lunedì 19 dicembre 2022

ANCORA QUALCHE RIFLESSIONE SULL' «ASSURDISMO» DI JEAN-PAUL SARTRE

ANCORA IN DIALOGO CON J.P. SARTRE

Per Jean-Paul Sartre l'essere umano è tale in quanto titolare di una libertà assoluta, totale. Ma – come abbiamo visto in un intervento precedente (https://www.zerozeronews.it/sartre-e-il-punto-di-partenza-e-darrivo-di-dio/) - a suo avviso, se esistesse un Dio come lo propongono i tre grandi monoteismi mediterranei, l'uomo non sarebbe davvero libero. Anzi, addirittura, sarebbe “nulla”: « Se Dio esiste, l'uomo è nulla; se l'uomo esiste... » (Il diavolo e il buon Dio). Se vuole pensarsi come radicalmente libero, deve 'postulare' che Dio non c'è. Vivere come se Dio non ci fosse. L'ateismo è l'unica ipotesi che possa spiegare il desiderio umano di essere incondizionatamente liberi.

Ma questo ateismo ha un suo prezzo notevole. Infatti, eliminata l'ipotesi di un Dio cui attribuire il senso dell'universo, tale universo risulta senza fondamento e senza scopo. In una parola-chiave del vocabolario sartriano: assurdo. Secondo Sartre, la realtà, considerata nella sua globalità e senza veli pietosi, si rivela per ciò che è davvero: «ignobile marmellata», «larva strisciante», «porcheria appiccicosa» (La nausea). Ogni essere – non solo questo o quell'essere particolarmente insignificante - «nasce senza ragione, si protrae per debolezza e muore per combinazione» (ivi). 

Il filosofo francese Claude Tresmontant, impressionato come me dalla logica stringente dell'argomentazione sartriana, si chiede però se essa non costituisca – del tutto involontariamente – una “sesta” prova dell'esistenza di Dio (“sesta” rispetto alle celebri “cinque” vie di san Tommaso d'Aquino). Infatti: per Sartre è intuitivamente evidente che ogni cosa nell'universo, e l'universo nel suo insieme, esistono, ma non hanno in sé la ragione del proprio esistere (potrebbero benissimo non essere mai esistiti o cessare per sempre di esistere). In termini tecnici, si dice che sono contingenti : esistenti di fatto, ma non di diritto. Il mondo è dunque un quid di infondato, di superfluo, “di troppo” (La nausea). Se però capovolgiamo la prospettiva, partendo dal dato di fatto che il mondo – pur nella sua contingenza - c'è, ha una logica interna, un suo senso e una sua preziosità, perché non ipotizzare che abbia una ragion d'essere in qualcosa o qualcuno di necessario, di assoluto, di fondante (che nel linguaggio religioso si chiama Dio)? Perché non riconoscere che il mondo ha una propria verità e una propria consistenza e, su questa base incontrovertibile, non ipotizzare che esso riceva come dono continuo ciò che non possiede come proprietà intrinseca? Insomma: se – come ritiene Sartre - il mondo è inspiegabile in uno scenario ateo, perché non ipotizzare uno scenario teistico che ne renda intelligibile l'esistenza (per altro evidente)? 

L'ipotesi di un Principio divino è stata storicamente imbrattata da vari equivoci ad opera di molti dei suoi stessi sostenitori. Infatti il teismo più diffuso in Occidente ha rappresentato Dio come trascendente e personale. Esso va corretto in ciascuno di questi due aspetti. Infatti Dio non è trascendente se non in quanto anche immanente: come scriveva Joseph De Finance, dobbiamo trascendere la nostra idea di trascendenza per intravedere la trascendenza divina (che, potremmo specificare, non è distanza dell'Alto dal basso, bensì presenza del Profondo nel basso). Non è personale nell'accezione antropomorfica abituale: “Un'opera d'arte ha un autore, e tuttavia, se essa è perfetta, possiede qualcosa di essenzialmente anonimo. Essa imita l'anonimato dell'arte divina. Così la bellezza del mondo dà la prova di un Dio al contempo personale e impersonale, e né l'uno né l'altro” (Simone Weil). 

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https://www.zerozeronews.it/lassurdo-e-la-ragione-ancora-sartre-linesauribile-sartre/

1 commento:

Bruno Vergani ha detto...

Giudicare il mondo assurdo suona un po’ così: visto che il reale dissona dal nostro punto di vista lo rifiutiamo, disconoscendo che un'infinità di cose sorpassano la nostra logica, come ricordava Pascal. In fondo anche i problemi intorno all’accettazione o al rifiuto di un ipotetico Dio sono prodotti dalla stessa posizione antropocentrica nella quale vogliamo contenere Dio, che invece potrebbe essere e muoversi “aldilà di tutto” (Gregorio Nazianzeno). Al di là del personale e dell’impersonale, dell’immanente e del trascendente, del razionale e dell’irrazionale, del bene e del male, come noi li intendiamo. Un modo di interpretare questo essere e muoversi “al di là” non è un andare oltre la realtà in qualche iperuranio, piuttosto superare ogni dualismo logico così da scorgere uniti personale-impersonale, immanente-trascendente, razionale-irrazionale, bene-male, in effetti "il vivente concreto, come tale, non può venir colto per concetti” (Romano Guardini, L’opposizione polare), ma non per questo è assurdo.