giovedì 12 luglio 2007

PARTITO DEMOCRATICO E SINISTRA RADICALE


“Repubblica – Palermo” 12.7.07

Augusto Cavadi

LA DOPPIA ANIMA RIFORMISTA DEL CENTROSINISTRA SICILIANO

All’affollata assemblea convocata, lunedì sera, da “Primavera siciliana” nell’atrio della Biblioteca Comunale di Palermo, Rita Borsellino  - rispondendo ad alcune sollecitazioni -  ha spiegato che  il suo ruolo di leader attuale dell’Unione non le consente di aderire all’una (Partito democratico) o all’altra (Sinistra democratica) delle due principali gambe in cui si sta strutturando l’attuale schieramento di centro-sinistra. E che suo compito è piuttosto di “fare sintesi” fra le istanze culturali e politiche delle due formazioni.


Per la genesi della sua candidatura e per le modalità con cui si sono svolte, sinora, le vicende all’Ars, è difficile contestare la posizione della Borsellino. Altrettanto chiaro è che non sarebbe auspicabile un medesimo atteggiamento di equidistanza  - o anche solo di equivicinanza - da parte di tutti gli altri cittadini che si riconoscono nei principi valoriali del progressismo: se ognuno si riservasse il diritto di non decidere, di non posizionarsi, mantenendo un nobile distacco  dalle strettoie organizzative, con che diritto potrebbe poi lamentarsi se nelle strutture partitiche prevalgono gli arrivisti o (nei casi migliori) i naviganti a vista? Parafrasando don Milani potremmo dire che se quanti sono disposti a servire la politica eviteranno di perdere tempo nelle sezioni di partito, le frequenteranno solo quanti hanno intenzione di servirsi della politica.

Ma - ciò detto - va aggiunto che l’opzione non è per nulla facile. Quale persona di media onestà se la sentirebbe di aderire ad un Partito democratico siciliano dove non mancano le nostalgie dei bei tempi passati (e - perchè no ? - anche futuri) in cui Cuffaro supportava le giunte di centro-sinistra con la sua strabiliante macchina clientelare? E quale persona di media intelligenza se la sentirebbe di aderire ad una Sinistra democratica siciliana affollata di profeti dell’utopia che, nei rari casi in cui arrivano ad amministrare un pezzettino d’istituzione, oscillano fra inefficienza e darwiniano adattamento all’ambiente? 

Allo stato, “riformismo” suona come sinonimo di moderatismo, gestione dell’esistente e continuismo con il peggio che abbiamo saputo esprimere dall’autonomia ad oggi; “radicalismo” suona come sinonimo di ribellismo, mancanza di progettualità razionale e impaziente intolleranza. Se la situazione permane in questi termini, che prospettive di cooperazione strategica restano? Un tenue filo di speranza sarebbe costituito da un processo di riqualificazione dei due arti dell’Unione. Da un inserimento (o da una valorizzazione se già inseriti) , nei gangli del Partito democratico, di soggetti che intendano il riformismo come via realistica alla trasformazione di un sistema che usa la libertà come alibi per non praticare la giustizia sociale. E nei gangli della Sinistra democratica di soggetti che intendano l’utopia come méta verso cui tendere instancabilmente, non come alibi per esonerarsi dalla fatica quotidiana di realizzare nel microcosmo in cui si ha potere il cambiamento che si sogna ad occhi aperti nel macrocosmo. Insomma se le due case che si stanno costruendo anche in Sicilia ospiteranno riformisti che vogliano riformare e rivoluzionari che non si affezionino alla logica del “tutto o niente”, la sintesi per cui lavora la Borsellino sarà un po’ più che il lodevole proposito di una donna di buon senso prestata alla politica militante.

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