martedì 18 giugno 2019

IL CRISTIANESIMO: CAMBIARE O MORIRE ? CLAUDIA FANTI SU JOHN S. SPONG


"Adista"
 Documenti
 (n. 23, del 22-6-2019) 

Il cristianesimo che verrà: al di là di dogma, dottrina e religione

DOC-2996. TRAPANI-ADISTA. È uscito finalmente anche in Italia, edito da Il pozzo di Giacobbe, il libro di John Shelby Spong Perché il cristianesimo deve cambiare o morire (pp. 281, 25 euro), una vera pietra miliare nel cammino di riflessione teologica diretto a «salvare il cristianesimo come forza per il futuro», in maniera da renderne il messaggio nuovamente rilevante e significativo per le donne e gli uomini contemporanei. Non a caso è da questo volume, pubblicato alla vigilia del XXI secolo, con le celebrazioni del millennio ormai alle porte, che il vescovo episcopaliano aveva tratto il manifesto in 12 tesi attaccato, «alla maniera di Lutero», all’ingresso principale della cappella del Mansfield College, all’Università di Oxford, nel Regno Unito, e poi inviato per posta a tutti i leader cristiani del mondo. Curato nell'edizione italiana da Ferdinando Sudati (come tutte le opere di Spong nel nostro Paese), il libro propone, come recita il sottotitolo, una «nuova riforma della fede e della prassi della Chiesa», offrendo del cristianesimo una rilettura post-teista (oltre, cioè, il concetto di Dio come un essere che dimora al di sopra di questo mondo e che da “lassù” interviene nelle vicende umane al di fuori delle leggi naturali), in direzione di una nuova espressione religiosa compatibile con le recenti acquisizioni scientifiche: senza dogmi, senza dottrina, senza gerarchie, senza la pretesa di possedere la verità assoluta.
È un libro per cristiani in esilio, intendendo per esilio non «un deserto attraverso il quale uno viaggia per arrivare alla terra promessa», ma «un forzato dislocamento» in cui si entra «senza alcuna speranza accertabile di un ritorno al passato o di un arrivo a un qualche desiderato luogo futuro». Un esilio come quella «disperazione per la perdita di senso» sperimentata dagli ebrei al momento di «lasciare tutto ciò che conoscevano e tutto ciò che apprezzavano per iniziare il loro viaggio verso la cattività babilonese», quando il Dio «che una volta avevano adorato non era più in grado di sentire le loro grida», quando «la fede che avevano conosciuto un tempo non esisteva più». Quando «c’erano solo due alternative per tale divinità sfollata: crescere o morire».È una forma di esilio simile – solo distribuita in un più lungo arco di tempo – quella che, secondo Spong, si sono gradualmente trovati a vivere i cristiani nel mondo post-moderno, a mano a mano che «i costanti e implacabili progressi nella conoscenza» hanno minato sempre più radicalmente «la nostra capacità di credere nel concetto di Dio che stava al cuore della nostra sacra tradizione», svuotando i cieli da quella presenza divina pronta a intervenire nel nostro mondo, come una sorta di genitore-giudice da supplicare, obbedire e compiacere. Di modo che «premi e castighi, in questa vita o in quella a venire, hanno cessato di essere le motivazioni principali del nostro comportamento».
 Una realtà, quella dell'esilio, a cui le persone hanno reagito in maniera diversa, in molti casi rinunciando a credere e assumendo «la cittadinanza della città secolare», in altri casi mantenendo le proprie convinzioni premoderne «con ostile vigore», ma in altri ancora rifiutandosi di abbandonare la realtà di Dio e, dinanzi alla necessità di sacrificarne gran parte del contenuto, dedicandosi a cercare un nuovo significato.
 Un libro quindi, quello di Spong, totalmente estraneo a ogni intento consolatorio, benché non certamente privo di speranza. La speranza che il cammino oltre le descrizioni di un Dio esterno, soprannaturale e onnipotente che definivano in precedenza la nostra fede porti da qualche parte. La speranza che «la morte del Dio che adoravamo ieri» non coincida con la morte di Dio. Che, come infine dichiara di credere l'autore, «ci sia una realtà trascendente presente nel cuore stesso della vita » che sia possibile chiamare Dio e che «la sua presenza sia sperimentata come qualcosa che ci richiama oltre i nostri timorosi e fragili limiti umani». E che questa realtà trascendente si sia rivelata nella vita di Gesù in modo così completo da permettere di vedere in lui il significato di Dio.

 Claudia Fanti

Nessun commento: