martedì 22 aprile 2008

MISTERI E INTRECCI


Repubblica - Palermo 22.4.08

NELLO MORSELLINO
Fra’ Diavolo e le stragi del dopoguerra
Edizioni Carrubba
Pagine 111
Euro 13

Nella monografia Fra’ Diavolo e le stragi del dopoguerra Nello Morsellino rivisita alcuni episodi (strage della stazione ferroviaria di Alcamo del 14 luglio 1943, strage del pane di Palermo in via Maqueda del 1944), semi-dimenticati dalla storiografia, che precedono il più famigerato massacro di Portella della ginestra del 1 maggio 1947. L’autore ritiene - anche sulla base di documenti riportati integralmente - che a sparare “a livello d’uomo, per uccidere”, sia stato in questa occasione Salvatore Ferreri, chiamato “Fra’ Diavolo” (killer e doppiogiochista) e, per un quadro generale, raccomanda il film di Benvenuti Segreti di Stato. La breve appendice sui Fasci siciliani, di cinquant’anni prima, è talmente succinta da risultare pleonastica, ma nel complesso lo studio (scritto, come nota Ludovico Corrao nell’Introduzione, “con sentimento di dolore e smarrimento”) è animato da intenti apprezzabili: vigilare affinché i nuovi governanti non approfittino della nostra ignoranza per riprodurre gli errori - e gli orrori - di loro predecessori collusi con oscure forze criminali.

domenica 20 aprile 2008

Vacanze filosofiche per non… filosofi. 20-26 agosto 2008 Lavarone (Tn)


INVITO

Il sito internet “www.ilgiardinodeipensieri.eu” di Bologna
Il gruppo editoriale “Il pozzo di Giacobbe”-“Di Girolamo” di Trapani
organizzano la

XI
SETTIMANA FILOSOFICA
PER… NON FILOSOFI

* Per chi:

Destinatari della proposta non sono degli specialisti ma tutti coloro che desiderano coniugare i propri interessi intellettuali con una rilassante permanenza in uno dei luoghi più gradevoli del Trentino, cogliendo l’occasione di riflettere criticamente su alcuni temi di grande rilevanza teorica ed esistenziale.

* Dove:

Lavarone (Trento), altezza 1200 metri

* Quando:

Dal 20 al 26 agosto 2008

* Su che tema:

L’inquietante fascino del Sacro

Programma orientativo

Arrivo nel pomeriggio (possibilmente entro le 19) di mercoledì 20 agosto.

Sono previsti due seminari giornalieri, dalle 9.00 alle 10.30 e dalle 18.00 alle 19.30, sui seguenti temi:

* Il sacro nel mondo pagano e nel messaggio biblico
* La violenza del sacro nella storia
* Mente umana e sacralit�
* È possibile una spiritualità laica?

I seminari - introdotti a turno da Alberto Giovanni Biuso (Milano), Augusto Cavadi (Palermo), Lidia Maggi (Milano) , Angelo Reginato (Milano), Elio Rindone (Roma), - saranno moderati e coordinati da Mario Trombino (Bologna).

È possibile, in linea di massima, chiedere di anticipare e/o posticipare di qualche giorno il soggiorno in albergo.

Partenza dopo il pranzo di martedì 26 agosto.

Indicazioni bibliografiche

Le “vacanze filosofiche per…non filosofi”, avviate sperimentalmente sin dal 1983, si sono svolte regolarmente dal 1998. Per saperne di più si può leggere il libro di Augusto Cavadi Quando ha problemi chi è sano di mente. Breve introduzione al philosophical counseling (Rubbettino, Soveria Mannelli 2002).

Costo

Iscrizione al corso, materiali didattici e pensione completa.

in camera singola (con bagno): € 535
in camera doppia (con bagno): € 445

Si consiglia di chiedere l’iscrizione per tempo poiché il numero delle camere (che saranno assegnate secondo l’ordine di prenotazione) è limitato. Sconto di 25 euro sul totale a persona per chi si iscrive entro il 25 giugno!!!

NB: Negli ultimi anni, per le note vicende finanziarie italiane, diversi amici non hanno potuto partecipare alle nostre vacanze-studio solo per difficoltà economiche. A titolo sperimentale avanziamo dunque un doppio invito: chi ritiene di essere in stato di obiettiva necessità, chieda uno sconto ulteriore di 100 euro sulla quota prefissata; chi ritiene di poter agevolare questo esperimento di solidarietà, chieda di versare un supplemento ulteriore di 100 euro rispetto alla propria quota in modo da consentire al comitato organizzatore di bilanciare con qualche maggiore entrata gli sconti praticati.

