martedì 27 febbraio 2018

IL CORAGGIO AMMIREVOLE DI UNA MAESTRA SICILIANA


25.2.2018

                  IL FINALE APERTO DI UNA STORIA TRISTE

      A Trapani una maestra osserva che, nelle ore di compresenza, alcune colleghe maltrattano – anche con punizioni corporali – i bimbetti di scuola elementare. Ovviamente esprime il proprio dissenso, ma ottiene risposte evasive e da qualcuna quasi ironiche. Constatata l’inanità dei suoi interventi amichevoli ritiene suo dovere morale avvisare la dirigenza la quale, opportunamente, chiede che si mettano per iscritto questi rilievi. Una volta ricevutili, la dirigente scolastica non può fare a meno di applicare le norme previste dalla legge e dal buon senso: dunque di avvisare le Forze dell’ordine che, raccogliendo autonomamente le prove dei ripetuti maltrattamenti mediante intercettazioni ambientali, chiedono e ottengono dal magistrato la sospensione per un anno delle quattro insegnanti (registrate in flagranza di reato). Questa la cronaca unanimemente riportata da tutte le fonti d’informazione.
    Logica vorrebbe che in molti (colleghi e genitori, prima di tutti) si stringessero intorno all’insegnante che ha avuto il coraggio civile di denunziare la situazione indecente; che si attivassero per esprimerle pubblicamente solidarietà e per sostenerla psicologicamente, proprio come hanno fatto sinora i funzionari di polizia che hanno seguito le tappe della vicenda. Sino a oggi, però, di questo supporto nessuna traccia. Anzi si sa con certezza che alcuni congiunti delle insegnanti indiziate di reato hanno clamorosamente protestato contro i provvedimenti giudiziari; che qualche voce “pietosa” si è sommessamente levata per compiangerne la sorte; che un avvocato ha addirittura avanzato il sospetto che le denunce siano partite per risentimento dovuto a contrasti pregressi fra colleghe. Insomma: per l’ennesima volta si corre il rischio di vedere biasimato non chi infanga un’istituzione, ma chi si permette di scoperchiare il marcio, infrangendo il comandamento tacito che impone omertà.
     Questa triste storia di una donna siciliana che – invece di girarsi dall’altro lato, come è avvenuto e avviene già tante volte in tutta Italia – ha preferito obbedire  alla sua coscienza civica (una storia paragonabile a quanti si ribellano al pizzo o accettano di testimoniare in un processo di mafia) è ancora aperta a due esiti. O l’isolamento sociale da parte di chi cerca alibi alla propria viltà o il riconoscimento dei meriti di un’educatrice che, pur non avendo figliuoli propri a rischio, si è preoccupata di tanti figliuoli altrui che, oggi e nel futuro, avrebbero continuato a subire traumi. 

       Augusto Cavadi

www.augustocavadi.com

domenica 25 febbraio 2018

SUL VANGELO DI OGGI SECONDO IL CALENDARIO CATTOLICO



“Adista-Notizie”,
27.1.2018

FUORITEMPIO
  •  Commento al vangelo di domenica 24 febbraio 2018
Dal Vangelo secondo Marco (9, 2- 10)

In quel tempo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e li condusse su un alto monte, in disparte, loro soli.
Fu trasfigurato davanti a loro e le sue vesti divennero splendenti, bianchissime: nessun lavandaio sulla terra potrebbe renderle così bianche. E apparve loro Elia con Mosè e conversavano con Gesù. Prendendo la parola, Pietro disse a Gesù: «Rabbì, è bello per noi essere qui; facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia». Non sapeva infatti che cosa dire, perché erano spaventati. Venne una nube che li coprì con la sua ombra e dalla nube uscì una voce: «Questi è il Figlio mio, l’amato: ascoltatelo!». E improvvisamente, guardandosi attorno, non videro più nessuno, se non Gesù solo, con loro.
Mentre scendevano dal monte, ordinò loro di non raccontare ad alcuno ciò che avevano visto, se non dopo che il Figlio dell’uomo fosse risorto dai morti. Ed essi tennero fra loro la cosa, chiedendosi che cosa volesse dire risorgere dai morti.

