venerdì 5 gennaio 2024

L'ANTIFEMMINISMO DELLE DESTRE IDEOLOGICHE E POLITICHE: INSIDIOSO PROPRIO PERCHE' SOFT

 

L’antifemminismo soft delle Destre ideologiche e politiche

Definire di Destra il trentennio dell’influenza di Silvio Berlusconi sulla politica italiana (1994 – 2023) sarebbe fuorviante: l’imprenditore milanese è stato distante da una cultura tradizionalista, conservatrice, statalista e molti esponenti colti e corretti delle formazioni di Destra, che l’hanno prontamente intuito,  si sono tenuti fuori dalla sua corte edonista e arraffona. Quel trentennio è stato piuttosto caratterizzato dall’ingresso nel nostro quadro politico di un orientamento inedito, l’anarco-capitalismo, sorretto e veicolato da un orientamento molto meno recente: il qualunquismo ideologico. Il combinato disposto di anarco-capitalismo e qualunquismo ha provocato un inquinamento etico dagli effetti tossici sull’intero arco parlamentare: a Destra (vedi Matteo Salvini), al Centro (vedi Clemente Mastella) e a Sinistra (vedi Matteo Renzi).

La fase davvero di Destra è iniziata nel 2022 con la nuova maggioranza parlamentare e l’elezione del governo guidato da Giorgia Meloni: il decesso biologico di Berlusconi nel 2023 ha segnato, quasi simbolicamente, la fine di un’epoca post-ideologica. Per non sappiamo quanti anni (ognuno di noi intreccia previsioni, speranze e timori)  ritorna il tempo in cui chi esercita il potere politico lo usa non solo a scopi privatistici, utilitaristici, ma anche per contribuire a costruire un certo tipo di società, di famiglia, di istruzione, di sanità, di esercito, di ordine pubblico, persino di religione. Il tempo in cui, insomma, il dominio elettorale tende ad ampliare il consenso mediante  l’egemonia culturale, etica.

In questa strategia la Destra italiana non è priva di modelli: né nel passato (almeno da questo punto di vista è innegabile la sua eredità fascista) né dal presente. In particolare è interessante esaminare ciò che la Destra statunitense è riuscita a creare tessendo alleanze con aree sociali, ben diverse su tanti punti, quali il fondamentalismo protestante, il conservatorismo cattolico, l’ortodossia ebraica…In tale esame può riuscire istruttivo un volume della Andrea Dworkin, edito nel 1983, di cui Stefania Arcara e Deborah Ardilli hanno curato l’edizione italiana: Donne di destra. La politica delle donne addomesticate, VandA Edizioni, Milano 2023.

Trascelgo alcune, fra le tante, indicazioni che mi son sembrate più convincenti.

Una prima notazione è di carattere generale: per la Destra insistere sulla conservazione del ruolo tradizionale delle donne come partner sessuali e progenitrici non è un elemento di contorno, ma un cavallo di battaglia che rastrella voti tra elettrici ed elettori. Quando la senatrice di Fratelli d’Italia, Lavinia Mennuni, negli ultimissimi giorni del 2023, dichiara in tv che l’aspirazione fondamentale di una ragazza dev’essere diventare madre, non si lascia scappare una stupidaggine, ma muove una pedina strategica per attrarre consensi elettorali anche in fasce di popolazione astensioniste o di orientamento lontano, su altre tematiche, dalla cultura tecnicamente fascista.

Una seconda indicazione: l’antifemminismo della Destra è insidioso in quanto il suo maschilismo alterna a becere volgarità (di cui l’ex-compagno della Meloni dava quotidiane dimostrazioni per lunghi anni prima di essere sconfessato) toni protettivi, mascherandosi da paternalismo. Ma, come aveva scritto già nel 1892 Elizabeth Cady Stanton, “l’idea di mettere la donna al riparo dalle violente tempeste della vita è la beffa più grande, perché queste la colpiscono da ogni parte, proprio come accade all’uomo, e con risultati più fatali, perché lui è stato addestrato a proteggersi, a resistere e a vincere” (p. 57).

Una terza indicazione: la retorica sulla “famiglia come la sola enclave sicura” (p. 41) (contro l’evidenza statistica secondo cui le donne sono violate soprattutto da uomini della loro famiglia, del loro ceto sociale e del loro gruppo etnico) si presta alla stigmatizzazione delle minoranze etniche e degli allarmi sui flussi migratori.

Una quarta indicazione: che le donne dei ceti dominanti optino per il conservatorismo, lo si può comprendere (che non vuol dire giustificare), dal momento che condividono non pochi privilegi dell’assetto patriarcale. Ma le donne dei ceti oppressi, sfruttati? Forse, in misura minima, può incidere – più o meno consciamente – l’illusione che, aderendo a una “ideologia androcentrica”, si possa accedere al rango di “uomini onorari” (e, a conferma del traguardo raggiunto, rivendicare con orgoglio le proprie origini “borgatare” e pretendere di essere appellate come “Signor Presidente”). Ma una ragione molto più decisiva sta nella (fondata) convinzione che, nell’assetto legislativo e culturale attuale, una donna che rifiutasse la pelosa protezione dei maschi (padri-fratelli-mariti) si troverebbe in un mercato del lavoro dove, al posto della “indipendenza economica”, l’aspetta un destino di “segregazione occupazionale, di paghe basse, di esposizione alle molestie, di doppia giornata lavorativa” (p. 45). La “quieta disperazione” (p. 139) di tante donne, strumentalizzata dalle Destre, non sarà curata sino a quando esse si vedranno accerchiate da “un antifemminismo a tratti meno sguaiato di quello inalberato dalla destra familista e antiabortista, ma altrettanto radicato , ubiquo, diffuso lungo la totalità dello spettro politico” (p. 46).

Il libro della Dworkin offre molto altro materiale e, dunque, anche motivi di perplessità e di riserve. Qui mi limiterei a una sola considerazione. La constatazione dell’onnipresenza dell’antifemminismo, benché vera, potrebbe prestarsi a conclusioni operative disastrose (per altro tipiche di ogni teoria rivoluzionaria indisposta a coniugare l’irrinunciabile radicalità dei fini con l’inevitabile gradualità dei passi per raggiungerlo): che sia inutile recarsi alle urne per favorire la vittoria dei riformisti (più o meno moderati) e sbarrare l’ascesa dei conservatori (più o meno reazionari). L’autrice non formula tale conclusione astensionista, ma neppure si preoccupa di escluderla. Come invece sono convinto che si debba fare se si vuole evitare di rinunziare a piccole vittorie parziali condannandosi a subire grandi sconfitte totali.

Augusto Cavadi

www.augustocavadi.com

Per la versione originale illustrata, cliccare qui:

https://www.zerozeronews.it/lantifemminismo-soft-delle-destre-ideologiche-e-politiche/

3 commenti:

Marcella Galanti ha detto...

L’ho letta, complimenti Augusto. Fra qualche giorno vedremo le destre che difenderanno la famiglia arcobaleno. Allora capiremo che i diritti civili andranno bene solo se saranno inglobati nel modello della famiglia. Ma vogliamo veramente questo? Cito il titolo di un libro di Michela Murgia per esprimere la mia posizione, ma con tante domande: “God save the queer!”

Antonella Palazzotto ha detto...

Ottimo, grazie 🤗

Pietro Spalla ha detto...

Sempre lucido ed essenziale,  Augusto !