Avvertenze tecniche

Per le prenotazioni, telefonare al prof. Alberto Giovanni Biuso (328.86958879 e, assicuratisi che ci sono posti liberi, inviare l’acclusa scheda d’iscrizione e la copia (anche mediante scanner) del versamento di € 100 a persona, a titolo di anticipo sulla quota complessiva, a: prof. Alberto Giovanni Biuso, via Luigi Zoja 27 – 20153 Milano (e-mail: agbiuso@unict.it). In caso di mancata partecipazione alla vacanza-studio, detta somma non verrà restituita. La prenotazione non è valida finché non è stato effettuato il bonifico!
Il saldo della quota di partecipazione sarà versato all’arrivo a Lavarone.

Scheda di iscrizione

Nome_______________________

Cognome____________________

Via o piazza_________________

N. civico____________________

c.a.p. e Città_________________

Prov._______________________

tf.__________________________

e-mail______________________

fax_________________________

Ho spedito € 100 a persona
mediante bonifico bancario*
intestato a:
Alberto Giovanni Biuso
conto cor. n° 000010983136
presso Banca Intesa San Paolo,
agenzia 2148, Milano

Codice IBAN del conto corrente:
IT18 Y030 6909 5630 0001 0983 136

camera singola/doppia/tripla

Firma______________________

* I versamenti possono essere
unificati per due o più iscrizioni

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venerdì 18 aprile 2008

SCUOLA E FORMAZIONE


“Centonove” 18 aprile 2008

Il mondo della scuola e la carta stampata

Con una tavola rotonda su scuola e stampa si è concluso a Messina, sabato 5 aprile, il convegno nazionale dei Licei di scienze sociali organizzato, in maniera puntuale e accurata, dal Liceo cittadini “Emilio Ainis”. Qui di seguito uno stralcio dell’intervento di Augusto Cavadi, docente e pubblicista.

********

Poiché sono in gioco due poli dialettici - il mondo della scuola e il mondo della comunicazione pubblica - potrebbe essere comodo, per evitare alla discussione esiti dispersivi, distinguere le due opposte angolazioni: come si rapporta la stampa con la scuola? E come si rapporta la scuola con la stampa?

Dalla prima angolazione, sarebbe sterile - oltre che ingeneroso, - pretendere di generalizzare. Comunque, con le debite eccezioni, mi pare di registrare due tendenze abbastanza caratterizzate. I cronisti si occupano della scuola con l’occhio del…cronista: di chi cerca la notizia, l’evento extra-ordinario, l’episodio curioso o piccante. E siccome non sempre un fatto è abbastanza extra-ordinario, curioso o piccante, ci pensa la fantasia del cronista a dargli il tocco dell’esoticità. (Per la verità, la quotidianità ordinaria presenta degli aspetti paradossali, surreali, che superano di gran lunga ogni fantasia: ma qui la penna del giornalista, per quanto abile, non è sufficiente. Ci vogliono gli occhi - e le labbra - dello scrittore, del narratore, come Starnone o Lodoli).
Una tendenza diversa mi pare di registrarla nel caso degli opinionisti. Essi - che non di rado sono uomini e donne di scuola - non hanno bisogno di enfatizzare i dettagli morbosi: possono andare alle questioni di fondo che sono già gravi di per sé. Il rischio, se mai, nei casi in cui si riflette sulla politica scolastica del governo o sulle mode pedagogiche, è di lasciarsi influenzare oltre l’inevitabile dalle proprie posizioni ideologiche o addirittura partitiche: il pubblicista, allora, abdica al ruolo che ritengo prioritario del maieuta che sollecita la riflessione critica del lettore per sbilanciarsi sul versante cattedratico, dottrinario, dell’opinion leader. Per carità: forse ci vogliono pure questi maestri del pensiero, ma se non si ha la stoffa intellettuale ed etica adatta si cade nel ridicolo della retorica da comizio scritto.

