venerdì 27 marzo 2015

COSA POSSO FARE PER COMBATTERE IL SISTEMA MAFIOSO ?


“Monitor”

27.3.2015

 COSA SI PUO' FARE CONTRO LA MAFIA....


Uno studente marchigiano, Enrico Tidei, mi ha scritto tempo  fa dopo un incontro che ho tenuto per la sua scuola, l’Istituto Tecnico Commerciale di Amandola (in provincia di Fermo). Avevo un po’ illustrato alcuni tratti essenziali del sistema di dominio mafioso nel Meridione italiano e il giovane interlocutore mi ha voluto indirizzare, via internet, una domanda: “Il governo vanta grandi successi nella lotta alle mafie e, a conferma, televisioni e giornali informano i cittadini sugli arresti quotidiani. Gli arresti sono necessari. Ma Lei pensa davvero che siano sufficienti per sconfiggere le mafie?”.

Se le criminalità di stampo mafioso fossero bande di delinquenti – come ce ne sono state in ogni epoca e come ce ne sono su tutto il pianeta – la repressione giudiziaria e poliziesca sarebbe sufficiente. Purtroppo, però, in diverse regioni del Sud (e, ormai, anche del Centro e del Nord) ci troviamo a fronteggiare delle organizzazioni complesse, poliedriche: che hanno una struttura militare, certo, ma anche una identità culturale, una strategia politica e una vasta ramificazione in campo finanziario ed economico.

Se è così, la convinzione che trapela dal modo in cui Enrico pone l’interrogativo è ben fondata: lo smantellamento della struttura militare, per quanto necessario, è insufficiente. Catturati cinque boss, le organizzazioni mafiose ne eleggono altri cinque; sequestrate dieci imprese commerciali, le organizzazioni mafiose si impadroniscono di altre dieci. . .

Da questa complessità alcuni si lasciano scoraggiare: la mafia è troppo radicata, e troppo diffusa sul territorio, perché la si possa davvero estirpare ! E’ una reazione comprensibile, ma non giustificabile. In ogni caso, non è l’unica possibile. In Sicilia migliaia di cittadini  - una minoranza rispetto a cinque milioni di abitanti, ma una minoranza riflessiva e combattiva – provano a contrastare le associazioni mafiose precedendo, affiancando e continuando l’opera della magistratura e delle forze dell’ordine. Come ?

Ognuno di noi può fare qualcosa. Favorire gli imprenditori puliti che si impegnano, pubblicamente, a non pagare il pizzo; scegliendo partiti politici e candidati che non abbiano frequentazioni sospette; testimoniando nei luoghi di lavoro  - soprattutto nelle scuole, negli ospedali e nelle carceri – i princìpi dell’uguaglianza democratica, della solidarietà civile, della giustizia sociale, della legalità costituzionale. La mafia è un cancro e la tattica più urgente è isolare gli “uomini d’onore” e i loro complici per evitare che moltiplichi le sue metastasi inquinando in maniera definitiva il tessuto circostante.

E’ bene che queste cose si sappiano non solo dalle nostre parti, ma anche nel resto del Paese dal momento che – per riprendere la metafora di Leonardo Sciascia – “la linea della palma” va salendo: e contrastare i mafiosi nei primi tentativi di infiltrazione è molto meno arduo che provarci quando ormai si sono insediati stabilmente in un territorio.



Augusto Cavadi

www.augustocavadi.com

1 commento:

Unknown ha detto...

“Cosa posso fare per combattere il sistema mafioso ?” La domanda con cui si apre la riflessione di Augusto è rivolta, brutalmente, direi quasi, a ciascuno di noi, e altrettanto brutalmente cercherò di dare il mio contributo. Cavadi, alla fine del suo articolò, ci suggerisce una serie di comportamenti che dobbiamo far nostri se davvero vogliamo dare un contributo a questa lotta che sembra impari dal momento che ne sento parlare da oltre sessant’anni, da quando cioè ero bambino o quanto meno ragazzo. Tra i punti elencati da Cavadi uno mi sembra cruciale e non più differibile: testimoniare “nei luoghi di lavoro - soprattutto nelle scuole, negli ospedali e nelle carceri – i princìpi dell’uguaglianza democratica, della solidarietà civile, della giustizia sociale, della legalità costituzionale”. Ora, a riguardo, credo che una tiratina di orecchie, giusto per riprendere il titolo della riflessione che Cavadi fa a proposito dei rapporti intercorsi tra atteggiamento della chiesa e mafia, io credo, dicevo, che una tiratina di orecchie dovremmo farcela ciascuno di noi. Ciò perché quando Cavadi ci esorta a testimoniare sempre e dovunque i principi della legalità costituzionale, lui mi pare affermi che la mafia va battuta anche, se non proprio soprattutto, sul piano culturale, sul piano del costume o, ciò che è lo stesso, del malcostume. Quante volte, infatti, non ci rivolgiamo all’immancabile ‘amico’, invece che al funzionario preposto, per risolvere o per accelerare l’evasione di una pratica, anche la più semplice di questo mondo? È un interrogativo, questo, che rivolgo soprattutto a me stesso, ma non esiterei ad affermare che questa è una pratica imperante e per ciò stesso aberrante. È un costume, un malcostume che decisamente va combattuto e contrastato sul piano appunto culturale. Dobbiamo, cioè, finirla con il rivolgerci a un intermediario, che può, sì, renderci più facile la vita, ma che, a lungo andare, si ritorce contro di noi, perché la mafia vive e ingrassa proprio grazie anche a questo nostro atteggiamento.
Ma, chiediamoci, perché ciò accade? Perché nonostante si conoscano i rimedi si insiste in un comportamento autolesionista? Ma, guardiamoci attorno e pensiamo per un istante al rapporto che lega un cattolico – e in Italia siamo in grande preponderanza cattolici – a Dio. È un rapporto diretto? Sì, quando preghiamo, quando recitiamo il Padre Nostro, l’Ave, o Maria, e così di seguito, no quando vogliamo ottenere una grazia. E qui entrano in ballo gli intermediari ovvero i santi. Non sembri irriverente la mia riflessione, il parallelismo potrà sembrare puerile, infantile, infondato, e probabilmente lo sarà, ma come spiegare che in quanto a corruzione – terreno fertile per una mafia che si allarga come un cancro sempre di più – l’Italia si pone al 69° posto nel mondo e ultima in Europa? Non ci deve dire nulla il fatto che ai primi posti dei paesi con un bassissimo tasso di corruzione sono quelli nordici (Svezia, Danimarca, Norvegia, Finlandia e potremmo continuare) dove la religione di gran lunga prevalente è quella luterana dove i Santi non hanno diritto di cittadinanza? Allora, per concludere – ed è la conclusione di un cattolico sia pure non praticamente – dobbiamo farci tutti protestanti per vedere un po’ di luce e di pulizia in Italia?