La scena biblica della trasfigurazione di Gesù è così ben costruita da attrarre irresistibilmente i pittori di ogni generazione. Che sia il resoconto di un evento storico è ormai opinione scartata da quasi tutti gli esegeti, ma – in ogni caso – è evidente che ad avere rilevanza sia il suo significato simbolico. Gesù riprende, porta a compimento e trascende la Legge (Mosé) e i Profeti (Elia): i redattori del testo di Marco fissano, in un clima di polemica con gli altri Ebrei, ciò che li lega alla Tradizione ma anche ciò che irreversibilmente li separa da essa. Come mai il Predicatore ambulante di Galilea giocherebbe un ruolo tanto rilevante nella storia dell’ebraismo? Perché Dio stesso, l’Eterno, lo avrebbe riconosciuto come “Figlio”.
   Questo titolo – “Figlio di Dio” – ha acquistato nei secoli successivi un peso così decisivo da meritare qualche momento di approfondimento. Innanzitutto va notato che non è Gesù stesso ad auto-presentarsi con questa denominazione: è piuttosto la comunità dei discepoli  - Pietro, Giacomo e Giovanni”  - a considerarlo tale su suggerimento della Voce. E, comunque, nel I secolo la denominazione “Figlio di Dio” (usata in vari contesti) non significava un Essere di consistenza ontologica pari al Creatore, bensì una creatura umana da Lui prescelta per svolgere una particolare missione in terra. Dimenticare questo dato filologicamente assodato comporta il rischio di espellere il Maestro dal genere umano, considerarlo un Essere celeste da adorare più che da imitare, esonerandosi dalla fatica di proseguire l’opera da Lui avviata.
Di che opera si tratta? Non è un riformatore religioso: “Più che alla ‘casa di Dio’, che non mancava di tutori, per lui c’era da badare a quella degli uomini, attraversata da squilibri, soprusi, violenza, ingiustizie, che sentiva necessario provare a scoraggiare, fino a farli scomparire” (Ortensio da Spinetoli). Non è neppure una vittima sacrificale che offre il proprio sangue a Dio per lavare i peccati degli uomini: ciò contrasta con “l’insistente predicazione innovativa di Gesù sul Padre”, ben diverso dal “terribile Jahwé, fotocopia del Giove olimpico o capitolino, per non parlare degli altri loro omonimi d’Egitto o del Vicino Oriente” (Ortensio da Spinetoli). E’ piuttosto un profeta che propone, in nome di un unico Padre, di assumere con serietà la dimensione della fraternità e della sororità: in un mondo dilaniato dall’invidia, dalla gelosia e dal risentimento fra fratello e sorella, fra famiglia e famiglia, fra popolo e popolo, egli ricorda che così si va dritto verso il baratro dell’auto-distruzione collettiva. Verso la morte.  L’inversione di marcia – la “conversione” – consisterebbe in un processo di cambiamento, personale e collettivo, in direzione della sobrietà, della condivisione solidale, del soccorso reciproco, dello scambio gratuito. In direzione della vita.
   La pericope odierna si chiude con un dubbio: cosa intendere per “resurrezione dei morti” ? E’ un dubbio che, a venti secoli di distanza, ci attanaglia come allora. Volumi e volumi di teologi – oscillanti fra interpretazioni letterali, quasi materialistiche, e interpretazioni simboliche, quasi irrealistiche – non hanno chiarito le nostre perplessità e, in più di un caso, le hanno attorcigliate e aggravate. Una cosa soltanto è certa: che siamo immersi in una storia contraddittoria, intessuta di luci e di ombre, di amori e di odi. Riconoscersi discepoli di questo “figlio di Dio” significa rintracciare, ovunque si trovino, i germogli di vita e lasciar imputridire i semi di morte. Non so se, e come, ciò  ci consentirà di sperimentare una “resurrezione” oltre-mondana, ma so che ci consentirà di sperimentare, in questa terra, la “risurrezione” dallo stadio di mortali capaci solo di contagiare morte.

Augusto Cavadi
* Ha insegnato per molti anni filosofia, storia e educazione civica nei licei. Attualmente si dedica alla scrittura e dirige a Palermo la “Casa dell’equità e della bellezza” da lui fondata.