Ma non ci sono solo cronisti e opinionisti che si occupano della scuola: ci sono anche insegnanti e dirigenti scolastici che vorrebbero trovare ospitalità nei mezzi di comunicazione pubblica.
Una domanda preliminare s’impone: perché, sempre di più, gli istituti scolastici cercano audience? Lo dico subito e con tutta la sincerità necessaria: spesso la motivazione è banale, se non addirittura disdicevole. E’ il desiderio di farsi pubblicità a costo zero. E’ la volontà di ritagliarsi uno spazio nel mercato delle offerte formative private e statali. Qui vorrei essere chiaro. A me l’idea di una competizione fra le diverse strutture scolastiche non dispiace: ci sono scuole che meriterebbero di essere ampliate e rafforzate con finanziamenti pubblici e privati così come scuole che andrebbero lasciate marcire sino all’estinzione. Ciò che mi dispiace è che la competizione non venga giocata sul piano delle cose ma, soprattutto e certe volte esclusivamente, sul piano dell’immagine. Così ho conosciuto scuole (private e statali) in cui dal dirigente all’insegnante, dal genitore all’alunno, nessuno era interessato alla qualità della formazione culturale ordinaria, ma tutti - invece - si eccitavano all’idea di trovare méte originali per le gite scolastiche o amicizie per finire in tv: scuole in cui la promozione o la non-promozione dei ragazzi dipendevano dal calcolo demagogico del giudizio della gente, non da valutazioni oggettive sulla preparazione effettivamente raggiunta.
Tuttavia la propaganda mistificatoria non è certo l’unico motivo che spinge le scuole a cercare una visibilità attraverso stampa e altri mezzi. C’è, più o meno consapevolmente, la convinzione che la scuola (statale o privata) è sempre una scuola pubblica: ha cioè un legame con il territorio, un debito verso la società. Deve svolgere un servizio alla cittadinanza: non solo mettendo a disposizione della comunità locale (e delle sue articolazioni sociali) locali, attrezzature, personale tecnico, ma - prima e più radicalmente - giocando il ruolo di coscienza critica. E’ allora comprensibile, legittimo ed auspicabile che la scuola voglia parlare alla città: voglia raccontare che cosa va elaborando, per denunziare ciò che non funziona e soprattutto per proporre percorsi innovativi. Purtroppo non sempre alla bontà delle intenzioni corrisponde la competenza comunicativa: un articolo giornalistico non è una relazione didattica né, tanto meno, il capitolo di un manuale. E’ impressionante constatare come insegnanti che da anni propongono, fra le tipologie possibili per la prova scritta d’italiano, l’articolo di giornale (con annesso invito a specificare se si tratta di un quotidiano, di un settimanale o di un mensile), quando tocca a loro scriverlo producono cose imbarazzanti: anche se si tratta solo di una letterina al direttore…(Non oso immaginare come abbiano corretto e valutato il compito redatto da un alunno! Una volta una collega mi porse trionfante l’elaborato stranamente brillante di un’alunna perché lo ammirassi. Risposi che avevo solo un dubbio: se fosse copiato dall’ “Espresso” o da “Panorama”. L’alunna, con disarmante sincerità, confessò - pensando di aver compiuto un’operazione di creatività meritoria: “La prima metà dall’Espresso, la seconda parfte da Panorama”).

Per chiudere, una notazione autobiografica. Quando ho avuto l’occasione, mi è sempre piaciuto pubblicare le mie opinioni su fogli stampati (o, da qualche anno, su siti web). Per alcuni versi, essendo sia un docente che un pubblicista, la mia condizione è ideale: da docente posso parlare della scuola senza le smanie scandalistiche di certe cronisti, da pubblicista posso parlare alla città delle questioni scolastiche con una certa vivacità espressiva. Però. Proprio perché ritengo che noi insegnanti dovremmo incarnare lo spirito critico della società, sono convinto che occorra iniziare ad essere critici con sé stessi e con la propria categoria professionale. Ma qui scatta l’ipersensibilità dei colleghi docenti che sono pacificamente, intimamente, convinti che i panni sporchi si debbano lavare in famiglia. Invece di controbattere con altre argomentazioni razionali, che ovviamente le tesate con cui collaboro sarebbero liete di ospitare preferiscono gridare al tradimento della corporazione e - secondo i casi - darsi all’invettiva o alla lamentazione. Allora il privilegio di essere anfibi si capovolge in iattura: non ti dicono più che sei bravo perché sei e docente e pubblicista, ma che non ci si poteva attendere di meglio da uno mezzo docente e mezzo pubblicista.

giovedì 17 aprile 2008

The Guardian:a pocket-sized book that visitors will be unable to refuse


-1. The Guardian, Friday March 14 2008
How to spot a mafioso: a tourist’s guide
-1. Tom Kington in Rome
-1. Article history
A Sicilian tour guide who got fed up with answering the same questions about the mafia has written a pocket-sized book he thinks visitors will be unable to refuse.
The Mafia Explained to Tourists - which has been published in Italian, English, Japanese, German, Spanish and French - tackles questions such as: what a mafioso looks like, whether the mafia will exist forever and “why haven’t we seen a shoot-out in our 10 days here?”
“I included the 10 questions I am always asked, so from now I can just hand out the book,” said Augusto Cavadi, a Palermo-based guide and mafia scholar.
The template for his 55-page, €5.50 (£4.20) book was the frequently asked questions section in a washing machine manual. Responding to the question, how is it possible that 5 million Sicilians cannot defeat 5,000 mafiosi?, Cavadi tries to explain the “grey zone” in Sicily, which consists of those who are not part of the mafia but turn a blind eye to its activities. He also lists books and films which present the mafia realistically.
Cavadi said his book was just as suitable for Italians as for foreign tourists: “Italians sometimes insist there are ‘good’ mafiosi who do not kill, as well as ‘bad’ mafiosi.”
To clear up any doubt on the matter, the book contains the question: is it true the mafia will not kill priests?
“They certainly kill them when they take a stand against the mafia,” he said.
As for mobster spotting, Cavadi said it was not straightforward. “They are usually elegant and polite and move in high circles,” he said. “I have known dozens, but only found out years later they were mafiosi when they were arrested. It was 15 years before I figured out my apartment building was owned by a mob family.”

