martedì 24 ottobre 2023

LA VIOLENZA DI GENERE: SPECIFICA, MA ALL’INTERNO DI UN QUADRO GENERALE

 

LA VIOLENZA DI GENERE: SPECIFICA, MA ALL’INTERNO DI UN QUADRO GENERALE

In medicina il contrasto alle forme di cancro dovrebbe contemperare un doppio sguardo: sulla specificità della patologia (che esige conoscenze e terapie specifiche) e sulla globalità del soggetto umano che ne soffre.  Concentrarsi sulla specificità comporterebbe ignorare la costellazione della cause, remote e prossime, del cancro e dunque restringere riduttivamente l’area degli interventi curativi; d’altra parte, se si cercano soltanto le cause genetiche, alimentari, psicologiche, ambientali, socio-relazionali… - per contrastarle - si rischia con altissima probabilità che, intanto, quel paziente determinato muoia tra sofferenze atroci.

Qualcosa di simile avviene con molti fenomeni sociali quali la violenza maschile ai danni delle donne di cui le cronache sono zeppe. Indubbiamente essa presenta caratteri determinati, originali, che vanno analizzati al microscopio: considerarla una delle tante facce della violenza,  atteggiamento radicato nell’essere umano e diffuso lungo i millenni su tutto il pianeta, significa annegarla in un indistinto mare oscuro e rinunziare a ipotizzare diagnosi e terapie mirate. Per questo è necessario che le istituzioni e la società abbiano al loro interno settori (per esempio  di magistrati e di polizia giudiziaria) e associazioni (per esempio il coordinamento nazionale “Maschile plurale”: www.maschileplurale.it ) specializzati, formati appositamente: come avviene rispetto alla criminalità mafiosa o ai reati ambientali.

La focalizzazione della violenza di genere sarebbe – ed è stata sinora – fallimentare se non procedesse, contemporaneamente, con una contestualizzazione generale: essa non è il tumore imprevedibile che si manifesta in un organismo sano. Debellarla come dato isolato sarebbe illusorio. Come ignorare che tale modalità specifica si inserisce, perfettamente, all’interno di un sistema culturale-politico-economico in cui la maggioranza dei cittadini, degli intellettuali, degli esponenti partitici e sindacali accetta come inevitabile (in qualche caso come positiva e auspicabile) la violenza quotidiana, strutturale, metodica ai danni di miliardi di animali senzienti; di milioni di lavoratori esposti a incidenti mortali e a sfruttamento economico; di centinaia di migliaia di migranti in fuga da guerre e carestie; di decine di migliaia di omosessuali e di transessuali oggetto di aggressioni fisiche e derisioni…Il filo rosso che collega tutte queste perle di violenza è la riduzione di soggetti a oggetti, più specificamente a merci. E’ una conseguenza inevitabile del capitalismo liberale o del nazionalsocialismo o del socialcomunismo? Intanto abbiamo l’attestazione inequivoca della storia mondiale anche contemporanea: con accentuazioni differenti, tutti i regimi dei grandi Stati moderni hanno esercitato violenza sistemica ai danni degli animali, dei lavoratori alle dipendenze dello Stato o di imprese private, degli stranieri immigrati, delle minoranze sessuali. La brutalità dei governi statunitense o russo o ucraino non è certo paragonabile all’egoismo nazionalistico dei governi svizzero o tedesco o finlandese: ma il conflitto russo-ucraino sta tragicamente dimostrando che la 'civilissima' Unione Europea non ha gli strumenti culturali e organizzativi anche solo per immaginare alternative alla risoluzione delle controversie internazionali  mediante la guerra.

Attiviamo dunque tutte le misure pedagogico-educative che riteniamo funzionali a limitare la pratica quotidiana della violenza maschile sulle donne (cioè di uomini che, in quanto uomini, umiliano o eliminano donne in quanto donne): ma senza dimenticare che tale violenza specifica è tutta interna a un “pensiero unico” che dal Canada alla Cina, dalla Francia all’India, dall’Italia all’Argentina, accetta come ovvio che minoranze sempre più ristrette di miliardari sempre più ricchi dispongano - come diritto naturale indiscutibile -  della vita, della salute, della dignità, della morte del resto dell’umanità e, a maggior ragione, del resto degli altri animali. Non si è predatori- sfruttatori a ore alterne: se è questa la visione di sé nell’universo, e dunque la conseguente postura rispetto a ciò che vive, i limiti che ci porremo saranno labili e spostabili all’infinito.

Augusto Cavadi

7.9.2023

 www.zerozeronews.it

1 commento:

Anonimo ha detto...

Ottime riflessioni,
Elio