domenica 23 dicembre 2012

Basta un “concorsone” per avere bravi insegnanti?


“Repubblica – Palermo” 23.12.2012

NON SOLO CONCORSI PER AVERE BRAVI PROF

Anche in Sicilia è scattato il “concorsone” per offrire a tanti laureati una possibilità di realizzare la propria aspirazione professionale (almeno in quei casi in cui l’insegnamento è scelto per vocazione, non per ripiego). Anche i non-addetti ai lavori hanno appreso che si arriverà in cattedra dopo aver superato tre filtri: un test al computer, uno scritto e un orale. Se tutto funzionerà a meraviglia, arriveranno in cattedra i candidati più preparati dal punto di vista disciplinare. Sarà abbastanza? Se si trattasse di assegnare posti di “ricercatori”, la risposta sarebbe affermativa. Ma gli insegnanti, che certamente devono essere attrezzati culturalmente e svegli intellettualmente, hanno un compito che travalica - e di molto – l’ambito cognitivo. Devono essere anche didatti e persino educatori. Che significa, in concreto?
In quanto didatti, devono non solo conoscere i contenuti disciplinari, ma anche saperli trasmettere (o, più precisamente, comunicare). E le due qualità non sono per nulla identificabili. Abbiamo conosciuto tutti, nelle nostre carriere scolastiche, docenti preparati nelle proprie materie ma del tutto incapaci di esporle in maniera chiara, graduale, accattivante, coinvolgente. E’ come ricorrere ad un cattedratico universitario, celebre per le sue pubblicazioni scientifiche sull’odontoiatria, che non sappia cavare un dente senza fare sconvolgere il paziente.
Ma la scuola non è solo un presidio contro l’ignoranza: è anche un’agenzia educativa. In quanto educatori, sugli insegnanti pesano delle responsabilità enormi. Che lo vogliano o meno, rappresentano - come i genitori – dei modelli di comportamento che incidono sulla formazione del carattere degli alunni a livello conscio e, ancor più, subliminare. Che disastri può provocare un insegnante instabile psicologicamente, umorale, oscillante secondo le giornate fra permissivismo e legalismo, incapace di assicurare alla classe un clima di serietà e di serenità ? Ancora di più: iniquo nei giudizi perché condizionato da antipatie e simpatie, da pressioni esterne al rapporto con l’allievo, da buonismi inopportuni o da ventate di giustizialismo? Che influenza morale e civica può esercitare un docente abitualmente ritardatario, facile all’assenteismo, che svolge con aria annoiata le lezioni , corregge i compiti in maniera approssimativa? Peggio: che non accetta nessuna forma di confronto né di critica, che non favorisce il dialogo degli alunni fra di loro, che si rifiuta di “rubare tempo” alla matematica o al greco per parlare di un avvenimento, vicino o lontano nello spazio, che ha interrogato le coscienze dei suoi giovani interlocutori? Kant si vantava di non insegnare pensieri, ma a pensare; Einstein di non insegnare nulla, ma di mettere gli altri in condizione di imparare da sé.
Se questo schizzo ha un qualche fondamento, i metodi di selezione e di reclutamento del personale docente dovrebbero essere profondamente rivisti. I vincitori di concorso dovrebbero entrare nei ruoli a tempo indeterminato solo dopo tre anni di effettivo tirocinio, assistito da docenti anziani e passibile di un giudizio anche severo. Certo così entrare nella scuola sarebbe impegnativo come oggi lo è entrare in magistratura o in aereonautica civile: salterebbe il patto perverso che, dalla prima Repubblica a oggi, con la imperdonabile complicità dei sindacati, ha legato Stato e professori (l’uno ha aperto le porte senza troppi filtri iniziali e senza nessun controllo in itinere, gli altri si sono accontentati di stipendi ridicoli e di una professionalità senza prospettive di carriera nel proprio ruolo). Avremmo in cattedra professionisti preparati, bravi a insegnare, non manifestamente inadatti a educare: ma forse sarebbe una rivoluzione che nessuna società, e nessun ceto politico, si può permettere senza rischiare degli assetti ormai incancreniti.

Augusto Cavadi

1 commento:

Maria D'Asaro ha detto...

Dal mio osservatorio di docente nella scuola media di prima grado e psicopedagogista, condivido sostanzialmente analisi e proposte.
Maria D'Asaro