venerdì 25 marzo 2011

Chiesa cattolica sotto processo


Con questo titolo, su “Centonove” del 25.3.2011, la mia recensione del romanzo “Il sentiero dei folli” di Domenico Rosaci:
L’esordio narrativo di Domenico Rosaci, il thriller teologico Il sentiero dei folli (Falzea, Reggio Calabria 2010), è senza dubbio un testo originale. Affronta, infatti, in chiave letteraria una problematica che, negli ultimi anni, è affrontata spesso sul registro della saggistica di ricerca e di divulgazione: si può essere cristiani, con onestà intellettuale, nel XXI secolo? L’autore (un ingegnere che insegna Sistemi di elaborazione delle informazioni all’università e che coltiva, con pari passione, lo studio della storia delle religioni) inventa, per rispondervi, una trama avventurosa, zeppa di colpi di scena, che avvincono il lettore sino all’ultima riga. Il recensore può solo evocare, a grandi linee, il punto cruciale della vicenda: un processo pubblico – con giuria accuratamente selezionata dalle due parti in gioco – contro la Chiesa cattolica. La difesa è sostenuta da una Fondazione di cattolici fondamentalisti; l’accusa da un’Associazione segreta di laici razionalisti (i “Folli” del titolo, appunto). Questi ultimi sostengono che Gesù di Nazareth abbia annunziato un messaggio semplice, essenziale (“Chi è libero lo è perché è felice. Felice di vivere, perché ama e il suo cuore trabocca di gioia”) e che siano stati i gerarchi della Chiesa cattolica, lungo i secoli, a deformare quella ‘buona notizia’ con tutta una superfetazione di dogmi e tabù. Di contro, l’avvocato della difesa obietta che alla gente non interessa sapere chi sia stato davvero Gesù e che cosa abbia detto: ai fedeli interessa la figura di Cristo così come la Chiesa l’ha presentata nei due millenni della sua storia, facendone un vessillo di conforto e uno sprone all’impegno caritativo verso i poveri e gli infermi.
Prima, durante e dopo il processo non mancano tradimenti, congiure e persino delitti che sollevano una questione, per così dire trasversale, ai due schieramenti: sino a dove si ha il diritto di usare la forza, o la violenza, in difesa delle proprie opinioni (anche quando si è convinti che si identifichino con la verità assoluta e con il bene irrinunciabile dell’umanità)? Infatti chi crede in una rivelazione divina è tentato non solo (legittimamente) di proporla agli altri, ma anche di imporla per la loro salvezza; né minore è la tentazione, da parte di chi conta esclusivamente sulla ragione e sulla scienza, di cancellare dalla faccia della terra quanti, ai suoi occhi, appesantiscono l’evoluzione del genere umano con superstizioni e remore etiche. Rosaci, come ogni romanziere, sa che non spetta a lui offrire soluzioni. Lascia però intravedere una direzione verso cui incamminarsi: non ha senso combattere il male con la violenza. Intanto perché ciò che noi consideriamo ‘male’ potrebbe essere un altro aspetto del ‘bene’ e potremmo accorgerci troppo tardi di aver condannato a bere la cicuta o a bruciare sul rogo degli innocenti benefattori dell’umanità. Poi anche perché, nel caso in cui il ‘male’ si presenta tale senza ombra di dubbio (per esempio quando assume la configurazione della violenza fisica), è illusorio combattere “la violenza con la violenza in un ciclo senza fine”. La speranza cui appigliarsi ? Un futuro in cui i credenti in senso religioso - e i promotori di altri valori ‘laici’ – condividano, nonostante tutte le differenze, il rispetto per la incoercibile libertà di ciascuno. Senza il quale non ha senso né credere né ragionare.

Augusto Cavadi

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