell’individuo sulla sua personalità, invece della sua sottomissione; la responsabilità personale per le sue azioni, invece della sua subordinazione – la sua unicità! […] Questo cambiamento nelle condizioni di vita sarà tanto enorme, e relativamente altrettanto veloce, quanto sicuro e non cruento, che il suo libro immortale eguaglierà soltanto quello della Bibbia in quanto a importanza.  Così come questo libro ‘sacro’ sta all’inizio del calendario cristiano e avrà i suoi effetti devastanti per due millenni quasi fino all’ultimo angolo della Terra abitata dagli uomini, questo egoista cosciente di sé e non sacro, sta all’ingresso della nuova era, all’insegna della quale viviamo, per esercitare un’influenza, altrettanto benefica, quanto è stata deleteria quella del ‘libro dei libri’ ” (p. 180).
   La previsione del biografo di Stirner pone almeno due questioni a chi la legge dopo un secolo intero. La prima è se tale previsione si sia avverata. A me la risposta non sembra facile.  Se pensiamo all’anarchia come progetto politico che coniuga inseparabilmente i tre princìpi della Rivoluzione francese (libertà, uguaglianza e fraternità) mi pare che non si sia realizzata. Eppure Stirner sembra suggerire, o per lo meno non escludere abbastanza chiaramente, un’interpretazione riduttiva dell’anarchia come egocentrismo, come individualismo esasperato: in questo senso la storia del berlusconismo in Italia, ma tante altre vicende analoghe nel pianeta, sembrano attestare la vittoria netta del particolare sull’universale, del proprio sul comune. Insomma: se, e in quanto, teorico dell’anarco-capitalismo, Stirner ha davvero vinto molto più di quanto l’ignoranza diffusa sulla sua opera lasci supporre.
     Una seconda questione suggerita dalla previsione di MacKay sulla fortuna delle idee stirneriane è più sottile ancora. L’alternativa, infatti, sembra configurarsi come anarchia (senza solidarietà com-passionevole, attiva, intenzionale) o cristianesimo: la battaglia dell’Unico  “non era contro le forme esteriori della Weltanschauung cristiana, contro la Chiesa di oggi marcia e in rovina, bensì contro quello spirito che edifica roccaforti sempre nuove con sempre nuove forme, quello spirito del Cristianesimo che giace come un velo oscuro sul passato” (p. 179). A me questa impostazione risulta illusoriamente comoda  sia per gli anarchici alla Stirner (ai quali basterebbe il declino definitivo del cristianesimo per cantare vittoria) sia per i cristiani (ai quali basterebbe il declino definitivo dell’anarchia per cantare vittoria). La vita e l’opera di giganti come Lev Tolstoj, che hanno incarnato vangelo e anarchia in senso pieno, dovrebbe metterci in allerta su aut-aut troppo schematici. Dal mio punto di vista l’alternativa è un’altra: o il soggettivismo antropocentrico moderno inaugurato da Cartesio (l’unico fondamento è il pensiero dell’ego mentre pensa) o qualsiasi altra prospettiva realistica, ontocentrica (che riconosca la relatività irriducibile del soggetto umano rispetto alla Natura dei Greci o al Dio dei monoteismi o allo Spirito degli hegeliani o all’Essere degli heideggeriani o al Cosmo degli ecologisti…). Infatti la rilevanza teoretica di Stirner (non so quanto consapevole da parte sua) è di essere il punto di arrivo insuperabile del  “principio di immanenza” moderno (come individuato, criticamente, da Cornelio Fabro e da altri): dopo di lui  - la cui “causa è fondata sul nulla!” – si può solo praticare l’individualismo amorale, asociale e areligioso, non esasperarlo. Ma, se fallisse perché proprio la sua attuazione in pratica ne rivelasse l’insostenibilità teoretica, ciò non significherebbe automaticamente la vittoria (o la rinascita) del cristianesimo. Potrebbe infatti capitare che, studiando con libertà le fonti bibliche, si scoprisse che il cristianesimo non è il fondamento originario e originale di tutti i valori morali ma il catalizzatore di valori morali elaborati da saggezze ad esso precedenti e via via contemporanee (egiziana, ebraica, greca, romana…); che esso dunque può accettare di diventare, pariteticamente, il tassello di un mosaico sapienziale più vasto, planetario (rinunziando a primogeniture e a monopoli storicamente e filologicamente infondati). Ebbene, in questa evenienza, l’alternativa radicale all’ unicismo  orgogliosamente nichilistico di Stirner potrebbe configurarsi in modalità inedite che, pur inglobando anche elementi della tradizione cristiana, siano incentrate in un saldo rispetto della Physis  (intesa in maniera più o meno ampia, più o meno laica, più o meno sacrale) e impreziosite da valori coltivate da  altre tradizioni sia occidentali (illuminismo, socialismo, ambientalismo…) sia orientali (induismo e buddhismo in primis).

