venerdì 1 luglio 2011

Perché si può scegliere di non fare il commissario d’esame?


“Repubblica – Palermo”
29.6.2011

LA COMMEDIA DEGLI ESAMI E I CERTIFICATI DEI PROFESSORI

Anche per la Sicilia la cronaca ci restituisce, con puntualità annuale, il dato statistico di circa un decimo di commissari ‘esterni’ che – nominati dal Ministero – rinunziano a svolgere gli esami di maturità. A leggere la notizia, la reazione spontanea (più o meno seriosa) è pensare che il ministro Brunetta, quando parla di dipendenti pubblici “fannulloni”, non abbia tutti i torti. E’ davvero così? Escludiamo subito, dai circa 130 docenti su 1.300 che hanno chiesto l’esonero in provincia di Palermo, una trentina che - plausibilmente – abbiano davvero motivi di salute o familiari per rinunziare. Tra questi ci sono diversi casi, di cui sono personalmente a conoscenza, d’insegnanti affetti da patologie croniche che, per senso del dovere e rispetto del percorso formativo degli alunni, stringono i denti per nove mesi e non ricorrono (come pure la normativa consentirebbe) a congedi straordinari; e che riservano a fine giugno, quando una loro assenza è facilmente rimpiazzabile, gli accertamenti clinici e le terapie particolari. Già, perché è bene che l’opinione pubblica sappia che ogni commissario d’esame rinunciatario viene sostituito o da un collega di ruolo (che sta meglio in salute e che solo per una opzione casuale del computer romano non è stato nominato) o da un docente precario. Nel primo caso, non c’è nessuna ragione di escludere che l’insegnante ‘ripescato’ si dispiaccia della nomina (che comporta una integrazione dello stipendio intorno ai quattrocento euro per venti giorni di lavoro); nel secondo caso, poi, è certo che il docente precario è felice di fare un’esperienza professionale rilevante, di guadagnare qualche punto per la graduatoria e di percepire un emolumento che da tempo non percepisce.
Chiarito tutto questo, l’onestà intellettuale impone una considerazione finale per nulla marginale. In diversi docenti, che avrebbero motivi ‘oggettivi’ per rinunciare alla nomina ma che potrebbero comunque accettarla con qualche sforzo supplementare, la bilancia finisce per pendere dalla parte del ‘no’ come effetto di pregresse esperienze frustranti. Infatti la normativa attuale prevede una formula “all’italiana” che è il peggio che si potesse immaginare: comporta dispendio di soldi pubblici, di energie dei docenti, di stress per gli studenti e le famiglie, ma del tutto vanamente. Se un consiglio di classe dovesse decidere, definitivamente, la promozione o la bocciatura di un alunno, probabilmente si assumerebbe ogni responsabilità: attualmente, invece, si finisce troppo spesso col dire - o con il sottointendere – “noi lo mandiamo agli esami di maturità e, se proprio non ce la fa, sarà la commissione a respingerlo”. D’altro canto, però, questa benedetta commissione è costituita - come non è a tutti noto - da tre membri ‘interni’ e da quattro membri ‘esterni’ (uno dei quali è il presidente-notaio). In teoria sette esaminatori con eguali diritti e doveri: ma in pratica? Volete che i tre membri del consiglio di classe votino per il respingimento di un candidato che dieci giorni prima hanno contribuito a dichiarare (più o meno sinceramente) pronto per l’università? Basta dunque che uno solo dei quattro membri ‘esterni’ (per buonismo, per clientelismo o più spesso per non avere il fastidio di difendersi da eventuali ricorsi al Tar) voti con i tre colleghi ‘interni’ e il gioco è fatto. In scuole statali e ancor più in scuole private (anche tra quelle che un tempo in città si distinguevano dai più vergognosi diplomifici) vengono così dichiarati ‘maturi’ non solo giovani meritevoli, ma anche teste di rapa che non hanno fatto neppure finta di studiare. Quando anno dopo anno si assiste a questo scempio della legalità democratica e dell’equità etica (persino il ricorso all’ispezione straordinaria si rivela, nove volte su dieci, un’arma spuntata), pensate che si abbia voglia di chiudere un occhio sui propri piccoli o meno piccoli malanni per armarsi e fare la guerra ai mulini al vento? Siete sicuri che sia deontologicamente preferibile partecipare stancamente a una vuota liturgia a cui non crede più nessun docente piuttosto che dedicarsi a qualche lettura di aggiornamento professionale e di approfondimento culturale? Ma qui il discorso si eleva un po’ troppo rispetto alle possibilità di comprensione di molti politici al timone del Titanic.

Augusto Cavadi

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