giovedì 12 maggio 2016

L'ARCIVESCOVO DI PALERMO AL CULTO VALDESE-METODISTA


“Repubblica – Palermo”
12. 5. 2016-05-09

LA MOSSA ECUMENICA DI DON LOREFICE DOPO ANNI DI ANATEMI E SCOMUNICHE

        Subito dopo l’unificazione del Regno d’Italia (1861) un gruppo di valdesi scese a Palermo per fondare una chiesa nel Meridione. Da allora – come racconta Renato Salvaggio nel suo Vivere il vangelo in minoranza – per questo piccolo gruppo di protestanti la vita non è stata facile: il boicottaggio delle autorità religiose si è spesso sommato alla repressione statuale, soprattutto nel ventennio fascista. Ma la coerenza etica e l’attivismo sociale hanno segnato la vita della città e, gradualmente, di altre cittadine siciliane. Epiche le iniziative del pastore Pietro Valdo Panascia sia per la promozione umana (ancora florido il Centro diaconale della “Noce” con annessa scuola paritaria) sia per la denunzia della mafia in nome del vangelo (dopo la strage di Ciaculli del 1963). Eppure la mia generazione veniva avvertita sin dai banchi del catechismo: i protestanti sono eretici, vivono in oggettivo stato di peccato mortale e - per decreto del cardinal  Ernesto Ruffini-   chiunque entri in un loro tempio nella diocesi palermitana, sia pure per motivi turistici, è scomunicato automaticamente (latae sententiae).
        Senza queste premesse storiche non si può valutare adeguatamente il significato della partecipazione di don Corrado Lorefice, arcivescovo cattolico di Palermo, al culto domenicale delle chiese valdese e metodista radunate insieme nel tempio di via Dello Spezio (alle spalle del teatro Politeama). Una funzione liturgica, a cui ha ritenuto opportuno partecipare anche il sindaco Orlando, animata da uno splendido e allegro coro di uomini e donne del Ghana residenti nella nostra città. Come ha detto il pastore Peter Ciaccio nella sua omelia è stato come il ritrovarsi di una coppia separata da molti anni:  due partner che non possono certo dimenticare le ferite psicologiche, tuttavia intenzionati a ricominciare daccapo.
        Se l’evento è, dunque, decisamente positivo (in una fase storica in cui si elevano muri è sempre una buona notizia che se ne abbatta qualcuno dei vecchi) non si può negare l’impressione che si realizzi fuori tempo massimo. Le differenze interne all’ambito del cristianesimo fra cattolici e protestanti vengono comprese sempre più arduamente in un’epoca di secolarizzazione avanzata nella quale è il cristianesimo stesso, nella sua globalità, in discussione. Anzi – se non vogliamo osservare da un’angolazione provinciale – è la fede in un Dio trascendente e creatore (il Dio comune a ebrei, cristiani e islamici) in crisi. L’ecumenismo (il movimento inter-ecclesiale che da decenni lavora per la riunificazione delle varie confessioni religiose, rappresentato al culto domenicale da uno dei suoi più noti esponenti nazionali, l’ingegnere palermitano Bruno Di Maio) è senz’altro auspicabile: ma servirà a poco se il modo di concepire Dio – e il rapporto di Dio con il cosmo e con l’uomo – non sarà depurato da scorie mentali, morali, giuridiche che lo rendono inaccettabile dalle coscienze scientificamente e eticamente evolute. Non pochi pastori e teologi ci stanno provando da decenni (qualcuno perfino nel ruolo di papa): ma le resistenze tradizionaliste e fondamentaliste sono tante, non solo nelle cerchie clericali. E trasversali rispetto alle tre religioni monoteistiche.

                                                                         Augusto Cavadi
                                                        (WWW.AUGUSTOCAVADI.COM)

3 commenti:

Giovanni Pnascia ha detto...

Grazie caro Augusto per il bellissimo articolo!
Ti abbraccio,
Giovanni

Giovanni Avena ha detto...

Bravo, bravissimo Augusto,
è stato bello leggere oggil il tuo articolo sull'evento (da vero giubileo) cattolici-protestanti. Era ora! Ricordo quando a Palermo, Ruffini regnante, da giovane liceale al seminario diocesano, tutte le volte che passavo a via Roma davanti al tempio valdese, mi sentivo spinto ad entrare , ma mi appariva sempre la mano maledicente del Ruffini, tanto "principe" quanto poco cristiano (almeno sul versante ecumenico). Da studente di teologia durante il Concilio,sempre regnante Ruffini (e a suo dispetto), entravo in quel tempio per intime e frequenti boccate di ecumenismo.
Leggo con ancora più più giubilo l'ultima parte del tuo articolo sul Dio da epurare dalle mille scorie che lo appannano. Ma questa è una strada ancra più in salita, nonostante l'ardore e l'arditezza di Francesco. Che è ancora costretto a vivere straniero e in terra straniera. Un caro abbraccio,
Giovanni

Maria D'Asaro ha detto...

Temo che le coscienze "scientificamente ed eticamente evolute" siano quantitativamente pochissime. A mio sommesso avviso, il problema cruciale è: come fare evolvere - eticamente e religiosamente - la massa assai poco pensante ed evoluta? Cosa possono fare le teologie e le filosofie per traghettare i cervelli dalla superstizione e dai fanatismi a una fede e a un'etica sposate col pensiero, senza la rete dei dogmi?