Augusto Cavadi
www.augustocavadi.com

martedì 22 aprile 2014

AGGIORNAMENTO sulla Festa della filosofia alle isole Egadi (2 - 4 maggio)...

...con possibilità di anticipare e/o di posticipare la permanenza a Favignana.

Una filosofia d’A-MARE

              Tre giorni di filosofia di strada alle Isole Egadi

PRE-EVENTO
MercoledÏ 30 aprile presso Istituto Nautico di Trapani
(Viale Regina Elena)
ore 11,30: Conferenza stampa di presentazione dell’evento di Favignana. Con
·      Giuseppe Pagoto, sindaco del Comune di Favignana
·      Ambrogio Caltagirone, presidente dell’associazione “La calendula”
·       Alfonso Gammino, presidente del comitato organizzatore dell’Aegusa philosophiana
·      Augusto Cavadi, direttore culturale della manifestazione

ore 12,15:  Conversazione pubblica di Augusto Cavadi: La filosofia può coinvolgere anche chi non l’ha mai studiata a scuola?

Giovedì 1 maggio
ore 10,00 – 18,00: escursione in caicco e periplo dell’isola di Favignana con pranzo del capitano a bordo  (prenotazione obbligatoria: euro 35,00)

EVENTO
VenerdÏ 2 maggio nell’isola di Favignana

16, 30 - 17,30 (presso la  Cava S. Anna di Favignana)
 Meditazione laica di Luigi Lombardi Vallauri: Mare e monti maestri di meditazione
18 ,30 - 20,00 (sulla via per S. Caterina  di Antiochia di Favignana)
Passeggiata filosofica condotta da Augusto Cavadi: La vita come viaggio
Accompagnamento musicale con violino di Giorgio Gagliano
20,30 (trattorie “Due colonne” e  “A' Cialoma” di Favignana: su prenotazione 25 euro)
Cena sociale con menù fisso
22,00 - 23,00 (Villa Florio)
Concerto di musica popolare siciliana  del Coro delle Egadi

Sabato 3 maggio

9,00 - 10,30 (in 4 strutture convenzionate di Favignana: quota 7,00 euro,
 tranne per chi è già ospite di una struttura che prevede la colazione)
Colazione col filosofo

1. Stefano Zampieri:  Cos’è una consulenza filosofica?      ( Hotel “Tempo di Mare”)

2. Orlando Franceschelli:   O Dio o il nulla?                           (Residence “La Playa”)

3. Peter Ciaccio: La filosofia di Harry Potter (Residence “Scirocco e Tramontana”)

4. Vesna Bijelic :    La bellezza salverà il mondo?     (B&B “Il Gattopardo”)

10,45: Trasferta collettiva da Favignana per l’ isola di  Marettimo
(Necessaria la prenotazione: solo passaggio in nave euro 20,00; compreso pranzo a bordo euro 35,00)

12,00 - 13,30 (a Marettimo)
 Dialogo in  pubblico fra don Carmelo Torcivia e Luigi Lombardi Vallauri: Perché sono ancora/non sono più cristiano. Modera il pastore valdese Peter  Ciaccio

In contemporanea (sempre nell’isola di Marettimo)
 Philosophy for children: sessione di filosofia con bambini, secondo il metodo di Lipman , condotta da Adriana Sajeva (Su prenotazione:max. 15 bambini da 6 a 8 anni)

14,00: Pranzo sociale su motonave

15.00 : Trasferta collettiva da Marettimo per Levanzo

17,00 - 19,30 (presso Terrazza “Martini Arcobaleno” di Levanzo)
Dialogo in  pubblico fra Orlando Franceschelli e don Franco Barbero : Alla ricerca della felicità (im)possibile.  Modera il professor Stefano Zampieri.

