domenica 2 agosto 2020

DIFFICILE EDUCARE SE NON SI VOGLIONO EREDI MAFIOSI...


“Il Gattopardo”

Luglio 2020

 

PEDAGOGIA E MENTALITA’ MAFIOSA

Al turista ‘medio’ è impossibile – in pochi giorni – rendersi conto di tante cose brutte e belle che avvengono in Sicilia, quotidianamente, al di sotto delle notizie di cronaca. Tra le cose belle che non emergono in superficie, l’impegno di scuole e associazioni per la formazione di una coscienza civica anti-mafiosa. Un impegno spesso generoso, non sempre illuminato: come quando ci si illude che la formula tradizionale della  ‘conferenza’ o della ‘tavola rotonda’ – che prevede l’ascolto più o meno passivo, da parte degli studenti,  di storici o di magistrati più o meno esperti in comunicazione – possa davvero incidere sulla loro mentalità. 

Più efficace delle prediche ‘laiche’, in cui si nominano esplicitamente la mafia e l’antimafia, si rivelano i contesti educativi abituali in cui, in pratica, si stimolano negli alunni atteggiamenti di vigilanza critica, di giustizia sociale, di solidarietà verso i soggetti deboli, di lotta nonviolenta: insomma quegli atteggiamenti che, senza troppi proclami retorici, costituiscono, l’antidoto effettivo alle sirene dell’arruolamento mafioso.

  In queste settimane di quarantena, rovistando nella biblioteca di famiglia, mi è capitato fra le mani un libretto edito a Caltanissetta nel 1910 (Galateo scolastico e civile)  la cui lettura mi ha confermato che si tratta di una fatica pedagogica necessaria, ma non priva di insidie. Per esempio là dove, in una sorta di catechismo, il maestro chiede: “Si fa la spia ai compagni?” e l’alunno risponde  “Nossignore”. Alla replica: “Perché?” lo stesso alunno spiega: “Ci si abitua a sentimenti cattivi”. Nessuna precisazione sulla differenza fra la delazione per invidia (da stigmatizzare) e  la rottura dell’omertà (da incoraggiare). 

   Però l’autore , in appendice, ha il merito di riportare un Decalogo Morale per la scolaresca redatto, per gli alunni di Barrafranca (un comune in provincia di Enna) , dal Segretario comunale dell’epoca, Pasquale Guarneri. Qua si respira un’aria molto più limpida, senza ambiguità. Il quarto comandamento prescrive: “Onora le persone migliori; rispetta tutti; non curvarti a nessuno”. E il quinto incalza: “Non odiare, non offendere, non vendicarti mai, ma difendi il tuo diritto e non rassegnarti alla prepotenza”. Molto bello anche il successivo: “Guardati da ogni viltà; sii l’amico dei deboli, ama, sopra tutte le cose, la giustizia, senza la quale non c’è che miseria”. Il pizzo non viene nominato, ma il settimo comandamento ‘civico’ probabilmente vi allude: “Ricordati che i beni della vita sono frutti del lavoro, goderne senza far nulla è come rubare il pane a chi lavora”. Anche il dogmatismo, il tradizionalismo, il conformismo tipico degli ambienti mafiosi vengono attaccati in radice senza farvi riferimento esplicito: “Opera e medita per conoscere la verità; non credere ciò che ripugna alla ragione, non lasciarti ingannare, non ingannare gli altri”.

      A centodieci anni di distanza, direi che i consigli pressanti del Segretario comunale di Barrafranca non hanno certo perduto d’attualità. Né in Sicilia né nel resto del mondo.

 

Augusto Cavadi

www.augustocavadi.com

1 commento:

Anonimo ha detto...

pillole di saggezza antica, civica ed antimafia ad un tempo, sempre attuali...