sabato 17 aprile 2021

RIFLESSIONI 'LAICHE' SUL VANGELO DI DOMENICA 18 APRILE 2021 (LUCA 24, 35 - 48)

 


 
 “ADISTA”

N. 11/ 20.3. 2021

 

I GIOCHI NON SONO ANCORA CHIUSI

 

III domenica di pasqua

18 aprile 2021

 

ANCORA UNA MEDITAZIONE ‘LAICA’ RICHIESTAMI DAGLI AMICI ROMANI 

DELL’AGENZIA DI STAMPA “ADISTA”

 

Lc 24, 35-48

 

Luca offre una narrazione che, se non vera nell’accezione storiografica attuale, è però talmente accurata da risultare realistica. Certa tradizione gli attribuisce la professione di medico, comunque è uno che cura i dettagli anche secondari per poter annunziare la convinzione di fede della comunità in cui – e per conto della quale – scrive. Gesù è scomparso – e tragicamente – da una quarantina d’anni: l’avvento di un mondo nuovo – di un nuovo modo di convivere in questo mondo – non si è avverato. Perché queste comunità di ebrei considerati dissidenti, o comunque seguaci di un dissidente crocifisso, dovrebbero perseverare nella comunione dei beni, delle preghiere, della vita? Non potrebbero tornare nel proprio privato e allinearsi all’attesa messianica dei correligionari?  

Questa pagina offre due ragioni, strettamente intrecciate, per resistere.

La prima è che la vicenda di Gesù si è chiusa con un fallimento clamoroso solo se si ammette che la scena di questo mondo esaurisca lo spazio teatrale; che il proscenio non implichi un dietro le quinte; che al di là del fenomenico non esista alcunché di reale. Ma l’esistenza di Gesù è stata così intensa, così trasparente, da suscitare negli amici la speranza che non fosse caduto definitivamente nel nulla eterno ma fosse stato ri-creato, nella concretezza della sua umanità (“prese una porzione di pesce arrostito e lo mangiò”), dal Dio della vita. 

Questa speranza – e siamo alla seconda lezione di questa pagina raffinatissima – non è, per altro, un elemento di novità assoluta nella tradizione ebraica perché nella Bibbia si possono trovare, a cercare bene, dei preannunzi. Certo, come è stato notato da qualche biblista, i cristiani hanno dovuto forzare qualche volta l’interpretazione dei testi e piegarli in direzioni estranee alla mente dell’autore originario: ma questa operazione, che per noi sarebbe scorrettezza esegetica, nella mentalità dell’epoca era legittima creatività ermeneutica. Diciamo che, nel tentativo di usare la loro esperienza come chiave per entrare nel Libro, quando hanno incontrato qualche difficoltà a inserirla, hanno preferito, anziché adattare la chiave, modificare la serratura.  

Comunque neppure per Luca il Cristo è ancora diventato, da annunziatore, l’annunzio: infatti anche per lui, come per tutti noi che non siamo contemporanei di Gesù, la bella notizia – in cui consiste il cuore del vangelo – è “la conversione e il perdono dei peccati”. Credere, allora come oggi, è convincersi che i giochi non sono ancora chiusi. Che, nonostante il buio nelle biografie individuali come nella sorte della popolazione mondiale, nessuno è costretto a considerarsi perduto per sempre. Può sempre invertire la marcia, operare una svolta ad U, cominciando dalla mente (meta-noia): dal modo di vedere, di considerare gli altri esseri viventi, la Terra nella sua fecondità e fragilità,  il cosmo nel suo spiazzante impasto di bellezza e di sovrana indifferenza. La fedeltà autentica al messaggio significa rispettarne l’indeterminatezza, la potenziale trasformazione secondo le urgenze e i pericoli via via emergenti nella storia: la “conversione” non è uno stato, ma un processo senza fine, come sempre nuovi sono i modi di “peccare” contro la vita, l’equità, la solidarietà.  

 

Augusto Cavadi

www.augustocavadi

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