19,45:   Trasferta collettiva dall’isola di  Levanzo all’isola di  Favignana

21,00 (Trattorie “Due colonne” e  “A'Cialoma” di Favignana: su prenotazione 25 euro)
Cena sociale con menù fisso

 22,30 - 23,30: Concerto di musica tradizional-popolare rivisitata

Domenica 4 maggio

9,00 - 10,30 (in 4 strutture convenzionate di Favignana: quota 7,00 euro,
 tranne per chi è già ospite di una struttura che prevede la colazione)
Colazione col filosofo

1. Stefano Zampieri: La saggezza delle immagini ( Hotel “Tempo di Mare”)

2. Orlando Franceschelli:  Verso una spiritualità naturalistica  (Residence “La Playa”)

3. Augusto Cavadi: La nave dei folli (Residence “Scirocco e Tramontana”)

4. Vesna Bijelic :  Si può essere felici in un mondo ingiusto?   (B&B “Il Gattopardo”)

Dalle 10,30 in poi ogni partecipante può preventivare il ritorno a casa.
Oppure…

Dopo Festival (per gli ospiti che vogliano prolungare la vacanza nelle Egadi):

Giro turistico guidato, in bicicletta (percorso facile)   o in pullmino, organizzato dall’ Associazione “La Calendula”  (su prenotazione)

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Nel corso della manifestazione sarà aperto uno stand a cura della Libreria “Il pozzo di Giacobbe” (Trapani) con i testi pubblicati dai filosofi partecipanti.

Per ulteriori delucidazioni, anche sulle strutture alberghiere,
e per prenotarsi telefonare ad Antonella (388 3574822)
Diritti di segreteria: euro 15,00 (forfettari per una o più prenotazioni)

Per chi volesse partecipare alla sola giornata di sabato 3 maggio c’è la possibilità di imbarcarsi a Trapani alle ore 9, 15 sulla motonave che condurrà i partecipanti da Favignana a Marettimo, da Marettimo a Levanzo, da Levanzo a Favignana, da Favignana a Trapani (20 euro + 15 euro se si pranza).

martedì 15 aprile 2014

Psicoterapie e consulena filosofica a confronto


“Phronesis” (19 – 20)
Aprile 2014


SOFIA E PSICHE

   Sin dalle prime teorizzazioni, la Philosophische Praxis ha dovuto investire energie per marcare la differenza fra sé e le psicoterapie. Certi modi per formulare tale differenza sono stati così drastici da risultare persino equivoci: quando Achenbach, ad esempio, scrive che "la consulenza filosofica non è una psicoterapia alternativa, ma un'alternativa alle psicoterapie" (      ) può suggerire l'idea – errata - che i filosofi auspichino l’eclissi degli psicoterapeuti, laddove, più semplicemente e più saggiamente, intende avvertire che non si vive  di soli “paradigmi terapeutici” . Se, in qualche caso, si è esagerato nel marcare la differenza (anzi, preciserebbero i logici, la diversità: perché la differenza si dà all'interno dello stesso genere, la diversità fra generi), ciò è servito comunque per bilanciare altri casi nei quali il consulente filosofico ha civettato con il pubblico in modo da indurlo, sia pur vagamente, a supporre che egli potesse non soltanto affiancarsi allo psicologo, ma addirittura spodestarlo (per esempio somministrando Platone al posto del Prozac). La nostra associazione professionale è stata in prima linea (anche a costo di dolorose scissioni al proprio interno e di durevoli tensioni con associazioni analoghe all’esterno) nella difesa dell’identità filosofica: per questo si può permettere, adesso, senza rischiare fraintedimenti di segno opposto, di farsi pioniera di una nuova alleanza con il mondo variegato degli psico-cultori.
 Dopo la fase delle oscillazioni spericolate è arrivato il momento della integrazione serena fra discipline epistemologicamente distinte ma non radicalmente estranee né, ancor meno, incompatibili. Il volume Sofia e psiche, qui in esame, segna - per l'Italia e non solo - una tappa cruciale di questo passaggio dalla polemica (sia nella forma "Non abbiamo nulla in comune" sia nella forma "Io sono più efficace di te") alla cooperazione ("Proprio perché siamo diversi possiamo scambiarci ipotesi di lavoro e acquisizioni contenutistiche"): perché, data la complessità inesauribile dell’essere umano, non provare a ri-accostarsi reciprocamente per capirlo un po' meglio e, possibilmente, dargli sinergicamente una mano nel cammino dell'emancipazione? D’altra parte, si tratta di un ri-avvicinamento fra rami dello stesso albero (o, per meglio dire, dell’albero al ramo che da esso si era gradualmente diramato).


