venerdì 21 agosto 2020

TENDOPOLI ABUSIVE: TOLLERANZA ZERO O TOLLERANZA MASSIMA ?

 

“Repubblica-Palermo”

20.8.2020

 

TENDOPOLI (ABUSIVE) VISTA MARE: CHE FARE ?

 

Tendopoli improvvisate in quasi ogni tratto di spiaggia pubblica, cioè non gestita né controllata né mantenuta pulita da privati. Molti, il fenomeno li lascia indifferenti: hanno la villetta sugli scogli e lo scivolo riservato o il canotto a motore per fare il bagno al largo  o, per lo meno, la possibilità di affittare giornalmente ombrellone e sdraio. Qualche altro, infastidito dall’invasione abusiva, invoca l’intervento delle Forze dell’ordine a salvaguardia della legalità. Qualche altro ancora plaude all’intraprendenza proletaria: una sorta di esproprio temporaneo da parte di chi non ha alternative. Orientarsi – almeno per chi non si accontenti delle reazioni di pancia – non è agevole.

Da una parte, infatti, è innegabile che chi rizza una tenda semiclandestinamente non appartiene, di solito, a fasce sociali abbienti e ha diritto – come tutti gli altri cittadini – a spezzare la routine quotidiana, macinata spesso in abitazioni con poca aria e poca luce. Ma, se occupa stabilmente un tratto di spiaggia portando con sé barbecue, frigoriferi, impianti di illuminazione, gruppi elettrogeni; se, in totale assenza di servizi igienici, inquina l’inquinabile; se decide di ascoltare musica a volume alto dal mattino alla sera tardi…chi sta danneggiando in primo luogo? Non si tratta di infrangere una più o meno astratta ‘legalità’: si stanno privando altri cittadini, presumibilmente della medesima fascia socio-economica, del diritto a fruire di uno spazio pubblico. E’ l’ennesima riprova che il più ‘violento’ (oggettivamente tale, anche quando non colpisce a calci e pugni una reporter) prevale su chi, per timore o per coscienza civica, rispetta la legge.

Le alternative ci sono e in molti Paesi civili vengono realizzate. Gli enti locali – direttamente o mediante accordi con cooperative di inoccupati – predispongono zone di campeggio e zone di balneazione a prezzi ‘politici’ in modo da non escludere ragionevolmente nessuno  dalla fruizione delle coste. E, a quel punto, chi volesse ugualmente infrangere le norme con prepotenza paramafiosa non avrebbe nessuna giustificazione morale. Per decenni, ormai più di un secolo, abbiamo faticato a respirare nella stretta fra il mito dello Stato che garantisce tutto a tutti (funziona solo dove vige o il terrore o un senso civico elevatissimo) e la squallida realtà di un’iniziativa privata rapace (che si muove solo in vista di profitti ingenti). Fenomeni come la pandemia in corso potrebbero aprirci gli occhi su alternative meno romantiche, da una parte, e meno ingiuste, dall’altra: l’ampio ambito di manovra del privato-sociale che, agevolato dalle strutture pubbliche, presta servizi di utilità sociale a prezzi tali  da consentire salari dignitosi a chi lavora per quel determinato progetto (anche temporaneo). Qualche volta anche in Sicilia, anche a Palermo, si sono realizzate sinergie del genere con risultati positivi. Perché non si sono riprodotte negli anni? E’ il caso di non arrendersi, di migliorare ciò che non andava alla perfezione, di sperimentare nuove modalità. In assenza di questa fantasia creativa da parte di amministratori e di imprenditori del sociale non resta che il triste bivio o del trionfo degli incivili o della repressione indiscriminata.

 

Augusto Cavadi

www.augustocavadi.com

1 commento:

Unknown ha detto...

Ricorrere al privato sociale può essere senz'altro un'efficace soluzione organizzativa per fornire alla collettività servizi pubblici che per la loro natura mal si prestano ad essere gestiti dalle odinarie strutture istituzionali. Occcorre però disporre di criteri trasparenti in ordine all'identità e ai titoli dei soggetti che guidano le Associazioni, alla professionalità degli addetti, ai criteri di selezione dei progetti e di affidamanto dei relativi incarichi. Altrimenti si rischia di mettere in moto una macchina clientelare, non scevra dai pericoli di infiltrazioni mafiose.