lunedì 15 marzo 2010

Le risposte del deputato Capodicasa e del senatore Crisafulli


“Repubblica - Palermo”
12. 3. 2010

LE RISPOSTE CHE ASPETTAVAMO A QUEL PAMPHLET INFUOCATO

In un intervento di alcuni giorni fa (Quel pamphlet infuocato e lo strano silenzio del PD) mi chiedevo come mai due leader del maggiore partito di opposizione in Sicilia, apertamente accusati - in un libro dell’avvocato Giuseppe Arnone - di metodi clientelari e di relazioni spericolate con ambienti mafiosi, mantenessero un’assordante afasia. Sia il senatore Vladimiro Crisafulli che l’onorevole Angelo Capodicasa hanno scritto a “Repubblica” per rappresentare la ragione del loro atteggiamento, almeno apparentemente, indecifrabile: le accuse verrebbero - per riprendere le parole dell’ex presidente della Regione - da “un ex iscritto messo fuori dal partito dalla Commissione regionale di garanzia per aver violato lo Statuto e il codice etico del Pd”; anzi da “un soggetto in evidente debito di credibilità, che cerca di rifarsi una verginità e alla disperata ricerca di accreditamenti e di visibilità“;.
Francamente non saprei dire se questo giudizio su Arnone (del quale l’esponente del PD si assume in esclusiva la responsabilità) legittimi il loro sdegnato silenzio o, al contrario, ne renda ancor meno comprensibile la mancata reazione, in sede sia politica che giudiziaria. Se qualcuno (a maggior ragione se da me poco stimato) mi contestasse apertamente dei comportamenti illeciti, o immorali, non esiterei a scegliere fra la risposta documentata o la denunzia per diffamazione. Ma forse ha ragione l’onorevole deputato agrigentino quando scrive: “mi pare che a Cavadi faccia difetto una certa lucidità nell’interpretare il mio silenzio” e “temo che abbia una concezione originale della democrazia, sicuramente diversa dalla mia”.
Divergenze a parte (di cui non sono del tutto sicuro di dovermi rammaricare), preferisco in positivo registrare, comunque, un dato incoraggiante: la dichiarazione di Capodicasa di mettersi “a totale disposizione di chi - preso dal dubbio o dalla curiosità - voglia approfondire di più″ (così come ha già fatto “nelle sedi in cui gli è stato possibile farlo - come la Commissione Nazionale di Garanzia del Pd, dalla quale, su sua richiesta, è stato audito”). Una buona notizia, direi: da oggi anche i potenziali, comuni elettori del centro-sinistra sanno che a ogni loro domanda (purché avanzata senza il minimo riferimento al “libercolo” di Arnone, falsato da “cumulo di menzogne, ricostruzioni di comodo, manipolazione dei fatti”) sarà data, democraticamente, una risposta articolata (con “lealtà e buona fede”, a debita distanza da “teppismo politico, bullismo, piazzate e metodi da rissa”).

Il senatore Crisafulli va ancora oltre: non solo evoca chiarimenti rilasciati nel passato e ne promette per il futuro, ma li riassume già nel presente. Spiega infatti, a proposito dell’episodio più inquietante dell’indagine giudiziaria a suo carico, di aver accettato e non chiesto il colloquio con l’avvocato Bevilacqua, da lui conosciuto “per essere stato consigliere provinciale nello stesso Consiglio di cui anch’io facevo parte”, e di averlo accettato pur sapendo che, “come è capitato a tanti altri politici tutt’ora in attività“, “era coinvolto in una vicenda giudiziaria per Mafia”; che, nonostante tali disavventure, “nessuno avesse consapevolezza del ruolo di cui, anni dopo, la magistratura accuserà Bevilacqua” (il quale dunque restava una personalità “con cui tutti parlano”); che comunque, dalle intercettazioni ambientali, risulta che lo stesso Crisafulli non solo non ha “acceduto alle richieste del Bevilacqua”, ma lo ha anche apostrofato con il suo “consueto linguaggio colorito”; che, alla fine, il PM ha ritenuto queste risposte “talmente esaustive da chiudere le indagini” in soli “sei mesi” (”l’archiviazione più veloce della Repubblica in materia di Mafia”). Conclude il senatore: “Per questa vicenda ho pagato politicamente, poiché alle elezioni del 2004, in cui intendevo concorrere, si decise di non candidarmi. Cos’altro dovrei rispondere ad Arnone?”.
Come ho sostenuto con chiarezza nel mio pezzo, non mi riconosco il compito di entrare nel merito delle dispute: mi sembra rilevante, però, dal punto di vista del metodo, che anche i due illustri esponenti del centro-sinistra si dichiarino convinti che, in democrazia, ci si parla. E che, soprattutto Crisafullli, abbia accettato di iniziare a farlo. Ognuno può scegliersi i luoghi, i modi, gli strumenti e i tempi che preferisce: ma non gli interlocutori. Se dovessimo fare “l’analisi del sangue” a chi ci critica pubblicamente prima di decidere se rispondere, rischieremmo di dover rispondere assai raramente. Né, in quei rari casi, saremmo sicuri di aver scelto le persone giuste.

Augusto Cavadi

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