Pollastri e la memoria della differenza

    Già queste innocenti righe introduttive potrebbero scontrarsi con alcuni passaggi cruciali del primo contributo (Un estraneo in famiglia. Sulla relazione tra consulenza filosofica e psicoanalisi) in cui Neri Pollastri si attribuisce il ruolo di sentinella epistemologica, riprendendo e sistematizzando i diversi scritti in cui (con chiarezza magistrale talora addirittura tranciante) ha delineato la differenza fra i due approcci. Infatti mi è scappata la parola emancipazione per indicare un possibile obiettivo comune fra CF e psicoanalisi: ma “il benessere, la salute, la felicità, la crescita, l’autonomia, il cambiamento” non sono solo “conseguenze collaterali e non fini in sé” della CF? Dunque non anche l’emancipazione? Forse è questione di vocaboli, ma preferirei – anziché contrapporre questi obiettivi alla “ricerca della ‘verità’ nella comprensione del mondo” – assumerli a patto di qualificarli immediatamente. Mi spiego (spero) meglio: la CF non mira al “benessere” o alla “felicità”, alla “autonomia” o alla “emancipazione” tout court (o, per lo meno, nelle accezioni correnti di questi termini); ma mira a quel “benessere”, a quella “felicità”, a quella “autonomia”, a quella “emancipazione” che la filosofia può donare e che solo essa dona.  Che poi sono quelle condizioni esistenziali (diversamente interpretate da ciascun filosofo) che, comunque, si configurano come effetto e conseguenza della (almeno parziale) acquisizione di “verità”. Se questo modo di esprimersi non fosse accettabile, potrei tentare una formulazione per me equivalente ma forse più digeribile: la CF non mira alla “felicità” o al “benessere” prima, o a prescindere, dalla ‘verità’, ma solo dopo e come risvolto della verità. Detto altrimenti: quale filosofo sarebbe disposto a negare che le sue prospettive filosofiche (anche le più nichilistiche) gli stanno conferendo una “felicità” e una “autonomia” che in nessun altro modo avrebbe raggiunto  e che sono strettamente intrecciate col suo filosofare?  Oppure (interrogando me stesso): perché mi interessa cercare la verità se non in quanto può farmi “fiorire” (M. Nussbaum) come essere umano? Allora, anzicché dire ad un mio consultante che i miei colleghi psicoterapeuti lo potrebbero aiutare a liberarsi ed io invece a capire sé stesso e il mondo, penso che non tradirei la filosofia se mi esprimessi diversamente: “Psicoterapeuti e filosofi consulenti vorremmo metterci a disposizione del tuo processo di auto-liberazione; essi rispetto ai tuoi condizionamenti psichici (soprattutto inconsci), io rispetto agli errori e dalle illusioni  (di cui si ha, o si può avere senza sondaggi speleologici, consapevolezza)”. Salvare la teoreticità dello scambio fra consulente e consultante è indispensabile; ma altrettanto salvarne la dimensione pratica (nel doppio senso di esistenziale e politica). Altrimenti, per evitare una degenerazione utilitaristica della CF, si rischia di ipotizzare uno scambio fra cervelli in relazione telepatica, non fra corpi pensanti.