sabato 24 febbraio 2018

LA VIOLENZA, ANCHE SE POLITICA, E' OGGETTIVAMENTE MAFIOSA


“Repubblica – Palermo”
24.2.2018

LA VIOLENZA POLITICA E’ OGGETTIVAMENTE MAFIOSA

Si devono sciogliere le formazioni politiche che si richiamano al fascismo? Sì (lo prevede una delle Disposizioni transitorie e finali della Costituzione italiana).
Si devono processare gli esponenti di formazioni neo-fasciste che aggrediscono e picchiamo immigrati inermi e innocenti? Sì (lo prevede il Codice penale vigente).
In attesa che politici e magistrati svolgano sino in fondo il proprio dovere, dei cittadini antifascisti possono farsi giustizia da sé individuando e aggredendo esponenti di formazioni neo-fasciste? No. Non lo prevedono né la Costituzione né il Codice penale.
 Lo sconsiglia fortemente anche la storia siciliana degli ultimi due secoli: i primi mafiosi si sostituivano allo Stato imbelle e corrotto per difendere i diritti dei contadini. Ma non c’è voluto molto tempo per affezionarsi al potere (impropriamente) esercitato diventando oppressori dell’aristocrazia, della borghesia e degli stessi contadini.
Legittimare, moralmente e politicamente, chi erode allo Stato anche parzialmente il  “monopolio della violenza” prepara la propria fossa.
Augusto Cavadi

www.augustocavadi.com

mercoledì 21 febbraio 2018

HABEMUS SITUM ! LA SCUOLA DI FORMAZIONE ETICO-POLITICA "FALCONE"...

Finalmente, grazie alla perizia e alla generosità di Anna Saieva, l'associazione di volontariato culturale "Scuola di formazione etico-politica Giovanni Falcone" di Palermo ha un nuovo sito: www.scuoladiformazionegiovannifalcone.it

Che cosa si può fare per il sito?

a) iscriversi direttamente agli aggiornamenti automatici dei 'post' (basta cliccare nell'apposito  riquadro della pagina iniziale): sarete così informati di tutte le iniziative della Scuola, a Palermo e in Italia, nonché dei materiali prodotti da soci e studiosi invitati a tenere lezioni, seminari, presentazioni di libri etc.

b) se si possiede un sito, o un blog, inserire il link al sito tra i preferiti da consigliare ai propri lettori

c) inviare al mio indirizzo (a.cavadi@libero.it) tutti i materiali (articoli, foto, video...) che riguardano la vita dell'associazione dalla fondazione (1992) a oggi in modo da arricchire l'archivio.

Augusto Cavadi

lunedì 19 febbraio 2018

SUI TETTI DEGLI STIPENDI ALL'ASSEMBLEA REGIONALE SICILIANA

“Repubblica-Palermo”
15.2.2018

IL TETTO AGLI STIPENDI DEI DIPENDENTI DELL’ASSEMBLEA REGIONALE SICILIANA E’ UNA QUESTIONE DI PUDORE


     Sul dibattito fra alcuni preti palermitani, tra cui don Cosimo Scordato, da una parte, e il presidente dell’Assemblea regionale Gianfranco Micciché e il segretario generale della stessa Assemblea, Fabrizio Scimé, dall’altra, possono riuscire utili una precisazione e un ricordo storico.
    La precisazione riguarda i contenuti. I preti palermitani, sostenuti da un documento dell’intero episcopato isolano, non si sono concentrati sulla protesta – discutibile, se non demagogica – contro gli emolumenti dei deputati regionali: personalmente, infatti, ritengo che a offendere l’intelligenza dei cittadini non siano tanto i livelli stipendiali dei politici (abissalmente inferiori a giocatori di foot-ball e a show girls televisive; in taluni casi inferiori persino a quanto essi stessi guadagnavano da “civili” come avvocati o come medici), bensì i benefit aggiuntivi (che creano vistose sperequazioni rispetto a tutti gli altri dipendenti statali) e, ancor di più, la scarsa “produttività” nel corso di ogni legislatura. No: la questione riguarda soprattutto il personale che lavora presso l’Assemblea regionale (ma anche la Presidenza della regione), dal segretario generale al più giovane dei commessi. Qui veramente non ci sono motivazioni logiche che giustificano emolumenti vergognosamente superiori a chi, nella stessa amministrazione regionale e ancor più nelle amministrazioni municipali, svolge mansioni del tutto equivalenti. Se si osserva che non è facile, dal punto di vista giuridico, cancellare dei diritti acquisiti nei decenni di sprechi clientelari, si avanza una obiezione ragionevole. Ma a patto che si aggiunga subito, anzi si premetta, che è una situazione oggettivamente iniqua. Se, invece, si aggiunge che in fondo questi stipendi aurei sono giustificati dalla difficoltà dei concorsi pubblici per accedere a quelle posizioni (suppongo limitatamente alle posizioni apicali, non certo per diventare uscieri o dattilografe), si sta stabilendo una gerarchia culturale altamente improbabile: diventare magistrati o chirurghi è uno scherzo? Dirigere una scuola media allo Zen o un istituto di reclusione in terra di mafia è meno impegnativo?
  Per rispondere richiamerei alla memoria collettiva la vicenda di un ex-collega del dottor Fabrizio Scimé: di quel consigliere referendario dell’Ars che, una decina di anni fa, all’ennesimo aumento di stipendio della sua stessa categoria, espose con una lettera aperta (ripresa anche da “Repubblica”) l’opinione che si trattasse di un privilegio eccessivo. Il dottor Livio Ghresi fu, ovviamente, preso per matto – nonostante si trattasse, e si tratti,  di una delle persone più  equilibrate, e più attive dal punto di vista della produzione culturale, nel panorama siciliano – e, stanco delle polemiche, chiese la quiescenza in anticipo (pur sapendo di rinunziare a emolumenti ben più cospicui). Capisco che non tutti siamo della stessa altezza morale: ma un po’ di pudore in più ci suggerirebbe qualche esternazione in meno.

