martedì 26 gennaio 2021

COVID, CONDIZIONE DEI DETENUTI E VACCINI SELETTIVI

 “Repubblica – Palermo”

26.12021

 

"REPUBBLICA - PALERMO"

26. 1. 2021


COVID E CONDIZIONE DEI DETENUTI

Come in tutte le fasi di pandemia, emerge il meglio e il peggio dell’umanità. Anche in Sicilia si sono moltiplicate le iniziative istituzionali e, soprattutto, sociali in soccorso dei concittadini più colpiti; ma - come risvolto negativo – le situazioni di emarginazione hanno registrato ulteriori aggravamenti. E’ il caso dei carcerati nei vari istituti di reclusione dell’isola.  Già, in tempi ‘normali’, sono poche le associazioni di volontariato che si occupano di tenere aperti i canali fra il “dentro” e il “fuori”: e, per giunta, non senza sospetti e accuse ingiuste. Quando due anni fa, in una Sezione “a regime aperto” dell’Ucciardone di Palermo, furono ritrovati  100 grammi di hashish e un telefonino , il segretario regionale dell’ Osapp (un sindacato della polizia penitenziaria), senza uno straccio di prova, si affrettò a dichiarare, in polemica con la direttrice dell’epoca, che  «Nel carcere entrano troppi volontari». 

Da un anno, ormai, per motivi di salute pubblica, i volontari non possono entrare – giustamente – nelle strutture carcerarie. Ma ciò non implica il disinteresse nei confronti dei concittadini che vi sono rinchiusi. Bruno Di Stefano, presidente dell’ASVOPE (Associazione di volontariato penitenziario) di Palermo, ad esempio, sta moltiplicando i tentativi di accendere i riflettori su questa porzione ‘buia’ di società, nel timore che l’epidemia possa costituire un’ennesima ragione di ingiustizia e di sperequazione. In particolare è notizia di queste ore che nel carcere di Pagliarelli sono stati individuati decine di casi di positivi: se è doveroso includere gli agenti di custodia e il personale educativo e amministrativo nelle fasce da vaccinare prioritariamente, è equo e – prima ancora – logico non procedere contestualmente alla stessa misura precauzionale nei confronti dei detenuti? Sarebbe necessario equiparare gli ospiti di queste Case di reclusione agli ospiti delle RAS (le residenze per persone anziane e disabili), senza dover attendere (come sembrerebbe dalle note ufficiali) i mesi estivi.  E ciò per motivi strategici oltre che umanitari: le carceri, in quanto focolai tipici del virus, determinano  la sottrazione di energie sanitarie alle esigenze dei cittadini  liberi.

Inoltre – per limitarci solo a un altro esempio clamoroso – è stato opportuno vietare le visite dei parenti. Ma ci sono intere sezioni prive di possibilità di video-chiamate: sarebbe troppo installare dei modem che consentano di supplire all’assenza di colloqui in presenza?  

Non si tratta di filantropismo o di solidarietà evangelica, ma prima ancora del rispetto che lo  Stato deve alla propria Carta costituzionale: esso è responsabile dell’incolumità dei cittadini che assume in custodia e le pene che infligge “devono tendere alla rieducazione del condannato”, non al suo abbrutimento e alla sua esasperazione.

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