I distinguo (motivati) alla tesi di Pollastri
  
   Sin dal secondo contributo, a firma di Maria Luisa Martini (Pratica filosofica e pratica psicoanalitica. Un approccio ermeneutico), il resto del volume è costellato da considerazioni – implicitamente o esplicitamente – critiche  rispetto all’impianto di Pollastri (e di Achenbach). Critiche, ovviamente, nell’unico senso accettabile in filosofia: come proposte di cernita che, accogliendo il valido di una tesi, la inverano in una prospettiva più ampia (e/o più convincente). Così, almeno, mi pare di poter intendere l’invito dell’autrice a non “ridurre la portata delle questioni realmente presenti quando ci si interroga sulla eredità freudiana” (muovendo “obiezioni di principio” ad “alcuni concetti portanti della teoria psicanalitica”, soprattutto alle “modalità della pratica clinica, dall’impostazione del setting, al tipo di relazione che viene instaurata tra terapeuta e paziente, alla centralità attribuita al processo di trasnfert”), rischiando di “ignorare l’impatto e la diffusione capillare della psicoanalisi, che ha permeato profondamente, in ogni aspetto della vita quotidiana, le forme in cui l’uomo contemporaneo pensa e rappresenta se stesso”. Oppure anche il passaggio in cui si rivendica, anche alla pratica psicanalitica, sia pure in una forma “ibrida e ambigua”, un riferimento alla “verità”: intesa certo in maniera analoga rispetto alla nozione filosofica (essa è “attestata dall’efficacia della relazione terapeutica, dall’attenuazione dei sintomi, da condizioni di vita più accettabili”: qui è il contenimento del dolore, insomma, a fungere da “parametro di una verità ritrovata, di un senso di vita ricostruito”, ma non molto distante da quella “accezione del termine ‘verità’ che si va definendo nelle pratiche filosofiche” per la quale “il criterio di verificazione è rappresentato dalla vita stessa del soggetto, che testimonia con il suo concreto esistere la verità di ciò che le sue parole si limitano a enunciare. La verità di ciò che dico a te tu la vedi in me, nel mio essere e nel mio agire, nella relazione che dimostro di saper instaurare con me stesso e con gli altri nella vita quotidiana. I parametri logici o epistemologici vengono sostituiti da parametri esistenziali, da una verità incarnata dal singolo e dalla comunità filosofica”.

Contaminazioni feconde
     Si può riflettere sui rapporti generali fra CF e “mondo psy” solo sino a un certo punto: oltre il quale bisogna planare su casi concreti, nomi e cognomi in dettaglio. E’ quanto fanno, con ammirevole dovizia di rimandi testuali ed esercizi di esegesi, tutti gli altri contributi del volume (tranne l’ultimo per le ragioni che esporrò a conclusione della recensione). Vediamo, sia pur rapidamente, con quali impostazioni psicoterapeutiche (e, in particolare, psicoanalitiche) avvengono i confronti critici (quasi sempre attestanti la possibile fecondità di contaminazioni, nella consapevolezza dell’irriducibile identità originaria, fra i diversi approcci).
    Di estremo interesse il terzo articolo (Jung precursore della consulenza filosofica? Visioni del mondo a confronto) in cui Moreno Montanari, sulla scia di uno studio di Romano Mádera, mostra quanto Jung sia stato consapevolmente debitore verso la tradizione filosofica e quante indicazioni provenienti da essa - dopo di lui, proprio grazie alla sua mediazione – i consulenti filosofici possano riscoprire   dall’angolazione delle valenze esistenziale e politica. Tra le molte possibili, una sola illuminante citazione tratta da Questioni fondamentali di psicoterapia di Jung:

         [Esistono] non pochi pazienti che, pur non essendo affetti da una nevrosi
         clinicamente classificabili, consultano il terapeuta a causa di conflitti
          psichici e altre difficotà della vita, sottoponendogli problemi la cui
          soluzione implica la discussione di principi ultimi. Spesso queste
      persone sanno benissimo, mentre il nevrotico lo sa raramente, o non
      sa mai, che i loro conflitti riguardano il problema fondamentale del
      loro atteggiamento e che questo atteggiamento e che questo
      atteggiamento dipende da determinati principi o idee generali,
      insomma da certe convinzioni religiose, etiche o filosofiche. Grazie
      a questi casi la psicoterapia si estende molto al di là dei limiti della
       medicina somatica e della psichiatria, sconfinando in ambiti
      un tempo riservati a sacerdoti e filosofi. Nella misura in cui
       questi ultimi non operano più o in cui viene negata loro dal pubblico
       la facoltà di operare, si vede quale lacuna lo psicoterapeuta  sia
       talvolta chiamato a colmare e fino a che punto la cura d’anime
       e la filosofia  si siano allontanate dalla realtà della vita. Al pastore
       si rinfaccia che si sa già quanto stava per dire; al filosofo che le sue
       parole non hanno alcuna utilità pratica. La cosa curiosa è che
       entrambi  (a parte eccezioni rarissime) professano una decisa
        avversione per la psicologia.