  Augusto Cavadi

www.augustocavadi.com

venerdì 16 febbraio 2018

COMMENTO AL VANGELO DI DOMENICA 18 FEBBRAIO 2018 (Mc 1, 12-15)




“Adista-Notizie”
20.1.2018
FUORITEMPIO

Commento al vangelo di domenica 18 febbraio 2018
Mc 1,12-15
Dal Vangelo secondo Marco
In quel tempo, lo Spirito sospinse Gesù nel deserto e nel deserto rimase quaranta giorni, tentato da Satana. Stava con le bestie selvatiche e gli angeli lo servivano.
Dopo che Giovanni fu arrestato, Gesù andò nella Galilea, proclamando il vangelo di Dio, e diceva: «Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo».
***



Alle spalle, e alle radici, di una missione storica efficace c’è sempre una fase preparatoria di silenzio, di riflessione, di progettazione, di purificazione delle proprie intenzioni: c’è sempre un deserto. Gesù, nella cui umanità riluce qualcosa della Luce infinita che è Dio, non fa eccezione. Egli pure deve fare i conti con le “bestie selvatiche” (che, secondo Eugen Drewermann, sono anche metafora della propria dimensione pulsionale inconscia) e tesaurizzare le inspirazioni divine (di cui gli “angeli” sono simboli) che lo sosterranno nel momento dell’incertezza e dello sconforto.

  Un primo frutto dei “quaranta giorni” di raccoglimento delle proprie energie e di apertura all’azione dello Spirito è la decisione di subentrare al maestro Giovanni il Battezzatore. L’arresto e la condanna a morte di questi avrebbero potuto segnare la rinunzia a qualsiasi strategia di riforma; invece Gesù trova in sé la forza di afferrare il testimone, di continuare – e anzi di rilanciare – la missione dell’illustre consanguineo e precursore.

     Ma cosa annunzia Gesù di così rilevante da rischiare di perdere anche lui la vita per mano dei poteri terreni? In cosa consiste la “bella novità” di cui si fa portavoce? A giudicare dalla catechesi e dalle omelie tradizionali si risponderebbe: “se stesso”. Una lettura spregiudicata (nell’accezione etimologica di: “senza pregiudizi”) dell’intero Secondo Testamento lo esclude: il contenuto centrale del messaggio di Cristo non è, autoreferenzialmente, Cristo stesso. E’ allora Dio, il Padre, l’Origine e il Fine ? Neppure. Il vangelo non è infatti né cristocentrico né teocentrico. Come leggiamo nella pericope odierna, è regno-centrico: “Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino”. In un mondo in cui domina la sovranità di molti signori (dai capi politici alle autorità religiose, dai detentori delle ricchezze agli intellettuali più influenti) il rabbi pellegrino avverte che queste forme di sovranità strumentalizzano a proprio vantaggio le energie della maggioranza e reprimono, scoraggiano e mortificano,  ciò che non riescono a strumentalizzare. La sovranità di Dio, al contrario, si attua solo quando i suoi figli vivono armonicamente perché in libertà e in giustizia; essa è misurata dalla realizzazione “di ogni uomo e di tutto l’uomo” (Paolo VI) dal momento che “la gloria di Dio è l’uomo vivente” (Ireneo). Il regno annunziato in parole e in opere dal Nazareno appartiene a un Dio che “non ha bisogno e non ha mai chiesto nulla per la sua gloria ma aspetta solo, quasi con ansia, che si aiutino le sue piccole e povere creature a crescere, a essere felici e in pace. Il cristianesimo è unico proprio per queste sue dimensioni non religiose ma umanitarie. In nome di Dio chiede di dare tutto ma, ecco il difficile, non a lui – che, non ci si deve mai stancare di ripeterlo, non manca di alcunché – ma a pro degli uomini, degni o indegni che siano” (Ortensio da Spinetoli).