mercoledì 16 aprile 2008

ABC News (21 marzo 2008) by Malaika Bova


A Tourist Guide to … the Mafia
Traveling to Italy? Don’t Forget Your Guide to Sicily’s Feared Mafiosi
By MALAIKA BOVA
LONDON, March 21, 2008

Planning a trip to Sicily and wondering how to spot a Mafioso?
Augusto Cavadi, a Sicilian high school teacher and Mafia scholar, tells tourists everything they’ve wanted to know about the Mafia in a 55-page handbook.
“You know, I couldn’t be bothered to always answer the same questions,” said Cavadi, who holds seminars for tourists wanting to know more about Sicily’s social and historic background.
But this is not only a book for tourists. As a high school teacher, Cavadi was required to plan school exchanges. One thing he found irritating were parents from the north of Italy who would stop their children from traveling to Sicily because they were afraid of what they thought as the “Wild West.”

That was enough for a small, cheap and practical tourist guide about the Mafia to be written, distributed and translated into Japanese, French, German, English and Spanish.
Copying the style of a washing machine instruction manual, “Mafia for Tourists” includes answers to the 10 most frequently asked questions, such as: Does the Mafia kill children? Priests? Women? Why have 5 million Sicilians been unable to successfully jail 5,000 Mafiosi? What is the relationship between Mafia and politics? Has the Mafia always existed?
“Yes the Mafia does kill priests if they speak out against it,” Cavadi said in an interview with ABC News and this is precisely his point.
“I don’t want to diminish the fierceness of [the] Mafia, but I would like to make it absolutely clear that the Mafia doesn’t care about tourists. It is not in its interests to attract the police attention and this is why it keeps petty crime under control. Areas where organized crime organizations are operating are as safe as Paris and Rome. Mafia kills those who speak against it: journalists, judges, doctors, politicians,” Cavadi said.
In 150 years, only a couple of unlucky tourists have been wounded by Mafiosi. They were driving behind the car of Giovanni Falcone, a judge killed in a Mafia ambush in 1992.
For the scholar, the tiny book has a big task: restoring the battered image of his homeland.
Many tourist guides are ashamed of even answering questions about Mafia but Cavadi argues, “we shouldn’t be ashamed of our land. Sicily is not only a Mafia region, but it also belongs to all those people that have given their life to fight the organized crime. And this is something we can be proud of.”
In Italy, the book hasn’t been advertised and few have been talking about it. Anything related to the Mafia is a very sensitive issue and the idea of a tourist guide about it is not always well accepted. For some the guide is a way to profit from a tragedy.
Roberto Saviano, author of “Gomorra,” a best-selling book about Camorra — the organized crime syndicate operating in Naples — told ABC News, “The idea could be suggestive, but a tourist guide sounds like a way to capitalize on the Mafia rather than to send a provocative message.”
Others like Nando Dalla Chiesa, a former member of parliament and son of a police head officer killed by the Mafia, worry that the guide could contribute to stereotypes, turning the Mafia into a folkloristic wonder.
But some also believe that speaking about organized crime is a way of fighting it, unveiling its secrecy, sharing among an increasing number of people the responsibility of knowing what is going on, crashing the code of silence that protects it.
For Enzo Bianco, a former interior minister and ex-mayor of Catania, a major city in Sicily, “one of the great victories in the war against the Mafia is when the first repentant started to write about it. Information and communication about the Mafia are extraordinary tools to break the holy and fearsome atmosphere that surrounds the organization.”
Bianco adds that this is not the first initiative of this kind. Andrea Camilleri, a very popular Italian author, has recently published a dictionary about Mafia, analyzing the words used by Bernardo Provenzano, the boss of bosses, in his Pizzini (coded messages exchanged between Mafia affiliates).
At any rate, if your final goal is to spot a true Mafioso, the Mafia handbook is not a 100 percent guarantee. Cavadi has known dozens of them, but only realized they were Mafiosi once they were arrested.

NELLA TRAPANI DEL VESCOVO


“Repubblica - Palermo”
16.4.08

FRANCESCO MICCICHE’
Di te si dicono cose stupende
Diocesi di Trapani
Pagine 157
Distribuzione gratuita

Ogni anno il vescovo di Trapani, come altri suoi colleghi, redige e distribuisce ai fedeli interessati il “piano pastorale”: una sorta di programma di governo su cui far convergere le energie della diocesi. Micciché ama dare a questo genere di documento una veste letterariamente accattivante, a tratti poetica, certo distante dal freddo linguaggio burocratico e gerarchico. Per il 2007 - 2008 ha stilato questo progetto (titolato Di te si dicono cose stupende, città di Dio! e sottotitolato La carità nella polis) sotto forma di un “serissimo gioco di fantasia”: ha immaginato, infatti, di disegnare una città ideale (Civitanostra) con Piazza Comunità, la Fontana delle tre virtù, l’Agorà dei giovani, il Giardino delle generazioni, la Cittadella dello sport, il Monumento all’ospite amico…A che scopo? Porsi un paradigma che ci spinga a lavorare per migliorare la città reale in cui viviamo. La chiave interpretativa per entrare in questo spazio immaginario è fornita dall’esergo (un po’ spiazzante) di Pio XI: “Nulla è più importante della politica, tranne la religione”.

martedì 15 aprile 2008

CROCE E SALVEMINI


“Repubblica - Palermo”
15.4.2008

CRESCERE SULLE SPALLE DEI GIGANTI

In altre epoche, senza gli alti confronti culturali “Porta a porta”, ci si doveva accontentare dei dibattiti fra liberali come Croce e socialisti come Salvemini. Che quelle dispute abbiano qualcosa da insegnare anche a noi contemporanei, Livio Ghersi prova ad argomentarlo nell’opera Croce e Salvemini. Uno storico conflitto ideale ripensato nell’Italia odierna (Bibliosofica, Roma 2007, pp. 638, euro 15). Anche in Sicilia - come nel resto d’Italia - si sta configurando un’aggregazione partitica che aspira a far convergere le grandi culture democratiche repubblicane: il liberalismo progressista, il cattolicesimo popolare, il socialismo riformista. Ovviamente non si tratta solo di annacquare questi filoni in una pappa insapore, ma di trarne ispirazione per sintesi inedite. Una direzione di marcia “post-ideologica”?

Se per ideologia s’intende un sistema dottrinario ‘fondamentalista’, può andare anche bene. Non altrettanto se il superamento dell’impianto ideologico dovesse intendersi come allegra rinunzia ad ogni fondazione teorica: come adozione di un pragmatismo furbetto in nome del quale navigare a vista secondo i risultati dei sondaggi. C’è dunque bisogno di salire sulle spalle dei giganti che ci hanno preceduto per vedere un po’ più lontano di loro: prima di affermare che li abbiamo superati, bisognerebbe dimostrare che li abbiamo raggiunti. I due giganti che Ghersi interroga sono Benedetto Croce e Gaetano Salvemini: con sintonia intellettuale e morale nei confronti del primo molto più intensa rispetto al secondo. Tra i preziosi suggerimenti che l’autore ricava almeno tre o quattro meritano d’essere ripresi. Primo: un laico liberale non deve essere, necessariamente, ‘relativista’ (almeno nel senso di scettico, di indifferente ad ogni scala di valori oggettivi). Come ha scritto Croce, “lo storicismo dissipa il relativismo, perché esso asside la verità sulla salda roccia della storia, l’unico appoggio che l’uomo possegga”. Secondo: “il liberalismo va distinto, nella teoria e nella prassi, dall’individualismo radicale”. Esso, infatti, non si identifica con un “mero sentimento libertario” - sarebbe anarchismo - ma si radica sul doppio cardine dello “Stato di diritto” e della “responsabilità individuale”. Terzo: difendere la laicità dello Stato non implica “irridere il sentimento religioso” che va rispettato, quanto garantire, inseparabilmente dalla libertà di religione, “la libertà di non professare alcuna religione”. Che, in concreto, significa: “Papa e vescovi sono liberi di parlare, ma chi li ascolta è libero di valutare le loro parole, così come è libero di ignorarle”. Il quarto suggerimento tocca un piano ancora più concreto: il problema della selezione della rappresentanza politica. Qui Ghersi dimostra, con finezza giuridica, che l’attuale sistema elettorale veleggia ai limiti della incostituzionalità: la legge n. 270 del 2005 è “una pessima legge”, mentre la normativa vigente in Germania costituisce “un’ottima soluzione”. La conclusione cui perviene l’autore non è proprio entusiastica: molti si dicono liberali, ma si dividono quando si tratta di darsi una rappresentanza. Sarebbe il caso, invece, secondo l’autore, che trovassero un’intesa: anche per contrastare la strumentalizzazione degli ideali liberali da parte di equivoci personaggi che spacciano per liberalismo il loro “anarco-capitalismo”.