     Con dovizia di  riferimenti puntuali, il quarto e il quinto contributo – entrambi a firma di Giorgio Giacometti, che è anche curatore dell’intero volume – costituiscono  ammirevoli esemplificazioni di quanto possa essere istruttivo mettere a confronto la CF con le lezioni dei grandi maestri della psicoanalisi. In Un’ermeneutica per la pratica filosofica. Un confronto con Ludwig Binswanger si sottolinea la rilevanza della fatica (comune a filosofi consulenti e psicoterapeuti) di decifrare il discorso dell’altro, prendendolo sul serio, senza ridurlo a sintomo di qualcos’altro di nascosto. In maniera ancora più impegnativa, ne Il discorso dell’Altro. Consulenza filosofica e psicoanalisi lacaniana, il confronto si attua con un mostro sacro della cultura del Novecento che è riuscito  - presentandosi apparentemente come discepolo di Freud – a ribaltare molti elementi della piscoanalisi tradizionale, fondando un tipo di relazione interpersonale che non rientra in nessuna delle categorie precedenti. Dei mille spunti offerti, ne colgo solo uno in continuità con il dibattito a cui ho fatto cenno in apertura di questa recensione (sui fini essenziali e costitutivi della CF): l’autore del saggio trova una convergenza nel fatto che, proprio come nella relazione analitica secondo Lacan, anche la pratica filosofica  “o è trasformativa di chi la compie , o non è affatto” (anche se, ovviamente, si sta ipotizzando non una trasformazione quale che sia e come che sia, bensì dovuta alla “verità” che emerge nel dialogo).
     Non poteva mancare, ovviamente, il confronto con Maslow e la Psicologia Umanistica (May, Rogers, Frankl): se ne assume l’onere, con la consueta competenza, Stefano Zampieri nel suo Una certa somiglianza di famiglia. Consulenza filosofica e psicologia umanistica. L’autore lavora di bisturi perché proprio le impressionanti somiglianze (qui illustrate senza remore, anzi con soddisfazione) esigono un’attenzione particolarmente accurata nell’evidenziare le differenze, sintetizzabili in una formula (che viene ampiamente argomentata): “il filosofico della consulenza non è soltanto un atteggiamento, è piuttosto un ben preciso campo d’azione all’interno del quale i suoi discorsi, cioè quanto si realizza nel colloquio, acquistano un significato”. Anche a proposito di questo contributo, rinunzio alla messe di spunti e di indicazioni interessanti, tranne che a un passaggio (sempre sul tema degli scopi intrinseci della CF): “Né il filosofo consulente né il terapeuta emettono diagnosi, né l’uno né l’altro puntano a una salute intesa magari come ‘normalità’, ma in entrambi i casi di realizza un processo di trasformazione. Rogers lo interpreta come terapia, il filosofo consulente no”. Aggiungo solo una riserva: non mi pare che si possa accusare Victor Frankl di incoerenza fra l’impostazione nietzsciana della sua “volontà di significato” e la prospettazione di un Dio come valore di riferimento assoluto per la ragione, radicale, che non vi è in lui nessuna impostazione nietizsciana. A mio sommesso avviso, infatti, “volontà di significato”  è una formula intenzionalmente ricalcata sulla nietschiana “volontà di affermazione” di Adler per esprimere un capovolgimento di prospettiva.
   Anche Cati Maurizi Enrici, nella sua Breve nota su terapia della Gestalt e tradizione filosofica, si imbatte nella domanda ricorrente in questa raccolta di saggi: “La pratica filosofica può  ‘accontentarsi’ di promuovere una più esaustiva e migliore comprensione di sé e del mondo, considerando la trasformazione personale come un possibile, forse auspicabile, ma non necessario, effetto secondario, lasciando così all’arte e alla religione la possibilità di ‘ispirare’ un radicale cambiamento?”.  Ed anche qui, mi pare, la risposta non coincida con la severa secchezza di Pollastri. Anzi, con una preziosa suggestione, non si esclude che la valenza trasformativa della parola in consulenza  possa essere intensificata da un supplemento poetico.
  Nell’avviare il Dialogo tra consulenza filosofica e medicina psicosomatica Paola Santagostino, a proposito di quest’ultima,  distingue opportunamente “le due anime con cui è nata agli inizi del Novecento, che si incontrano e spesso si scontrano vivacemente: l’anima medica e l’anima umanistica”. Ovviamente è con il secondo filone (qui rappresentato da Medard Boss) che è più agevole svolgere il confronto, che l’autrice delinea in entrambe le direzioni: quale attenzione fiosofica da parte dei medici e quale attenzione alla corporeità (e alle patologie) da parte dei filosofi.
    L’ultimo contributo firmato da un consulente filosofico è di Paolo Cervari che, in Strategie indecidibili. Ambigui incroci tra psicologia strategica e consulenza filosofica, prendendo spunto da esperienze professionali autobiografiche, traccia un confronto fra CF e la proposta scientifica e terapeutica di Giorgio Nardone (allievo di Paul Watzlawick).  Dopo aver a lungo evidenziato i segmenti di contatto, l’autore propone, dialetticamente, una sorta di schema in cui puntualmente si contrappongono i due approcci (almeno intendendo la CF secondo la lezione di Achenbach e di Pollastri). Ma è uno schema che Cervari redige per poterlo problematizzare, destrutturare e ricostruire.  Della sua problematizzazione cito soltanto  il passaggio che si riferisce, ancora una volta, all’interrogativo sul fine specifico della CF : “Certamente il terapeuta o il consulente strategico vogliono cambiare. Anzi è la loro missione. Molto discutibile mi pare invece che non lo voglia fare il consulente filosofico. Al di là del possibile ricorso a tutte quelle filosofie che hanno sempre voluto trasformare il mondo (ammesso che ve ne siano che non lo vogliano fare…), se è vero che il consulente filosofico non vuole cambiare, che fa allora? Fare significa cambiare, a mio parere. E anche parlare significa fare…”.
     Il volume è arricchito, assai efficacemente, da un articolo di un docente di psicologia dell’università di Torino. Con grande libertà di linguaggio e sincerità di accenti, in Psicologi o badanti? Sulla necessità di una formazione storico-filosofica degli psicologi, Giorgio Blandino – rivolgendosi in primis ai ai suoi colleghi e agli aspiranti colleghi -  chiude per così dire il cerchio: dopo l’invito di tanti filosofi a farsi attenti alle psicoterapie, uno psicologo invita a farsi attenti alla filosofia. Nei percorsi formativi, infatti, è stato ormai cancellato qualsiasi riferimento alla storia della filosofia e ai metodi filosofici: perché, stupirsi, dunque, che gli piscologi rischino di ridursi a “badanti della psiche”, a “dentisti della mente”? E che sempre più pazienti, delusi dalle psicoterapie, bussino alla porta degli studi di filosofi consulenza filosofica? Forse – con la crisi economica che imperversa in questa fase – questa constatazione di Blandino andrebbe corretta: la gente, infatti, si allontana sì da molti studi di psicoterapia, ma per restare a casa.

