PAPA FRANCESCO: UN DIFFICILE BILANCIO
Ci
vorranno anni per redigere un bilancio attendibile del pontificato di Bergoglio
(2013 – 2025), al di là delle etichette coniate in vita per esaltarlo (“papa
rivoluzionario”) o per denigrarlo (“papa eretico”).
Di
certo è che la sua persona, il suo magistero, il suo stile di governo sono
stati contrassegnati da una notevole e persistente ambivalenza (per i più
malevoli, ambiguità). Da una parte,
infatti, è stato un papa di grandi aperture innovative (come nei confronti
delle problematiche socio-economiche ed ecologiche); ma, per altri versi, non
ha nascosto né una devozione religiosa tradizionalista né alcuni pesanti
giudizi su questioni eticamente sensibili (dalla fluidità della nozione di
“genere” alla liceità dell’aborto procurato).
Cosa
resterà della sua azione nella storia della Chiesa cattolica?
L’elezione
del nuovo pontefice potrà offrire qualche elemento di risposta, ma direi che –
almeno nell’immediato - non si
registrerà nessun mutamento di rilievo. Egli infatti ha interpretato in maniera
originale il ruolo, ma lasciando intatto il copione: fuor di metafora, è stato
un papa che non è riuscito a (o non è stato capace di) trasformare il papato
come istituzione.
Ad
incidere nel lungo periodo potrà essere, piuttosto, qualora venga raccolta e portata avanti dai
successori, la sua prospettiva teologica. Sì, può suonare a prima vista
paradossale: il papa meno ‘teologo’ della storia recente (nessun titolo
accademico a differenza di Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI) ha,
tacitamente, testimoniato una visione teologica molto più fedele al messaggio
originario dei suoi dotti predecessori; l’unica visione, tra l’altro, che potrebbe
salvare la Chiesa cattolica dal precipitare nell’irrilevanza pubblica a cui
sembra inesorabilmente destinata.
Egli
infatti ha intuito, più per esperienze di vita che a seguito di faticosi studi
in biblioteca, che la fede cristiana è un modo di essere-nel-mondo e di
relazionarsi con gli esseri viventi più che l’accettazione intellettuale di una
serie di “verità” catechetiche. Come è stato felicemente osservato da qualcuno,
la sua prima vera enciclica non è stata
la Lumen fidei (che papa Ratzinger gli aveva lasciato quasi
completata sulla scrivania), bensì il suo viaggio a Lampedusa per lanciare un
segnale a favore dei migranti. In questi dodici anni il filo rosso dei suoi
interventi è abbastanza riconoscibile: le questioni dottrinarie possono essere
più o meno interessanti, ma ciò su cui si misura la nostra sequela del Cristo
dei vangeli è la solidarietà con i disperati, gli sfruttati, gli impoveriti. Papa
Francesco ha testimoniato che l’ortodossia è fondamentale, ma che consiste
nella centralità dell’ortoprassi. Eretico è chi nega che l’essenza, il
principio, l’anima sia l’amore a
trecentosessanta gradi, non chi ha dubbi su un dogma proclamato nel XVI secolo
o nel XX o chi dissente sulla traduzione dal greco in latino di un versetto
biblico.
Se la Chiesa avrà un futuro sarà non in quanto agenzia culturale in grado di produrre sistemi teologici mirabolanti, bensì in quanto palestra di persone, comunità, movimenti specializzati nell’amore gratuito, nel dono creativo, nell’agape trasformatrice. Dall’imminente conclave si capirà se i cardinali hanno compreso la posta in gioco o se preferiranno far finta di niente, continuando a gingillarsi sul Titanic ignari degli iceberg disseminati sulla rotta.
Augusto
Cavadi
4 commenti:
Leggo la tua analisi con interesse e, in molte parti, la condivido. Dico però che da vecchia 'tradizionalista' ero (e sono) d'accordo sulle grosse perplessità in merito alla fluidità della nozione di “genere” e alla liceità dell’aborto procurato. Mi piacerebbe anche sottolineare il grido costante e- accorato e purtroppo inascoltato - del no alla guerra, così spesso pronunciato da papa Francesco.
Mia carissima Maria D'Asaro , come sai anch'io condivido le tue perplessità. Ciò che, troppo sinteticamente, volevo riferire erano sia il tono di certe condanne (se non ricordo male, i medici che praticano l'aborto in strutture pubbliche equiparati a "sicari") sia il merito di certe altre (ad esempio la crociata verso una 'teoria gender' che esiste solo nella mente dei conservatori meno istruiti).
Suggerisco il libro di Javier Cercas, Il folle di Dio alla fine del mondo; secondo l'autore Papa Francesco era un anticlericale, che si opponeva alla pretesa che il sacerdote fosse superiore ai fedeli. Se questo è vero, il lavoro più arduo mi sembra non tanto quello di convincere il clero a scendere dal pulpito, quanto quello di convincere i fedeli a rinunciare alle comodità del pulpito e cominciare ad esercitare il loro spirito critico.
IN ITALIA NON SI PUÒ DIRE DEL SUO PATRONO
Papa Francesco è morto a Pasquetta, il giorno che tradizionalmente non escono i giornali, come a dire (per uno mediatico e spontaneo come lui) dove e quando non batte mai il sole. Era argentino, vale a dire di origini italiane.
Nel mio paese (Borgonovo Val Tidone) a Pasqua e Pasquetta c'è la grande fiera: vi compro Francesco d'Assisi di Hermann Hesse (gli schizzi orbitali ivi rinvenuti in copertina e tra le pagine riproducono, quasi imitano, da parte dello scomosciuto possessore/lettore precedente, i Fioretti del Poverello di Assisi).
Nell'introduzione (di Giovanni Gigliozzi) vi è scritto: "è singolare che Hesse, oltre che a Francesco, abbia dedicato un suo saggio anche ad un altro personaggio italiano: Giovanni Boccaccio. A posteriori si potrebbe dire che lo scrittore abbia voluto mettere in evidenza i due lati della medaglia del carattere italiano: la spiritualità e la carnalità. Che poi a frugare a fondo nel carattere del Boccaccio ci sarebbe qualcosa da scoprire anche nell'altro versante".
Ma non dice, l'agile libriccino, che (basterebbero studi storici meno imitativi e agiografici) anche a frugare a fondo nell'animo del poverello di Assisi ci sarebbe qualcosa da scoprire anche nell'altro versante, quello carnale, umano e sanguigno, di quello per cui è conosciuto o maggiormente celebrato. Ecco, questo era papa Francesco, questa è l'Italia che non può neppure ricordare (contemperare) i suoi (fondativi) opposti.
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