RIQUADRO
Livio Ghersi è noto negli ambienti cittadini soprattutto per una insolita dirittura morale che lo ha indotto - da Consigliere parlamentare dell’ARS - prima a denunziare pubblicamente gli eccessivi privilegi economici riservati ai funzionari come lui, poi a dimettersi volontariamente dall’impiego ben prima di raggiungere i massimi livelli stipendiali. Meno nota la sua attività di studioso tanto scrupoloso dal punto di vista scientifico quanto attento alle istanze dell’attualità. Dal 1996 al 1998 ha contribuito, in maniera determinante, alla fondazione a Palermo del circolo politico-culturale “A. Amodeo” e alla conseguente pubblicazione dei nove numeri della rivista “Pratica della Libertà“.

venerdì 11 aprile 2008

IL MISTERO DELLA DIVINITA’


Repubblica -Palermo 11.4.08

GIUSEPPE SAVAGNONE
Processo a Gesù
Elle Di Ci
Pagine 190
Euro 10

E’ ancora ragionevole credere nella divinità di Gesù? Il sottotitolo di Processo a Gesù, ultimo saggio di Savagnone, ne chiarisce senza equivoci finalità e contenuti. Come nello stile dell’autore è un libro accurato, intenso e tuttavia dedicato ad un pubblico più vasto rispetto ai teologi di professione.
In anni non lontani (e in scritti dello stesso Savagnone) si metteva in evidenza l’eccezionalità della figura e delle azioni di Gesù per concludere che fosse poco ragionevole negarne la natura divina. Adesso, come in questo volume, si capovolge l’impostazione: siccome Gesù è in tutto e per tutto umano, senza nessun sintomo di eccedenza rispetto alla ‘normalità‘ (non si è neppure dichiarato una persona divina), perché non accoglierlo come la perfetta incarnazione di un Dio che si abbassa sino al totale anonimato? La questione è intrigante e ovviamente presta la guancia a molte obiezioni. Un incontro con il vescovo di Rimini mons. Lambiasi, che è anche noto biblista, ha costituito ieri sera, presso la Facoltà teologica, una prima occasione di confronto.

giovedì 10 aprile 2008

La mafia spiegata ai turisti su www.trapaniwelcome.it


www.trapaniwelcome.it
10.4.2008

LA MAFIA SPIEGATA AI TURISTI
 DA AUGUSTO CAVADI
Parlare di Mafia è sempre difficile. Si rischia di cadere facilmente preda dei soliti luoghi comuni.
Il libro di Cavadi, invece, ha lo straordinario pregio di partire proprio da quest’ultimi per sfatare, contraddire e – qualche volta - confermare l’impalcatura folkloristica che negli anni è stata costruita attorno alla Mafia.
L’Onorata Società,che non manca mai di essere citata in tutto quello che ha a che fare-anche vagamente- con la Sicilia,è ormai giunta a far parte del DNA e del colore di questa terra.
Per pigrizia,comodità ed ignoranza l’annosa convivenza tra mito e realtà è stata accettata ed assimilata dai siciliani stessi, incapaci ancora oggi di spiegare e spiegarsi cos’è veramente la Mafia.
In soccorso dei più confusi giunge allora il libro-manuale di Cavadi che, punto per punto, tenta di rispondere alle domande più comuni proponendo nuove interessanti chiavi di lettura nell’ottica di una Mafia che cambia, risultando difficile da riconoscere, ma impossibile da ignorare.
Di grande intelligenza,infine, la sezione riservata alla bibliografia. Come a dire: “la Mafia spiegata ai turisti” è il primo passo per chi vuole realmente conoscere e approfondire il fenomeno “Cosa Nostra”.

Di Girolamo Editore, Trapani, 2008, pp. 54 (edito anche in lingua inglese, tedesca, francese, spagnola e giapponese).

domenica 6 aprile 2008

Intervista a www.viaggiando.blogosfere.it


Docente di storia e filosofia, Augusto Cavadi, ha realizzato un piccolo libricino per sfatare i falsi miti legati alla realtà siciliana e alla mafia: La mafia spiegata ai turisti (Di Girolamo, Trapani 2008, 54 pagine). Grazie a queste molteplici traduzioni linguistiche Cavadi crea un ponte con il lettore, anche straniero, che si trova a vivere un’esperienza turistica, allontanandolo dall’immagine stereotipata del fenomeno mafioso.

GC. Penso che la paura verso il diverso sia uno dei maggiori freni inibitori del turismo contemporaneo. Inserisco il suo testo La mafia spiegata ai turisti nel più ampio discorso sulla conoscenza del luogo in assenza di pregiudizi. Cosa pensa del turismo contemporaneo?
AC. Mi pare di notare, anche sulla base di qualche esperienza personale, una duplice - contraddittoria - linea di tendenza. L’evoluzione positiva è verso un turismo etico, responsabile: con una Ong siciliana sono stato ad esempio a visitare il Brasile evitando gli alberghi lussuosi (dunque sostenendo le strutture di accoglienza di tipo familiare) e visitando associazioni, cooperative, movimenti con cui questa Ong (Cooperazione internazione Sud-Sud) collabora in progetti di sviluppo. Quello che abbiamo risparmiato evitando il lusso superfluo si è trasformato in finanziamento di questi progetti di solidarietà internazionale. Tuttavia sarebbe ingenuo non vedere anche una tendenza involutiva verso un turismo predatorio che gira il mondo per comprare a basso prezzo monili artigianali da rivendere in patria ad un prezzo decuplicato o, peggio ancora, per comprare a costi ridicoli i corpi di adulti e minori. D’altronde un civiltà che non sa guardare, nel senso del silenzioso piacere contemplativo, le bellezze che custodisce nel proprio patrimonio naturalistico e storico, come potrebbe generare turisti in grado di apprezzare e fruire con rispetto i tesori degli altri?