   Se il “regno di Dio” è questo, si intuisce facilmente che – per riprendere Agostino d’Ippona -  “molti che sembrano dentro sono fuori, molti che sembrano fuori sono dentro”.

   Augusto Cavadi




* Ha insegnato per molti anni filosofia, storia e educazione civica nei licei. Attualmente si dedica alla scrittura e dirige a Palermo la “Casa dell’equità e della bellezza” da lui fondata.

giovedì 15 febbraio 2018

CASA DELL'EQUITA' E DELLA BELLEZZA: GLI APPUNTAMENTI



Care amiche e cari amici della “Casa dell’equità e della bellezza”
di Palermo,
     eccovi il quarto calendario del 2018 (riguarda le iniziative dal 15 febbraio  al 23  febbraio).
     Chi è veramente interessato a un evento ha la possibilità di segnarlo in anticipo nella propria agenda.

·      giovedì 15 febbraio dalle 20,15 alle 21,30 (con possibilità di prolungare la serata in pizzeria) : incontro su “La sofferenza come compagna di vita”, guidato da Carmine Palmeri a cura della “Comunità di libera ricerca spirituale Albert Schweitzer”. Partecipazione libera e gratuita.
·      venerdì 16 febbraio dalle 18,00 alle 20,00: seminario con Giacomo Di Girolamo a partire dal suo libro Contro l’antimafia (Il Saggiatore, Mialno 2016). Introducono Francesco Palazzo e Augusto Cavadi. Ingresso libero e gratuito (sino a capienza della sala).
·      sabato 17 febbraio dalle 9,30 alle 19,30:seminario teorico-pratico su LA STRATEGIA DECISIONALE ORIENTATA ALLA NONVIOLENZA” condotto da Sergio Di Vita (e aperto anche a chi NON è iscritto al corso di base del Teatro dell’Oppresso). Per iscriversi: https://vitadisergio.wufoo.com/forms/qud7utm1udernr/  . Per ogni altra informazione mailto:vitadisergio@gmail.com.
·      domenica 18 febbraio dalle 10,30 alle 11,30: meditazione partecipata a cura della “Comunità di libera ricerca spirituale Albert Schweitzer”. Partecipazione libera e gratuita.
·      lunedì  19 febbraio dalle 19,00 alle 21,30: laboratorio “Teatro dell’oppresso” a cura della Scuola di formazione etico-politica “G. Falcone”. Partecipazione riservata a chi è già iscritto: le iscrizioni sono chiuse.
·      mercoledì 21 febbraio 2018 dalle 19,30 alle 22,30 (compresa sobria cenetta): “Gruppo noi uomini  Palermo contro la violenza sulle donne”. Il gruppo è aperto a tutti gli uomini che desiderano confrontarsi sul proprio stile di essere maschi; particolarmente benvenuti quanti avessero consapevolezza di tendere ad atteggiamenti sbagliati verso le compagne, le sorelle, le figlie, le amiche, le conoscenti…Contattare in anticipo Francesco Seminara (francesco.semi@alice.it). Partecipazione gratuita.
·      giovedì 22 febbraio dalle 20,15 alle 21,30 (con possibilità di prolungare la serata in pizzeria) : incontro di riflessione, su tematiche teologiche scottanti, guidato da Carmine Palmeri a cura della “Comunità di libera ricerca spirituale Albert Schweitzer”. Partecipazione libera e gratuita.
·      venerdì 23 febbraio dalle 17,00 alle 20,00: IN TRASFERTA PRESSO L’HOTEL PRINCIPE DI VILLAFRANCA (Via G. Turrisi Colonna, 4). Incontro pubblico con candidati palermitani (di ogni schieramento) al Parlamento nazionale. Organizzato dalla Scuola di formazione etico-politica “G. Falcone” in collaborazione con l’ANDE (Associazione nazionale donne elettrici). Conducono Enza Daniela Aquilino e Paola Catania.

Intanto un affettuoso arrivederci,
Augusto Cavadi

PS: Si ricorda alle persone che vogliano partecipare a nostri eventi, e vivono lontano da Palermo, che presso la “Casa” stessa è disponibile un servizio di ospitalità per la notte precedente e/o successiva all’evento stesso, in cambio di un rimborso delle spese di mantenimento del servizio.