   Augusto Cavadi
www.augustocavadi.com

venerdì 11 aprile 2014

FILOSOFIA D'A...MARE


“Centonove” 11.4.2014

UN PO’ DI FILOSOFIA PER TUTTI ALLE ISOLE EGADI



          L’associazione “La calendula” di Trapani organizza, nel ponte fra venerdì 2 maggio e domenica 4, una “Tre giorni” di filosofia per tutti, grandi e piccini.  Il Festival di una filosofia d’a-MARE, infatti,   non è un convegno di filosofia per cultori della materia, ma un esperimento di “pratica filosofica” con “non-filosofi”: con cittadini, si intende, che  - per quanto interessati alle problematiche esistenziali e sociali   – non sono filosofi di professione.  In questa ottica, i filosofi-ospiti sono invitati non come maestri, ma come interlocutori dei partecipanti alla “Tre giorni” insieme ai quali con-filosofare sulle tematiche previste.
    Ognuno di loro sarà libero di sperimentare l’approccio che riterrà più adatto al contesto concreto in cui si troverà (dialogo, meditazione, testimonianza, confronto-dibattito, gioco etc.). Si inizierà già venerdì 2 maggio alle 16 a Favignana con una meditazione filosofica di Luigi Lombardi Vallauri e con una passeggiata filosofica collettiva guidata da Augusto Cavadi sul senso dell’esistenza come viaggio. Il sabato mattina (come poi anche domenica mattina) , in quattro strutture alberghiere convenzionate, altrettante colazioni col filosofo. Vesna Bijelic, filosofa consulente croata, riconosciuta dall’associazione nazionale “Phronesis”, animerà due colazioni filosofiche : una sul tema della bellezza e un’altra sul tema della giustizia. Peter Ciaccio, pastore della chiesa valdese d Palermo, introdurrà una colazione filosofica a partire dalla saga di Harry Potter. Altre due colazioni saranno introdotte da Stefano Zampieri, filosofo consulente di Mestre, che è stato presidente nazionale dell’associazione “Phronesis”: in una presenterà le linee essenziali della consulenza filosofica individuale e in un’altra solleciterà la riflessione sulla valenza filosofica delle immagini.
   Dopo le colazioni filosofiche un battello trasporterà i partecipanti da Favignana a Marettimo dove  avrà luogo un dibattito fra Luigi Lombardi Vallauri (docente emerito di filosofia del diritto all’università di Firenze ed ex-docente della stessa disciplina all’università cattolica di Milano dalla quale è stato licenziato per difetto di ortodossia confessionale) e il teologo Carmelo Torcivia, prete cattolico e docente alla facoltà teologica di Sicilia nonché responsabile della Comunità cristiana “Kairòs”, sul senso dell’essere cristiani oggi. Nella stessa fascia oraria Adriana Saieva, insegnante elementare e abilitata come teacher  di philosophy for children secondo il metodo Lipman, gestirà una sessione semi-ludica di filosofia con bambini dagli 8 ai 10 anni.
    Dopo il pranzo nel battello ci si sposterà all’isola di Levanzo. Qui Orlando Franceschelli , che vive e lavora a Roma (ed è uno dei più noti  filosofi italiani che si riconoscono in una visione del mondo naturalistica, cosmocentrica, post-moderna) sosterrà un dialogo sul tema della felicità possibile  con don Franco Barbero, un prete cattolico della Comunità di base di Pinerolo (che è stato ridotto dalle gerarchie vaticane allo stato laicale per il suo impegno teologico e pastorale con persone divorziate, omosessuali, transgender o comunque emarginate dal tessuto ecclesiale e sociale).
   La sera di ritorna a Favignana per una cena sociale e un concerto di musica etnica. La conclusione è prevista dopo le colazioni filosofiche di domenica mattina. Per visionare il programma dettagliato completo andare sul blog dell’ideatore e coordinatore culturale della manifestazione: www.augustocavadi.com. Per ulteriori delucidazioni, anche sulle strutture alberghiere,  e per prenotarsi telefonare ad Antonella (388 3574822) o scriverle: asslacalendula@libero.it

               Caterina De Felice