GC. Come è nato il libro e come si è sviluppato il suo progetto? Come ha approfondito il rapporto tra la mafia e il turismo?
AC. Diciamo che il ricevere spesso l’invito ad incontrare gruppi di ospiti italiani e stranieri per spiegare un po’ cos’è la mafia mi ha suggerito l’idea di questa sorta di piccolo manuale introduttivo a discussioni più approfondite. La tesi che non esprimo nelle cinquanta paginette del pocket, ma che sta per così dire sullo sfondo, è che il turismo in Sicilia è già frenato dallo stato lacunoso delle infrastrutture, dal disprezzo dell’ambiente, dal malcostume di tanti operatori del settore e dell’indotto (addetti alla sistemazione delle automobili in alcune navi, taxisti, conduttori di carrozzelle con cavalli…) che vedono troppo spesso nel turista un pollo da spennare. Perché aggiungere a questi fattori veri, reali, oggettivi, anche i fantasmi della mafia? I mafiosi esistono, e come! Ma non si sognano certo di aggredire gli stranieri. La loro violenza è piuttosto diretta contro quei siciliani onesti che, tenendo la schiena dritta nell’adempimento dei propri doveri civici, si oppongono alla sopraffazione mafiosa.

GC. Lo scopo del volume è quello di riuscire a ridurre le diverse forme di pregiudizio nei confronti di una terra molto bella come la Sicilia. Quali altre strategie è necessario adottare sia a livello personale che sociale nei confronti di un luogo come la Sicilia?
AC. Bisogna certo abbattere il pregiudizio che vede nella mafia un pericolo immediato per i turisti. Ma senza dimenticare che, sia pure a largo raggio e nel lungo periodo, il sistema di potere mafioso è davvero un ostacolo allo sviluppo della Sicilia. Basti pensare ad un solo aspetto: i governi che si sono succeduti (quasi sempre dello stesso orientamento moderato e filo-mafioso) hanno accresciuto il consenso elettorale concedendo ai cittadini più intraprendenti di deturpare il panorama con costruzioni abusive, poi sistematicamente sanate. Direi dunque che mentre spieghiamo ai turisti di non dover temere la mafia immaginaria (non siamo nel Far West!), dovremmo impegnarci a liberarci dalla mafia reale che sacrifica il bene comune a favore degli interessi privati più sfacciati.

GC. Cosa pensa del turismo siciliano?
AC. Vivo in un’isola che per tradizione è stata méta di turismo più che base di partenza. Partecipo quindi di una sorta di memoria collettiva di un turismo che approdava sulle nostre coste con uno sguardo misto di ammirazione per la bellezza e di morbosa curiosità per gli aspetti ’selvaggi’ di larghe fasce della popolazione. Negli ultimi decenni mi pare che, lentamente, si stia riuscendo a modificare lo sguardo del visitatore: ancora ammirato per bellezze che mozzano il fiato, ma non più motivato dall’attesa di trovare fra la gente personaggi pittoreschi (figure caricaturali che appartenevano, se mai, ad altri tempi).

GC. Una riflessione breve sulla mafia e sul Centro siciliano di documentazione “Giuseppe Impastato”. Di cosa si sta occupando attualmente?
AC. La mafia è un fenomeno complesso (sociale, militare, economico, politico, culturale) in perenne trasformazione. Innanzitutto va dunque monitorato con una conoscenza analitica in costante aggiornamento: ed è questo il compito precipuo che si è assegnato il Centro-studi intestato a Peppino Impastato. Ma poiché il sistema di potere mafioso va anche combattuto togliendogli consenso, nessuna fatica intellettuale sarebbe sufficiente senza quell’insieme di associazioni, gruppi, centri sociali che ogni giorno si spendono nel territorio per convincere i siciliani meno consapevoli della necessità di liberarsi dalla sudditanza attuale.

GC. Un viaggio che consiglia ai lettori di Blogosfere (eventualmente un racconto degli aspetti significativi dell’esperienza)
AC. questa domanda penso sia impossibile rispondere! La nostra regione è tutta così intrigante, dal mare del parco naturale dello Zingaro alla neve dell’Etna, che veramente ogni scelta è una rinunzia dolorosa…Potrei solo consigliare di rivolgersi a qualche recente iniziativa giovanile che offre di accompagnare le comitive non solo lungo gli itinerari canonici, ma anche in quartieri popolari o per conoscere cittadini impegnati in battaglie etiche e politiche alternative. Ma approfondire questi aspetti meriterebbe un’altra intervista…

Per partecipare a una di queste esperienze di turismo alternativo si possono contattare http://www.3.mow.it/sicilia/arciturismo/ o http://www.viaggisolidali.it/

mercoledì 2 aprile 2008

COSA NOSTRA E CHIESA


Repubblica - Palermo 2.4.08

MAFIA E FESTE RELIGIOSE: UN INTRECCIO DA DENUNCIARE

L’ostentazione della fede religiosa da parte dei mafiosi costituisce una questione dai risvolti davvero molteplici. L’ennesimo spunto è stato offerto dalla relazione con cui la Procura della Repubblica di Catania ha reso note le conclusioni di una lunga inchiesta riguardante gli anni 1999 - 2005, dalla quale è risultato che alcune cosche mafiose hanno esercitato un controllo strettissimo delle celebrazioni del festino di sant’Agata, condizionandone gli aspetti anche secondari: “tempistica dei festeggiamenti (soste della processione, tempi e luoghi dell’esplosione dei fuochi d’artificio, orari del rientro del fercolo in cattedrale)”; dislocazione delle bancarelle, in considerazione della conseguente disparità degli introiti economici; gestione dei flussi finanziari sia legali (compensi per i portatori delle ‘candelore’, per i fuochi d’artificio, per ceri e ceroni) sia illegali (come le scommesse). La regia ha avuto come quartier generale il Circolo di sant’Agata, presieduto da un signore che - nonostante il cognome rassicurante (Pietro Diolosà) - è imputato di associazione mafiosa insieme ad altri sette soci del Circolo, fra cui il tesserato n° 1 (Antonino Santapaola , nipote del più celebre boss Nitto) ed il tesserato n° 2 (Vincenzo Mangion).

A queste notizie (per la verità non proprio inaspettate: tra gli addetti ai lavori non ci si è dimenticati delle credenziali mafiose dell’autista incaricato di guidare l’automobile di Giovanni Paolo II nel corso della sua prima visita a Palermo), non risulta che la Curia arcivescovile di Catania o altre istituzioni cattoliche siciliane abbiano trovato qualcosa da commentare. Con due eccezioni (tanto più meritorie quanto più isolate e dunque esposte a possibili ritorsioni): la vivace comunità parrocchiale catanese “Santi Pietro e Paolo” di Catania e la Commissione “Giustizia e pace” della Provincia italiana dell’Ordine dei predicatori (più noti come padri domenicani). Entrambe le organizzazioni cattoliche hanno voluto prendere pubblicamente posizione sottoscrivendo e diffondendo una Lettera in cui, fra l’altro, si legge: “Come cristiani non possiamo restare indifferenti nel momento in cui veniamo a sapere che questo forte condizionamento violento e mafioso pesa su questa festa che per tutti noi ha un fortissimo significato di fedeltà a Cristo. Ma non c’è nessuna testimonianza di fedeltà a Gesù, non c’è nessun annunzio di festa, quando il contesto della stessa viene gestito, organizzato, asservito dalla volontà di altri che hanno ben altri scopi che di annunziare la pace evangelica”. Da qui l’invito, rivolto a tutti i cristiani, a “non rimuovere l’inchiesta giudiziaria in corso”; a “riflettere su come il condizionamento mafioso incida sulla nostra libertà di testimoniare Cristo”; a “non lasciar passare dentro le famiglie, le scuole, i quartieri, le parrocchie, il messaggio che la mafia è un male così naturale che conviene restare in silenzio”. “Chiediamo” - conclude il coraggioso documento - “a tutta la Chiesa di esprimersi non solo con parole ma anche con azioni di pace, non solo con azioni singole ma anche con azioni partecipate e collegiali”.
Se la vicenda riguardasse solo Catania, la questione sarebbe già abbastanza grave. Ma poiché - come ha voluto ricordare il padre domenicano Giovanni Calcara, docente all’Università “Maria Ausiliatrice” di Palermo, in un intervento sul periodico dei Dehoniani “Settimana” - non riguarda solo una città dell’isola, bensì “tutto il Meridione d’Italia”, la questione è gravissima. Questo “modo di concepire e di gestire le feste religiose” - nonostante riveli un “condizionamento immorale” - è “diffuso”: ne sanno qualcosa quei pochi preti che hanno tentato di troncare tali ambigui intrecci mafiosi nel proprio territorio. Farebbe dunque male il mondo cattolico meridionale (comunità parrocchiali, associazioni, movimenti) a non recepire e rilanciare la Lettera aperta indirizzatagli da Catania. In modo che l’appello, così amplificato, raggiunga le stanze ovattate delle autorità religiose e civili e provochi reazioni proporzionate alla gravità delle denunce.